La tomba dei lottatori cap1 di 3

1
Vista dalla brughiera, la villa così buia e diroccata, faceva pensare a un rudere abbandonato.
Aveva visto tempi migliori, con i suoi tre piani adorni di statue e vetrate, ma adesso giaceva sbilenca, tra rovi e calcinacci, con porte e finestre sbarrate da tavole di legno fradicio.
Diroccata sì, ma tutt'altro che abbandonata.
Un lampo squarciò il cielo.
Luce livida, fragore. La stanza di nuovo immersa nel buio, interrotto solo dal chiarore tremulo delle candele. Che erano sparse qua e là, a gruppi di cinque, dentro bacinelle di smalto scrostato e legate insieme con uno spago, che a gocciolare e piegarsi non dessero fuoco al resto. Armadi con sportelli divelti, tendaggi di velluto sdrucito, divani e poltrone consunti, tavoli e sedie sciancate. Ma soprattutto carte. Libri per lo più, ma anche documenti e riviste, che erano ovunque: fuori e dentro casse e scatoloni, accatastati lungo i muri e sulla scala fino al piano di sopra, lasciando appena lo spazio per un piede.
Luce, fragore. Buio.
Miss Connor ebbe un sobbalzo. Si guardò intorno e riprese a sfogliare il suo libro, che aveva perso quasi tutta la rilegatura e metà delle pagine, così che a girarle restavano in mano ed era impossibile tenerle insieme e dunque, tanto valeva lasciarle andare, ad ammucchiarsi per terra, come foglie d'autunno.
«Piove» fece Miss Preston sporgendosi dalla balaustra.
L'altra annuì senza nemmeno alzare la testa «Certo che piove. Lo fa da mesi.»
«È un bene per le piante, non crede?»
«E allora perché le annaffia?»
«Perché sono di plastica. E a loro se piove o c'è il sole non interessa affatto.»
«Ah, ecco.»
Miss Preston scese canticchiando. Ogni vasetto la sua spruzzatina. Fine della scala, fine dei vasetti, fine dell'acqua. Dosaggio perfetto.
Accarezzò i petali e sorrise «Belle le mie roselline.»
«Margherite, miss Preston. Quelle sono marghertite.»
Le gettò un'acchiataccia «Sono...»
«Di plastica, certo. E a loro...»
L'altra sbattè l'inaffiatoio sul tavolo «Senta!» fece minacciosa.
«Senta lei, invece: sono quasi le cinque.»
«Come lo sa?»
«Lo so e basta. Oggi tocca a lei. Si dia una mossa.»
Un tramestio. Un colpo. La botola al centro della stanza si sollevò e la testa del dottor Russel emerse con i baffi impolverati e gli occhiali a sghimbescio.
«Niente, l'impianto elettrico è andato.»
«Che notizia!» fece miss Connor.
«C'è un falso contatto. Colpa degli asparagi, di sicuro.»
«E allora li elimini.»
«Impossibile. Ormai sono radicati alle fondamenta.»
Buttò sul pavimento la cassetta degli attrezzi e, con un certo sforzo, tirò fuori i suoi cento chili.
«Il tè?» fece fregandosi le mani.
«Il fango.» disse Miss Connor squadrando le galosce incrostate «Dovrebbe lasciarle di sotto.»
Dall'altro lato della stanza la porta si spalancò e Miss Gaynor apparve.
Per un momento restò sulla soglia, così che si potesse ammirare la figura slanciata, il portamento aristocratico e l'abito di raso e strass, con guanti abbinati.
Poi si precipitò furente «Immonde creature, feccia rivoltante! Di tutte le...»
«Cos'ha perso stavolta?»
«Non l'ho persa! Me l'hanno rubata!»
Russell le corse incontro e la spinse delicatamente verso la poltrona «Qualunque cosa sia, la ritroveremo, si calmi.»
Miss Gaynor aprì la poscette, prese a frugare finché tirò fuori portacipria e rossetto.
«Rosso fiamma. Le sta bene» disse Russell.
«Certo che mi sta bene.» lo passò tre volte, sopra e sotto. Strinse le labbra, le aprì, si guardò girando la testa e allungando il collo «Tutto mi sta bene» e chiuse il portacipria con uno scatto secco.
Un lampo. Un boato. Da chissà dove, una corrente d'aria gelida spense le candele sulla scala.
Dal buio emerse Evelyn Parker. Pallida, lo sguardo assente, il volto incorniciato da una coroncina di gigli, il corpo sottile avvolto nel tulle dell'abito da sposa, scendeva lentamente, tenendo in una mano una candela e nell'altra un macete.
Accese con la sua le candele che si erano spente, si guardò intorno, scelse una poltrona e vi si accomodò.
«Mi si sono rotte le acque.» annunciò con voce incolore.
