Il seme dell’odio Pt.10

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Il seme dell’odio Pt.10

Entrando in Polizia, De Petris, si era immaginato una vita attiva e anche, sotto certi aspetti pericolosa, non che avesse la stoffa dell’ eroe o di un castigamatti alla Clint Eastwood ne l’ ispettore Callaghan; di beccarsi una pistolettata o una coltellata non ci teneva affatto.
Era, però, preparato ad affrontare indagini, pedinamenti, inseguimenti e arresti di trafficanti e criminali, anche se questo avrebbe potuto includere azioni di contrasto con scontri a fuoco o violente.
Un certo margine di rischio, faceva parte del mestiere, questo era pacifico.
Si attendeva di operare negli ambienti paludosi e malsani del vizio: i bassifondi cittadini, le cantine oscure, le soffitte umide, le bische clandestine. Di fare retate improvvise nei locali equivoci: dove si beveva, si spacciava, fioriva il contrabbando e il racket della prostituzione. Insomma, luoghi e scenari dove pulsava o vegetava la malavita locale.
Non aveva, però, mai messo in conto di dover affrontare un’ indagine proprio in una palude reale, con disagi annessi e connessi.
Da essere un poliziotto tipo Callaghan, a un poliziotto tipo Tarzan, ne passava di differenza.

Davanti a loro, si ergevano dal suolo dei vecchi pali in legno della linea elettrica: immersi nel verde, se ne vedevano spuntare un certo numero in sequenza. Lo sguardo, senza una precisa ragione, gli era caduto sui cavi tesi nel vuoto: osservava gruppetti di storni che sostavano sui fili elettrici, per poi ripartire in volo alla cerca di cibo.
In quel divagare della mente, gli sovvenne il curioso ricordo scolastico di una lezione di scienze: nella quale aveva appreso perché gli uccelli, sui cavi elettrici, riuscissero a non restarci fritti.
Ricordava che, quando i pennuti stazionavano su un filo della tensione, acquisivano lo stesso potenziale elettrico del cavo su tutto il loro corpo: pertanto non si creava differenza di tensione nel passaggio della corrente.
Se, invece, avessero poggiato una zampa sul filo e una sul terreno sottostante, creando un circuito, la differenza di tensione nel passaggio di corrente ci sarebbe stata e gli uccelli, sarebbero finiti grigliati come polli arrosto.
Fu il pensiero dell’ energia elettrica che scorreva nei cavi, a procurargli un improvviso flash di neuroni, una scintilla luminosa, come un fulminante cortocircuito nella mente.
Di colpo comprese quanto era stato sciatto nell’approcciarsi a quella ricerca, fin dall’inizio aveva proceduto a tentoni, senza una vera logica e un programma prefissato.
Non ci si era realmente concentrato in quella operazione, forse perché aveva la sensazione che stessero conducendo un lavoro inutile: in fondo erano alla ricerca di una donna adulta e vaccinata, che per mille cazzo di motivi tutti suoi, aveva deciso di andarsene col figlio da qualche parte.
Che poi, non ne avesse informato l’amica, non significava che fosse realmente scomparsa o che le fosse successo qualcosa, ma solo che non desiderava che si sapesse dove era diretta, in altre parole: che non le si rompessero i coglioni.
Certo, il loro compito stante la denuncia, era di fare qualche verifica, ma il tutto poteva non portare a nulla e quella, essere finita dove aveva deciso di andare, con buona pace di tutti.
C’era poi il fatto taciuto che, per lui, infilarsi in quella foresta equatoriale era un vero suplizio, quindi aveva cercato per quanto possibile di scantonare il problema. Se ci avesse riflettuto seriamente, forse avrebbero faticano meno e già conclusa la loro scampagnata.
Era davvero ridicolo che non gli fosse venuto a mente un fatto, di tale semplicità disarmante: i pali che trasportavano l’ energia elettrica, erano la soluzione del loro problema.
Archiviato lo scorno per la tradiva illuminazione, iniziò a ragionare velocemente: se all’interno della Jungla vi fosse stata una casa abitata, posto che non usassero candele o una lanterna a petrolio per illuminarsi, avevano necessariamente bisogno di collegarsi alla rete elettrica.
Facile che usassero quell’ energia anche per cucinare e scaldarsi
d’ inverno, magari con semplici fornelli e stufette elettriche.
Soluzione pratica ed economica, poiché, non sarebbero stati i primi a farlo, potevano allacciarsi abusivamente alla rete senza un contratto e usarne l’energia gratuitamente, come sicuramente faceva anche la presunta scomparsa.

