Il seme dell’odio Pt.17
Posted: Sat Sep 18, 2021 6:27 pm
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Il seme dell’odio Pt.17
Torino - Vesna - luglio 1978
Vesna qualche tempo dopo che la loro unione era iniziata, volle chiedere perché lui fosse così generoso con lei?
Dragan rispose: - Perché tu sei la prescelta.
Lei non comprese quella risposta: - Io prescelta? Per cosa, da chi?
Lui non fu meno enigmatico: - Sei stata indicata da colui a cui ho affidato la mia vita. L’essere supremo che domina silenzioso le ambizioni degli uomini e i loro desideri nascosti. Il padrone degli istinti e dei piaceri che li rendono sudditi devoti in un patto indissolubile per l’eternità.
Vesna restò attonita, quelle parole, erano oscure e al tempo stesso inquietanti.
- Perdonami, ma non comprendo. Forse mi ero illusa che mi volessi perché provavi qualcosa verso di me. Non capisco la ragione per cui sono qui: in fondo il mio corpo avresti potuto averlo a piacimento e con un impegno infinitamente meno gravoso di quello che stai pagando?
L’uomo rise negli occhi, un chiostro di denti bianchi, tra labbra dal taglio volitivo gli illuminò il volto.
- Non ti piace ciò che ti offro?
- Certo che sì e te ne sono infinitamente grata. Tu mi hai spalancato la porta di un universo in cui mai avrei creduto di vivere. La tua casa, i tuoi regali, i tuoi modi soavi, mi viziano oltremodo. Ma proprio perché non trovo il motivo della fortuna che mi doni, mi sento confusa, quasi in colpa.
Lui rise di gusto, era raro vederlo così disteso che lei ne fu rasserenata.
- Ti piace come facciamo l’amore? - Disse insinuante.
- Certamente! Non lo avevo mai fatto con un uomo come te. Solo con te ho capito quanto può essere bello farlo. - Non poté evitare di arrossire per parole, sorte come in un impeto di confessione.
Dragan la strinse a sé, la carezza aromatica del suo dopobarba speziato l’avvolse, infondendole un calore rassicurante.
- Anche a me piace il sesso che facciamo. Lo trovo appagante: sei fresca come l’acqua di una sorgente che disseta, ma vorresti continuare a berne senza fermarti. Per il resto non preoccuparti, verrà il tempo in cui tutto ti sarà chiaro.
Poi la baciò con una passione che chiuse l’argomento.
A unirli, oltre le comuni origini slave, era stata l’affinità che li legava alla dimensione oscura.
Dragan vedendola interessata hai testi esoterici della propria biblioteca, le dedicò molto tempo a spiegargliene il contenuto e il loro utilizzo.
Grimorio deriva dal francese antico “grammaires”: grammatica, che a sua volta deriva dal greco grammatikè, quindi “Arte della Scrittura”.
Con i secoli, il termine si trasformò da grammaires a grimoires o, nella nostra lingua, manuale d'uso.
Si possono trovare molti Grimori scritti in alfabeto runico o quello Tebano, per rendere più criptica l'interpretazione circoscritta a una più piccola sfera di adepti, addestrati dallo stesso custode del Grimorio.
Il più famoso Grimori è la “Clavicula Salomonis”, il quale si narra fosse nato per mano stessa di Re Salomone. Altri studiosi della materia lo danno scritto in area bizantina, quindi molto lontano dalla Giudea.
Il testo ebbe una grande diffusione all’inizio del XII secolo, circolava in forme manoscritte con testo in latino.
Anche a Salomone è attribuito il “Vinculum Spirituum" che pareva contenesse esorcismi di tale potenza che nessun demone avrebbe potuto resistere a quelle evocazioni.
Era presente insieme a questi la “Piccola Chiave di Salomone” o “Lemegeton Clavicula Salomonis”: un grimorio anonimo del Seicento, considerato uno dei più famosi libri di demonologia.