«Ancora!» fece miss Connor «Quante volte devo dirglielo? Lei non è incinta.»
L'altra scattò in piedi «Lo sono, eccome!» inveì.
«Da tre anni?»
«E allora questo cos'è?» disse sporgendo il ventre gonfio.
«Un pallone o magari un cuscino...»
«La mia stola di volpe! Allora sei stata tu, brutta troia!» urlò Miss Gaynor avventandosi con le dita adunche.
«Bada.» disse l'altra allungando il macete.
In quel momento la porta della cucina si aprì e miss Preston entrò con un vassoio carico di tazze e piattini.
«Il tè!» disse festosa «Qualcuno mi faccia spazio sul tavolino.»
«Non vedo Collins.» disse Russell accatastando le carte in un angolo.
«Se è per questo non vedo nemmeno biscotti né torta» fece Miss Gaynor stizzita « È forse questo un té? No, ditemelo. »
Da un armadio in fondo alla stanza, un ronzio, poi rumore di ingranaggi. Lo sportello si aprì e una grossa pendola cominciò a inclinarsi mentre batteva cinque rintocchi.
«Mioddio, le sette, è tardissimo!» fece Miss Preston correndo a raddrizzarla.
«Le quattro, invece. Abbiamo tutto il tempo» fece secca miss Connor.
In quel momento due colpi, la porta d'ingresso ebbe un tremito. Ancora due colpi.
Russell l'aprì e Collins entrò barcollando. Portava in braccio un giovane svenuto, con indosso una camiciola che gli copriva a malapena le gambe.
«Liberate il divano, presto!»
Lo adagiò, si slacciò il cinturone con le pistole e lo posò sul tavolo.
«Collins, che significa questo?» disse miss Connor.
Miss Preston si avvicinò, poggiò le mani sulla spalliera, allungò il collo e si sporse. Piano, come ci fosse una belva invece che un ragazzo biondo, atletico, labbra carnose, naso dritto, delicato e virile allo stesso tempo e momentaneamente privo di sensi.
«Chissà di che colore avrà gli occhi» disse sottovoce.
«Azzurri» fece miss Gaynor, affacciata accanto a lei «O magari verdi.»
«Io li preferirei azzurri. Come certi laghi che riflettono il cielo» disse l'altra, col mento poggiato su una mano «Se lo ricorda il cielo, miss Gaynor?»
Quella si strinse nelle spalle.
«Però... è ben messo, non trova?»
«Sì. Molto, molto ben messo.» disse Miss Gaynor e dette un'altra passata di rossetto.
In quel momento anche Evelyn Parker si affacciò alla spalliera «Michael!» urlò con occhi spiritati e si avventò col macete alzato «Infame maledetto!»
Miss Connor le fu addosso «Non è Michael» le afferrò il braccio «Michael era nero.»
«Meticcio. Lui era meticcio.» disse l'altra abbassando il macete «Brutta parola. Meticci sono i cani.» si girò e tornò a sedere «Del resto, lui, bastardo lo era. Di padre tedesco e madre ungherese. Zingara per la precisione. In queste condizioni non c'è da stupirsi se poi uno va in giro a ingravidare ragazze oneste.»
Il giovane emise un gemito. Aprì gli occhi e tentò di tirarsi su «Dove...?»
Collins gli mise una mano sulla spalla «Tranquillo, ragazzo. Va tutto bene.»
«Tutto bene?» fece stizzita Miss Gaynor «Fa preso lei a dire tutto bene. Qui si son fatte le sette e del mio tè nessuno se ne interessa!»
Il ragazzo si mise a sedere «Chi siete? Dove mi trovo?»
«Questa è la dimora degli Abbot» disse miss Preston aggiustandogli un cuscino dietro la testa «Piuttosto lei, come si chiama, caro?»
Quello aggrottò la fronte, esitò «Michael. Sì, il mio nome è Michael.»
«Michael! Lo dicevo io!» gridò Evelyn Parker, di nuovo in piedi col macete inastato.
«Coincidenza» disse miss Connor «Una pura coincidenza.»
«Oh sì, cara!» fece Miss Preston «Ne ho conosciuti a bizzeffe di Michael. C'è stato un periodo che i figli maschi li chiamavano tutti così. Anche mio padre si chiamava Michael... più o meno...»
Il ragazzo si guardava intorno spaesato «Voi siete gli Abbot?»
«Ma neanche per sogno! Abbot, figuriamoci!» fece miss Gaynor.
«Non ci sono» disse miss Preston.
«E dove...?»
«Via. Affari, vacanze o qualcosa del genere. Vuole una tazza di tè?»
«Sì, accidenti!» fece Miss Gaynor «Tutti vorremmo questa dannata tazza di tè!»
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
https://www.facebook.com/profile.php?id=100063556664392
https://emanuelasommi.wixsite.com/manu

