Il seme dell’odio Pt.19

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Il seme dell’odio Pt.19



Torino - Vesna - luglio 1978


31 ottobre è il Capodanno di Satana: notte di Sabba e d’inizio del nuovo anno esoterico, i satanisti prediligono questa data per rendere omaggio al loro signore; lo fanno celebrando una Messa Nera.
La messa nera è officiata in latino secondo un rito che ricalca quello della messa tridentina cattolica, sostituendo nel testo i riferimenti a Dio con quelli indicanti il demonio.
A esempio nella frase "Adiutórium nostrum in nómine Dómini" viene sostituito con "Adiutórium nostrum in nómine Dómini Inferi".
La Messa Nera richiede un adeguato rituale di preparazione del luogo e degli adepti partecipanti.
Al centro dello spazio è posto un grande cerchio segnato col sale, poiché questo ha il potere di proteggere gli officianti dalle forze demoniache esterne che possono presentarsi e dagli spiriti bassi.

Preferibilmente i riti vengono celebrati nei sabati di luna piena, perché il sabato è legato al pianeta Saturno, considerato come il pianeta oscuro
e la luna è legata a Lilith, regina delle streghe, dei vampiri e sposa di Satana.
Tradizioni magiche la ritengono protettrice dei negromanti e guida, sulla terra, degli spettri. Vi sono versioni dei testi sacri in cui ella appare come prima moglie di Adamo: una sposa ribelle che non accettava di mettersi distesa sotto l'uomo e lo abbandonò volando per l'aria.
Tre angeli la cercarono per convincerla, con minacce, a sottomettersi al primo uomo: Lilith rifiutò, preferendo accoppiarsi col demonio e partorire l'orda di demoni che infestano il mondo.
Lilith, in astrologia, è un corpo celeste: la Luna Nera, che influenza gli umani nella loro componente sessuale-cerebrale, il Sabba e la Messa Nera
ne celebrano il potere.

All’interno del cerchio di sale viene disegnato un pentacolo rovesciato a cinque punte, su ogni punta viene posta una candela nera che resterà accesa durante la funzione.
La scelta delle candele nere è propiziatoria: astrologicamente sono legate ai pianeti di Saturno e della Luna, al segno zodiacale del Capricorno.
Le candele sono, inoltre, il simbolo di Lucifero, “il portatore di luce”, “la fiamma dell’ abisso”, “il bruciante desiderio”.
Il nero è la negazione della luce, poiché assorbe e contiene ogni colore,
non è solo segno di tristezza, lutto, disperazione e morte, ma esso simboleggia le profondità della Madre Terra, e viene usato nella magia Wicca, per richiamare le forze sotterranee, per accedere alle profondità del proprio inconscio, per operare maledizioni e fatture.
E’ uno dei colori più potenti, perciò il più impiegato nelle Arti Oscure.
Le candele nere si utilizzano, inoltre, nei rituali di distruzione, per causare dolore e lenta agonia della vittima.

Dentro al perimetro del cerchio vengono scritte le parole ebraiche utili a risvegliare dagli abissi acquatici il Leviathan, ovvero Satana, il cui numero
è 666 simbolo della bestia dell’Apocalisse.
All’ inizio della cerimonia viene recitata l’invocazione al demonio, seguita da una litania in cui tutti i presenti e l’officiante ripetono i settantasette nomi del Signore delle tenebre.
Gli adepti indossano vesti nere a evocare la parte oscura dell’anima e
scarpe rosse come richiamano alla sfera sessuale.
Nei i riti sabbatici è presente una gestualità sfrenata: l’abbigliamento ha grande rilevanza, preferibilmente gli iniziati indossano tuniche create a mano e consacrate, ma il modo migliore di celebrare tali rituali resta la nudità.

Per l'eucarestia è necessaria un'Ostia consacrata trafugata da una
chiesa cattolico-romana: in tali riti l’Ostia è utilizzata per il sacrilegio della comunione che avviene intingendola nel calice contenente un elisir, composto di sperma e secrezioni vaginali, per poi ingoiarla, operazione compiuta da tutti i partecipanti.
Una donna nuda, durante la cerimonia, viene impiegata come altare, con una gesto sacrilego, emulando la liturgia dell’ostensione, l'Ostia 
consacrata viene introdotta nelle sue parti intime.

