Bambolina Pt.2
Posted: Sat Nov 05, 2022 1:07 pm
[Mi 173] Come un Avenger - Costruttori di Mondi
Bambolina Pt.2
L’azienda era cresciuta, si contavano ormai un centinaio di punti vendita
in franchising diffusi sul territorio nazionale, il fatturato era in continua ascesa, e poiché si era in un periodo di “vacche grasse”, anche gli stipendi dei dipendenti divenivano più generosi.
Quello di lui, per la sua area e quello di Bambolina, come responsabile dello stile e della linea giovane, avevano toccato cifre di tutto rispetto.
Era uno di quei momenti magici che in un’azienda avvengono di rado: quando la capacità imprenditoriale e l’aver centrato con successo un fenomeno moda, celebrato da tutti i media, si sposava a un mercato in espansione e a una positiva congiuntura economia, che riempiva le casse dei punti vendita in ogni angolo del paese.
Il lavoro era divenuto frenetico, richiedendo il massimo impegno di ognuno e la massima concentrazione.
Ma quando le cose vanno a gonfie vele, sapendo che per tutti saranno previste soddisfazioni morali e tangibilmente redditizie, anche il compito più gravoso diveniva più lieve e gradito.
Nessuno stava a guardare l’orologio delle proprie giornate lavorative, né si lamentava per i numerosi straordinari necessari a portare a termine consegne improrogabili: si era creata una sintonia generale, che si muoveva come un corpo unico, per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Ormai Bambolina, adulta e vaccinata, procedeva su gambe collaudate e solide, l’iniziale rapporto “genitore-figlia”, che aveva caratterizzato gran parte degli anni di comune vita aziendale, era un ricordo lontano
Tutto procedeva nel migliore dei modi: il successo dell’azienda e quello personale, coincidendo, promettevano un futuro di radiosi traguardi. Pareva davvero di vivere in una favola dorata e d’esserne i felici protagonisti.
Presi dalle urgenze dei loro compiti, lui e Bambolina finivano col lanciarsi, di sfuggita, grandi sorrisi empatici nei corridoi, o rubando al poco tempo qualche succinto dialogo, nelle pause di lavoro, davanti alla macchina del caffè.
La loro intesa e l’affetto esistente non necessitavano di grandi manifestazioni: bastava uno sguardo e una strizzata d’occhio per intendersi sempre.
Ma tutte le favole hanno il loro epilogo e non sempre è un finale lieto.
Anche quella di Bambolina non faceva eccezione o storia a sé.
La notizia, benché la si volesse tenere al momento segreta, si diffuse tre settimane prima della presentazione delle collezioni autunno-inverno.
La presentazione delle collezioni stagionali, ai negozianti affiliati, era l’evento clou di ogni fine semestre, tutto l’alacre lavoro sviluppato
dall’azienda nasceva per questo fondamentale appuntamento con i clienti-negozianti.
Si teneva nella grande aula magna del piano interrato: uno spazio ad hoc, attrezzato per ospitare oltre un centinaio d'intervenuti, con tanto di palco e pedana per le sfilate dei modelli.
Era un vero spettacolo di moda: il suo allestimento, dalla selezione dei modelli, alle musiche e gli effetti luce che accompagnavano ogni uscita in passerella, era un lavoro che competeva l’area che si occupava dell’immagine aziendale.
Il lavoro di preparazione dell’evento era gigantesco: iniziava dai viaggi in giro per il mondo alla ricerca d’idee e ad annusare i segni di cambiamento nel costume sociale; procedeva nei progetti di stile del prodotto, fino alla realizzazione dei campionari di ogni modello, realizzati da “fasonisti” esterni.
La notizia che colse tutti di sorpresa e lasciò molti esterrefatti, fu che dopo la presentazione delle collezioni, Bambolina ci avrebbe lasciati.
Pare avesse ricevuto un offerta irrinunciabile da un grosso gruppo internazionale del settore moda.
Rispetto alla loro azienda tale società era un gigante, inutile dire che l’offerta economica messa in campo, per motivare la giovane responsabile di linea, era commisurata alla dimensione dell’offerente: quindi assolutamente seducente.