Re: La tomba dei lottatori cap1 di 3

2
Ti avverto che avrei intenzione di darti impressioni grezze in corso di lettura, per farti avere un feedback molto diretto.
Non so se tu cerchi un commento del genere. Se non è così non c'è alcun problema: prendi i miei pareri come personalissimi (e archiviali pure nel cestino dell'immondizia :asd: ) .
Altrimenti continuo in questo modo con i successivi capitoli.
Vista dalla brughiera, la villa così buia e diroccata, faceva pensare a un rudere abbandonato.
Aveva visto tempi migliori, con i suoi tre piani adorni di statue e vetrate, ma adesso giaceva sbilenca, tra rovi e calcinacci, con porte e finestre sbarrate da tavole di legno fradicio.
Diroccata sì, ma tutt'altro che abbandonata.
Un lampo squarciò il cielo.
Per il tipo di racconto che mi aspetto è troppo... spoilerato.
Gradirei più mistero, vorrei essere più incuriosito, da te, nell'incipit.
Suggerisco di tagliare qualcosa:
Vista dalla brughiera faceva pensare a un rudere abbandonato.
La villa aveva visto tempi migliori, con i suoi tre piani adorni di statue e vetrate, ma adesso stava lì, tra rovi e calcinacci, con porte e finestre sbarrate da tavole di legno fradicio.
Un lampo squarciò il cielo.

Luce livida, fragore. La stanza di nuovo immersa nel buio, interrotto solo dal chiarore tremulo delle candele.
Qui passi repentinamente all'interno. Mi piacerebbe accompagnassi il mio pov di lettore, in qualche modo, dentro.
Per me basta veramente poco. Che so, tipo:
...con porte e finestre sbarrate da tavole di legno fradicio.
Un lampo squarciò il cielo.
Dall'interno, crepe di luce improvvisa parvero spezzare i resti delle ante ancora attaccati ai cardini.
Poi nella stanza fu di nuovo il buio, interrotto solo dal chiarore tremulo delle candele.
Ma, forse, rifletto proseguendo nella lettura, non è tuo intento essere troppo perturbante: c'è molto meno mistero di quanto io mi aspetti in ciò che va a dipanarsi, mentre sembra farsi largo l'assurdo. Non so, vedremo nei capitoli successivi ed eventualmente "correggerò il tiro" (se sarò costretto a farlo, e se anche questa, di disorientare un po' il lettore, di obbligarlo a cambiare il proprio punto di vista, fosse una tua precisa scelta narrativa, potrebbe non deludermi affatto).

