Il seme dell’odio Pt. 5

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Il seme dell’odio Pt. 5



L’agente scelto De Petris, non aveva voglia di ribattere al chiacchiericcio del collega, smuovere Matranca dalle sue convinzioni era un’ impresa che quella mattina si sarebbe risparmiato; ignorò la questione e si concentrò nel regolare l’inclinazione dell’aletta parasole dell’auto, disturbato dalla luce accecante che lo costringeva a serrare le palpebre.
Si sentiva infastidito per il caldo, per le mosche e per non aver ancora concluso un accidente in quella ricerca.
Soprattutto odiava l’idea d' infilarsi in quel casino vegetale con queste temperature equatoriali: già immaginava l’aria umidiccia e afosa del sottobosco, che la pioggia notturna avrebbe resa appiccicaticcia come in una foresta pluviale. Pensava alle scarpe non adatte a quel percorso, che sarebbero affondate nel fango morbido e viscido, mentre sarebbero avanzati alla cieca, senza una destinazione precisa fra erba alta più di un metro. Se solo avesse immaginato quale era la loro destinazione di servizio in quella giornata, avrebbero indossato almeno gli anfibi d’ordinanza.
L’ idea di quella escursione gli procurava un’orticaria preventiva.

Lui era allergico al verde e alla vita a contatto con la natura: fin da bambino non aveva mai avuto la passione per quella cazzata del giovane esploratore.
I suoi avevano la fissa del campeggio: sovente lo traghettavano a piantare la canadese in zone impervie e ricche di vegetazione.
Avevano un amore smodato per il trekking in ambiente selvaggia e incontaminata, per il viaggio “on the road” da compiere in camper: scovare posti remoti dove campeggiare, meglio se vicino a zone boschive con fitti alberi e corsi d’acqua nelle vicinanze, li mandava in visibilio.
Tutte cose che a lui davano un malessere mentale e fisico: l’erba e il fogliame lo facevano prudere ovunque, la terra e la povere starnutire a raffica. Per non dire poi, di tutti quegli insetti volanti, striscianti e pelosi che si infilavano addosso, aveva repulsione per i ragni, gli scorpioni e odiava i serpenti di ogni tipo.
Questa cosa con l’età l’aveva razionalizzata e in parte aveva iniziato a sopportarle, ma sempre prese a piccole dosi, in questo lo aveva aiutato l’amore per Marzia, sua moglie.
Si conoscevano dal tempo del liceo, un grande amore giovanile che era durato e poi avevano finito con lo sposarsi.
Marzia non era fissata con la natura, ma, non ne era spaventata né infastidita: al tempo in cui era nata la loro storia non possedevano un luogo coperto o una soffitta in cui fare sesso, pertanto l’unica soluzione era quella d' imboscarsi da qualche parte.
Al pomeriggio prendevano un pullman che saliva in collina fino al Parco della Rimembranza, sul Colle della Madalena: scendendo poi, a piedi, verso la città; c’erano ampi tratti, non serrati dai muri di cinta delle ville, dai quali si poteva risalire il dorso della collina, immergendosi in boschetti solcati da piccoli sentieri. Lì, si potevano trovare piccole piazzole erbose nascoste dalla vegetazione a occhi indiscreti: allora tiravano fuori il plaid dalla sacca a tracolla e si stendevano ad amoreggiare sull’erba.
Con l’incentivo di quelle ore di giovanile passione e bucolico amore, aveva imparato a sopportare il contatto ravvicinato con la natura, fregandosene, in quei momenti, di arbusti, foglie, rami e insetti del sottobosco.
Purtroppo nella situazione odierna non era accompagnato da Marzia e neppure aveva la prospettiva di scopare in camporella.

In realtà si sentiva in colpa con sé stesso, perché, anche se non voleva ammetterlo, sapeva che tutti questi giri “larghi", li stavano compiendo nella speranza di trovare traccia della donna prima di doverla cercare nella stamberga che aveva per abitazione.
Sospettava che, anche Matranga, si stesse chiedendo se quello fosse il modo più sensato di procedere. Per fortuna, non discuteva mai il suo metodo nel condurre il lavoro: si limitava a fare quello che gli veniva richiesto, altrimenti non avrebbe saputo giustificare le sue scelte di quella mattina.
Con Matranca, avevano un rapporto cameratesco di vecchia data, quasi amichevole, cosa che faceva scorrere bene il loro lavorare in coppia; del resto, lui, in veste di capo pattuglia non faceva certo pesare il suo grado.
Dal canto suo, il collega, eseguiva senza discutere, anche quando dallo sguardo, era evidente che le direttive ricevute gli lasciassero qualche dubbio.