La Piccola Chiave di Salomone conteneva una dettagliata elencazione dei sigilli legati ai 72 demoni esistenti, dei riti per evocarli e piegarli agli ordini del negromante, nonché dei rituali da compiere per scongiurare che prendessero il sopravvento.
I 72 demoni si dice furono evocati da Salomone e da lui confinati in un vaso di bronzo sigillato con simboli magici, obbligandoli a servirlo.
Come nello specchio fatato di una favola oscura, Vesna, nelle sue parole aveva ritrovato il germe delle proprie radici: il segno di un destino atavico, dato dall’essere figlia di una rusalki.
Trascorsero mesi nei quali lui la introdusse alle conoscenze della passione che lo animava: le insegnò le tecniche della respirazione e della meditazione trascendentale.
La condusse lungo il sentiero che apriva la visione introspettiva, allargando i confini della mente e la sensibilità verso le energie sotterranee che attraversavano le cose create.
Dragan era assai ferrato in quella scienza iniziatica e nella meditazione per ottenere il distacco dello spirito dal corpo: lei lo seguiva con la dedizione che un discepolo porta suo maestro.
La avviò anche all’uso di sostanze dopanti che amplificavano il livello di autocoscienza: droghe con differenti effetti fisici, talune molto forti nel provocare allucinazione strabilianti, sensazioni di enorme piacere, o nel precipitarti nell’abisso delle tue paure inconsce.
Al risveglio da quei viaggi chimici, lei si sentiva stremata: doveva chiudersi in camera al buio, per smaltirne gli effetti residui delle sostanze che la debilitavano e la lasciavano turbata e confusa.
Ma non volle sottrarsi alle esperienze che lui proponeva: perché capiva di accedere un livello superiore di conoscenza, rispetto a quanto sua nonna le aveva insegnato. Inoltre riteneva giusto assecondare i desideri di Dragan, che la gratificava dei suoi insegnamenti e verso il quale aveva un crescente debito di riconoscenza.
Torino - De Petris - maggio 1981
Quando intorno alle tre di notte, dopo aver consumato tre quarti del contenuto della bottiglia di whisky bevuto a canna e aver visto il pavimento della stanza, ondeggiare come il piano di un Tagadà al luna parkdi piazza Vittorio nel carnevale: sentendosi al culmine di uno stato di abbrutimento fisico e morale, prossimo a vomitare i cocci della propria anima sul tappeto pakistano del salotto, aveva deciso di porre fine al disastro della sua ormai inutile esistenza.
Si era portato alla bocca l’arma già pronta allo sparo dall’inizio della serata: per compiere quel gesto estremo, a causa del tremito della mano, dovette impugnare la Beretta con entrambe le mani.
Con una diffusa sensazione di malessere e disgusto di sé, aveva introdotto la canna dell’arma in bocca: il gusto acido del metallo si era unito alla pressante voglia di rigettare, aumentando l’urgenza di quel tragico momento.
Strinse i denti sulla canna, con la punta della lingua tastò il foro d’uscita del proiettile, immaginò il tuono dello sparo: l’ultima percezione che i suoi sensi avrebbero percepito.
La deflagrazione avrebbe proiettato il piombo incandescente e una porzione del suo cervello sulla parete alle sue spalle.
Pensò dispiaciuto alla tappezzeria con disegno di Laura Ashley che avevano scelto con sua moglie: purtroppo sarebbe andata in malora per sempre.
Immaginò un lampo di una frazione di secondo, forse totalmente indolore: dopo ci sarebbe stata solo la pace e il nulla. Nonostante la frema volontà dell’atto, vide che gli sudavano le mani.
Ebbe pena per quel suo corpo, ridotto a un ammasso tremante di carne frolla e in dissoluzione e disgusto, per le lunghe bave che gli colavano di bocca lungo il mento e la camicia: provò schifo di sé, non gli era rimasta briciolo di dignità, nulla valeva più la pena di vivere.
Chiuse gli occhi, strinse i denti e un una tensione vibrante di tutto il corpo, premette il grilletto dell’arma.