Ora, dopo l'incipit fanno quasi "irruzione" in scena, ben 6 personaggi in poco più di 3500 caratteri. E poi si aggiunge il giovane. Non vorrei sembrare il classico lettore con scarsa capacità d'attenzione, ma stiamo parlando di un racconto lungo (anche se al momento non so quanto, benché veda che ci sono tre capitoli, ma nessuno ti obbliga a limitarli a tre...), secondo me potresti dare un po' più di respiro a questi personaggi (e al povero lettore) facendoli interagine e caratterizzandoli un poco di più (soprattutto, caratterizzandoli un po' di più), per separare le entrate in scena e per consentirmi di fissarli nella mente.
Diciamo che fino al trerzo personaggio riesco a seguire bene, poi comincia l'affollamento. Forse è una tua scelta (potrei anche capirlo proseguendo nella lettura), ma così la prima impressione è che tutti si appiattiscano sui propri nomi, e non mi piace.
macete
machete (non mi pare si italianizzi il nome originale).
«Fa preso lei a dire tutto bene.
Refuso
«Coincidenza» disse miss Connor «Una pura coincidenza.»
«Oh sì, cara!» fece Miss Preston
Credo si tratti solo di una dimenticanza, ma è bene che usi sempre la minuscola, o sempre la maiuscola.
«Non ci sono» disse miss Preston.

Ok, mi aspettavo qualcosa di almeno vagamente gotico, mentre mi ritrovo più nel bizzarro, alla fine di questa prima parte.
Vediamo come prosegue (perché, se non altro, al netto di quello che per me è un difetto – l'affollamento – e ti ho fatto notare, mi hai incuriosito)...

Re: La tomba dei lottatori cap1 di 3

3
Ciao @aladicorvo
Sto andando a leggere anche gli altri capitoli perché ha un ché di intrigante questa storia. Soprattutto la ragazza con il machete... perché? :P

Però devo postare un racconto qui, nella sezione capitoli, e siccome è inedito mi ritrovo a doverci allegare un commento prima di pubblicarlo. Insomma, devo farti le pulci.

A prima lettura i protagonisti sembrano dei fantasmi dai toni grotteschi, non so ancora se la storia ha una piega horror o comica.
I protagonisti poi sembrano persone di altri tempi, di fine Ottocento o inizio novecento, e questo alimenta la mia teoria che si tratti di fantasmi.
Secondo me la trama ha molto potenziale, ma non mi convincono alcune cose:
La punteggiatura:
"La stanza di nuovo immersa nel buio, interrotto solo dal chiarore tremulo delle candele. Che erano sparse qua e là, a gruppi di cinque, dentro bacinelle di smalto scrostato e legate insieme con uno spago[...] "
Perché quel Che a inizio frase?
E ci sono altri esempi di virgole usate al posto dei punti, e vice versa.
Anche qui:
"Armadi con sportelli divelti, tendaggi di velluto sdrucito, divani e poltrone consunti, tavoli e sedie sciancate. Ma soprattutto carte. Libri per lo più, ma anche documenti e riviste, che erano ovunque: fuori e dentro casse e scatoloni, accatastati lungo i muri e sulla scala fino al piano di sopra, lasciando appena lo spazio per un piede."

