Atrax robustus Pt.5
Posted: Tue Apr 25, 2023 7:41 pm
[CDP 1] - Colazione per due - Costruttori di Mondi
Atrax robustus Pt.5
Sei sicura? – chiese Luigi con una nota d'apprensione.
Sì, tranquillo, non lo sveglia neppure una cannonata.
Forse si è assuefatto alla dose del barbiturico. – considerò, l'avvocato.
Sì, deve essere così, non è più sufficiente. Bisogna aumentare la dose. - convenne Ginevra.
Regolati per la prossima volta. - replicò lui.
- Dai, vieni di là, abbiamo già perso molto tempo. Stavo impazzendo per la voglia di rivederti.
- Anche io tesoro: ora sono qui. Ti desidero da pazzi.
Lui senti il rumore umido di due bocche che si baciavano a lungo.
- Dobbiamo parlare di noi – disse lei con un singulto - del nostro futuro. Non possiamo continuare così.
Si baciarono nuovamente: ne seguì il rumore dei passi diretti fuori dalla sala.
Restò immobile, mantenendo la sua finzione, contò che una decina di minuti sarebbero stati sufficienti prima di muoversi.
L'attesa, in quel tempo esiguo, gli parve un'eternità.
Nella mente turbinava un uragano d'emozioni: rabbia, umiliazione bruciante, vergogna per la sua folle ingenuità, dolore e desiderio feroce di vendetta.
Aveva in mente di recarsi silenziosamente in cucina, prendere la piccola mannaia per affettare le bistecche, quindi, irrompere nella stanza dove quella puttana e il suo ganzo si stavano scambiando la pelle, per compiere una carneficina.
Già immaginava la brutale soddisfazione nel sentire le urla di sorpresa e il terrore scolpirgli, sui volti, una maschera grottesca.
Infine, ci sarebbero stati solo il rumore sinistro della mannaia che smembrava carni e ossa, e schizzi di sangue a maculare pareti e arredi della camera.
Un velo di furia gli infiammava la mente: dunque, le due carogne erano in combutta nel drogarlo, chissà da quanto andava avanti quella loro tresca.
Si erano presi gioco di lui per mesi, forse per anni, tutto era stato programmato per ordire quella farsa perfetta: l'omosessualità di lui, l'innocente amicizia, le cene conviviali, gli scacchi e la musica di Chopin.
Avevano compiuto il capolavoro di consumare quella lasciva relazione sotto il suo tetto, sotto i suoi occhi accecati dalla fiducia, dall'amore per quella sgualdrina e dal barbiturico.
Preferì attendere qualche momento, per calmare la tachicardia che lo aveva assalito: gli tremavano le mani e temeva che le gambe non lo sorreggessero, doveva riprendere il controllo prima di passare all'azione.
Ci sarebbe solo mancato che l'adrenalina gli procurasse una crisi cardiaca: la cosa sarebbe risultata il colmo dell'idiozia; tirare le cuoia per un colpo apoplettico fulminante, sarebbe stato un ghiotto regalo fatto agli schifosi.
Regolò la respirazione per abbassare la tensione e il ritmo cardiaco.
Nell'immobilità che si era imposto, la ragione stava lentamente combattendo con l'ira cieca: iniziò a valutare che trasformare la sua camera da letto in un mattatoio, con tutto quello che ne sarebbe seguito, non fosse esattamente la maniera più efficace per soddisfare la sua sete di vendetta.
Già vedeva titoli a caratteri cubitali sulle testate dei quotidiani: “Strage della gelosia! Noto cattedratico uccide barbaramente la propria moglie e amante di lei.” - I concubini, barbaramente, trucidati nella stanza da letto di casa loro. -
Le colonne della cronaca nera e i programmi sui fatti di sangue delle TV, sarebbe andate a nozze con quella notizia; avrebbero imbastito servizi e interviste: mostrando la scena del delitto, intervistando vicini di casa.
La gente del quartiere, attonita, avrebbe dichiarato di averli sempre visti come una coppia solida: innamorati e sereni, nulla turbare il loro rapporto, persone riservate, distinti docenti; poca vita sociale, solo quell'amico che veniva a trovarli ogni settimana.
