Violazione di copyright - Pt.3 (Finale)

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Avevano rimediato un secondo cavallo e raggiunto il capoluogo. Adesso erano all'estremità del ponte che immetteva in città. Si fermarono. I cavalli nitrirono.
“Devo rivelarti una cosa" disse Albertine. Dimitri gli si mise di fianco, i ventri delle bestie si sfioravano. “Tempo fa ho trovato un pacco di carta, in quella fabbrica vicino alla capanna. L'ho usata per trascrivere la Recherche”. Dimitri sussultò.
“Per una cosa del genere potrebbero ucciderti" disse. Albertine gli poggiò una mano sulla coscia.
“Se dovesse succedere qualcosa, per favore, prendila tu. L'ho messa in una busta di plastica e dentro una cassetta di metallo. A un chilometro a ovest della capanna c'è una collinetta. Dalla sommità guarda verso le ciminiere della fabbrica. Fai venti passi in quella direzione".
“Fermo – lo interruppe Dimitri – non farò un bel niente". Albertine ritrasse la mano.
“Credevo che questa volta non stessi mentendo" una nuvola passò sul sole.
“Sempre stato sincero" replicò Dimitri.
“E sei sicuro che tornerò da questa missione?". Dimitri voltò il cavallo.
“Si" disse, e si avviò prima che l'altro potesse replicare.

Attesero su un binario dismesso, nella carcassa di un vagone. Fecero ancora l'amore fra i sedili divelti e i gatti randagi che urinavano fra ciuffi d'erba ingiallita. Uscirono con le tenebre.
Il viale, un tempo, doveva essere stato alberato e gorgheggiante dello scalpiccio di passeggiate domenicali. Ora dovevano zigzagare fra i crateri nell'asfalto.
La birreria era un vecchio edificio in mattoni, scalfito ma ancora solido. La sala principale era un vasto stanzone col soffitto a botte. Tutto era ricoperto da uno strato di polvere spesso un dito. Dimitri buttò un occhio dietro il bancone, alla ricerca di qualche bottiglia ancora integra, ma incrociò soltanto lo sguardo giallastro di un grosso ratto.
Imboccarono una scala di ferro che scendeva nel sottosuolo ed entrarono in una stanza simile alla precedente, dalle cui pareti fuoriuscivano tubi d'acciaio sospesi a mezz'aria come rami mozzati. Un tempo lì c’erano le vasche di fermentazione, ma qualcuno s’era rubato tutto il metallo possibile. Sul fondo c’era una pesante porta in metallo da oltre la quale proveniva un chiacchiericcio sommesso. Dimitri si avvicinò e bussò tre volte, poi altre tre. Dall'altra parte cessò il chiacchiericcio. Bussarono in risposta. I griot indossarono le maschere. La porta si aprì. Odore di fumo e umido. Dieci occhi li fissavano attraverso i fori di maschere bianche. Sotto la giacca di uno di loro Dimitri notò un rigonfiamento. Un microfono. Fecero loro segno verso il fondo della stanza. C'era una porta che dava in un magazzino e poi in un vicolo. Albertine annuì, ma Dimitri sapeva che una sola via di fuga era troppo poco. Si sedettero su delle vecchie panche, e attesero. Sarebbe bastato qualche capoverso e la trappola sarebbe scattata.
“Oggi - disse Albertine - affronteremo la parte prima del primo libro, “Dalle parte di Swann". Bevve un sorso d'acqua, eseguì un esercizio di respirazione.
“A lungo, mi sono coricato di buonora. Qualche volta, appena spenta la candela" cominciò.
Una lettura non era mai neutra. Le parole non viaggiavano nel vuoto. C'erano sempre suoni, odori, piccoli accadimenti che intessevano attorno al racconto una fragile cornice. Un ratto stava grattando sul cemento, una ragnatela oscillava sul soffitto, e da qualche parte saliva un odore pungente, che Dimitri non riusciva a identificare.
“Mi chiedevo che ora potesse essere; sentivo il fischio dei treni che, più o meno da lontano, come il canto d'un uccello nella foresta, dava risalto alle distanze". Quella trama labile Dimitri l’aveva sempre tenuta d'occhio. Un mutamento improvviso, una dissonanza, potevano significare un pericolo incombente. Quel giorno c'era quell'odore. Chissà se Albertine lo sentiva. Adesso si era seduto, e parlava muovendo le mani davanti al volto.
“Un uomo che dorme tiene in cerchio attorno a sé il filo delle ore". Dimitri scorse gli occhi sui cinque ascoltatori. Fermando gli occhi sul collo di uno di loro ricordò di aver già sentito quell’odore. Era stato quando lo avevano arrestato. Non era il profumo di un vecchio professore in pensione.
“Forse l'immobilità delle cose che ci circondano è imposta loro della nostra certezza che si tratta proprio di quelle cose e non di altre, dall'immobilità del nostro pensiero nei loro confronti".
Dimitri si ridestò. Perché non era ancora successo niente? Guardò gli agenti. Erano protesi in avanti, i gomiti poggiati sulle ginocchia. Uno, addirittura, si mordeva le punte delle dita. Erano affascinati, e s’erano scordati di quello che dovevano fare. Dimitri afferrò Albertine per una manica.
“Non senti questo odore?" gli sussurrò. Albertine si tirò su scrollando il capo e riprese a narrare.
“La sua memoria, la memoria delle sue costole, dei suoi ginocchi, delle sue spalle". Gli agenti ascoltavano ancora.
“gli presentava una dopo l'altra parecchie delle camere in cui aveva dormito, mentre tutt'intorno le pareti invisibili". Albertine arricciò il naso annusando.
“mutando posizione secondo la forma della stanza immaginata, turbinavano nelle tenebre". S'arrestò le mani contratte a mezz'aria. Guardò Dimitri, ma lui abbassò il capo. Albertine si voltò e corse via. Gli agenti si svegliarono e lo inseguirono. Avevano fatto solo pochi passi quando giunse lo sparo.
Albertine era ai piedi delle scale che conducevano in strada, riverso sul fianco, la testa reclinata sul braccio, come qualcuno colpito da un improvviso sonno. Nel vano della porta c'era Sivakov. Una goccia di sudore gli colava lungo il naso, come una lacrima. Appena sotto la gola il maglione color arancio di Albertine aveva un buco nero, dai cui il sangue colava inzuppando la lana. Dimitri si chinò sul corpo. Tolse il maglione e glielo legò stretto al petto. Lo sollevò.
“Non" disse Sivakov.
“Non erano questi i patti" lo zittì Dimitri, e se ne andò.

Arrivò sulla sommità della collina. Si voltò a ovest, sfilando lo sguardo fa le ciminiere della cartiera. Fece venti passi. C'era un albero caduto. Sollevò alcune pietre, scavò fra le radici. Non trovò niente. Si sedette sul tronco. Nel mondo non esisteva più nessuno che conoscesse per intero “Alla ricerca del tempo perduto". E lui era solo frammenti di una storia.
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