Poi l'incipit non mi ha convinto, perché scrivi che la casa non era un rudere, ma dalla descrizione lo sembra in tutto e per tutto. Certo, è vero, non è abbandonata...ma è un rudere :P

Infine, i personaggi. Sono tanti e concentrati tutti in poche righe. Certo, il tutto rende il tono molto dinamico, ma se conti che sono personaggu strampalati, credo sia meglio introdurli un po' alla volta, magari descrivendoli meglio e lasciando un ritmo più lento, altrimenti sembra di essere entrati in una gabbia di matti e si rimane confusi! :D

Spero che queste mie umili impressioni di lettrice possano tornarti utili, vado a leggere gli altri capitoli. A presto! :)

Re: La tomba dei lottatori cap1 di 3

4
Intanto, graziedi cuore a @queffe e @Kiarka per essere passati e avermi dedicato attenzione.
In effetti, più che come racconto, questo nasce come pièce teatrale e forse dovrei spostarlo nella sezione apposita.
Quanto all'obiettivo, è custodito (nascosto?) nel titolo, ripreso da un quadro di Magritte e, anche qui, forse avrei fatto meglio a scegliere "The barbarians" di Max Ernst (mi piacerebbe mostrarveli, ma non so farlo).
Dunque niente di gotico, piuttosto un pappuglione claustrofobico, tra Ionesco, Kafka e Beckett, che di sicuro si staranno rivoltando nella tromba.
Hai ragione @queffe la folla di personaggi strozza. Ma come faccio a rendere l'idea del delirio? Anzi, meglio, a tirarci dentro il lettore?
Se ne hai voglia, vai fino in fondo. Ti aspetto con il quadernino degli appunti.
Interessante lo spunto di @Kiarka circa i fantasmi, mi piace!
Eviterei roba tipo 'Il sesto senso' o 'The Others", piuttosto una specie di limbo in attesa del trasferimento definitivo, desiderato e temuto allo stesso tempo. Dove esterno e interno sono immagini riflesse da uno specchio deformante, così come le azioni/relazioni, e quindi i personaggi, sono solo gusci svuotati.
Mi piace, sì! Ci devo lavorare!
Grazie ancora!
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
https://www.facebook.com/profile.php?id=100063556664392
https://emanuelasommi.wixsite.com/manu

Re: La tomba dei lottatori cap1 di 3

5
Buonasera @aladicorvo piacere di leggerti. Sono Flo. Il tuo titolo mi inquieta.

Vista dalla brughiera, la villa così buia e diroccata, faceva pensare a un rudere abbandonato.
Aveva visto tempi migliori, con i suoi tre piani adorni di statue e vetrate, ma adesso giaceva sbilenca, tra rovi e calcinacci, con porte e finestre sbarrate da tavole di legno fradicio.
Diroccata sì, ma tutt'altro che abbandonata.

Descrizione convincente ma non andrei a capo

Un lampo squarciò il cielo.
Luce livida, fragore. La stanza di nuovo immersa nel buio, interrotto solo dal chiarore tremulo delle candele. Che erano sparse qua e là, a gruppi di cinque, dentro bacinelle di smalto scrostato e legate insieme con uno spago, che a gocciolare e piegarsi non dessero fuoco al resto. Armadi con sportelli divelti, tendaggi di velluto sdrucito, divani e poltrone consunti, tavoli e sedie sciancate. Ma soprattutto carte. Libri per lo più, ma anche documenti e riviste, che erano ovunque: fuori e dentro casse e scatoloni, accatastati lungo i muri e sulla scala fino al piano di sopra, lasciando appena lo spazio per un piede.

Questo periodo è troppo lungo. Suggerimento: La stanza di nuovo immersa nel buio, interrotto solo dal chiarore tremulo delle candele sparse qua e là, a gruppi di cinque, Non capisco questa frase: dentro bacinelle di smalto scrostato e legate insieme con uno spago, che a gocciolare e piegarsi non dessero fuoco al resto.

Miss Connor ebbe un sobbalzo. Si guardò intorno e riprese a sfogliare il suo libro, che aveva perso quasi tutta la rilegatura e metà delle pagine, così che a girarle restavano in mano ed era impossibile tenerle insieme e dunque, tanto valeva lasciarle andare, ad ammucchiarsi per terra, come foglie d'autunno.