Criminologi e psichiatri forensi, avrebbero tenuto dibattiti per spiegare quell'eccidio violento: affermando che lui, così avanti negli anni, rispetto alla moglie assai avvenente, non aveva retto a l'umiliazione d'essere stato cornificato con un uomo più giovane e prestante; questo aveva scatenato un raptus di follia omicida.
Altri, più malevoli, avrebbero anche supposto che fosse consenziente e al corrente della cosa: ma il loro triangolo si era probabilmente sbilanciato, le attenzioni di lei troppo concentrate sul bell'amante, lo avevano fatto sentire escluso, scatenando quella folle gelosia.
Del resto, non era il primo uomo d'età avanzata ad accettare che la consorte, più giovane, si accompagnasse a un terzo individuo più giovane, creando un comodo “ménage à trois”.
Vedeva già sé stesso condotto via in manette, sotto gli occhi di una folla ostile e indignata, seguito da cronisti e flash accecanti di fotografi, piombati lì come avvoltoi a banchetto.
Anche con le attenuanti generiche, l'omicidio passionale e un buon avvocato, non sarebbe sfuggito a una pena di una ventina d'anni di reclusione.
Avrebbe praticamente, quasi, passato in carcere il resto dell'esistenza.
Valeva davvero la pena di tumulare tra le sbarre la vita che ancora gli restava, per la magra soddisfazione di fare a pezzi quei due sudici impostori?
Era un prezzo molto alto da pagare: forse doveva rifletterci con maggior sangue freddo.
Le due carogne dovevano morire, questo era pacifico, ma doveva farlo in maniera pulita, senza gesti eclatanti e spargimento di sangue.
Soprattutto senza che risultasse alcun collegamento tra lui e la causa del loro decesso.
Questo richiedeva un piano accurato e lasciarsi il tempo necessario per progettare un lavoro rifinito, definitivo e insospettabile.
La tentazione di vedere a quali turpitudini fossero intenti i due traditori era irresistibile, sarebbe stato come osservare il fondo dell'abisso, sapendo che ti procurerà una vertigine; ma era certo che quella visione, nauseante, avrebbe contribuito a motivare senza incertezze il suo intento omicida verso quelle serpi.
Sfilò le scarpe per evitare il rumore dei passi sull'assito: scivolando nel buio della casa, silenzioso come uno spettro, raggiunse la porta della camera da letto e si apprestò a origliare.
Dall'interno non giungeva alcun rumore: girò la maniglia, socchiudendola con estrema cautela e constatò che la stanza fosse vuota.
Sul corridoio si trovavano la porta dalla stanza da bagno e più avanti quella della camera per gli ospiti: era evidente che si fossero imboscati in quella.
Del resto sarebbe stato improbabile che per fare le loro sudicerie, sua moglie avrebbe usato il letto in cui dormivano insieme.
Certo non per un riguardo o tardivo senso di colpa, ma per il rischio che qualche traccia sospetta restasse fra le lenzuola.
Il corridoio era buio, dalla fessura sotto la soglia della stanza in cui si erano intanati, non filtrava alcuna luce; segno che stessero scopando al buio.
Pensò che fosse meglio così: se avesse fatto piano non si sarebbero accorti che si apriva uno spiraglio della porta.
Aprì l'uscio di una quindicina di centimetri, ponendo attenzione a non creare il minimo fruscio: nella camera riuscì a intuire più che vedere, solo le sagome dei corpi, immersi in quella tenebra profonda.
Non vedeva alcunché, ma poteva udire respiri e rumori espliciti di ciò che avveniva, restò in ascolto con lo stomaco contratto da un rabbioso disgusto, dovette controllare il senso di nausea che rischiava di fargli rigettare l'intera cena seduta stante.
Resistette più volte alla pulsione di tornare sui suoi passi e armarsi della mannaia come aveva pensato di prima intenzione.
Volle restare ad assistere a quell'osceno supplizio sonoro perché intendeva udire i loro dialoghi al termine di quel sesso di rapina.
