La Sampo Pt. 9

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La Sampo Pt. 9


Era davvero cambiata.
Non era solo dimagrita e questo le donava una figura più snella, appariva perfino più alta, slanciata.
Era come se quanto aveva vissuto l’avesse levigata rendedole i lineamenti più raffinati e delicati: una farfalla liberata dal suo bozzolo.
La nuova Sampo pareva frutto del lavoro di un capace cesellatore, che ne aveva rivelato la bellezza interiore traendola da una materia da sgrezzare.
Possedeva un incarnato luminoso e vellutato: tutta la figura pareva avvolta da un’aura luminosa, come nelle iconografie delle sante nelle immaginette sacre.
Non sapevo se fossero solo i miei occhi a vederla così, ma di certo ne restai abbagliato al punto che provavo soggezione nel fissarla apertamente. Temevo che il mio stato d’animo fosse evidente, facendomi apparire ridicolo ai suoi occhi.
Ero deciso a trattarla con distacco, mostrarmi indifferente, praticamente inaccessibile: invece, scoprirla così mi aveva disorientato, intimidito, confuso come un granello di sabbia su una spiaggia ventosa.
Derogando dalle consuetudini di Giulio, erano arrivati puntuali all’ ora stabilita: al suono del campanello ero scattato verso l’uscio, mentre una vampata di calore mi incendiava il volto .
Sulla porta, con Giulio, ci si era salutati dandoci un “cinque”, lei era rimasta alle sue spalle, esitante a farsi avanti: - Ciao Sampo, ben venuta - nel salutarla e le ero andato in conto: ci scambiamo un piccolo abbraccio e fuggevoli baci alle guance.
Il tepore del suo profumo alla vaniglia mi aveva procurato un flashback vivido dei momenti vissuti da compagni di classe.
Passammo in salotto per il caffè: Giulio, nel sedersi, aveva mandato all’ aria l’ordine dei posti immaginato, occupando subito una delle poltrone: dovetti sedere accanto a lei sul divano.
Stavamo fianco a fianco, con le nostre tazzine fumanti in mano,
l’ emozione ci rendeva rigidi come mummie, concentravamo su Giulio i nostri occhi, evitando di incrociare sguardi difficili da sostenere.
Eravamo entrambi parchi di parole, Giulio, al contrario era frizzante, riempiva di conversazione la scena: da spettatori silenziosi, ci limitavamo ad assentire col capo, fare qualche risatina smorzata, pronunciare monosillabi d’assenso.

Il suo corpo, a pochi centimetri dal mio, colmava l’aria del suo profumo che si diffondeva a ogni movimento dandomi una vertigine calda.
Avevo sperato che il nostro “assistente sentimentale” avesse con sé un po’ di “shit”: una “cannetta” avrebbe reso più rilassato il momento, ma, purtroppo, ne era sprovvisto. Pertanto, come maldestri acrobati ci toccava camminare sul filo delle nostre ansie senza appigli e rete di salvezza.
L’orologio a parete, di modernariato, con disegno di planisfero sul fondo, segnava stancamente lo scoccare della mezzora dal momento in cui era iniziato quel convegno, sembrava fosse trascorso un secolo.

