La nave della follia - parte 1

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Seduto all’imboccatura dello stretto passaggio, Naufrago osservava la calura che faceva ondeggiare l’aria sulla piana rocciosa. Pareva avere una consistenza quasi liquida, come l’increspare del mare mosso da una lieve brezza; quella distesa d’acqua che ora pareva così lontana e non a poche miglia di distanza.
“Quanto tempo è passato dalla vita che ho trascorso sul mare, lontano dalle ansie e dalle tribolazioni.”
Quel periodo sembrava appartenere a un altro tempo, troppo diverso dalle preoccupazioni del loro continuo spostarsi e arrabattarsi per avere da mangiare, del trovare un posto per dormire.
Sospirò. “Tutto allora era davvero più semplice.”
Allargò le narici, cogliendo una nota salmastra nella breve brezza giunta dalla piana. Si adagiò contro la roccia, chiudendo gli occhi. “Sì, quando vivevo sul mare la vita era diversa: più regolare, metodica, scandita dai compiti che ognuno aveva.” Non che ci fosse molto da fare: a parte la pesca e il cucinare, i lavori erano più che altro un modo per impedire alla noia e all’ozio che li incattivissero. Certo, alle volte sorgevano discussioni, contrasti (nella convivenza forzata era inevitabile), ma erano subito sedati e si risolvevano sempre in un nulla di fatto: le prospettive d’essere gettati in mare o fatti ritornare sulla terraferma erano un ottimo deterrente per raffreddare gli animi. Per quanto la vita a bordo alle volte potesse andare stretta, nessuno avrebbe rinunciato al senso di sicurezza e protezione che essa dava: erano lontani i ricordi delle barbarie, delle violenze di cui le città e le campagne erano ricche, delle razzie che gruppi di uomini impazziti e creature mutate effettuavano senza posa. Le urla strazianti, gli scricchiolii di ossa spezzate, il rumore della carne e dei muscoli che venivano stracciati: nessuno voleva più avere a che fare con simili orrori, nessuno voleva più provare la paura della preda sempre braccata, che da un momento all’altro poteva essere catturata e fatta a pezzi.
Non bastasse questo, nessuno sentiva la mancanza della terraferma, divenuta un luogo inospitale, senza più un equilibrio: terre aride fatte di sole rocce, deserti, lande spazzate da venti che sradicavano ogni forma di vegetazione. Trovare di che sfamarsi in esse era un’impresa al limite della sopravvivenza, costringendo inevitabilmente a cercare cibo, o almeno quel che restava dopo anni di razzie, all’interno delle città che ancora esistevano, divenute sacche dell’inferno. Rischi troppo grossi per ottenere gli scarti lasciati da chi era più forte e feroce. Niente in confronto alla ricchezza del mare e che con un minimo sforzo si poteva ottenere.
Del mare però ricordava soprattutto la calma delle ore che precedevano l’alba, quando piazzavano le reti, o i caldi pomeriggi sonnolenti, dove restavano in attesa che i pesci abboccassero per puro passatempo. “Già, i lunghi pomeriggi seduto sul ponte della nave con la canna da pesca in mano, osservando la grande distesa piatta del mare.” A quella vista il suo animo si placava, i cupi pensieri si dissipavano, come se un forte vento avesse spinto lontano i nuvoloni temporaleschi della sua esistenza, lasciandolo solamente con la pace dello sciacquio delle onde. Certo, non era una pace che durava a lungo, visto che spesso il ponte risuonava delle grida dei bambini.
Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
https://www.lestradedeimondi.com/

Re: La nave della follia - parte 1

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Buongiorno @M.T. :sss: piacere di leggerti, il tuo titolo promette bene.

Seduto all’imboccatura dello stretto passaggio, Naufrago osservava la calura che faceva ondeggiare l’aria sulla piana rocciosa.
Qui faccio fatica a vedere. La prima pare risulta difficile da comprendere. Una domanda: Naufrago è il personaggio?

