Bambolina Pt.5

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Quaccheri - Costruttori di Mondi


      
Bambolina Pt.5


Fuggiti dal ricevimento, si erano fermati in macchina in un piazzale deserto. Abbracciati, con i finestrini calati e un cielo intessuto di stelle, si abbandonavano a quell'emozione che li travolgeva: l'essersi rivelati d'amarsi.
Lui era totalmente frastornato, avvertiva frenesia in ogni cellula del corpo:
come se fosse reduce di un improvviso incidente, o in d'un inatteso miracolo.
Lei lo amava a dispetto degli anni che li separavano, del fatto che fosse un uomo sposato, che l'aveva sempre trattata come una figlia.
Quel giovane corpo dal profumo infantile di vaniglia, stretto a lui nei lunghi baci, dati con la foga di saziare sulle labbra, la sete delle loro anime, lui sentiva per la prima volta di desiderarlo.
Un desiderio irrealizzabile data l'ora tardissima: lei sarebbe partita molto presto il mattino dopo e lui non poteva passare la notte fuori casa senza aver avvisato sua moglie.
Inevitabilmente, l'avvicinarsi al momento della separazione, velò quegli istanti di malinconia, ma fu lei a trovare parole che generavano speranza: - Non essere triste, questo è solo un arrivederci. Tra due settimane ci sarà Pitti Uomo a Firenze: la mia azienda sarà presente con uno stand, e tu ci sarai con i buyers della tua, ci rivedremo lì e staremo insieme tutta la notte.

Dopo averla accompagnata a casa, lui rientrò alla propria nel cuore della notte.
La trovò silente e buia: sua moglie, sua figlia e il cane, dormivano profondamente.
Non aveva sonno, era scosso, si versò mezzo bicchiere di Glen Grant senza ghiaccio e se ne andò in terrazza: seduto su un divanetto accese un sigaro e affrontò una mente colma di pensieri.
Non comprendeva come fosse accaduto, ma da poche ore aveva una relazione clandestina: stava tradendo sua moglie.
Non sapeva come fosse nata, né gli riusciva di unire le tessere di quel puzzle, fatto, forse, di minimi particolari sommati negli anni, che avevano composto il quadro del presente.
Sentiva che fosse una cosa meravigliosa, quanto del tutto sbagliata.
Il fato o Dio, per chi ci credeva, amava giocare con i destini e i sentimenti degli uomini, confondere le carte, mischiandole nel modo più folle e imprevedibile.
Questo amore, nato in un tempo diverso, in una situazione diversa, forse in una dimensione sconosciuta dell'universo, avrebbe potuto crescere e abbracciare il creato.
Sarebbe stato uno dei tanti miracoli che nel cosmo uniscono le esistenze di un uomo e una donna che, liberi da tutto, s'incontravano e si amavano.
Lei voleva farlo vivere questo fiore notturno appena sbocciato: voleva passare la notte con lui a Firenze, fra due settimane.
Il solo pensiero gli provocava un tuffo caldo nel petto: desiderio, sentimento, gioia e ansia si mescolavano frenetiche.
Avrebbe desiderato per loro una bolla sospesa nel tempo e sulla vita, che li contenesse lontani dalle cose del mondo e del quotidiano; dove amarsi senza passato né futuro, come in un sogno da vivere a occhi aperti.
Non riusciva a guardare oltre l'orizzonte di quell'incontro promesso, perché il dopo appariva qualcosa di confuso, di incognito, non aveva idea di cosa avrebbe portato il loro futuro.
Si sentiva sperso e disarmato.

Storie così sapeva che funzionavano solo nei film romantici americani, ma sovente non finivano bene neppure in quelli.
Lii vedeva solo incontri fugaci tra viaggi e impegni di ciascuno, appuntamenti consumati tra i saloni della moda internazionali, una relazione fluida e spezzata in piccoli episodi nel tempo.
Era questo che li attendeva, era questo a cui lei aspirava?
Oppure avrebbe desiderato di più: una vita insieme, un rapporto regolare alla luce del sole e non clandestino?
Cosa avrebbe fatto lui, davanti a questa aspettativa?
L'idea di una scelta che avrebbe cancellato i suoi quasi vent'anni di matrimonio, con tutto ciò che ne sarebbe seguito, gli procurava una vertigine.
Se si guardava dentro, sentiva di amare ancora sua moglie, sentiva che lei e sua figlia non meritavano lo sconvolgimento di vita che quella sua scelta avrebbe comportato.
Eppure, in pari misura, sentiva potente e violento questo nuovo amore: che non seguiva la regola del “nuovo sentimento che scalza quello vecchio”.
Stava provando quanto fosse fragile nella realtà questa dicotomia.