(Continua)
Il seme dell’odio Pt.17
Torino - Vesna - luglio 1978
Vesna qualche tempo dopo che la loro unione era iniziata, volle chiedere perché lui fosse così generoso con lei?
Dragan rispose: - Perché tu sei la prescelta.
Lei non comprese quella risposta: - Io prescelta? Per cosa, da chi?
Lui non fu meno enigmatico: - Sei stata indicata da colui a cui ho affidato la mia vita. L’essere supremo che domina silenzioso le ambizioni degli uomini e i loro desideri nascosti. Il padrone degli istinti e dei piaceri che li rendono sudditi devoti in un patto indissolubile per l’eternità.
Vesna restò attonita, quelle parole, erano oscure e al tempo stesso inquietanti.
- Perdonami, ma non comprendo. Forse mi ero illusa che mi volessi perché provavi qualcosa verso di me. Non capisco la ragione per cui sono qui: in fondo il mio corpo avresti potuto averlo a piacimento e con un impegno infinitamente meno gravoso di quello che stai pagando?
L’uomo rise negli occhi, un chiostro di denti bianchi, tra labbra dal taglio volitivo gli illuminò il volto.
- Non ti piace ciò che ti offro?
- Certo che sì e te ne sono infinitamente grata. Tu mi hai spalancato la porta di un universo in cui mai avrei creduto di vivere. La tua casa, i tuoi regali, i tuoi modi soavi, mi viziano oltremodo. Ma proprio perché non trovo il motivo della fortuna che mi doni, mi sento confusa, quasi in colpa.
Lui rise di gusto, era raro vederlo così disteso che lei ne fu rasserenata.
- Ti piace come facciamo l’amore? - Disse insinuante.
- Certamente! Non lo avevo mai fatto con un uomo come te. Solo con te ho capito quanto può essere bello farlo. - Non poté evitare di arrossire per parole, sorte come in un impeto di confessione.
Dragan la strinse a sé, la carezza aromatica del suo dopobarba speziato l’avvolse, infondendole un calore rassicurante.
- Anche a me piace il sesso che facciamo. Lo trovo appagante: sei fresca come l’acqua di una sorgente che disseta, ma vorresti continuare a berne senza fermarti. Per il resto non preoccuparti, verrà il tempo in cui tutto ti sarà chiaro.
Poi la baciò con una passione che chiuse l’argomento.
A unirli, oltre le comuni origini slave, era stata l’affinità che li legava alla dimensione oscura.
Dragan vedendola interessata hai testi esoterici della propria biblioteca, le dedicò molto tempo a spiegargliene il contenuto e il loro utilizzo.
Grimorio deriva dal francese antico “grammaires”: grammatica, che a sua volta deriva dal greco grammatikè, quindi “Arte della Scrittura”.
Con i secoli, il termine si trasformò da grammaires a grimoires o, nella nostra lingua, manuale d'uso.
Si possono trovare molti Grimori scritti in alfabeto runico o quello Tebano, per rendere più criptica l'interpretazione circoscritta a una più piccola sfera di adepti, addestrati dallo stesso custode del Grimorio.
Il più famoso Grimori è la “Clavicula Salomonis”, il quale si narra fosse nato per mano stessa di Re Salomone. Altri studiosi della materia lo danno scritto in area bizantina, quindi molto lontano dalla Giudea.
Il testo ebbe una grande diffusione all’inizio del XII secolo, circolava in forme manoscritte con testo in latino.
Anche a Salomone è attribuito il “Vinculum Spirituum" che pareva contenesse esorcismi di tale potenza che nessun demone avrebbe potuto resistere a quelle evocazioni.
Era presente insieme a questi la “Piccola Chiave di Salomone” o “Lemegeton Clavicula Salomonis”: un grimorio anonimo del Seicento, considerato uno dei più famosi libri di demonologia.
