[MI178 fuori concorso] Che cosa attende? Parte 6 di 6 – Epilogo
Posted: Mon Oct 02, 2023 11:13 pm
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Che cosa attende?
Parte 6 – Epilogo
Quando Arthur e Isak tornarono a parlare di romanzi, Magnus mandò un poco avanti la registrazione. Non ne poteva più di tutte quelle chiacchiere astratte: quando avrebbe ritrovato i due dispersi, come prima cosa avrebbe dato uno schiaffo a ciascuno, si disse.
«È bellissima» sentì dire al giornalista.
«È la prima volta che vedi l’aurora?»
«No, sono stato in luna di miele sui fiordi.»
Le voci erano impastate dal sonno e, dopo qualche scambio, non dissero più nulla a lungo, come se si fossero addormentati.
Poi, Arthur Carter mormorò sottovoce, appena udibile come un soffio di vento, ma con un tono di tale serietà e singolare terrore che fece rabbrividire Magnus: «Che cazzo è quello?»
“Ci siamo” pensò lo sceriffo. La verità su qualunque cosa fosse successa ai due era lì, registrata.
Il vento prese a soffiare con violenza nel microfono. Un suono statico, vagamente nauseante, intervallato da scoppiettii che Magnus sapeva provenire da un’aurora molto violenta; e ricordò anche di averla vista dal centro cittadino, meravigliosa. Un immenso boato, seguito dal ruggire delle onde, come se l’oceano si stesse aprendo. Nella mente atterrita di Magnus, quei rumori fecero balenare l’intuizione di un’immagine odiosa e folle, un corpo ciclopico e più antico del tempo che avanzava serpeggiando dallo spazio all’orizzonte tra cielo e acqua.
«Il cielo ha preso fuoco, qui e su altri pianeti! Finalmente è arrivato!» La voce di Isak traboccava di un’energia blasfema.
Seguì un rombo talmente forte che Magnus si chiese come fosse possibile che quel giorno non si fosse udito dalla cittadina. Lo sceriffo non poté far altro che restare in ascolto, inorridito, mentre urla e preghiere rimbombavano nelle cuffie.
«Il registratore, almeno questo! Il mondo deve sapere! Oh Dio!» Arthur Carter suonava fuori di sé. Un tonfo, e Magnus si immaginò il registratore, imbustato, che veniva scaraventato al sicuro, lontano dall’acqua e da qualsiasi cosa stesse producendo quei suoni, che diventavano via via più misteriosi, indescrivibili, immondi. Le litanie del vecchio e il pianto del giornalista crebbero fino a diventare insopportabili. Ci furono due, tre spari.
Di quello che seguì Magnus ha solo ricordi confusi. La sua mente si rifiuta di ricordare quello che le orecchie registrarono, il terrore è troppo per il suo animo. Finì a terra, tremante, la bocca che schiumava. Nessun uomo dovrebbe mai udire la voce di Dio. Nessuno. Ed è per questo che, con le ultime forze rimastegli prima di perdere definitivamente il senno, colpì il registratore, ancora e ancora, fino a farlo a pezzi, assieme al racconto di Arthur Carter e la storia di Isak Johansen.
«Ho detto tutto quello che so» ripete Magnus Ødegaard.
«E poi? Cosa ha udito, alla fine? Non ricorda?» Chiede Susan Anson.
«Non voglio ricordarlo.»
«Non importa» sbuffa Susan. Lei e George si scambiano una breve occhiata. Si protende in avanti, i gomiti poggiati sul tavolo bianco. Magnus trasalisce ed evita lo sguardo. «È stata l’agente Ylva Korhonen, l’attuale sceriffo, a trovarla in centrale, giusto?»
«È stata lei.» Magnus deglutisce.
«L’ha trovato svenuto e con le orecchie sanguinanti.»
«Sì.»
«Bene, abbiamo tutto quello di cui avevamo bisogno» George picchia il palmo sul tavolo.
«Che significa? Tutto qui?»