Non era sempre vero che un nuovo amore decretasse la morte del precedente: sarebbe stato come se l'amore per un secondo figlio facesse cessare quello provato per il primo.
Era un'assurdità: non si era nati per amori unici e assoluti, eravamo capaci di amori inclusivi con una pluralità di affetti e sentimenti.
L'amore poteva aggiungersi nello spazio del cuore, senza eliminarne uno precedente.
Questa cosa gli confondeva i pensieri: forse aveva sommato troppe emozioni e troppo alcol in quella serata, doveva ragionare sulla cosa in maniera lucida e con la dovuta calma.
Mandò giù l'ultimo sorso del liquore, spense il sigaro e si avviò a cercare di dormire qualche ora, prima dell'alba.

La mattina dopo giunse in ufficio che erano già le dieci, aveva mal di testa e il cervello fuso in un blocco di roccia lavica: reattività cognitiva pari a quella di un lombrico in preda a stupefacenti.
Non fu un gran problema, anche il resto del personale aziendale non versava in condizioni migliori: gli uffici parevano desolati campi di battaglia dopo lo scontro finale.
Regnava un assortito casino: capi di vestiario d'ogni genere si trovavano alla rinfusa su tavoli e sedie, tirelle di campioni tessuto e disegni di figurino giacevano al pavimento, fogli sparsi di copia commissioni e carta copiativa, gli facevano da contrappunto.
Si assisteva come a un lento risveglio dal coma di tutta l'azienda, fatto di movimenti e operatività ridotti al minimo.
Del resto, la presentazione di collezioni e gli ordini degli affiliati erano stati un successo: tutti avevano dato il massimo dell'impegno ed erano sfiniti, quindi concedersi una giornata di rallentamento era più che giusto.
Lui si fece a più riprese quattro caffè dal distributore automatico, nel tentativo di schiarirsi le meningi.
Nessuno in ufficio, accennava alla mancanza di Bambolina, del resto quella sua defezione era stata vissuta, a tutti i livelli, come una sorta di tradimento.
In questo la filosofia aziendale imponeva come regola d'ignorare la cosa, annegando nel silenzio e nell'oblio la figura dell'infedele.
Nessuno avrebbe più parlato di lei e le cose sarebbero andate avanti, come se non fosse mai stata in azienda.

Nel corridoio incontrò Angelica Ricciardi, era coetanea di Bambolina e sua compagna di studi, anche lei proveniva dall’Istituto d’Arte Applicata, ed era stata Bambolina a volerla nel suo staff col ruolo di sua assistente personale.
Sicuramente l'azienda aveva in progetto di affidare a lei il ruolo che era appartenuto alla sua amica, poiché, essendone stata per anni l'ombra fedele, possedeva tutto il know-out necessario per rivestirne la funzione.
Aveva un'aria mesta e gli occhi rossi Angelica, forse era l'unica oltre a lui, quella mattina, ad avvertire quel vuoto pesante.
C'erano due settimane da trascorrere prima del salone di Firenze, a lui apparivano un'eternità: il tempo dell'attesa sembrava rallentare a ogni nuovo minuto, pareva che si triplicassero i secondi che lo componevano per rendere più lontana la meta agognata.
Quanti anni erano passati da quando gli accadeva di sentirsi in ansia per il desiderio di rivedere una donna?
Continuava a rivivere nella mente i momenti di quella cena, il ballo, i baci che si erano scambiati, il suo profumo che ancora gli pareva di avere nelle narici.
Era questa la passione? Era questo sentirsi malato, ma vivo allo stesso tempo, di ritrovare nei sensi e nella mente questa fame di vita?
Forse era questo che aveva da troppo tempo dimenticato e che ora, gli faceva sentire la frenesia e l'urgenza di lei.


(Continua)
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