Mancava poco alla destinazione, Matranca riprese scettico:
- De Pè, poi te lo voglio dire: di entrare in quel letamaio di zingari, mi rompe proprio il cazzo. Stesse a me, altro che dargli un campo comunale dotato di luce elettrica e acqua corrente a spese della collettività: di ‘sti ladri e vagabondi, ne metterei metà in galera, il resto a calci in culo e rimandarli al loro paese.
- De Petris scosse la testa: - Matrà, non sono zingari: sono “nomadi”. Poi se non delinquono, sono liberi di vivere dove e come meglio gli pare.
- Sì, sì. Come meglio gli aggrada, ma a spese nostre. De pè Tu fai il tollerante, l’accogliente, il buonista, ma, questi sono tutti ladri. Ogni volta che gli fai una perquisizione a sorpresa, trovi di tutto: dalla refurtiva di alloggi svaligiati a portafogli, catenine, orologi, decine di metri di tubo di rame rubati in qualche cantiere.
De Petris, sbuffò seccato: - Senti Matranca, già ‘sta cosa che stiamo facendo è uno sbattimento di palle. Stiamo cercando una presunta scomparsa, senza certezza che sia davvero sparita o se, stanca di battere il marciapiede e di fare la fame qui, se ne sia tornata al paesello, portandosi dietro il figlio. Quindi, può essere che stiamo facendo il giro delle sette chiese per la paranoia dell’amica che non la sente da due settimane.
De Petris, tirò il fiato, poi riprese con vigore: - Come se non bastasse, fa un caldo porco, sudiamo come bestie, c’è puzza di letame, ci sono le mosche che rompono il cazzo e tu mi devi pure frantumare i coglioni col razzismo sui nomadi? Matrà, non rompere e fattene una ragione. Poi, per piacere, levati l’aria schifata dalla faccia, che con quell’espressione da stronzo, anche se sapessero qualcosa, ci manderebbero a fare in culo.
- Sì, sì. Ok. Per carità, i “nomadi” come li chiami tu, intanto girano su Mercedes nuove di zecca e con carovan lunghi come treni, che dentro sono arredati come barche di lusso. Davvero credi li abbiano vinti alla lotteria o che glieli abbia regalati lo zio d’ America? Per te, sono tutti santi. Comunque! Andiamo a visitare questi onesti “nomadi”.

L’ingresso al campo era sterrato, le ruote della macchina slittavano nel fango non ancora secco.
Le Mercedes e i caravan, lavati dal temporale, presentavano carrozzerie lucenti da far invidia a un Autolavaggio. Contrariamente a quanto sosteneva Matranca, non c’erano solo ammiraglie nel parco auto del campo: si contavano diverse Golf e utilitarie Fiat, qualcuna anche ammaccata e tutt’ altro che prestigiosa.
Su alti pali, conficcati nel terreno, erano tesi dei fili da stendere colmi di biancheria, anche davanti alle baracche e ai carovan vi erano stendini pieghevoli aperti, altrettanto carichi, doveva essere giorno di bucato della comunità: una moltitudine di strofinacci, lenzuola e capi di vestiario multicolori, si asciugavano stesi al sole.
Un nugolo di bambini sommariamente abbigliati, molti a piedi nudi, corse festoso intorno alla pantera fermata nello spiazzo principale del campo.
I due agenti scesero dall’ auto trovandosi circondati da quei visi coloriti del bronzo dorato, di chi ha le giornate piene di giochi all’ aria aperta.
Curiosi e sfacciati, i monelli, non mostravano nessuna soggezione per le loro divise: occhi mobili e intelligenti, sorrisi di una malizia antica si aprivano su denti candidi e forti.
Il gruppo li accompagnò con risate e strepiti verso il camper del “krisnìtori”: il rispettato capo del consiglio degli anziani della comunità.

(Continua)

Re: Il seme dell’odio Pt. 5

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Ho approfittato di questo primo pomeriggio, che avevo libero, per leggere i cinque capitoli attualmente qui pubblicati della tua storia. E devo dire che si tratta di un racconto a puntate davvero interessante! Inizialmente mi ha catturato per la componente horror della parte uno, ossia quella del bambino rinchiuso in quella stanza da una madre che, apparentemente, non si cura affatto di lui. È stato un primo capitolo davvero pieno di tensione, quasi splatter se consideriamo anche il finale dove il bimbo, in preda alla fame, non ha altra scelta che afferrare un ratto e mangiarselo. Immagino punti molto, almeno all'inizio, sullo shock value—ovvero sullo sbatacchiare il lettore con immagini terribili, infondendogli il terrore tipico della componente horror più col disgusto che con la paura.

