Il seme dell’odio Pt.18

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Il seme dell’odio Pt.18



Torino - De Petris - maggio 1981

“Quando sentiamo il “click” al posto del “bang”, evitiamo con le pistole semiautomatiche dotate di doppia azione, di tirare nuovamente il grilletto. Rischieremo di perdere tempo inutilmente. Questa procedura funziona solo con i revolver dove, tirando il grilletto avverrà la rotazione del tamburo che presenterà una nuova cartuccia a favore del percussore.”

Questo fu il pensiero di De Petris nell’affrontare ciò che gli era sorprendentemente accaduto in quella notte di follia.
Non udì, come si attendeva, lo sparo che gli avrebbe fatto esplodere prima i timpani e poi il cervello, ma solo un semplice, secco e metallico “Click!”.
Nello stupore non realizzò prontamente cosa fosse accaduto, sapeva soltanto di non essere morto, almeno così gli pareva perché il conato di vomito era un impellente segno di esistenza in vita.

L’arma si era incredibilmente inceppata, graziandolo.
Gli salì una rabbia feroce: “Non si era mai vista una Beretta incepparsi!

Cazzo! Era una delle migliori armi da fuoco esistenti al mondo: neppure una Colt, una Smith & Wesson, una Walther le stavano al pari, neanche l’ottima Glock era ritenuta universalmente tanto affidable.”
Eppure, contro ogni umana possibilità, questo era accaduto: si era miseramente inceppata.
Questa era una congiura del fato avverso! Era la sfiga alla sua ennesima potenza, una maledizione bell’e buona.
Non gli venne da pensare molto altro, perché lo colse una nuova vertigine e iniziò violentemente a vomitare.
Negli spasmi si sollevò dalla poltrona, ma le gambe non lo ressero e cadde in ginocchio sul suo vomito, dopo ripetute crisi di rigetto, in fine cascò faccia a terra sulla pozza fetida che aveva prodotto, perdendo i sensi.
Il mattino dopo, al seguito di un litro di caffè amaro per mitigare la nausea distruttiva, si infilò, con tutti i vestiti, sotto il getto freddo della doccia: nel riflettere sui motivi dell’accaduto, suppose che quell’anomalo
fenomeno fosse dovuto al fatto che da mesi non attuava la dovuta manutenzione dell’arma.
Era infatti prescritto che, dopo ogni regolare esercitazione al poligono di tiro, essa avrebbe dovuto essere smontata e pulita a fondo: eliminando qualsiasi residuo generato dal suo uso e poi procedere a lubrificarne gli elementi di meccanica, come indicato dal manuale di uso e manutenzione.
Questo, con una grave incuria, non lo aveva fatto.
Era cosa assai grave, poiché se l’arma, in caso di necessità per un eventuale conflitto a fuoco, si fosse inceppata nel frangente, sarebbe stata una cosa deleteria: avrebbe anche rischiato la vita.
Un conto era ammazzarsi per una scelta dettata dai problemi che aveva, altra cosa era farsi impallinare come un tordo, da un delinquente nel mezzo di una sparatori, solo perché si era scordato di pulire la pistola.
Questa considerazione lo fece incazzare: si sentì un vero coglione, quella sua negligenza era ingiustificabile, vero, del resto, che aveva avuti ben altri cazzi per la testa in tutto quel periodo.


Torino - De Petris - giugno 1985


Questi ricordi gli bruciavano ancora a distanza di anni.
La sua vita come padre, come marito e come aspirante suicida era stata una sequenza disastrosa di errori, solo quel mestiere che faceva si salvava da quella sua incapacità di creare qualcosa di utile.
Si impose di tornare lucidamente a occuparsi del presente, che era già complicato e duro quanto bastava.
Matranca, claudicante per la caviglia dolente, a tratti, emetteva uno squittio acuto di dolore, seguito da una immancabile imprecazione nell’idioma della sua regione d’origine.
Quegli versi improvvisi riuscivano a zittire per qualche momento il frinire garrulo delle cicale che, per la verità, a lungo andare erano una vera rottura di palle. Poi le innocenti bestiole, riprendevano il loro canto corale più pimpanti di prima.
Giunsero ai piedi dell’ennesimo palo elettrico, osservandone il fusto fino alla sommità a entrambi si illuminarono gli occhi.
All’unisono esplosero nella stessa esclamazione: “Cazzo! Bingooo!!”.

