In tasca la paura di volare - Lorenzo Foltran

1
Immagine


TITOLO: In tasca la paura di volare
AUTORE: Lorenzo Foltran
EDITORE: Oèdipus
GENERE: Silloge poetica
PAGINE: 96
ISBN: 978-88-73413-38-7
FORMATO: Cartaceo
PREZZO: 12 €


Ogni nuova lettura è un viaggio, un’incognita da svelare passo a passo, pagina dopo pagina, che si tratti di narrativa o di poesia, poco cambia. Quello che fa la differenza, invece, sono le emozioni che suscita nel lettore e di sentimenti, in contrasto e armonia tra loro, la silloge “In tasca la paura di volare” ne è piena zeppa.

La prima volta che l’ho presa in mano sono stata subito catturata dalla copertina, semplice come le parole nel titolo eppure evocativa il giusto. Mi invitava a chiudere gli occhi e partire fiduciosa e così ho fatto, scoprendo stratto dopo stratto un mondo in oscillazione tra il passato e il presente — e con un’immancabile sguardo al futuro —, tra l’antico e il moderno che si intrecciano a suon di versi in omaggio alla musa ispiratrice per eccellenza: donna.

La silloge “In tasca la paura di volare” consiste in tre sezioni: Donne sparse, in cui regnano i componimenti lirici degni dei grandi poeti d’epoca come Petrarca, I lampioni e nessun altro, dove l’autore si sofferma sul tema di fine rapporti amorosi e sulla quotidianità, e In tasca la paura di volare con cui inizia il vero e proprio viaggio interiore.

Nella prima parte il poeta insegue il mito della donna, catturando la sua essenza come un fotografo con l’obiettivo del cuore. Non è mai la stessa, cambia il volto di continuo, cambiano i nomi e i luoghi, e lei rimanere spesso sullo sfondo, inafferrabile come una cometa. Per renderla viva agli occhi — o meglio all’udito del lettore (un consiglio, se leggete le poesie della raccolta fatelo a voce alta) — il poeta usa le parole semplici, raramente ricercate, che svelano poco ma dicono tanto quasi volesse raccontarci la storia di ognuna delle protagoniste. Di tutti i componimenti quello che più mi è piaciuto, e ne cito una parte per condividere la semplicità dei versi e il ritmo perfetto (purtroppo non sono capace di parlare di metrica anche se qualcosa ho imparato nel tempo e se lo facessi mi impappinerei), è You and me:
Vicini, stretti in un unico abbraccio
sullo stesso cuscino,
lisci, i nostri capelli si confondono,
si intrecciano le lingue
e respiriamo lo stesso respiro
su un letto sempre sfatto.


Nella seconda parte — che ho chiamato terra terra — l’autore in qualche modo (almeno questa è una mia impressione) si discosta dal piedistallo su cui aveva messo la donna. Non è più (e soltanto) un oggetto di desiderio, un sogno che si insegue a occhi chiusi, un ricordo dei tempi che furono, ma man mano che il viaggio si sposta sul terreno della vita quotidiana — oserei dire della quotidianità di ciascuno di noi —, con tutti i suoi alti e bassi, diventa una donna in carne e ossa, fonte al contempo di meraviglia e dolore. È una vita vera, quella che l’autore cerca di trasferire sul foglio bianco, e la strada per ripercorrerla non è mai retta, al contrario, è piena di curve e insidie che possono portare allo smarrimento. Per descriverla al meglio — e devo ammettere ci riesce bene perché il sentimento che pervade il lettore è proprio quello di essersi perso e di non riuscire a trovare la direzione giusta — l’autore usa un linguaggio chiaro e attuale, persino moderno. È proprio ne I lampioni e nessun altro che si avverte una linea netta tra ieri — la modernità contrapposta all’antichità di cui sono pregne le pagine iniziali petrarchiste — e oggi.

Peccato che non ci siamo incontrati oggi…
Eravamo così vicini…

I tre punti alla fine della frase
solo la reticenza
di chi vorrebbe dire ma non dice,
sono l’occhio che ammicca,
sono l’allusione, lo sguardo languido.
Densi come le stelle,
sono un sistema solare che gira
attorno alla sua bocca.
In quei tre punti sembra esserci tutto
o così pare.
Torno in me, sono tre punti alla fine,
anzi, ce n’è solo uno,
limite fermo al termine del tempo:
mai è stato e mai sarà.


Nella parte finale, che dà il titolo alla raccolta poetica, a dominare i versi è il sentimento di paura dell’ignoto, così intrinseca in ognuno di noi. Mi hanno colpito in modo particolare i versi che aprono la sezione:

Immensa consapevolezza
del tempo che passa,
di quello che resta.
Un biglietto di andata in tasca
vuota, invece, l’altra


La sezione in chiusura affronta diversi temi importanti, come il mondo di lavoro con al centro la figura della donna in carriera — contrapposta alla donna del passato e il suo ruolo della regina del focolaio —, la famiglia rievocata attraverso i ricordi d’infanzia, i viaggi, e oserei dire anche le migrazioni. Il tema del viaggio è quello che trovo leggermente dominante, tant’è che una parte di me è convinta che l’autore lo usasse come la metafora della vita stessa. Anche qui lo stile è molto semplice, ma perfetto per il messaggio che si vuole trasmettere, con un tocco di gran classe al finale con i versi in francese:

Je peux changer de langue, mon esprit, mon intime,
tout mon amour pour toi, je l’écris ma Goli.
Je peux changer de vers mais tu restes dans la rime.
Ne pense pas au passé, ce qui était, j’oublie.



In conclusione, “In tasca la paura di volare” è una silloge che parla al lettore con una emotività sempre crescente, ma mai eccessiva, persino a volte troppo lucida. Sospesi tra l’antichità e la modernità, i lettori si troveranno a salpare insieme al poeta alla ricerca della musa per eccellenza: la donna con la d maiuscola. Riusciranno a catturare la sua essenza? Tocca a voi scoprirlo.
Piccoli Grandi Sognatori

 Without faith, without hope, there can be no peace of mind. [cit.]
Rispondi

Torna a “Recensioni”