Senza, poi, considerare i corposi benefit uniti all’offerta e il prestigio, in termini d’esperienza e curriculum lavorativo, che sarebbe derivato da un’occupazione ai massimi livelli, in un’azienda che aveva il mondo come scenario di mercato.
Questo fatto totalmente imprevisto non rese certamente felici i vertici aziendali, del resto la corposa controfferta fatta per indurre la giovane manager a restare, non poteva in alcun modo competere con un concorrente di tale potenza finanziaria.
La prospettiva di perdere Bambolina al termine della stagione parve gettare un’ombra scura di sconforto su tutta l’azienda, simile a una gelata improvvisa nell’avanzata primavera, che imprigiona, irrigidendolo, l’impulso vitale della natura fiorita.
Se l’azienda aveva accusato il colpo, lui, oltre a esserne profondamente addolorato, aveva vissuto la cosa come una sorta di tradimento.
Anzitutto, non si dava ragione d’aver appreso la funesta notizia da altri e non dalla sua pupilla.
Poteva comprendere che una questione tanto delicata in corso richiedesse la discrezione massima.
Ma a cose fatte, dato il loro rapporto, riteneva ingrato e fin offensivo che non si fosse confidata: un chiaro segno di sfiducia e considerazione.
Da quel momento, incontrarsi nei corridoi divenne uno sfuggire reciproco lo sguardo dell’altro: negli occhi di lui stazionava un cielo plumbeo di nubi novembrine, in quelli di lei una fuga nella forzata indifferenza e un malcelato senso di colpa.
Abolita da quel muro la cortesia anche di semplice saluto.
Lui per manifestare la propria indisponibilità a rivolgerle la parola, dovendo concordare con lei le necessità dell’ultim’ora, riguardo l’allestimento delle sfilate, preferì inviare un promemoria scritto alla segretaria di linea di lei, con, prefissata, una rigida data per presentare, per iscritto, le eventuali richieste.
Furono settimane di malumore e musi lunghi, vi era un nervosismo palpabile, che correva come un’elettricità a bassa tensione per tutto il corpo aziendale.
Il tempo scivolava come sabbia di una clessidra verso la data fatidica di quell’abbandono, lui, mentre vedeva i giorni e le ore sfuggire inesorabili, sentì dentro un mutamento d’umore crescente.
Il rammarico e l’orgoglio ferito, lentamente cedevano alla malinconia del rimpianto, alla tenerezza dei ricordi, al bisogno di sgombrare l’anima dal veleno del rancore.
Ripensò agli eventi, e con quel sentimento mutato, gli nacque una giustificazione per il comportamento di lei: come un padre che trova sempre una ragione per salvare l’affetto verso la propria figlia.
Pensò che a dispetto della sua maturità professionale, Bambolina fosse ancora molto giovane, che di fronte a una situazione tanto più grande di lei, si fosse sentita travolgere dagli eventi.
Comprensibile che la scelta fosse di quelle da far tremare i polsi anche a un navigato professionista di trattative di lavoro.
Vi erano in gioco cifre da capogiro, capaci di confodere chiunque.
Probabile avesse trascorso più di una notte insonne a decidere per il proprio futuro: presa tra scegliere di fermarsi nel nido confortevole e sicuro in cui aveva aperto le ali, o trovare il coraggio di gettarsi in volo fra le correnti ascensionali, violente e rischiose, della vastità del cielo
In fine aveva trovato il coraggio per elevarsi sul tetto del mondo, solcandolo, sui jet privati della flotta aziendale, per vedere il frutto del proprio lavoro celebrato sulle passerelle del fashion internazionale e le grandi riviste di settore.
Il suo volto sarebbe apparso, un giorno, sulla copertina di Vogue Donna, al pari delle star dello spettacolo e della moda, a consacrarne la meritata celebrità.
Dunque poteva lui concepire, per una futile questione d’etichetta relazionale, di gettare un’ombra sulla difficile scelta che lei aveva compiuto per la propria vita?
Quale padre amorevole, nel momento in cui la propria figlia spiccava il volo verso il successo, avrebbe cercato di tarparne le ali con futili cavilli d’orgoglio.
Si vergognò di sé e di aver provato quegli infantili sentimenti rancorosi.
