Bambolina Pt.4

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[Lab6] La signora Gervasi - Costruttori di Mondi




Bambolina Pt.4



Il sabato e la giornata di domenica trascorsero nel turbine parossistico delle presentazioni delle collezioni: sfilate con musica e modelli in passerella nelle mattine, tavoli di lavoro per la stesura degli ordini del prodotto nei pomeriggi.
La grande kermesse venne consumata in ogni suo aspetto rituale.
Bambolina aveva seguito tutte le uscite per la sua linea: lavorando indefessamente dietro le quinte per preparare gli abbinamenti dei capi che i modelli indossavano sfilando.
Ogni uscita veniva vagliata attentamente dal suo sguardo: la sua attenzione coglieva e poneva rimedio a ogni imperfezione sull'indossato o alla necessità di una rapida messa a punto di particolari del "trucco e parrucco" prima della sfilata in passerella.
Lui, dal canto suo, a conclusione di ogni presentazione, si presentava sul palco per illustrare agli affiliati le strategie d'immagine e comunicazione pubblicitaria che avrebbero accompagnato la nuova stagione di vendita per ogni linea.
Illustrava le operazioni di sostegno previste, in termini d'immagine generale e per gli allestimenti all'interno dei negozi e sulle vetrine, nonché le campagne stampa e affissionali che avrebbero avuto luogo nel futuro semestre.
A fine della seconda conclusiva giornata, sia il personale aziendale, che gli affiliati intervenuti, erano letteralmente stremati di fatica; restò giusto il tempo, per tutti, di fare una doccia e prepararsi per la cena collettiva prevista.
Il luogo che li avrebbe accolti era il prestigioso salone barocco di Palazzo Ceriana Mayneri sede del Circolo della Stampa: una elegante villa ottocentesca al centro di un vasto giardino, nel quartiere residenziale della Crocetta.

Nel grande salone delle feste della struttura erano stati attrezzati una trentina di tavoli per gruppi di sei persone.
Candide tovaglie di lino, con raffinati centrotavola di rose bianche, porcellane di pregio nei coperti, stoviglie d'argento e calici di cristallo attendevano gli ospiti.
Al fondo della vasta sala: una capace pedana era disponibile per chi volesse danzare, una piccola orchestra, completa di violini e fiati, accompagnava con discrezione lo svolgimento della cena.

Lui e Bambolina sedevano a un tavolo con altri quattro ospiti: degli affiliati provenienti dal sud Italia, il tono della cena era gioviale, il catering era di ottima qualità, come del resto i vini al fresco nei mastelli col ghiaccio, che scorrevano fluidi come torrenti montani nei calici che, lui, si affrettava a colmare, non appena il livello dei liquidi scendeva sotto metà nei bicchieri.

Bambolina era una spigliata padrona di casa, sapeva tenere una conversazione vivace e condita di sagaci argomenti, lui benediceva le qualità d'intrattenitrice della giovane, poiché, essendo di natura pacata e vieppiù taciturna, se fosse stato da solo a quel tavolo, la conversazione si sarebbe limitata a qualche succinta frase di circostanza, languendo in un clima d'imbarazzato disagio dei presenti.
Lei, fasciata in un lungo e aderente abito da sera blu notte, che le lasciava scoperte le spalle, portava i capelli raccolti in uno chignon che le lasciava scoperto il candore del collo, cinto da un prezioso giro di perle.
Era di una bellezza da incanto, una giovane, radiosa, principessa al suo ballo di debutto in società.
Tra cibi e bevande la tiepida serata scorreva, tra il vino che addolciva gli umori, il brusio delle chiacchiere conviviali dei tavoli, e lo swing soffuso della musica di sottofondo.
Tutto andava per il meglio: la presentazione delle collezioni di ogni linea era stata un successo, i copia commissioni dell'ordinato erano traboccanti d'acquisti di prodotto, la cena si era svolta al top di ogni aspettativa, già diversi clienti si riversavano sulla pista ballando al ritmo dell'abile orchestrina.
Lui non riusciva però a partecipare pienamente a quell'effervescenza di successo, certo era felice del buon esito aziendale per l'impegno profuso in quei mesi di duro lavoro, ma un'ombra ne occultava la piena luminosità.