Il secondo capitolo procede sulla stessa trama, però c'è quasi subito una diversione (che è ambientata nel passato, immagino? a meno che l'intera storia non lo sia, e lì semplicemente, per la prima volta, inquadri temporalmente gli eventi) sulla scomparsa di una prostituta, e sugli sforzi di due agenti di polizia per ritrovarla. Il terzo capitolo, poi mi ha ben fatto intendere che la tipa scomparsa debba necessariamente essere la madre del bambino descritto nel primo capitolo, e il quarto si apre con una descrizione del parto, che ancora ci fa ben intendere quanto... mostruoso sia questo bambino; e tra l'altro si cita il nome della madre, quindi c'è la conferma definitiva che la scomparsa e il bambino demoniaco sono collegati. Infine torniamo qui, all'indagine sulla scomparsa di Vesna, fra il finale del quarto capitolo e il quinto nella sua interezza. Sembra che i due poliziotti stiano ora entrando nel campo degli zingari, dove—immagino—sarà il momento per loro di apprendere di più sul figlio della donna scomparsa, a meno che non lo incontrino per la prima volta direttamente a casa sua.

Volendo dare un giudizio complessivo, devo dire che la storia mi piace! È anche scritta bene, salvo qualche virgola posizionata in modo un po' strano di tanto in tanto (es. ‘De Petris, aveva deliberatamente scelto, di cercare notizie della donna [...]’), e dei dialoghi che certe volte mi sembrano fin troppo sostenuti—a meno che non sia parte della caratterizzazione che vuoi infondere nei personaggi, e questi agenti di polizia effettivamente amino esprimersi in modo a volte un po' convoluto. Ma, a parte questo, si tratta di una bella trama horror in cui la tensione sembra salire al giusto punto dopo ogni capitolo, senza andare troppo lenta o troppo veloce. Posso dire già sin d'ora che ho la curiosità di vedere come andrà a finire! Hai già scritto l'intera storia, e la stai pubblicando a parti solo adesso? E, se sì, quanti capitoli ancora mancano alla conclusione? In ogni caso, complimenti davvero per il lavoro che hai messo nello scrivere questo racconto!
‘La vita di una ragazza alta poco meno di un pollice nell'Italia dei nostri giorni, tra quotidianità e desiderio di realizzare sé stessi.’
(Quattro centimetri e mezzo, su EFP Fanfiction)

Re: Il seme dell’odio Pt. 5

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Mio /o mia carissimo/a @Sakuminitan   (scusa, ma mi è difficile del nome comprendere se sei una fanciulla o un ragazzo)

Posso dire: Wow!!!

Questo commento e lo sforzo profuso nel leggere tutti i capitoli fin qui pubblicati, meritano davvero un ringraziamento  enorme.

Mi sono documentato sul tuo profilo e ho scoperto che scrivi anche su wattpad, dove sono presente, con questo stesso nick, con alcuni miei racconti squisitamente pornografici, in attesa di essere cacciato dalla piattaforma.
Premetto che ho iniziato a leggere la tua storia pubblicata lì, per la quale approfittando di questo post, ti faccio i complimenti per la qualità della tua scrittura.

Questa storia invece, l'avevo iniziata su WD, un po' come scommessa sul riuscire a scrivere anche storie non porno.
La radice di tutto nasce col racconto singolo, ripubblicato qui : La Rusalki, dove narro gli antefatti del personaggio  Vesna.
Sono appassionato di horror e thriller, quindi, questo racconto, iniziato come un gioco, mi ha preso la mano e mi sta portando verso quello che alla fine potrebbe divenire un romanzo di genere.
Il racconto lo scrivo e lo pubblico "in diretta" settimanalmente, la storia complessiva la ho in mente, ma nello scriverla, si sta arricchendo di spunti e particolari, che mi vengono in mente nello scriverla.
Mi appassiona poiché mi sta costringendo a documentarmi su una serie di fatti e situazioni specifiche, anche tecniche, che fino a ieri ignoravo. In altre parole mi sto divertendo un mondo.
Cerco come vedi, di muovermi su piani narrativi diversi tra passato e presente della narrazione, alternando la componente horror al fluire di un indagine, con quello che nella realtà probabilmente comporta per chi se ne occupa. Considerando che gli eventi appartengono agli anni '80, quando non esistevano cellulari, e il RIS doveva ancora essere creato.
Le virgole in carenza o in eccesso, fanno parte del mio bagaglio di continui e immancabili problemi presenti nella mia scrittura. Ma ne scuso, ma temo che continueranno a persistere.
Quanti capitoli mancano al termine sarò in grado di dirtelo solo il giorno che scriverò la parola "fine" alla storia.
A sensazione ne immagino almeno un'altra ventina, ma dubito che bastino.

Un grande ringraziamento e a presto rileggerti.
Ci vediamo anche su Wattpad. Ciao.