La Piccola Chiave di Salomone conteneva una dettagliata elencazione dei sigilli legati ai 72 demoni esistenti, dei riti per evocarli e piegarli agli ordini del negromante, nonché dei rituali da compiere per scongiurare che prendessero il sopravvento.
I 72 demoni si dice furono evocati da Salomone e da lui confinati in un vaso di bronzo sigillato con simboli magici, obbligandoli a servirlo.
Come nello specchio fatato di una favola oscura, Vesna, nelle sue parole aveva ritrovato il germe delle proprie radici: il segno di un destino atavico, dato dall’essere figlia di una rusalki.
Trascorsero mesi nei quali lui la introdusse alle conoscenze della passione che lo animava: le insegnò le tecniche della respirazione e della meditazione trascendentale.
La condusse lungo il sentiero che apriva la visione introspettiva, allargando i confini della mente e la sensibilità verso le energie sotterranee che attraversavano le cose create.
Dragan era assai ferrato in quella scienza iniziatica e nella meditazione per ottenere il distacco dello spirito dal corpo: lei lo seguiva con la dedizione che un discepolo porta suo maestro.
La avviò anche all’uso di sostanze dopanti che amplificavano il livello di autocoscienza: droghe con differenti effetti fisici, talune molto forti nel provocare allucinazione strabilianti, sensazioni di enorme piacere, o nel precipitarti nell’abisso delle tue paure inconsce.
Al risveglio da quei viaggi chimici, lei si sentiva stremata: doveva chiudersi in camera al buio, per smaltirne gli effetti residui delle sostanze che la debilitavano e la lasciavano turbata e confusa.
Ma non volle sottrarsi alle esperienze che lui proponeva: perché capiva di accedere un livello superiore di conoscenza, rispetto a quanto sua nonna le aveva insegnato. Inoltre riteneva giusto assecondare i desideri di Dragan, che la gratificava dei suoi insegnamenti e verso il quale aveva un crescente debito di riconoscenza.
Torino - De Petris - maggio 1981
Quando intorno alle tre di notte, dopo aver consumato tre quarti del contenuto della bottiglia di whisky bevuto a canna e aver visto il pavimento della stanza, ondeggiare come il piano di un Tagadà al luna parkdi piazza Vittorio nel carnevale: sentendosi al culmine di uno stato di abbrutimento fisico e morale, prossimo a vomitare i cocci della propria anima sul tappeto pakistano del salotto, aveva deciso di porre fine al disastro della sua ormai inutile esistenza.
Si era portato alla bocca l’arma già pronta allo sparo dall’inizio della serata: per compiere quel gesto estremo, a causa del tremito della mano, dovette impugnare la Beretta con entrambe le mani.
Con una diffusa sensazione di malessere e disgusto di sé, aveva introdotto la canna dell’arma in bocca: il gusto acido del metallo si era unito alla pressante voglia di rigettare, aumentando l’urgenza di quel tragico momento.
Strinse i denti sulla canna, con la punta della lingua tastò il foro d’uscita del proiettile, immaginò il tuono dello sparo: l’ultima percezione che i suoi sensi avrebbero percepito.
La deflagrazione avrebbe proiettato il piombo incandescente e una porzione del suo cervello sulla parete alle sue spalle.
Pensò dispiaciuto alla tappezzeria con disegno di Laura Ashley che avevano scelto con sua moglie: purtroppo sarebbe andata in malora per sempre.
Immaginò un lampo di una frazione di secondo, forse totalmente indolore: dopo ci sarebbe stata solo la pace e il nulla. Nonostante la frema volontà dell’atto, vide che gli sudavano le mani.
Ebbe pena per quel suo corpo, ridotto a un ammasso tremante di carne frolla e in dissoluzione e disgusto, per le lunghe bave che gli colavano di bocca lungo il mento e la camicia: provò schifo di sé, non gli era rimasta briciolo di dignità, nulla valeva più la pena di vivere.
Chiuse gli occhi, strinse i denti e un una tensione vibrante di tutto il corpo, premette il grilletto dell’arma.
(Continua)