Doveva porre rimdeio a quel problema subito: ancora un giorno e sarebbe stato troppo tardi.
(Continua)
Bambolina Pt.2
L’azienda era cresciuta, si contavano ormai un centinaio di punti vendita
in franchising diffusi sul territorio nazionale, il fatturato era in continua ascesa, e poiché si era in un periodo di “vacche grasse”, anche gli stipendi dei dipendenti divenivano più generosi.
Quello di lui, per la sua area e quello di Bambolina, come responsabile dello stile e della linea giovane, avevano toccato cifre di tutto rispetto.
Era uno di quei momenti magici che in un’azienda avvengono di rado: quando la capacità imprenditoriale e l’aver centrato con successo un fenomeno moda, celebrato da tutti i media, si sposava a un mercato in espansione e a una positiva congiuntura economia, che riempiva le casse dei punti vendita in ogni angolo del paese.
Il lavoro era divenuto frenetico, richiedendo il massimo impegno di ognuno e la massima concentrazione.
Ma quando le cose vanno a gonfie vele, sapendo che per tutti saranno previste soddisfazioni morali e tangibilmente redditizie, anche il compito più gravoso diveniva più lieve e gradito.
Nessuno stava a guardare l’orologio delle proprie giornate lavorative, né si lamentava per i numerosi straordinari necessari a portare a termine consegne improrogabili: si era creata una sintonia generale, che si muoveva come un corpo unico, per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Ormai Bambolina, adulta e vaccinata, procedeva su gambe collaudate e solide, l’iniziale rapporto “genitore-figlia”, che aveva caratterizzato gran parte degli anni di comune vita aziendale, era un ricordo lontano
Tutto procedeva nel migliore dei modi: il successo dell’azienda e quello personale, coincidendo, promettevano un futuro di radiosi traguardi. Pareva davvero di vivere in una favola dorata e d’esserne i felici protagonisti.
Presi dalle urgenze dei loro compiti, lui e Bambolina finivano col lanciarsi, di sfuggita, grandi sorrisi empatici nei corridoi, o rubando al poco tempo qualche succinto dialogo, nelle pause di lavoro, davanti alla macchina del caffè.
La loro intesa e l’affetto esistente non necessitavano di grandi manifestazioni: bastava uno sguardo e una strizzata d’occhio per intendersi sempre.
Ma tutte le favole hanno il loro epilogo e non sempre è un finale lieto.
Anche quella di Bambolina non faceva eccezione o storia a sé.
La notizia, benché la si volesse tenere al momento segreta, si diffuse tre settimane prima della presentazione delle collezioni autunno-inverno.
La presentazione delle collezioni stagionali, ai negozianti affiliati, era l’evento clou di ogni fine semestre, tutto l’alacre lavoro sviluppato
dall’azienda nasceva per questo fondamentale appuntamento con i clienti-negozianti.
Si teneva nella grande aula magna del piano interrato: uno spazio ad hoc, attrezzato per ospitare oltre un centinaio d'intervenuti, con tanto di palco e pedana per le sfilate dei modelli.
Era un vero spettacolo di moda: il suo allestimento, dalla selezione dei modelli, alle musiche e gli effetti luce che accompagnavano ogni uscita in passerella, era un lavoro che competeva l’area che si occupava dell’immagine aziendale.
Il lavoro di preparazione dell’evento era gigantesco: iniziava dai viaggi in giro per il mondo alla ricerca d’idee e ad annusare i segni di cambiamento nel costume sociale; procedeva nei progetti di stile del prodotto, fino alla realizzazione dei campionari di ogni modello, realizzati da “fasonisti” esterni.
La notizia che colse tutti di sorpresa e lasciò molti esterrefatti, fu che dopo la presentazione delle collezioni, Bambolina ci avrebbe lasciati.
Pare avesse ricevuto un offerta irrinunciabile da un grosso gruppo internazionale del settore moda.
Rispetto alla loro azienda tale società era un gigante, inutile dire che l’offerta economica messa in campo, per motivare la giovane responsabile di linea, era commisurata alla dimensione dell’offerente: quindi assolutamente seducente.
Senza, poi, considerare i corposi benefit uniti all’offerta e il prestigio, in termini d’esperienza e curriculum lavorativo, che sarebbe derivato da un’occupazione ai massimi livelli, in un’azienda che aveva il mondo come scenario di mercato.