«Sì. Gliel’ho detto, volevamo solo sentire la storia direttamente da lei. Ora non ci resta che andare sull’isola.»
«Andare sull’isola?» Magnus scatta in piedi e l’infermiere, all’angolo della stanza, si avvicina a grandi passi. «Non potete farlo! Dovete fermarvi. Quello che ho udito è oltre la comprensione umana. Voi non capite, voi...»
«È lei che non capisce, signor Ødegaard. Dobbiamo andare, è il nostro compito.»
«Il vostro compito? In che senso? Siete poliziotti.»
«No. Abbiamo solo detto di essere agenti.»
«Chi siete allora? Giornalisti?» Magnus grida e trema, gli occhi di ghiaccio sono strabuzzati e spiritati.
George si alza dalla sedia e fa un passo indietro.
Susan sorride. «Non giornalisti; demonologi.»
«Fermi! Cosa volete fare? Siete pazzi, fermatevi!» Magnus fa per allungare le braccia verso di loro, ma l’infermiere è più rapido e lo immobilizza.
«È stato un onore parlare con lei, signor Ødegaard. Si riprenda. E si consideri fortunato per quello che ha avuto l’onore di ascoltare.»
Liam e Petra si tengono per mano. Non parlano, non ne hanno bisogno per capirsi, e ascoltano semplicemente il respiro delle onde sulla sabbia nera della battigia e i versi dei fulmari. Petra fischietta e accenna un motivetto che ha sentito in radio.
Lui lo coglie subito e canta sottovoce: «And you’re standing here beside me...»
«... I love the passing of time» prosegue Petra. Sorride, si toglie un guanto e stringe la mano di Liam. È calda.
Sulla stufetta da campo nuovo di zecca, l’acqua per il tè prende a borbottare. L’aurora danza in cielo, leggiadra, si svolge come un nastro e si arrotola come una kanelbolle, e le stelle di infinite galassie si riflettono negli occhi grandi dei ragazzi, e la Luna li osserva con sguardo instancabile. Liam pensa che, forse, non gli dispiacerebbe passare il resto della vita laggiù assieme a Petra.
Che cosa attende?
Parte 6 – Epilogo
Quando Arthur e Isak tornarono a parlare di romanzi, Magnus mandò un poco avanti la registrazione. Non ne poteva più di tutte quelle chiacchiere astratte: quando avrebbe ritrovato i due dispersi, come prima cosa avrebbe dato uno schiaffo a ciascuno, si disse.
«È bellissima» sentì dire al giornalista.
«È la prima volta che vedi l’aurora?»
«No, sono stato in luna di miele sui fiordi.»
Le voci erano impastate dal sonno e, dopo qualche scambio, non dissero più nulla a lungo, come se si fossero addormentati.
Poi, Arthur Carter mormorò sottovoce, appena udibile come un soffio di vento, ma con un tono di tale serietà e singolare terrore che fece rabbrividire Magnus: «Che cazzo è quello?»
“Ci siamo” pensò lo sceriffo. La verità su qualunque cosa fosse successa ai due era lì, registrata.
Il vento prese a soffiare con violenza nel microfono. Un suono statico, vagamente nauseante, intervallato da scoppiettii che Magnus sapeva provenire da un’aurora molto violenta; e ricordò anche di averla vista dal centro cittadino, meravigliosa. Un immenso boato, seguito dal ruggire delle onde, come se l’oceano si stesse aprendo. Nella mente atterrita di Magnus, quei rumori fecero balenare l’intuizione di un’immagine odiosa e folle, un corpo ciclopico e più antico del tempo che avanzava serpeggiando dallo spazio all’orizzonte tra cielo e acqua.
«Il cielo ha preso fuoco, qui e su altri pianeti! Finalmente è arrivato!» La voce di Isak traboccava di un’energia blasfema.
Seguì un rombo talmente forte che Magnus si chiese come fosse possibile che quel giorno non si fosse udito dalla cittadina. Lo sceriffo non poté far altro che restare in ascolto, inorridito, mentre urla e preghiere rimbombavano nelle cuffie.