Pareva avere una consistenza quasi liquida, come l’increspare del mare mosso da una lieve brezza; quella distesa d’acqua che ora pareva così lontana e non a poche miglia di distanza.
Occhio alle ripetizioni: pareva

Quel periodo sembrava appartenere a ad un?un altro tempo, troppo diverso dalle preoccupazioni del loro continuo spostarsi e arrabattarsi per avere da mangiare, del trovare un posto per dormire.
Secondo me, il tuo lessico risulta difficile

Sospirò. “Tutto allora era davvero più semplice.”
Questa frase non mi convince. Suona male: Tutto allora

Allargò le narici, cogliendo una nota salmastra nella breve brezza giunta dalla piana. Si adagiò contro la roccia, chiudendo gli occhi. “Sì, quando vivevo sul mare la vita era diversa: più regolare, metodica, scandita dai compiti che ognuno aveva.” Non che ci fosse molto da fare: a parte la pesca e il cucinare, i lavori erano più che altro un modo per impedire alla noia e all’ozio che li incattivissero. Certo, alle volte sorgevano discussioni, contrasti (nella convivenza forzata era inevitabile), ma erano subito sedati Qui il lettore si può chiedere: sedati da cosa? e si risolvevano sempre in un nulla di fatto: le prospettive d’essere gettati in mare o fatti ritornare sulla terraferma erano un ottimo deterrente per raffreddare gli animi.
Paragrafo interessante e scorrevole ma non capisco la parte sottolineata

Per quanto la vita a bordo alle volte potesse andare stretta, nessuno avrebbe rinunciato al senso di sicurezza e protezione che essa dava: erano lontani i ricordi delle barbarie, delle violenze di cui le città e le campagne erano ricche, delle razzie che gruppi di uomini impazziti e creature mutate effettuavano senza posa.
Riformulerei questo pensiero. Non ripetere: erano

Le urla strazianti, gli scricchiolii di ossa spezzate, il rumore della carne e dei muscoli che venivano stracciati: nessuno voleva più avere a che fare con simili orrori, nessuno voleva più provare la paura della preda sempre braccata, che da un momento all’altro poteva essere catturata e fatta a pezzi.
Descrizione perfetta e fluida che descrive una scena drammatica

Non bastasse questo, nessuno sentiva la mancanza della terraferma, divenuta un luogo inospitale, senza più un equilibrio: terre aride fatte di sole rocce, deserti, lande spazzate da venti che sradicavano ogni forma di vegetazione.
Preferirei: senza un equilibro

Trovare di che sfamarsi in esse era un’impresa al limite della sopravvivenza, costringendo inevitabilmente a cercare cibo, o almeno quel che restava dopo anni di razzie, all’interno delle città che ancora esistevano, divenute sacche dell’inferno. Rischi troppo grossi per ottenere gli scarti lasciati da chi era più forte e feroce. Niente in confronto alla ricchezza del mare e che con un minimo sforzo si poteva ottenere.
Non mi convince questa parte: all’interno delle città che ancora esistevano, Se non esistevano, come fai a chiamarle città?

Del mare però ricordava soprattutto la calma delle ore che precedevano l’alba, quando piazzavano le reti, o i caldi pomeriggi sonnolenti, dove restavano in attesa che i pesci abboccassero per puro passatempo. “Già, i lunghi pomeriggi seduto sul ponte della nave con la canna da pesca in mano, osservando la grande distesa piatta del mare.” A quella vista il suo animo si placava, i cupi pensieri si dissipavano, come se un forte vento avesse spinto lontano i nuvoloni temporaleschi della sua esistenza, lasciandolo solamente con la pace dello sciacquio delle onde. Certo, non era una pace che durava a lungo, visto che spesso il ponte risuonava delle grida dei bambini.
Finale con una bellissima immagine :D