In verità si sentiva come il viaggiatore di un motoscafo in corsa su un fiume turbinoso, l'emozione della velocità sull'acqua e del vento che gli scompigliava i capelli e gonfiava la camicia sulla schiena, non potevano fargli dimenticare che la corsa sarebbe terminata con il salto nel vuoto della cascata, alla fine del corso d'acqua.
Bambolina era lì per l'ultima sera, da domani sarebbe uscita, forse per sempre dalla sua vita.
Con un nodo che gli occludeva la gola, uscì sul terrazzo della villa, cercò mezzo toscano nel portasigari e l'accese aspirando profonde boccate.
Fuori la sera era serena, il blu cobalto del cielo, tempestato di stelle, il placido frinire dei grilli nel silenzio del giardino, sembravano prendersi gioco del suo stato d'animo: il fumo del sigaro non gli era mai sembrato tanto aspro come in quel momento.
Mentre era immerso in questi pensieri una mano gli carezzò con dolcezza la nuca.
Si voltò e lei era lì: - Cosa fai qui tutto solo? - la voce di lei era carezzevole per le sue orecchie al pari della tenerezza di quel gesto della mano.
- Nulla. Fumo, sono un po' brillo. - disse con un sorriso forzato.
- Anche io, a cena ci hai fatto bere a dismisura. - rise piano.
La mano di lei corse lieve sul profilo della sua schiena, sfiorando la leggera tela di lana della giacca, per lui fu come se una scossa elettrica lo risvegliasse da un torpore febbrile.
- C'è una cosa che voglio chiederti? - le disse guardandola negli occhi.
Lei sorrise, gli prese la mano: - Me la dici dopo. Ora fammi ballare.
Lo trascinò all'interno della sala, dirigendosi verso la pedana occupata da varie coppie.
- Ma dai, no. Non so ballare, non ho il senso del ritmo. Sono una frana.
- Sciocco! Ti porto io, segui i miei passi. Poi è un lento, è facile, non senti? - rise sonoramente.
L'orchestra aveva iniziato a eseguire un lento: si trattava di “Total Eclipse Of THe Heart” di Bonnie Tyler, una hit strappacuore, molto in voga in quel periodo.
Lei gli cinse le braccia al collo, lui le posò le mani ai fianchi, si misero a seguire la musica: lui faceva attenzione a non pestarle i piedi, dopo un poco trovò il ritmo per accordarsi ai passi di lei e dimenticò di non saper ballare un lento.
Lei si fece più vicina: i loro corpi aderirono con una intimità che non avevano mai conosciuta prima, il profumo di lei lo stordiva più del vino bevuto: gli pareva di respirarla, di accumulare nei polmoni la sua essenza fisica soave.

Era qualcosa di simile a un balsamo caldo che gli si spandeva lungo il corpo.
Lei si avvicinò al suo orecchio e con un bisbiglio gli domandò:
- Cosa è che volevi chiedermi prima?
Lui tirò il respiro e con un bisbiglio uguale rispose:
- La cosa del tuo biglietto. Le parole di Venditti. Cosa significano?
Bambolina lo fissò negli occhi, la musica era divenuta avvolgente come l'essere in una tazza di miele: la sala e i presenti divennero qualcosa di sfumato e remoto all'intorno, fu come fossero rimasti soli al centro della pista.
Lei gli prese il capo tra le mani, e si mosse in avanti con le labbra lievemente dischiuse, poi, le loro bocche si incollarono umide, con la morbida dolcezza di un fiocco di zucchero filato.
- Ora sai cosa volevo dirti. - gli sussurrò.
L'emozione gli impediva di parlare, si sentiva confuso come un adolescente, in fondo era tutto chiaro, semplice ed elementare: non c'era mai stato un significato diverso da questo in quelle parole.
Era lui che non aveva voluto capirle, perché non osava cederci.
Tornò a baciarla stringendola a sé con un'intensità da toglierle il fiato.
- Ti amo... - le disse piano. Le parole parevano annegare nella sua gola.
- Ssstth!... - lo zittì lei – Lo so. Non è più un segreto. - e corrispose quel bacio struggente.
Lasciarono il luogo tenendosi per mano, senza congedarsi dai presenti, scorretti come due amanti clandestini che si dileguano da una festa noiosa.

(Continua)


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