Doveva conoscere quali sarebbero stati i progetti futuri che sua moglie aveva in serbo per loro.
(Continua)
Atrax robustus Pt.5
Sei sicura? – chiese Luigi con una nota d'apprensione.
Sì, tranquillo, non lo sveglia neppure una cannonata.
Forse si è assuefatto alla dose del barbiturico. – considerò, l'avvocato.
Sì, deve essere così, non è più sufficiente. Bisogna aumentare la dose. - convenne Ginevra.
Regolati per la prossima volta. - replicò lui.
- Dai, vieni di là, abbiamo già perso molto tempo. Stavo impazzendo per la voglia di rivederti.
- Anche io tesoro: ora sono qui. Ti desidero da pazzi.
Lui senti il rumore umido di due bocche che si baciavano a lungo.
- Dobbiamo parlare di noi – disse lei con un singulto - del nostro futuro. Non possiamo continuare così.
Si baciarono nuovamente: ne seguì il rumore dei passi diretti fuori dalla sala.
Restò immobile, mantenendo la sua finzione, contò che una decina di minuti sarebbero stati sufficienti prima di muoversi.
L'attesa, in quel tempo esiguo, gli parve un'eternità.
Nella mente turbinava un uragano d'emozioni: rabbia, umiliazione bruciante, vergogna per la sua folle ingenuità, dolore e desiderio feroce di vendetta.
Aveva in mente di recarsi silenziosamente in cucina, prendere la piccola mannaia per affettare le bistecche, quindi, irrompere nella stanza dove quella puttana e il suo ganzo si stavano scambiando la pelle, per compiere una carneficina.
Già immaginava la brutale soddisfazione nel sentire le urla di sorpresa e il terrore scolpirgli, sui volti, una maschera grottesca.
Infine, ci sarebbero stati solo il rumore sinistro della mannaia che smembrava carni e ossa, e schizzi di sangue a maculare pareti e arredi della camera.
Un velo di furia gli infiammava la mente: dunque, le due carogne erano in combutta nel drogarlo, chissà da quanto andava avanti quella loro tresca.
Si erano presi gioco di lui per mesi, forse per anni, tutto era stato programmato per ordire quella farsa perfetta: l'omosessualità di lui, l'innocente amicizia, le cene conviviali, gli scacchi e la musica di Chopin.
Avevano compiuto il capolavoro di consumare quella lasciva relazione sotto il suo tetto, sotto i suoi occhi accecati dalla fiducia, dall'amore per quella sgualdrina e dal barbiturico.
Preferì attendere qualche momento, per calmare la tachicardia che lo aveva assalito: gli tremavano le mani e temeva che le gambe non lo sorreggessero, doveva riprendere il controllo prima di passare all'azione.
Ci sarebbe solo mancato che l'adrenalina gli procurasse una crisi cardiaca: la cosa sarebbe risultata il colmo dell'idiozia; tirare le cuoia per un colpo apoplettico fulminante, sarebbe stato un ghiotto regalo fatto agli schifosi.
Regolò la respirazione per abbassare la tensione e il ritmo cardiaco.
Nell'immobilità che si era imposto, la ragione stava lentamente combattendo con l'ira cieca: iniziò a valutare che trasformare la sua camera da letto in un mattatoio, con tutto quello che ne sarebbe seguito, non fosse esattamente la maniera più efficace per soddisfare la sua sete di vendetta.
Già vedeva titoli a caratteri cubitali sulle testate dei quotidiani: “Strage della gelosia! Noto cattedratico uccide barbaramente la propria moglie e amante di lei.” - I concubini, barbaramente, trucidati nella stanza da letto di casa loro. -
Le colonne della cronaca nera e i programmi sui fatti di sangue delle TV, sarebbe andate a nozze con quella notizia; avrebbero imbastito servizi e interviste: mostrando la scena del delitto, intervistando vicini di casa.
La gente del quartiere, attonita, avrebbe dichiarato di averli sempre visti come una coppia solida: innamorati e sereni, nulla turbare il loro rapporto, persone riservate, distinti docenti; poca vita sociale, solo quell'amico che veniva a trovarli ogni settimana.