Suggerisco: così che per girarle

«Piove» fece Miss Preston sporgendosi dalla balaustra.
L'altra annuì senza nemmeno alzare la testa «Certo che piove. Lo fa da mesi.»
«È un bene per le piante, non crede?»
«E allora perché le annaffia?»
«Perché sono di plastica. E a loro se piove o c'è il sole non interessa affatto.»
«Ah, ecco.»
Dialogo ben strutturato e curioso.

Miss Preston scese canticchiando. Ogni vasetto la sua spruzzatina. Fine della scala, fine dei vasetti, fine dell'acqua. Dosaggio perfetto.

Questa frase è a effetto. Brava

Le gettò un'acchiataccia «Sono...»

Questo termine non mi piace: un'acchiataccia

Un tramestio. Un colpo. La botola al centro della stanza si sollevò e la testa del dottor Russel emerse con i baffi impolverati e gli occhiali a sghimbescio.

Curiosità di termini: che vuol sire un tramestio? e sghimbescio?

«C'è un falso contatto. Colpa degli asparagi, di sicuro.»

Asparagi?

Buttò sul pavimento la cassetta degli attrezzi e, con un certo sforzo, tirò fuori i suoi cento chili.

Descrizione perfetta.

«Il tè?» fece fregandosi le mani.
«Il fango.» disse Miss Connor squadrando le galosce incrostate «Dovrebbe lasciarle di sotto.»

Mi sono persa, il tè e il fango?

Poi si precipitò furente «Immonde creature, feccia rivoltante! Di tutte le...»
«Cos'ha perso stavolta?»
«Non l'ho persa! Me l'hanno rubata!»
Russell le corse incontro e la spinse delicatamente verso la poltrona «Qualunque cosa sia, la ritroveremo, si calmi.»
Miss Gaynor aprì la poscette, prese a frugare finché tirò fuori portacipria e rossetto.
«Rosso fiamma. Le sta bene» disse Russell.

Qui c'è un salto: dagli asparagi al rossetto di Miss Gaynor

«Certo che mi sta bene.» lo passò tre volte, sopra e sotto. Strinse le labbra, le aprì, si guardò girando la testa e allungando il collo «Tutto mi sta bene» e chiuse il portacipria con uno scatto secco.

Andrei a capo: «Tutto mi sta bene»

Un lampo. Un boato. Da chissà dove, una corrente d'aria gelida spense le candele sulla scala.

Cancellerei: Da chissà dove

Dal buio emerse Evelyn Parker. Pallida, lo sguardo assente, il volto incorniciato da una coroncina di gigli, il corpo sottile avvolto nel tulle dell'abito da sposa, scendeva lentamente, tenendo in una mano una candela e nell'altra un macete.

Farei una frase: Scendeva lentamente, tenendo in una mano una candela e nell'altra un macete.

«Mi si sono rotte le acque.» annunciò con voce incolore.

Che cosa vuol dire voce incolore?

«Ancora!» fece miss Connor «Quante volte devo dirglielo? Lei non è incinta.»
L'altra scattò in piedi «Lo sono, eccome!» inveì.

Non mi piace, l'altra. Suggerirei: Evelyn

«Da tre anni?»
«E allora questo cos'è?» disse sporgendo il ventre gonfio.
«Un pallone o magari un cuscino...»
«La mia stola di volpe! Allora sei stata tu, brutta troia!» urlò Miss Gaynor avventandosi con le dita adunche.
«Bada.» disse l'altra allungando il macete.

Mi piace come la storia si evolve. Consiglio: Bada senza il punto

Da un armadio in fondo alla stanza, un ronzio, poi rumore di ingranaggi. Lo sportello si aprì e una grossa pendola cominciò a inclinarsi mentre batteva cinque rintocchi.

Curiosa e originale come descrizione.