Seguendo i pali elettrici, posti in sequenza alla distanza di sette-dieci metri l’uno dall’altro, sarebbero giunti alla casa che cercavano.
Bastava guardare in alto e seguire i fili: non c’erano cavi in linea interrata, per cui, se vi era una casa che usava la corrente, dalla sommità di uno di quei pali ci sarebbe partito l’attacco per la derivazione elettrica.
Bastava trovare quel palo.
- Matrà, ho la soluzione! Forse abbiamo risolto il problema: massimo in un ora troviamo quello che stiamo cercando. - esclamò con tono ottimista l’agente scelto.
L’altro gli rivolse uno sguardo tra il rassegnato e l’incredulo: si stava chiedendo se il collega fosse vittima di un colpo di sole.
- De Pè - Ti vedo su di giri. Sei sicuro di stare bene?
Con calma De Petris gli illustrò l’ ipotesi elaborata e come vi era giunto:
Matranca, via via che il discorso si sviluppava, passò dallo scettico all’entusiasta: quell’idea non fosse affatto peregrina, anzi, aveva del genio.
- Minchia! De Pè. L’ho sempre pensato che sei sprecato come poliziotto, tu hai dei numeri figlio mio: questa divisa non ti merita.
Incoraggiati dalla nuova prospettiva di ricerca, iniziarono, nasi all’ aria, a seguire pali e fili sospesi tra la vegetazione.


Vesna - maggio 1978 - Torino

Dopo il primo incontro in quella sera piovosa, per Vesna e Dragan ne seguirono altri, finché lui divenne un cliente assiduo, che lei gradiva perché era nettamente diverso dai consueti frequentatori.
Si vedevano anche più volte all’ interno della settimana, nel volgere di due mesi quel rapporto consolidò un livello d’amicizia più stretto.
Lei ricordava la loro prima volta e impressione che ne aveva avuto: non apparteneva al genere di uomini che era solita incontrare nel suo mestiere.
Contrariamente a quanto si attendeva, non avevano fatto sesso in macchina e non fu una cosa sbrigativa.
Lui non aveva alcuna fretta, appariva distaccato e silenzioso, calmo e sicuro di sé: l’abitacolo dell’auto era pervaso dall’ aroma di una colonia o dopobarba dalla fragranza raffinata, così come erano evidentemente di classe gli abiti che indossava, il profumo gradevole copriva il fumo della sigaretta che si perdeva nell’ aria fredda della notte, attraverso lo spiraglio
del finestrino aperto sul lato di guida.
Nel percorso, non scambiarono una parola, contrariamente a quanto avveniva di solito non chiese la sua tariffa, era evidente che il denaro fosse l’ultimo dei problemi che lo toccavano.
Guidò concentrato, senza rivolgergli un solo sguardo o una parola: passo il ponte sul fiume e imboccò una strada per la collina.
Dopo due chilometri di salita in direzione dell’ Eremo, fermo l’auto davanti alle mura di cinta di un grande villa: fece scattare l’Apertura automatica del cancello e si inoltrarono lungo un viale alberato illuminato da faretti.
La Porsche si arrestò con uno sfrigolio di ghiaino davanti al patio colonnato dell’abitazione.
Due grossi rottweiler si apprestarono alle porte della macchina, lui scese e li carezzò, poi dette un ordine in lingua tedesca e le due bestie scomparvero verso le cucce in una zona del parco dietro la casa.
Vesna temeva i cani, quindi indugiò a scendere dal mezzo.
Lui girò intorno all’auto e le aprì la portiera.
- Tranquilla - disse - Non ti faranno niente, vieni.
Aveva una voce calma e rassicurante, nella quale era riconoscibile quella cadenza, involontariamente altera, che caratterizzava nei modi e nel tono l’appartenenza storica alle classi alte della città.
Entrarono insieme nella villa.
Aveva smesso di piovere dal momento in cui avevano varcato il cancello d’ingresso.

(Continua)
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