Re: Il seme dell’odio Pt. 5

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Sono un ragazzo, e sono contento di aver potuto condividere qui i miei pensieri sulla tua opera! Mi sembra che la tua sfida sia più che vinta, allora: stai davvero scrivendo qualcosa di molto buono, con un mistero ben costruito e ritmato che mi ha insinuato la curiosità di sapere come andrà a finire il tutto. In un horror come questo, o comunque in una storia mystery più in generale, è la cosa più importante. Ma soprattutto mi fa piacere sapere che anche tu stesso ti stia divertendo, specialmente nella parte di documentazione: una storia funziona davvero solo quando anche all'autore piace scriverla con tutta la passione che ha, dopotutto!
‘La vita di una ragazza alta poco meno di un pollice nell'Italia dei nostri giorni, tra quotidianità e desiderio di realizzare sé stessi.’
(Quattro centimetri e mezzo, su EFP Fanfiction)

Re: Il seme dell’odio Pt. 5

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@Nightafter   :)

Ciao! So già che dirtelo lascia il tempo che trova (sic  ;) ) ma non posso vedere il soggetto di una frase staccato dal suo verbo, dall'azione che gli fai compiere.

E cominci addirittura nell'incipit! Qui:
Nightafter ha scritto: L’agente scelto De Petris, non aveva voglia di ribattere al chiacchiericcio del collega...
La virgola dopo De Petris non ci va, perché separa il soggetto dall'azione.
Nightafter ha scritto: Soprattutto odiava l’idea d' infilarsi in quel casino vegetale con queste quelle  temperature equatoriali: 
Visto che parli al passato, vedo meglio "quelle" al posto di "queste".
Nightafter ha scritto: Per non dire virgola poi, di tutti quegli insetti volanti, striscianti e pelosi che si infilavano addosso, aveva repulsione per i ragni, gli scorpioni e odiava i serpenti di ogni tipo.
Dopo "addosso" ci stanno meglio i due punti perché precedono una spiegazione.
Nightafter ha scritto: Dal canto suo, il collega, eseguiva senza discutere,
La virgola dopo "collega" separa il soggetto dal verbo.
Nightafter ha scritto: De pè Tu fai il tollerante, l’accogliente, il buonista, ma, questi sono tutti ladri. 
De Pé, tu fai il tollerante ecc.  ecc.
Nightafter ha scritto: De Petris, sbuffò seccato:
Perché quella virgola? Non esiste il concetto di pausa dopo avere scritto il solo soggetto!
Nightafter ha scritto: De Petris, tirò il fiato
Idem come sopra!
Nightafter ha scritto: Su alti pali, conficcati nel terreno, erano tesi dei fili da stendere colmi di biancheria, anche davanti alle baracche e ai carovan vi erano stendini pieghevoli aperti, altrettanto carichi, doveva essere giorno di bucato della comunità: una moltitudine di strofinacci, lenzuola e capi di vestiario multicolori, si asciugavano stesi al sole.
Tra "carichi" e "doveva" ci sta meglio un punto e virgola, per fare respirare il lettore con una pausa maggiore della virgola.
Nightafter ha scritto: corse festoso intorno alla pantera fermata nello spiazzo principale del campo.
meglio "ferma" che "fermata".
Nightafter ha scritto: i monelli, non mostravano nessuna soggezione per le loro divise: 
Ennesimo esempio di soggetto staccato dal predicato verbale.

Come in passato, oggi ripasso dalle parti dei tuoi capitoli sul "seme dell'odio" per piantare, con tutte le riserve del caso, il seme della corretta punteggiatura (o almeno spero che lo sia...).
Mi fa piacere, comunque, leggere l'ennesimo episodio che intriga e prelude a fatti di spessore. Qui prometti, ma in altri episodi mantieni la suspense che sei bravo ad anticipare. 

Bravo in questo, @Nightafter   :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: Il seme dell’odio Pt. 5

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Mia dolce @Poeta Zaza ,

Mai come nel mio tragico caso, il concetto dell' inutilità a lavare la testa all'asino, perdendo tempo e sapone, è corretta.

Ogni volta che credo di aver compreso dove mettere le virgole (e da qualche tempo, sollecitato dalle tue instancabili sollecitazioni) mi arrischio anche a inserire, di quando in quando, un punto e virgola), vengo giustamente redarguito per non averci capito un beneamato cavolo.

Mi vergogno come un bimbo che ha nuovamente bagnato il letto nel sonno, l'umiliazione ormai non ha limite e termine.
Proverò a farmi tatuare a fuoco la regola dell'uso della virgola, non vedo a questo punto altra soluzione.
Mi consola solo che grazie al "correttore automatico online" sono sensibilmente diminuiti gli altri strafalcioni di cui farcivo doviziosamente ogni mio scritto.

Che dire la speranza è l'ultima a morire, sempre che data l'età, non finisca io di decedere prima della speranza.

Grazie infinite per la tua tenace pazienza.

Un abbracci grande :)
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