Criminologi e psichiatri forensi, avrebbero tenuto dibattiti per spiegare quell'eccidio violento: affermando che lui, così avanti negli anni, rispetto alla moglie assai avvenente, non aveva retto a l'umiliazione d'essere stato cornificato con un uomo più giovane e prestante; questo aveva scatenato un raptus di follia omicida.
Altri, più malevoli, avrebbero anche supposto che fosse consenziente e al corrente della cosa: ma il loro triangolo si era probabilmente sbilanciato, le attenzioni di lei troppo concentrate sul bell'amante, lo avevano fatto sentire escluso, scatenando quella folle gelosia.
Del resto, non era il primo uomo d'età avanzata ad accettare che la consorte, più giovane, si accompagnasse a un terzo individuo più giovane, creando un comodo “ménage à trois”.
Vedeva già sé stesso condotto via in manette, sotto gli occhi di una folla ostile e indignata, seguito da cronisti e flash accecanti di fotografi, piombati lì come avvoltoi a banchetto.
Anche con le attenuanti generiche, l'omicidio passionale e un buon avvocato, non sarebbe sfuggito a una pena di una ventina d'anni di reclusione.
Avrebbe praticamente, quasi, passato in carcere il resto dell'esistenza.
Valeva davvero la pena di tumulare tra le sbarre la vita che ancora gli restava, per la magra soddisfazione di fare a pezzi quei due sudici impostori?
Era un prezzo molto alto da pagare: forse doveva rifletterci con maggior sangue freddo.
Le due carogne dovevano morire, questo era pacifico, ma doveva farlo in maniera pulita, senza gesti eclatanti e spargimento di sangue.
Soprattutto senza che risultasse alcun collegamento tra lui e la causa del loro decesso.
Questo richiedeva un piano accurato e lasciarsi il tempo necessario per progettare un lavoro rifinito, definitivo e insospettabile.
La tentazione di vedere a quali turpitudini fossero intenti i due traditori era irresistibile, sarebbe stato come osservare il fondo dell'abisso, sapendo che ti procurerà una vertigine; ma era certo che quella visione, nauseante, avrebbe contribuito a motivare senza incertezze il suo intento omicida verso quelle serpi.
Sfilò le scarpe per evitare il rumore dei passi sull'assito: scivolando nel buio della casa, silenzioso come uno spettro, raggiunse la porta della camera da letto e si apprestò a origliare.
Dall'interno non giungeva alcun rumore: girò la maniglia, socchiudendola con estrema cautela e constatò che la stanza fosse vuota.
Sul corridoio si trovavano la porta dalla stanza da bagno e più avanti quella della camera per gli ospiti: era evidente che si fossero imboscati in quella.
Del resto sarebbe stato improbabile che per fare le loro sudicerie, sua moglie avrebbe usato il letto in cui dormivano insieme.
Certo non per un riguardo o tardivo senso di colpa, ma per il rischio che qualche traccia sospetta restasse fra le lenzuola.
Il corridoio era buio, dalla fessura sotto la soglia della stanza in cui si erano intanati, non filtrava alcuna luce; segno che stessero scopando al buio.
Pensò che fosse meglio così: se avesse fatto piano non si sarebbero accorti che si apriva uno spiraglio della porta.
Aprì l'uscio di una quindicina di centimetri, ponendo attenzione a non creare il minimo fruscio: nella camera riuscì a intuire più che vedere, solo le sagome dei corpi, immersi in quella tenebra profonda.
Non vedeva alcunché, ma poteva udire respiri e rumori espliciti di ciò che avveniva, restò in ascolto con lo stomaco contratto da un rabbioso disgusto, dovette controllare il senso di nausea che rischiava di fargli rigettare l'intera cena seduta stante.
Resistette più volte alla pulsione di tornare sui suoi passi e armarsi della mannaia come aveva pensato di prima intenzione.
Volle restare ad assistere a quell'osceno supplizio sonoro perché intendeva udire i loro dialoghi al termine di quel sesso di rapina.
Doveva conoscere quali sarebbero stati i progetti futuri che sua moglie aveva in serbo per loro.
(Continua)