Conclusioni:
Racconto strano, ti dico già senza troppi giri di parole che è troppo breve, ho l'impressione che usi una tecnica per riassumere la tua trama. Sappiamo troppo poco. Naufrago è in viaggio perchè non sopporta la guerra e la razzia sulla terraferma? Lo so che è una narrazione a capitolo ma secondo me nel testo non sono presenti delle informazioni di base, tipo: è da solo? oppure da quanto tempo naviga?
Il racconto si presenta abbastanza bene, adotti una struttura idonea anche se con un lessico difficile e a volte pesante. Alcune descrizioni mi piacciono rispetto ad altre. Ti consiglio oltre ad allungare il testo di sistemare i suoi pensieri, come struttura sembra poco evidenziata e aggiungerei i trattini perchè in realtà lui pensa, non parla. Mi hai fatto venire in mente il personaggio della mitologia greca: Ulisse :navepirata:

Ti auguro un buon WeekEnd.
:laughing-lettersrofl: :happy-smileyflower:

Re: La nave della follia - parte 1

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"Quel periodo sembrava appartenere a ad un?un altro tempo,"
la "d" va usata solo con parole che iniziano con la stessa vocale. Esempio "ed erano", "ad andare".

"Certo, alle volte sorgevano discussioni, contrasti (nella convivenza forzata era inevitabile), ma erano subito sedati Qui il lettore si può chiedere: sedati da cosa?"
viene spiegato subito dopo: "le prospettive d’essere gettati in mare o fatti ritornare sulla terraferma erano un ottimo deterrente per raffreddare gli animi."

"Non mi convince questa parte: all’interno delle città che ancora esistevano, Se non esistevano, come fai a chiamarle città?"
Ho parlato di città che ancora esistevano perché tante sono state totalmente distrutte. Come l'ho spiegato altrove.

"Racconto strano, ti dico già senza troppi giri di parole che è troppo breve"
Questo è un racconto a capitoli, spezzato in più parti perché andava oltre il limite anche dei racconti lunghi. Inoltre questo è soltanto una piccola parte di un lavoro più grosso, che si trova presentato nella sezione "Le nostre pubblicazioni".
Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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Re: La nave della follia - parte 1

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Ciao M.T., mi accingo a recensire questo tuo interessante estratto dal titolo molto figo. Premetto solo: tieni a mente che il mio è non solo un parere come un altro, ma, per giunta, [il parere] di uno che realisticamente non ha competenze o esperienze formative in ambito di scrittura, quindi prendilo proprio per amatoriale, nonché visionario, dal momento che mi son fatto un viaggione mentale per visualizzare la storia, col rischio di aver esagerato.
Detto ciò: mi ci fiondo.

Trama

Aspetto per me molto interessante. Ho avuto qualche difficoltà a ricostruire il puzzle: se non ho capito male, il nostro Naufrago è intento ad ammirare un paesaggio roccioso sotto il sole cocente mentre ricorda le sue esperienze precedenti. Se ho ben ricostruito il percorso cronologico: in precedenza faceva parte di un gruppo di razziatori, abituati a una pessima vita sulla terraferma (step 1) pregna di saccheggiamenti, furti e violenze, il che è stato un ottimo motivo per il suo gruppo di persone per dedicarsi a tutt'altra vita (step 2), cioè quella in nave, il che mi fa supporre siano stati dei marinai, o addirittura dei pirati. Ripensando a questi bei tempi, notiamo adesso Naufrago, da solo, in questa distesa rocciosa, che ripensa al suo passato (step 3).
Confesso che, sempre se non ho esagerato con le visioni, mi ha ricordato un po' un manga distopico che lessi tempo fa, Dragon Head, in cui un disastro naturale che colpiva il Giappone trasformava quest'ultimo in una landa con frequenti razzìe e violenze, uno di quegli scenari post-apocalittici in cui l'uomo si ritrova nuovamente allo stato brado. Qualsiasi sia la corretta trama/interpretazione, l'idea mi sembra molto carina: l'idea che un personaggio si ritrovi solo a riflettere, lontano dal caos cittadino, a fantasticare, mi è sempre piaciuta, sempre quando ci si ritrova in queste situazioni / contesti totalmente fuori dal comune.

