Violazione di copyright - Pt.2

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Divenuta un semplice vocabolo che usavano senza pensarci quando volevano designare l'atto del possesso fisico - nel quale, per altro, nessuno possiede alcunché -, sopravvisse nel loro linguaggio commemorandolo, a quell'uso obliato".
Le parole giungevano da oltre la porta su cui Dimitri teneva premuto l'orecchio. Seguì il silenzio. Poi un rumore di passi, l 'avvampare di una fiamma. Dimitri bussò.
Il volto di Albertine era immutato. Solo gli occhi avevano virato verso un viola più scuro.
“Ti ho riportato il cavallo" disse Dimitri. Swann brucava fra due betulle. Provò ad accompagnare le parole con un mezzo sorriso, ma Albertine lo guardò torvo.
“Dopo cinque anni l'unica cosa che sai dire è questa battuta di merda?". Si guardarono per un po’.
“Si - proseguì Albertine - e anche se di anni ne fossero passati cento".
“Posso entrare?" chiese Dimitri.
"In realtà"
"È quasi buio". Dimitri sarebbe potuto arrivare ore prima, ma s'era fermato ad aspettare fra le rovine d'una fabbrica proprio per poter usare quella scusa. Albertine si scostò e lo lasciò entrare.
Un sacco a pelo buttato su delle coperte, un tavolo con una sedia sola, un fornello a gas, una stufa, una cassetta di legno con delle provviste. Non c'era altro. L’odore di resina sparì quando Alberine gettò le foglie di tè nell'acqua. Sul tavolo, come una natura morta, stavano un tocco di lardo, un quarto di pane secco e un coltello reso opaco dal grasso. Dimitri staccò un fiocco di carne bianca rimasto sulla lama e se lo tuffò in bocca.
“Scusami - disse Albertine porgendogli la tazza sbreccata – non ho zucchero". Dimitri diede di spalle. Quando ritrasse la tazza vide la superficie del liquido picchiettata da perle di grasso.
“Che vuoi". Albertine si era seduto per terra sotto la finestra.
“Perché stai qui da solo?"
“Mi credevi in compagnia?"
“Sei lontano cinque giorni a piedi dal primo villaggio"
“Ma tu mi hai riportato il cavallo". Fuori Swann nitrì.
“Non ho commissioni - riprese Albertine - nessuno mi ha più chiamato nell'ultimo anno. Ogni tanto racconto qualcosa ai contadini qua attorno, ma figurati se vogliono sentire Proust". Dimitri socchiuse gli occhi e soffiò sul tè.
“Ti ci sei cacciato, in questa condizione " disse. Il volto di Albertine avvampò.
“Dopo cinque anni hai fatto tutta questa strada per litigare? E poi, davvero, perché sei qui?". Dimitri scosse la testa.
“Scusa, hai ragione. Mi hanno chiesto un lavoro. Vogliono qualcosa di lungo e complicato, possibilmente francese. Ho pensato a te"
“Chi?" chiese Albertine passandosi la mano fra i capelli biondi.
“Vecchi professori giù nel capoluogo. Stanno impazzendo con solo quello spazzatura che gli lasciano leggere"
“E tu come ci sei entrato in contatto con dei professori?"
“L'ultimo lavoro che ho fatto. Mi ha ospitato un tizio la cui moglie faceva le pulizie in casa d'uno di questi"
Albertine ristette pensieroso, picchiettando l'indice sul bordo della tazza. Dimitri staccò un altro pezzo di carne, e poi
“Andiamo, è un anno che aspetti" disse ancora, masticando. Albertine lo guardò per lunghi secondi.
“Tu mi accompagneresti?" gli chiese. Dimitri abbassò gli occhi.
“Stavo andando nella capitale, ho un contratto". Albertine si versò altro tè.
“Ma non è un granché, posso rinunciare" disse Dimitri.
“Ci sono comunque troppi problemi. Dei professori saranno sotto controllo, e per tutta la Recherche ci vogliono almeno tre settimane. Il rischio che arrivino gli agenti è troppo alto” nel parlare Albertine s’era infervorato. Alcune gocce di tè esondarono sul pavimento. Dimitri diede due colpi di tosse. “Smettila" gli intimò Albertine.
“Sei una storia di sette libri, più di tremila pagine. E insisti a raccontarla tutta per intero. Come pretendi che non sia pericoloso?"
“Non dovrebbe esserlo" sbottò Albertine.
“Lo è. E qualche rischio devi accettarlo”. Tutti i loro amici erano morti, o peggio.
“E se vuoi posso darti una mano". Il volto di Albertine divenne uno specchio rotto dall'incredulità.
“Insegnami qualche capitolo" disse Dimitri.
“Proust ti fa schifo" disse Albertine ridendo.
“Lascia stare. È solo che non ci si guadagna" disse Dimitri tagliandosi un altro pezzo di lardo. L'odore del tè s'era ritratto, e al suo posto erano tornati sudore e resina.
“Tu dai per scontato che ci si debba guadagnare" disse Albertine scrutando fuori dalla finestra che cominciava a coprirsi di condensa.
“Già" commentò Dimitri. Albertine poggiò le dita sul vetro.
“Questo è il vero motivo per cui è tutto finito" disse. Dimitri si alzò, fece due passi verso di lui.
“Averlo capito è un altro dei motivi per cui sono qui" disse. Si rese conto di non sapere più se stava mentendo. Albertine si voltò a guardarlo da sopra la spalla, un mezzo sorriso sulla faccia. Il buio della notte s’era accumulato fra gli alberi come una fitta nevicata. Mangiarono e si misero al lavoro.
“Devi associare la memoria a una sensazione fisica materiale" disse Albertine. Alcuni griot, per questo, arrivavano a fare cose estreme, come cospargersi di formiche o calarsi in un lago ghiacciato. Una vecchia leggenda narrava che alcuni si facessero picchiare tra un capitolo e l’altro.
“La vodka può bastare" disse Dimitri. Albertine scosse la testa.
“Prendi questo" disse, e gli passò ciò che restava della carne. Dimitri sentì le mani ungersi, scivolare. “Stringi". Le fibre della carne si liquefecero sotto la pressione dei polpastrelli, i grani di pepe gli grattavano i palmi. Chiuse gli occhi.
“Adesso ripeti con me – disse Albertine –. A lungo mi sono coricato di buonora. Qualche volta, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che non avevo il tempo di dire a me stesso: mi addormento». Dimitri ripetè parola per parola, e così per ore. Le mani sudate masticavano il tocco di carne e i folti peli del dorso erano ormai incollati alla pelle.
In realtà, essi non sono mai cessati; ed è soltanto perché la vita si è fatta adesso più silenziosa intorno a me che li sento di nuovo, come quelle campane di conventi che il clamore della città copre tanto bene durante il giorno da far pensare che siano state messe a tacere e invece si rimettono a suonare nel silenzio della sera".
Dimitri sollevò le palpebre. Perse l'equilibrio nonostante fosse seduto per terra, cadendo su un fianco. