La Sampo – Pt. 8

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La Sampo – Pt. 8

Mancavano venti minuti alle quindici, era il giorno dopo all’ incontro con Giulio, attendevo il suo arrivo con Sampo appresso.
Avevo fatto la doccia, mi ero sbarbato, deodorato, dato un dopobarba della Mennen, quello dell’uomo che non deve chiedere mai. Me ne ero intinto qualche goccia anche sulle pudenda per aromatizzare la zona.
Avevo imborotalcato abbondantemente il corpo e le parti intime, avevo il pisello infarinato come un pesciolino pronto alla frittura.
Come consigliato da Giulio avevo messo mutande, jeans e una felpa pulite: non ero mai stato così lindo e profumato neppure nel giorno del battesimo.
Eravamo all’ antivigilia di Natale: ultimo giorno di lezioni prima delle vacanze per le feste, stante quello che avevo da approntare per il pomeriggio, avevo deciso di anticipare l’inizio delle vacanze saltando la scuola.
Mia sorella era ospite da mia zia per tutto il giorno, i miei sarebbero rientrati dal lavoro dopo le sette di sera, nella mattina avevo ripulito la casa: lavati pavimenti e spolverato ovunque. Mia madre sarebbe stata entusiasta per come le avevo lustrato l’abitazione.

Sul tavolino del salotto, posto tra un divano e una coppia di poltrone frontali, c’era già un vassoio con della pasticceria secca.
Pensavo che Sampo e Giulio avrebbero potuto sedere sul divano e io su una delle poltrone, avremo preso un caffè e qualche dolcetto, magari ci si faceva uno spino e si sarebbe parlato. Sul piatto dello stereo avevo piazzato l’album
“Obscured by clouds"dei Pink Floyd che girava già da un po’: mi pareva adatto alla situazione e al clima del momento.
Restava solo da preparare il caffè: la Moka era già carica e messa sul fornello, bastava accenderlo: l’avrei fatto alle tre meno dieci, così l’avrebbero trovato ancora fumante.
Accelerare i tempi del mio incontro con Sampo era un’idea di Giulio.
Io avrei preferito temporeggiare qualche giorno, elaborare la notizia ricevuta, perché francamente mi sentivo confuso dentro: pensavo che lasciando decantare l’emotività avrei affrontato la situazione più lucido e consapevole.
Giulio aveva obiettato che fosse meglio chiudere la cosa prima delle feste. Un po’ perché era dell’idea che “Il ferro andasse battuto finché era caldo”, ma, anche perché Sampo alla vigilia sarebbe partita con i suoi per il Veneto: andavano a trascorrere le feste con i parenti laggiù. Sarebbero rientrati dopo l’Epifania, quindi il nostro incontro non avrebbe potuto aver luogo prima di due settimane.
Troppo tempo per procrastinare una cosa tanto delicata: meglio mettere subito un punto fermo. In quindici giorni poteva finire il mondo ed essere ricreato, meglio non lasciare nulla in sospeso.
Mi divertiva questa sua fretta di concludere: faceva parte del suo carattere affrontare i problemi e risolverli velocemente. Gli piaceva il ruolo di deus ex machina, una specie di moderno Cupido: ci teneva che le frecce amorose andassero a segno e desiderava verificare il successo del suo operato in tempi brevi.
Sembrava quasi ci tenesse più di me di vedermi sistemare insieme a Sampo.
Aveva il pallino di farmi da fratello maggiore benché fossimo coetanei, gli piaceva occuparsi degli aspetti rilevanti della mia vita: si curava della mia crescita intellettuale, politica, musicale e anche sentimentale. In altre parole si faceva costantemente cazzi miei. Sapevo che era il suo modo di mostrami amicizia e affetto, anche per questo gli ero affezionato come e più che a un fratello.

Era inaspettato che una donna confessasse di amarmi: non c’ero abituato, non ero uno da amore a prima vista.
Per la verità mi era accaduto solo una volta nella vita: con Aurora
a scuola l’anno prima, ma, non era imbarcata solo di me, lo era anche di Giulio, infatti ne era nata una storia in condominio.
Questa seconda, infatti, mi destabilizzava: solitamente le mie storie nascevano perché mi innamoravo di una, glielo dicevo e se ricambiava, si iniziava a girare insieme. Oppure, il più delle volte, rispondeva con un “non ce n’è”: quindi chiudevo la pagina e finiva lì.
Se sapevo bene come comportarmi quando ero io a propormi, di fatto non sapevo proprio come pormi con una innamorata di me.
La mente girava in loop, Poi, con la nostra storia pregressa era maggiormente un casino.
Sapevo che si sarebbe finiti a parlare di noie del lungo tempo in cui non ci si era più visti, toccando le inevitabili storie che avevano riempito le nostre vite.