Giulio si alzò, stiracchiò mollemente le membra, si accese una sigaretta e posò le mani su una spalla di ciascuno dei due, disse: - Ragazzi, la mia parte l’ ho fatta, ora sta a voi la vostra. Vi lascio alle cose che avrete da dirvi. Vado di là a suonarmi un po’ di chitarra. Avete due ore. Dopo ti riaccompagno a casa - aggiunse, rivolto a Sampo. - Fate i bravi, mi raccomando. - Poi uscì tirandosi dietro la porta della sala.
Eravamo soli, il momento cruciale era giunto: ora si faceva sul serio, non potevamo più ignorarci o sfuggirci, avevo le mani gelate.
Restammo a fissarci per un lungo momento, il silenzio era lo spettatore muto della nostra tensione interiore: solo il suono dei primi accordi di Giulio sull’ Ovation, giungeva dalla camera due stanze più in là.
Con un colpo di tosse schiarì la voce e cercai le parole: - Come stai Luisa, va meglio ora? Sei diventata davvero carina, lo sai?- Lo sussurrai come fossimo in chiesa durante una funzione.
Lei fece spallucce a non dare importanza - Grazie. Diciamo bene. Sì, bene, insomma. E tu? - Chiese a sua volta. - Sì, bene dai, anch’ io, si vive. - risposi, cercando un sorriso.
- Alla fine sembra che ci siamo ritrovati - aggiunsi. Lei annuì con un cenno della testa: - Sì, chi l’ avrebbe detto, vero? - C’era una vena malinconica nella voce.
- Quanto tempo inutile abbiamo sprecato. - proseguì.
- Sì, vero, troppo. Che stupidi. - Abbassò il capo e scostò con un gesto rapido i capelli scesi sul viso. La vocè le si era spezzata e gli occhi divenuti lucidi.
- Quanto male mi hai fatto. - continuò, vibrando d’amarezza. Lacrime non più trattenute le rigaro il viso: era bella in quella tensione dolorosa che le incendiava il volto di una luce tragica.
Le cercai la mano e la strinsi. - Dai, cucciola, che ti succede? - Cercai di respingere il groppo che mi premeva alla gola.
Mi accostai e affondai il volto nella massa bruna dei cappelli, baciai il suo collo con una carezza di labbra e nascosi le lacrime in quel tepore che sapeva di tenerezza. La strinsi con una foga da togliere il respiro a entrambi, era esile, quasi perduta nel mio abbraccio.
Ci legammo come naufraghi scampati all’ abisso trovando salvezza su quel divano, i suoi cuscini: un’ isola sperduta
nell’ oceano del tempo.
- Non piangere. Io ti amo. Ti amo da sempre, sciocca donna, lo capisci? -
Le parole suonarono quasi rabbiose: come stessi ammettendo un peccato taciuto troppo a lungo, liberandomi dall’ aver creduto che non fosse così.
Le bocche si cercarono in un bagno di lacrime e saliva.
- Ti amo! Brutto stronzo, ti amooo! - urlò lei, travolta dalla foga dei baci che le confondevano le parole suelle labbra. Era cambiata! Non c’era nulla della ragazza spocchiosa e arrogante che ricordavo: la Sampo che tenevo avvinta era appassionata, fragile, di una dolcezza struggente.
Che coglione ero stato nel pensare al nostro incontro come occasione per saldare vecchi rancori: lei era venuta spogliandosi dell’ orgoglio, del passato, vestita solo del sentimento che voleva donarmi.

Il divano galleggiava leggero nello spazio della stanza, cullandoci in una nuvola di vaniglia.
Il suo corpo era caldo e le mie mani avevano ritrovato la temperatura della vita. Fremevo di eccitazione, i baci divennero ansiosi, voraci, eravamo affamati di una felicità attesa troppo a lungo.
A dispetto del momento elegiaco, per diral col sommo Poeta: “più che l’amor, ne puote la fame”, sollevai la sua maglia e scoprì il seno nudo sotto l’indumento.
Con la devozione di in un atto sacro, le bacia i seni: aveva cappezzoli bruni e tumidi come amarene, me ne colmaì la bocca con la delizia di un neonato che si nutre.
Tuffando le dita tra i capelli mi cinse il capo con le mani, per trattenermi in quella profusione di baci sensuali e incandescenti.

Ci scambiammo carezze prolungate: ero felice che non avesse quel ritegno fasullo di Nella nell’ intimità, questo mi piaceva e mi rasserenava molto. Portava una corta gonna a portafoglio con disegno scozzese: ormai privo di remore feci correre la mano lungo l’ apertura
dell’ indumento, raggiungendo l’incavo delle cosce.
Quando le dita armeggiarono con l’elestico delle mutandine, disse con voce mogia: - Non possiamo farlo. Scusami, ma ho le mie cose.
Diceva il vero: avevo sentito l’ovatta dell’assorbente.
Non tolsi la mano, riposi: - Non preoccuparti, non mi fa impressione. Non lo facciamo fino in fondo voglio solo darti piacere.
La carezzai con dolcezza, quando le dita cercarono di penetrare la sua intimità mi toccò il braccio: - No. Ti prego, non dentro, sono chiusa lì...
Non ero certo di aver capito: - Scusa, ma vuoi dire... Cioè non lo hai mai fatto completamente?
- Sì. Mai, con nessuno. - Restai basito. - Ma dai, dici davvero?
Lei fece un sospiro, quasi se ne vergognasse. - Sì. E’ cosi.

(Continua)

Re: La Sampo Pt. 9

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Ciao @Nightafter ,
dopo aver letto e commentato la parte 7, ho letto la parte 8 prima della chiusura momentanea del forum. Mi era piaciuta la continuazione, anche se aspettavo di leggere finalmente dell'incontro. Se il tuo lavoro fosse un romanzo a puntate funzionerebbe benissimo perché hai creato la suspense giusta per farmi aspettare la puntata successiva... Ora, finalmente, ho potuto soddisfare la mia curiosità con l'incontro con la Sampo. La storia è semplice, ma proprio in questo credo stia la sua forza, nella capacità di dipingere due ragazzi alle prese con la loro prima storia d'amore. Che sia la prima lo deduco dalla confessione di lei alla fine di questo frammento. I personaggi vengono fuori bene, sono tridimensionali e credibili. In questo pezzo ho notato un linguaggio meno giovanile, forse più aulico, con metafore e similitudini poetiche, ma ci sta, visto che assistiamo alla resa dei conti amorosa.
Ti lascio qualche annotazione formale:
la porta, con Giulio, ci si era salutati dandoci un “cinque”, lei era rimasta alle sue spalle, esitante a farsi avanti: - Ciao Sampo, ben venuta - nel salutarla e le ero andato in conto: ci scambiamo un piccolo abbraccio e fuggevoli baci alle guance.
In questa frase c'è qualcosa che non funziona, potresti sostituire la e con una virgola dopo nel salutarla. Refuso: in conto, incontro.

l’ emozione ci rendeva rigidi come mummie, concentravamo su Giulio i nostri occhi, evitando di incrociare sguardi difficili da sostenere.
Refuso: hai iniziato con una minuscola

L’orologio a parete, di modernariato, con disegno di planisfero sul fondo, segnava stancamente lo scoccare della mezzora dal momento in cui era iniziato quel convegno, sembrava fosse trascorso un secolo.
Qui staccherei l'ultima parte di frase (sembrava fosse trascorso un secolo) con un punto o un punto e virgola, perché risulta un po' macchinosa da leggere

muto della nostra tensione interiore: solo il suono dei primi accordi di Giulio sull’ Ovation, giungeva dalla camera due stanze più in là.
Ti è sfuggito uno spazio di troppo dopo l'apostrofo.

Con un colpo di tosse schiarì la voce e cercai le parole: -
Forse volevi dire schiarii la voce.

La vocè le si era spezzata
Refuso: la voce

Lacrime non più trattenute le rigaro il viso:
Le rigarono

Per diral col sommo Poeta: “più che l’amor, ne puote la fame”,
Per dirla. Non so se ricordo male, probabilmente sì, ma la citazione non mi suona. Ti dirò che comunque la citazione non mi ha fatto impazzire, ma sicuramente sarà perché nell'ultima settimana le citazioni di Dante si sono sprecate, magari in un altro momento non ci avrei fatto caso..

Con la devozione di in un atto sacro
C'è un "in" di troppo.

Non tolsi la mano, riposi:
Risposi.

Molto tenera la fine.
Alla prossima puntata...
Ciao!
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