All’interno della cerimonia, l’officiante, compirà un sacrificio di sangue.
Nel farlo farà uso di un coltello chiamato Bolline (o Boline): questo è un falcetto con una lama ricurva molto affilata, tale strumento rituale è usato in numerosi riti delle Arti Oscure.
La sua storia tramanda ai falcetti che usavano gli sciamani per intagliare le rune, o i coltelli ricurvi che i sacerdoti impiegavano per i sacrifici di animale o umani.
Gli spiriti nefasti e le forze maligne sono attirati del sangue: l’officiante (come avveniva nei culti ebraici all’interno del Tempio) sacrificava un animale specifico (caprone, o gatto oppure un gallo) il cui sangue veniva lasciato sgocciolare completamente dal corpo in un catino di rame, poi utilizzato peri fini del rito.

Fatto ciò l’officiante verrà avvolto dalle cosiddette “fumigazioni di Saturno” perché si ritiene che i demoni amino gli odori malefici: questo genere di fumo si ottiene bruciando hashish, zolfo, assafetida, allume e scamonea, usati come incenso.
Sarà pertanto necessario un’incensiere che ospiterà i carboni su cui bruciare questo incenso: solitamente esso è in coccio o pietra ed e denominato “athanor”, come il piccolo forno utilizzato in Alchimia.

Tutto questo fu spiegato a Vesna da Dragan, nel periodo in cui la formava a divenire la propria Lilith, la sacerdotessea dei suoi riti, ovvero l’altare di carne femminile per la futura Messa Nera che progettava da tempo.
Lei ascoltava con attenzione, quella materia l’affascinava nella stessa misura del suo mentore.



Torino - De Petris - giugno 1985


La prima cosa che De Petris e Matranca si trovarono a fronteggiare dopo aver spalancato l’uscio dell’abitazione fu una tenebra fitta come una notte al fondo di un pozzo.
La luce che filtrava dalla porta non illuminava l’ambiente, ma rivelava solo il labile contorno di poche cose presenti in quello spazio.
Non ebbero il tempo di appurare la natura di quel buio tanto impenetrabile, perché l’olezzo aggressivo che gli salì alle narici, provocò a entrambi un violento conato di vomito: furono costretti ad arretrare rapidi tornando all’aperto sconvolti.
Nello stesso istante in cui la porta fu aperta, un nugolo di grosse mosche si riversò verso l’esterno investendoli e ricoprendo i loro abiti, tentarono di liberarsene scacciandole come forsennati, ma quelle, fastidiose e ostinate, svolazzavano intorno per poi tornare a posarsi.
De Petris aveva memoria delle nozioni apprese nel corso di medicina legale, quel genere di mosca era indubbiamente appartenente alla specie di Sarcophaga carnaria. Una mosca vivipara, infatti, depone le sue larve nella carne in putrefazione, come nelle carcasse di animali morti, negli avanzi di cibo o negli escrementi e le pupe crescono in brevissimo tempo.
Non occorreva una laurea in entomologia forense per capire che là dentro li attendeva un animale morto o un cadavere umano.
Quella zaffata nauseabonda che li aveva accolti non lasciva molti dubbi.
Ci vollero più di una decina di minuti per disperdere gli insetti che li avevano assaliti.
Matranca bestemmiava al ritmo di un idrate aperto al massimo:
- Puttana la miseria che posto di merda, che schifo di puzza, che mestiere del cazzo. Io volevo fare il poliziotto, non lo sturatore di fogne.
- Matrà, ho paura che non ci troveremo una bella cosa lì dentro.
- La scia perdere De Pè, mi sa che abbiamo finito di cercare.
Si guardarono con visi depressi e seri, Matranca accese una sigaretta.
- Scusa De Pè, fammi fare due boccate che mi tolgo il senso di nausea che ho in bocca.
- Figurati Matrà. Fuma pure, anzi, se me ne dai una ti faccio compagnia.
Matranca gli sporse il pacchetto poi gli offrì d’accendere.
Era una vita che non accendeva una sigaretta, De Petris aspirò, ma tenne il fumo in bocca senza respirarlo.
- Fumi come una signorina. - lo canzonò Matranca, ma senza allegria nella voce. - Sì, sì. Vabbè. - Rispose svogliato l’altro.

Fumarono in silenzio mentre il sole moriva in un cielo di un tenue violetto.

(Continua)
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