31 luglio Pt1

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[MI164] Chi ama, esiste - Costruttori di Mondi


31 luglio Pt1

Fumava, era la prima pipata della giornata.
Dalle tende aperte si vedevano le piante del giardino e i tetti delle prime case oltre il muro di cinta del parcheggio, sopra di esse una striscia di cielo limpido e luminoso da ferire agli occhi.
Voli di gabbiani disegnavano complesse geometrie nell’aria ferma e salmastra, trapuntandola di echi lontani.
Oltre i profili di cemento delle abitazioni di fronte s’intuiva il mare anche senza vederlo.
Il sole delle nove del mattino già prometteva di rendere ardente la giornata, il ronzio discreto dell'aria condizionata gli ricordava che fuori da quel nido temperato, lo aspettava un viaggio segnato da afa e sudore, mitigati unicamente dalle pause d’attesa del volo di ritorno, nella waiting room dell’aeroporto.
Tra un'ora avrebbero lasciato la camera, lei lo avrebbe accompagnato al terminal di Fiumicino, il suo volo partiva alle tredici: tempo di consumare una colazione e radunare il necessario che si erano portati, poi sarebbero scesi e lui avrebbe saldato il conto della camera d’albergo.
Dischiuse i vetri per disperdere il fumo che gravava nella stanza;
dal bagno proveniva il rumore soffuso della doccia: lei faceva le sue abluzioni del mattino, lui si era lavato e sbarbato per primo, per consentirle di godere ancora qualche momento di sonno.

Avevano occupato la camera alle undici del mattino precedente: un inserviente si era occupato di lasciargli il bagaglio nella stanza prenotata, mentre facevano il check-in.
Mentre soli salivano in ascensore, si era inginocchiato ai piedi di lei, le aveva sollevato la corta gonnella plissettata in lino bianco e le aveva baciato il sesso nudo: come le aveva chiesto, lei era venuta all'incontro senza indossare le mutandine.
Quelle cose a lui piacevano e lei acconsentiva entusiasta, amava essere spudorata e mostrarlo.
Aveva dischiuso le cosce per accogliere quel bacio intimo, mentre la lingua di lui cercava la fragranza da fiore tropicale della sua intimità e il suo respiro aumentava di frequenza.
Si erano amati subito, sul pavimento della stanza senza raggiungere il letto, il loro desiderio aveva un'impellenza simile alla necessità del respiro, l’odore dei loro corpi accaldati dal sesso aveva colorato di note asprigne l’aria della camera.
Era la terza volta che si incontravano: la prima era stata a gennaio, si erano trovati a metà strada dalle loro città di residenza: a Bologna; la seconda volta lei l’aveva raggiunto in treno a Torino, viaggiando di notte, ora lui era salito su un aereo alle sette del mattino per essere a Fiumicino alle nove e mezza, dove lei lo aveva atteso in auto e prelevato per recarsi all'albergo prenotato sulla statale.
Durante tutto il breve percorso, le sue dita ansiose avevano giocato con il sesso scoperto di lei, mentre l’ Audi 6 argento metallizzato sfrecciava sulla litoranea portuense e nei finestrini si alternavano tratti edificati a sprazzi di macchia mediterranea, canneti incolti e alti fusti di frassino od olmo.
- Porcello, calmati: mi farai finire fuori strada. - Aveva implorato più volte lei, lamentando quell’impazienza e ridendo come una bambina.

Per raggiungerla si era inventato un impegno urgente con un cliente di Roma, da tenersi in quella data improbabile, il giorno prima dell’inizio delle vacanze.
Sua moglie era apparsa scettica per un appuntamento di lavoro fissato in quell'ultimo giorno di luglio, ma non potendo verificare la plausibilità della cosa aveva messo il broncio senza aggiungere altro.
La loro storia era iniziata nel novembre dell'anno precedente, la vivevano tramite il web e il cellulare: la possibilità d'incontrarsi dal vivo solo a distanza di mesi rendeva incandescenti quei loro appuntamenti.
Avevano fatto l'amore dal momento in cui erano entrati nella camera e per il resto della giornata, un sesso vorace, animalesco, rude e dolce al contempo.
Non erano usciti dalla stanza neppure per mangiare qualcosa a fine mattina. Solo a sera, sull’orlo dello sfinimento fisico, si erano concessi di uscire dall’albergo per cenare in un piacevole ristorante di pesce che lei conosceva per esserci stata altre volte.
Lui aveva compiuto cinquant'anni esattamente da ventinove giorni, lei ne aveva dieci di meno, era bella, vitale, sensuale e seducente come una ragazzina affamata di vita.
L'aveva abbordata attratto dalla sua impudicizia, pensando a una cosa fugace e clandestina: un’esperienza sfiziosa, piccante, di solo sesso. Invece si era invischiato in una sorta di relazione amorosa passionale e a senso unico; una specie di febbre da perderci la tranquillità, da riempirci di pensieri e desideri i giorni e a volte d’insonnia le notti.
Nel guardarsi allo specchio vedeva un idiota di cinquant'anni, con una professione densa d'impegni, sposato da trent’anni con la stessa donna e con una figlia di dieci anni più giovane della propria amante.
Si era perso come un adolescente al primo amore: qualcosa che più che apparire romantica, sfiorava il patetico e finanche il ridicolo.
Eppure era successo, Cazzo, se era successo.

Si era interrogato sulla natura di quella cosa: perché era accaduta e a lui?
Non che lui fosse uno sprovveduto di primo pelo: di avventure e anche di puttane pagate ne aveva avute da stancarsene. Erano cinque anni, infatti, che aveva cessato di cercare storie e altre donne di qualsiasi tipologia.
Comunque, erano stati tutti eventi di passaggio, cose da “mordi e fuggi”, nessuna implicazione o coinvolgimento sentimentale, al più un blando affetto amicale.
Con ognuna, quando la storia tendeva a prolungarsi, per non alimentare aspettative sbagliate, dichiarava che la parola: “ti amo”, era bandita dal vocabolario.
Quella parola era destinava unicamente a sua moglie: l’unico vero, grande, amore della sua vita.
Meglio che se ne facessero una ragione, in caso contrario idem come sopra.
Ora aveva capito che le parole da non pronunciare erano solo due: una era “sempre” e l’altra era “mai”.
Contrariamente a quanto aveva creduto, certe cose non accadevano solo nei libri e nei film, o a ingenui sprovveduti, privi d’esperienza di vita;
Perché nella realtà nulla resta eterni e tutto è possibile, anche di andare fuori di testa alla soglia dell’andropausa, innamorandosi come un sedicenne di una spregiudicata “chica mala” quarantenne.
Si erano conosciuti in una videochat per adulti che lui aveva scoperto girovagando a caso la sera su internet: cosa che faceva abitualmente nel dopocena, mentre fumava l’ultima pipata distensiva e attendeva il sonno per andare a letto.
L’accesso era riservato ai soli iscritti che vi accedevano dotati di una password e un nickname, coperti da un assoluto riserbo sulla propria reale identità.
Era una sorta di club del sesso virtuale, riservato a un ristretto numero di partecipanti di entrambi i sessi, che potevano dialogare e interagire
usando o meno la propria finestra di cam: normalmente si esibiva il proprio aspetto ma senza mostrare il volto.

Lei era la star più nota dalla chat, desiderata da tutti i maschi che frequentavano il sito.
Si atteggiava a misteriosa dark lady e da vera mattatrice sapeva intrigarli, stuzzicare le loro fantasie, illuderli di aver ottenuto la sua attenzione,
In molti quando era presente la interpellavano, acclamavano, martellavano di richieste, anelando la sua attenzione e sperando in un suo contatto diretto.
Non concedeva a nessuno il proprio indirizzo mail o un dialogo nella sezione privata dalla chat, contavi sulle dita di una mano i pochi privilegiati ai cui rivolgeva la parola sulla TL pubblica del forum.
Ma era sempre lei a condurre quel gioco di seduzione, limitato a una pura dimensione visiva e virtuale, inarrivabile e inavvicinabile come una dea che concedeva ritrosa il suo sguardo a quei figli infoiati di un dio minore.

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