Tutte cose con aspetti di disturbo: mi avrebbe chiesto di Nella e se c’era stata qualche altra, io avrei chiesto del “Monet delle Langhe”, del “filosofo” e di chissà chi altro, si sarebbero ricordati i nostri scazzi a scuola.
C’era materiale abbondante per riprendere a litigare.
Pensieri che arrivavano come ondate e mi sommergevano in un mare di dubbi e sconforto, mi sentivo galleggiare in acque scure e profonde, senza un appiglio al quale ancorarmi.
Avevo già fumato mezzo pacchetto di cicche dalla mattina: per evitare che la casa puzzasse di fumo come una bettola, avevo spalancato le finestre all’ aria gelida dicembrina, mi sarei beccato di fisso un’infreddatura.
Stavo cercando di focalizzare la mente per ritrovare un equilibrio, partendo dagli inizi: ero stato imbarcato di lei, ma in quel momento non le andavo bene, c’erano altri più interessanti ad attrarla.
Era lei a dare le carte e per me aveva solo dei due di picche, fatti di rifiuti.

Ricordavo bene uno dei nostri scontri, quando, con perfidia, fissandomi negli occhi mi aveva detto:"Fattene una ragione, tra me e te, non potrà mai esserci nulla. Non scoperei con te neppure se fossi l’ultimo uomo sulla terra.”
Mi aveva sepolto, togliendomi ogni illusione, spezzandomi il cuore cagandomi di brutto. Ora non lo ricordavo, ma molto probabilmente quella notte non mi ero addormentato sereno.
Forse avevo anche pianto, non mi stupirebbe: ero tenero di cuore e di emotività in quel periodo. Brutta stronza!

Poi ero cambiato, l’avevo trattata con freddo disinteresse: non le era piaciuto, era cominciata la guerra. Certo non aveva mai abbassato la cresta, aveva risposto colpo su colpo, quando le era potuto non aveva lesinato di spargere aceto su ferite non rimarginate.
Dopo un lungo periodo d’ incubazione le era esplosa la passione, tanto violenta da crearle un disturbo nervoso.
Insomma ero stato per lei un veleno ad effetto ritardato: una specie di contaminazione radioattiva, dove i danni si manifestano con tempi lunghi. L’idea di essere come una barra d’uranio, non mi dispiaceva molto.
A volerlo calzava anche il vecchio adagio: “Non sputare in cielo, che in faccia ti arriva”. Non avrei dovuto pensarlo, poiché come sentimento era poco nobile, ma, era lei ora a venire a Canossa, poteva essere l’occasione per farle fare un po’ di penitenza.
Giulio, davanti alle mie esitazioni aveva detto: “Non farti paranoie. Male che vada te la scopi per una settimana, poi la molli. Vi siete tolti lo sfizio in due e bon alè. Tutti contenti".
Aveva ragione, poteva finire così, era tempo d’ essere cinici: ora si suonavo la musica che mi andava e si ballava al mio ritmo.
Avevo acceso il gas sotto la caffettiera e un’altra sigaretta, mancava poco. Speravo che Giulio non fosse in ritardo come suo solito, ero anche passato del bagno a darmi un colpo di spazzola ai capelli davanti allo specchio.
L’ insieme che vedevo mi dava conforto: ero indeciso se quel giorno somiglassi più a Jim Morrison o a Jimmy Page dei Led Zeppelin, l’avrei stesa col mio glamour.
Potevo stare tranquillo: eppure non ero, anzi ero ansioso come un ragazzino al primo appuntamento.
Forse era paura, chissà se sarei riuscito a fare l’amore con lei.


(Continua)

Re: La Sampo – Pt. 8

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Era inaspettato che una donna confessasse di amarmi: non c’ero abituato, non ero uno da amore a prima vista.
Un furbo sminuirsi, ok.
Se sapevo bene come comportarmi quando ero io a propormi, di fatto non sapevo proprio come pormi con una innamorata di me.
Questa proposizione fa il paio con quella sopra.

