Wanderer ha scritto: Nella fiction, pur realistica che sia, ogni elemento deve essere funzionale alla fiction, non alla realtà. In quanto al fatto che alcune cose potrebbero "essere ovunque e da nessuna parte", come detto, io lo vedo spesso come un valore aggiunto.
Ci sono storie universali (Romeo e Giulietta è stato spesso trasposto in altre ambientazioni) che possono svolgersi quasi ovunque, ma la particolarità per me non sta nella scelta dell'ambientazione, quanto nella trasformazione di un topos letterario comune in qualcosa di nuovo e originale. Le storie di base sono sempre le stesse, ciò che le distingue è il modo in cui sono trattate e l'abilità nella scrittura. Creare una storia che può svolgersi ovunque è positivo in certi casi, ma può essere banale in altri. Dipende dall'abilità dell'autore e dalla sua capacità di trovare punti di vista diversi e nuovi su qualcosa di già visto.
Miss Ribston ha scritto: Al Salone di Torino ho conosciuto un gruppo di scrittrici autoedite – che vivono dei proventi delle vendite dei loro libri – che sono solite ambientare i loro romanzi, erotici, all’estero e usano titoli in inglese. La loro motivazione: perché aiuta a vendere
Forse so anche di chi parli, perché erano nel mio stesso padiglione
Senza nulla togliere al loro ammirevole spirito d'iniziativa e capacità di inserirsi sul mercato (e alcune sono mie amiche), è proprio da romanzi come questi che nasce la mia antipatia per i titoli inglesi. Forse perché unita al titolo c'è spesso anche una copertina sempre uguale, salvo poche variazioni: un uomo senza volto e senza camicia, una donna che sviene tra le braccia di qualcuno... Io li vedo e ho subito una contrazione muscolare involontaria, ancora prima di leggere la trama (che di solito è adeguata).
Vendono più di me? Molto probabile. Tutto sta nel motivo per cui si scrive. Se hai qualcosa che ti pare importante da dire, se usi la scrittura per esprimerti, per fare una differenza, queste cose di puro marketing ti uccidono. Se lo scopo è solo vendere, allora devo fare a queste scrittrici i miei complimenti, perché io non riesco, ma nemmeno sforzandomi, a creare un prodotto il cui unico scopo è la vendita e non il messaggio. Sono fuori moda (e non è la prima volta che lo noto) ma preferisco vendere dieci copie a qualcuno che le apprezza che mille a chi è attratto solo dal titolo/ambientazione esotici e cerca sempre la stessa cosa in salse diverse.
Quanti di questi libri con titoli come "Touch me honey" o "Russian rebel" saranno ricordati, non dico tra cento anni, ma tra cinque? Scommetto nessuno (ma scommetto solo 5 euro, perché sono al verde
). Probabilmente nemmeno i miei, ma almeno ci provo.
Miss Ribston ha scritto: Sapendo che cosa piace e cosa attira, loro scrivono di conseguenza. Tant'è che quando fanno fare le traduzioni dei romanzi, per venderli all'estero, dicono che non è raro che adattino non solo il linguaggio, ma anche personaggi e ambientazioni a ciò che piace di più al target di destinazione straniero (una di loro, per esempio, diceva che a tradurre un libro ambientato in UK per il mercato USA è preferibile spostare l'ambientazione negli USA, perché alle lettrici americane di erotici piace che tutto sia ambientato "a casa loro", esattamente il contrario rispetto al mercato Italia ).
Oh, cavolo, hai riassunto tutto ciò che odio in un solo paragrafo
Wanderer ha scritto: Comunque, credo che un buon libro (o un buon film, o un buon disco) riesca prima o poi sempre a trovare una sua nicchia di mercato, seppur minoritaria rispetto alle tendenze del mainstream.
Vabbè, almeno una speranza, per noi idealisti inguaribili, rimane