Da una contenitore metallico posto sotto le bobine d'innesto dei cavi elettrici, partiva un cavo coperto che scendeva lungo il palo e si interravano alla sua base. Quella era certamente una derivazione elettrica che andava ad alimentare un insediamento civile posto nei pressi.
La contentezza di aver trovato ciò che, con sudore inseguivano da mezza giornata, li galvanizzò facendogli dimenticare i patimenti e la stanchezza.
Ora restava solamente da capire quale fosse la direzione giusta verso cui si dirigeva il cavo di derivazione sotto il terreno.
Perlustrarono con lo sguardo tutta la campagna che li circondava: il paesaggio in quel punto di bassa vegetazione non presentava nessun rilevante ostacolo visivo che avrebbe potuto nascondere un edificio. L’unico punto possibile, in direzione del torrente, era dove sorgeva un gruppo di alberi e cespugli fitti: si trovava a un centinaio di metri da loro.
Non ci fu bisogno di dirlo, si mossero insieme in quella direzione.

Addentrandosi nel fitto, dopo poco furono in vista di una piccola radure su cui sorgeva una casa colonica, erano entusiasti: si dettero un cinque e con circospezione si approssimarono all’edificio.
La casa aveva le pareti in pietra, messe a nudo dalle vaste porzioni d'intonaco cadute, l’aspetto appariva disadorno e coperto di muffe: un’edera rampicate cresciuta rigogliosa, ne aveva colonizzato le facciate.
Il luogo possedeva un piccolo sentiero che girava intorno alla casa, partendo della porta d’accesso per poi allontanarsi, tra gli alberi, verso le rive del Sangone.
Tutto lasciava pensare a un rudere in abbandono, ma sulla parete del retro, vi era una cassetta metallica applicata a un metro e mezzo dal terreno, su cui si innestava una canalina in materiale plastico che sorgeva da terra.

I materiali apparivano di fattura relativamente recenti, molto diversi dallo stato decrepito del resto dell’edificio, si trattava certamente di un quadro elettrico.
Sul fronte della casa, inoltre, era installata una pompa d’acqua manuale, con davanti un largo catino di raccolta, anche questa di moderna produzione
Era il segno che la casa potesse contare su una fonte d’acqua potabile, fruibile grazie a un pozzo artesiano.
La luce del tramonto ormai incendiava di rosso alberi e cose, i due agenti muovendosi in silenzio ispezionarono tutto l’esterno dell’edificio: trovarono strana la cosa che, in una casa abitata, tutte le finestre fossero sbarrate. Grosse assi di legno rinsecchito inchiodavano le imposte di ogni apertura.
Non restava che verificare se la casa fosse, o meno, deserta.
De Petris bussò con vigore al legno della robusta porta: nessuno rispose, ripetè varie volte l’operazione, ma il posto era evidentemente deserto.