Questo fatto totalmente imprevisto non rese certamente felici i vertici aziendali, del resto la corposa controfferta fatta per indurre la giovane manager a restare, non poteva in alcun modo competere con un concorrente di tale potenza finanziaria.
La prospettiva di perdere Bambolina al termine della stagione parve gettare un’ombra scura di sconforto su tutta l’azienda, simile a una gelata improvvisa nell’avanzata primavera, che imprigiona, irrigidendolo, l’impulso vitale della natura fiorita.
Se l’azienda aveva accusato il colpo, lui, oltre a esserne profondamente addolorato, aveva vissuto la cosa come una sorta di tradimento.
Anzitutto, non si dava ragione d’aver appreso la funesta notizia da altri e non dalla sua pupilla.
Poteva comprendere che una questione tanto delicata in corso richiedesse la discrezione massima.
Ma a cose fatte, dato il loro rapporto, riteneva ingrato e fin offensivo che non si fosse confidata: un chiaro segno di sfiducia e considerazione.
Da quel momento, incontrarsi nei corridoi divenne uno sfuggire reciproco lo sguardo dell’altro: negli occhi di lui stazionava un cielo plumbeo di nubi novembrine, in quelli di lei una fuga nella forzata indifferenza e un malcelato senso di colpa.
Abolita da quel muro la cortesia anche di semplice saluto.
Lui per manifestare la propria indisponibilità a rivolgerle la parola, dovendo concordare con lei le necessità dell’ultim’ora, riguardo l’allestimento delle sfilate, preferì inviare un promemoria scritto alla segretaria di linea di lei, con, prefissata, una rigida data per presentare, per iscritto, le eventuali richieste.
Furono settimane di malumore e musi lunghi, vi era un nervosismo palpabile, che correva come un’elettricità a bassa tensione per tutto il corpo aziendale.
Il tempo scivolava come sabbia di una clessidra verso la data fatidica di quell’abbandono, lui, mentre vedeva i giorni e le ore sfuggire inesorabili, sentì dentro un mutamento d’umore crescente.
Il rammarico e l’orgoglio ferito, lentamente cedevano alla malinconia del rimpianto, alla tenerezza dei ricordi, al bisogno di sgombrare l’anima dal veleno del rancore.
Ripensò agli eventi, e con quel sentimento mutato, gli nacque una giustificazione per il comportamento di lei: come un padre che trova sempre una ragione per salvare l’affetto verso la propria figlia.
Pensò che a dispetto della sua maturità professionale, Bambolina fosse ancora molto giovane, che di fronte a una situazione tanto più grande di lei, si fosse sentita travolgere dagli eventi.
Comprensibile che la scelta fosse di quelle da far tremare i polsi anche a un navigato professionista di trattative di lavoro.
Vi erano in gioco cifre da capogiro, capaci di confodere chiunque.
Probabile avesse trascorso più di una notte insonne a decidere per il proprio futuro: presa tra scegliere di fermarsi nel nido confortevole e sicuro in cui aveva aperto le ali, o trovare il coraggio di gettarsi in volo fra le correnti ascensionali, violente e rischiose, della vastità del cielo
In fine aveva trovato il coraggio per elevarsi sul tetto del mondo, solcandolo, sui jet privati della flotta aziendale, per vedere il frutto del proprio lavoro celebrato sulle passerelle del fashion internazionale e le grandi riviste di settore.
Il suo volto sarebbe apparso, un giorno, sulla copertina di Vogue Donna, al pari delle star dello spettacolo e della moda, a consacrarne la meritata celebrità.
Dunque poteva lui concepire, per una futile questione d’etichetta relazionale, di gettare un’ombra sulla difficile scelta che lei aveva compiuto per la propria vita?
Quale padre amorevole, nel momento in cui la propria figlia spiccava il volo verso il successo, avrebbe cercato di tarparne le ali con futili cavilli d’orgoglio.
Si vergognò di sé e di aver provato quegli infantili sentimenti rancorosi.
Doveva porre rimdeio a quel problema subito: ancora un giorno e sarebbe stato troppo tardi.
(Continua)