«Il registratore, almeno questo! Il mondo deve sapere! Oh Dio!» Arthur Carter suonava fuori di sé. Un tonfo, e Magnus si immaginò il registratore, imbustato, che veniva scaraventato al sicuro, lontano dall’acqua e da qualsiasi cosa stesse producendo quei suoni, che diventavano via via più misteriosi, indescrivibili, immondi. Le litanie del vecchio e il pianto del giornalista crebbero fino a diventare insopportabili. Ci furono due, tre spari.
Di quello che seguì Magnus ha solo ricordi confusi. La sua mente si rifiuta di ricordare quello che le orecchie registrarono, il terrore è troppo per il suo animo. Finì a terra, tremante, la bocca che schiumava. Nessun uomo dovrebbe mai udire la voce di Dio. Nessuno. Ed è per questo che, con le ultime forze rimastegli prima di perdere definitivamente il senno, colpì il registratore, ancora e ancora, fino a farlo a pezzi, assieme al racconto di Arthur Carter e la storia di Isak Johansen.
«Ho detto tutto quello che so» ripete Magnus Ødegaard.
«E poi? Cosa ha udito, alla fine? Non ricorda?» Chiede Susan Anson.
«Non voglio ricordarlo.»
«Non importa» sbuffa Susan. Lei e George si scambiano una breve occhiata. Si protende in avanti, i gomiti poggiati sul tavolo bianco. Magnus trasalisce ed evita lo sguardo. «È stata l’agente Ylva Korhonen, l’attuale sceriffo, a trovarla in centrale, giusto?»
«È stata lei.» Magnus deglutisce.
«L’ha trovato svenuto e con le orecchie sanguinanti.»
«Sì.»
«Bene, abbiamo tutto quello di cui avevamo bisogno» George picchia il palmo sul tavolo.
«Che significa? Tutto qui?»
«Sì. Gliel’ho detto, volevamo solo sentire la storia direttamente da lei. Ora non ci resta che andare sull’isola.»
«Andare sull’isola?» Magnus scatta in piedi e l’infermiere, all’angolo della stanza, si avvicina a grandi passi. «Non potete farlo! Dovete fermarvi. Quello che ho udito è oltre la comprensione umana. Voi non capite, voi...»
«È lei che non capisce, signor Ødegaard. Dobbiamo andare, è il nostro compito.»
«Il vostro compito? In che senso? Siete poliziotti.»
«No. Abbiamo solo detto di essere agenti.»
«Chi siete allora? Giornalisti?» Magnus grida e trema, gli occhi di ghiaccio sono strabuzzati e spiritati.
George si alza dalla sedia e fa un passo indietro.
Susan sorride. «Non giornalisti; demonologi.»
«Fermi! Cosa volete fare? Siete pazzi, fermatevi!» Magnus fa per allungare le braccia verso di loro, ma l’infermiere è più rapido e lo immobilizza.
«È stato un onore parlare con lei, signor Ødegaard. Si riprenda. E si consideri fortunato per quello che ha avuto l’onore di ascoltare.»
Liam e Petra si tengono per mano. Non parlano, non ne hanno bisogno per capirsi, e ascoltano semplicemente il respiro delle onde sulla sabbia nera della battigia e i versi dei fulmari. Petra fischietta e accenna un motivetto che ha sentito in radio.
Lui lo coglie subito e canta sottovoce: «And you’re standing here beside me...»
«... I love the passing of time» prosegue Petra. Sorride, si toglie un guanto e stringe la mano di Liam. È calda.
Sulla stufetta da campo nuovo di zecca, l’acqua per il tè prende a borbottare. L’aurora danza in cielo, leggiadra, si svolge come un nastro e si arrotola come una kanelbolle, e le stelle di infinite galassie si riflettono negli occhi grandi dei ragazzi, e la Luna li osserva con sguardo instancabile. Liam pensa che, forse, non gli dispiacerebbe passare il resto della vita laggiù assieme a Petra.