- Bisogna che entriamo Matrà. - disse De Petris.
Matranca restò dubbioso: - De Pè, ma entrare così, senza manco un mandato? Non è regolare, poi chi ci dice che quella abita proprio qui?
De Petris pensieroso corrugò la fronte.
- Matrà, col culo che ci siamo fatti per trovare ‘sta cacchio di catapecchia. Con te che ti sei anche azzoppato un piede, mica avrai la voglia di andartene, fare  la trafila per il mandato del magistrato e tornare qui domattina?
- Ennò, cazzo! In ‘sto posto di merda non ci voglio mettere più piede! Fanculo al mandato. Entriamo!
- Bravo Matrà! Però la porta è in noce mica facile buttarla giù a spallate. Dobbiamo cercare qualcosa per sfondare la serratura.
- Ma che spallate o sfondate? Tranquillo. Ci pensa il Matranca tuo a far aprire ‘sta porta del cazzo.
L’agente mise mano al borsetto del cinturone e dopo un breve rimestare all’interno, ne trasse un set di grimaldelli professionali.
- Matrà, ma vai in giro con quelli dietro? Come un ladro? Lo sai che non è regolare?
- Seè! Stiamo facendo una violazione di domicilio in piena regola e tu mi vieni a fare le pulci su quattro grimaldelli?
- Vabbè, dai. Apri ‘sta porta, vediamo che c’è, poi ce ne andiamo a casa.
L’agente si mise a trafficare col gli attrezzi e la serratura, trascorsero alcuni minuti di tentativi, poi lo scatto secco del metallo comunicò il successo raggiunto.

Girarono la maniglia e la porta si spalancò sul buio.


(Continua)

Re: Il seme dell’odio Pt.18

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Salve, commento questo capitolo perché purtroppo non ho avuto tempo e modo di leggere con cura gli altri, ma mi riprometto di farlo quanto prima

Inizio col dirti che mi è piaciuto molto il modo in cui de Petris reagisce al fallimento nel suicidarsi, si vede che è sconvolto e che non ragiona ancora in maniera del tutto lucida, ma che il suo senso del dovere riesce in qualche modo a dargli un qualcosa a cui aggrapparsi, per non semplicemente riprovare a spararsi o tentare il suicidio in un altro modo 
La reazione, il vomito, il senso di disorientamento e poi il lampo di comprensione istantaneo che, in un certo senso, gli salva la vita è reso molto bene, complimenti

Il pezzo del "presente" anche è molto bello, si capisce bene che è "tagliato" apposta per preparare l'azione del prossimo capitolo; mi pare sensato sia come trovano la casa abbandonata, sia la loro decisione di entrare subito senza un mandato; l'unica cosa forse un filino ex machina potrebbe essere l'abilità da scassinatore di Matranca, ma aspetto di leggere altri capitoli per dirlo

Ti lascio qualche piccolo consiglio per la forma, se posso: 
Nightafter ha scritto: "Quando sentiamo il “click” al posto del “bang”, evitiamo, con le pistole semiautomatiche dotate di doppia azione, di tirare nuovamente il grilletto. Rischieremo di perdere tempo inutilmente. Questa procedura funziona solo con i revolver dove, tirando il grilletto, avverrà la rotazione del tamburo che presenterà una nuova cartuccia a favore del percussore.”
Oltre le due virgole, che mi sento di consigliarti per ammorbidire le frasi, ti consiglierei di rendere questo non solo un pensiero di de Petris, che è appena scampato per miracolo al suicidarsi, ma magari un ricordo dell'addestramento, magari una frase letta su un manuale o, meglio, pronunciata da un istruttore 
Nightafter ha scritto: “Non si era mai vista una Beretta incepparsi!

Cazzo! Era una delle migliori armi da fuoco esistenti al mondo: neppure una Colt, una Smith & Wesson, una Walther le stavano al pari, neanche l’ottima Glock era ritenuta universalmente tanto affidabile.”
temo forse che la formattazione ti abbia fatto un brutto scherzo, ma domando per conferma: tutto quello tra virgolette è un pensiero unico? Proverei ad alleggerire o semplificare la frase in qualche modo, per rendere meglio l'idea di un pensiero irritato
Nightafter ha scritto: suppose che quell’anomalo
fenomeno fosse dovuto al fatto
anche qui, temo che la formattazione abbia staccato la stessa frase in due righe
Nightafter ha scritto: avrebbe anche rischiato la vita.
visto che hai già usato il punto esclamativo in fine di frase, senza che fosse un pensiero, ti proporrei di inserirlo anche qui, credo darebbe più peso alla realizzazione lucida del personaggio

Spero di commentare quanto prima gli altri capitoli
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