«Mioddio, le sette, è tardissimo!» fece Miss Preston correndo a raddrizzarla.

Preferirei: Mio dio,

In quel momento due colpi, la porta d'ingresso ebbe un tremito. Ancora due colpi.
Russell l'aprì e Collins entrò barcollando. Portava in braccio un giovane svenuto, con indosso una camiciola che gli copriva a malapena le gambe.
«Liberate il divano, presto!»
Lo adagiò, si slacciò il cinturone con le pistole e lo posò sul tavolo.

Vedo l'immagine.

Miss Preston si avvicinò, poggiò le mani sulla spalliera, allungò il collo e si sporse. Piano, come ci fosse una belva invece che un ragazzo biondo, atletico, labbra carnose, naso dritto, delicato e virile allo stesso tempo e momentaneamente privo di sensi.

Suggerirei: con labbra carnose

«Io li preferirei azzurri. Come certi laghi che riflettono il cielo» disse l'altra, col mento poggiato su una mano «Se lo ricorda il cielo, miss Gaynor?»
Quella si strinse nelle spalle.

Anche qui non mi piace quella

«Sì. Molto, molto ben messo.» disse Miss Gaynor e dette un'altra passata di rossetto.

Non ripeterei molto.

In quel momento anche Evelyn Parker si affacciò alla spalliera «Michael!» urlò con occhi spiritati e si avventò col macete alzato «Infame maledetto!»
Miss Connor le fu addosso «Non è Michael» le afferrò il braccio «Michael era nero.»

Qui rivedrei la struttura del dialogo. Andrei a capo

«Meticcio. Lui era meticcio.» disse l'altra abbassando il macete «Brutta parola. Meticci sono i cani.» si girò e tornò a sedere «Del resto, lui, bastardo lo era.
Di padre tedesco e madre ungherese. Zingara per la precisione. In queste condizioni non c'è da stupirsi se poi uno va in giro a ingravidare ragazze oneste.»
Questa frase mi piace.

Il giovane emise un gemito. Aprì gli occhi e tentò di tirarsi su.
Metterei invio: «Dove...?»

Collins gli mise una mano sulla spalla
Anche qui: «Tranquillo, ragazzo. Va tutto bene.»

«Tutto bene?» fece stizzita Miss Gaynor
Anche qui metterei un invio «Fa preso lei a dire tutto bene. Qui si son fatte le sette e del mio tè nessuno se ne interessa!»

«Questa è la dimora degli Abbot» disse miss Preston aggiustandogli un cuscino dietro la testa Anche qui
«Piuttosto lei, come si chiama, caro?»
Quello aggrottò la fronte, esitò
«Michael. Sì, il mio nome è Michael.»

«Michael! Lo dicevo io!» gridò Evelyn Parker, di nuovo in piedi col macete inastato.

Allora aveva ragione.

«Oh sì, cara!» fece Miss Preston «Ne ho conosciuti a bizzeffe di Michael. C'è stato un periodo che i figli maschi li chiamavano tutti così. Anche mio padre si chiamava Michael... più o meno...» Anche qui andrei a capo.

Il ragazzo si guardava intorno spaesato «Voi siete gli Abbot?»
«Ma neanche per sogno! Abbot, figuriamoci!» fece miss Gaynor.

Chi sono gli abbot?

«Sì, accidenti!» fece Miss Gaynor «Tutti vorremmo questa dannata tazza di tè!»

Bel finale.

I°Conclusione: la narrazione mi piace soprattutto la parte centrale, rivedrei la prima parte un pò confusa. Scrivi bene, scorrevole e ordinato. I tuoi dialoghi sono ben strutturati e interessanti ma i punti caporali necessitano di andare a capo perchè se no si confondono con il flusso della narrazione. Non ho capito perchè si intitola La tomba dei lottatori? Forse lo scoprirò solo leggendo.
Buona serata
:laughing-lettersrofl: :happy-smileyflower:
Rispondi

Torna a “Racconti a capitoli”

cron