Personaggi

Qui ho poco da commentare, avendo solo citato il personaggio di Naufrago. L'unica cosa che mi vien da dire è che il nome è molto forte, nonché interessante, se considerate le altri opzioni legate al concetto di "mare" che avresti potuto scegliere, buttandoti invece s'un termine che, prima ancora di suonare/essere bello fosse principalmente rappresentativo. Concludo solo aggiungendo che mi è venuta in mente l'ipotesi che questo sia in realtà un soprannome datogli dai suoi [vecchi] amici, il che è un altro dettaglio che per un matto visionario come me rende la storia interessante.

Contenuti

Anche qui: non molto da commentare, dal momento che il contenuto principale in questione è un quadro del passato e delle memorie del, presumo, protagonista. Andrebbe ovviamente relazionato col resto del contesto, però rende l'idea che vuoi trasmettere (credo), quindi a posto così.

Stile

Non so se l'ho ben interpretato e, soprattutto, se la mia accezione di stile sia corretta, ma mi sembra il tuo stile sia focalizzato, nel ricordare eventi passati e frammenti di trama, sull'utilizzare una terminologia che trasmettesse il disagio che il protagonista provi in quel momento al ricordo di tali frammenti. Mi sembra uno stile abbastanza dalla parte del protagonista, nel senso che lo assiste/sostiene quando esprime i suoi pareri, confermando il dolore/trauma che ha affrontato nelle sue precedenti esperienze. D'altro canto, però, non ti sei neanche perso con varie divagazioni, anzi, il contenuto mi sembra molto riassunto e sintetizzato, il che, se da un lato non mi fa impazzire perché potresti impreziosire il testo, dall'altro taglia alla radice il rischio di divagazioni superflue. A me personalmente non dispiace, ma andrebbe, anche in questo caso, contestualizzato col resto, per capire come ti giostri a lungo andare.

Grammatica & Sintassi

Questo è il mio punto debole, perché sono il primo a saperne ben poco circa la forma in cui un testo va esposto (così come circa tutte le nozioni basi di editing), per cui provo ad appuntarti qualche modifica. Perdona in anticipo la maniera che ho scelto per le citazioni:

1)«...e non a poche miglia di distanza» [secondo rigo]: io avrei scritto «...e a non poche miglia»

2)«...scandita dai compiti che ognuno aveva» [settimo rigo]: prendilo con le pinze, però io avrei considerato anche un'espressione tipo «...scandita dai propri compiti [personali] / dai compiti affidati», al fine di non creare un'altra frase, per così dire.

3)«...dove restavano in attesa...» [quintultimo/quartultimo rigo]: qui avrei usato l'espressione «dove si restava in attesa...», perché mi avrebbe dato più un senso abitudinario, per così dire, nel senso che ci stai comunicando questo loro modo di fare non solo perché lo facessero effettivamente, ma proprio perché ormai era diventata una routine

Questi sono gli unici tre aspetti circa i quali avrei ipotizzato una modifica, se fossi più bravo non mi sarebbe servito rileggere più volte il testo per beccarne altri, ma ahimé, per ora non mi riesce di meglio!

Giudizio Finale

Come anticipato, il contesto / la trama sembra molto interessante nonché promettente: questo, ovviamente, col presupposto che il testo è comunque molto riduttivo e lascia molto spazio all'immaginazione, di conseguenza sempre con l'ipotesi che il lettore possa aver frainteso lo scenario. A me è, in ogni caso, piaciuto tanto, quantomeno finché non sono stato brutalmente svegliato per farmi dire: «guarda che hai capito fischi per fiaschi», l'unica cosa che voglio precisare in ultimo luogo è che, per quanto sia una bella immagine quella finale, io l'avrei chiusa in un'altra maniera, nel senso che nonostante il bel ricordo mi sembra quasi manchi un punto vero proprio [a questo estratto]

Ultima considerazione personale: spero di non essere stato troppo fuori luogo, nonché che tu abbia tratto un lieve giovamento dalla mia recensione. Sono ovviamente molto curioso di leggere un eventuale seguito, quindi tieniti connesso! Ti auguro una buona giornata fratm!
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