Trovo la punteggiatura sostanzialmente corretta, tranne piccole note che ti segnalo di seguito:
Nightafter ha scritto:
a scuola l’anno prima, ma, non era imbarcata solo di me, lo era anche di Giulio, infatti ne era nata una storia in condominio.
Ti suggerisco di cambiare la frase sopra con questa punteggiatura:
a scuola l’anno prima, ma non era imbarcata solo di me, lo era anche di Giulio: infatti, ne era nata una storia in condominio.


Questa seconda, infatti, mi destabilizzava: solitamente le mie storie nascevano perché mi innamoravo di una, glielo dicevo e
virgola
se ricambiava, si iniziava a girare insieme.

La mente girava in loop, Poi, con la nostra storia pregressa
virgola
era maggiormente un casino.

Tutte cose con aspetti di disturbo:
(mi piace questa scelta di parole: molto pertinente.)
mi avrebbe chiesto di Nella e se c’era stata qualche altra, io avrei chiesto del “Monet delle Langhe”, del “filosofo” e di chissà chi altro,
meglio punto e virgola
si sarebbero ricordati i nostri scazzi a scuola.

Pensieri che arrivavano come ondate e mi sommergevano in un mare di dubbi e sconforto,
meglio due punti
mi sentivo galleggiare in acque scure e profonde, senza un appiglio al quale ancorarmi.
Avevo già fumato mezzo pacchetto di cicche dalla mattina: per evitare che la casa puzzasse di fumo come una bettola, avevo spalancato le finestre all’ aria gelida dicembrina,
meglio due punti
mi sarei beccato di fisso un’infreddatura.


Poi ero cambiato, l’avevo trattata con freddo disinteresse: non le era piaciuto, era cominciata la guerra.
(Con le frasi che scandiscono un cambiamento, meglio andare a capo per evidenziare meglio, sia prima che dopo.)
Certo non aveva mai abbassato la cresta, aveva risposto colpo su colpo, quando le era potuto
quando aveva potuto
non aveva lesinato di spargere aceto su ferite non rimarginate.

Insomma
virgola
ero stato per lei un veleno ad effetto ritardato: una specie di contaminazione radioattiva, dove i danni si manifestano con tempi lunghi. L’idea di essere come una barra d’uranio, non mi dispiaceva molto.
La virgola dopo "d'uranio" non ci va.
A volerlo
virgola
calzava anche il vecchio adagio: “Non sputare in cielo, che in faccia ti arriva”. Non avrei dovuto pensarlo, poiché come sentimento era poco nobile, ma,
niente virgola dopo il "ma"
era lei ora a venire a Canossa, poteva essere l’occasione per farle fare un po’ di penitenza.

Aveva ragione, poteva finire così, era tempo d’ essere cinici: ora si suonavo
si suonava
la musica che mi andava e si ballava al mio ritmo.

ero indeciso se quel giorno somiglassi
somigliassi

Potevo stare tranquillo: eppure non ero, anzi ero ansioso come un ragazzino al primo appuntamento.
Ti suggerisco:
Potevo stare tranquillo: eppure non lo ero, anzi, ero ansioso come un ragazzino al primo appuntamento.
Forse era paura, chissà se sarei riuscito a fare l’amore con lei.
(Continua)
Sai come incuriosire il lettore, e il tuo stile è fluido e con buone idee nella composizione delle frasi.
Ciao, @Nightafter :)
Zaza
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: La Sampo – Pt. 8

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Mia dolce @Poeta Zaza
che meraviglioso regalo nel giorno della riapertura della nostra casa abbrustolita dalle perfide fiamme.
Apro e subito trovo questo tuo graditissimo commento alla mia storiella: il mio animo è in giubilo!
Grazie amica mia, preziosa come sempre, non posso che compiacermi che nello scritto tu abbia ravvisato solo qualche refuso e l'uso fantasioso delle virgole posizionate.
Naturalmente è un caso del tutto fortuito, di certo nel prossimo racconto che pubblicherò farò un recupero di strafalcioni per mantenermi nella consueta media che mi caratterizza.

"Era inaspettato che una donna confessasse di amarmi: non c’ero abituato, non ero uno da amore a prima vista.
Un furbo sminuirsi, ok.
Se sapevo bene come comportarmi quando ero io a propormi, di fatto non sapevo proprio come pormi con una innamorata di me.
Questa proposizione fa il paio con quella sopra."

Volevo segnalarti che questo concetto è strettamente autobiografico.
Non c'era invero furbizia.
Mi innamoravo sempre io per primo, e (ahime) quelle sovente mi davano un due di picche.

Un grande ringraziamento e un abbraccio :)
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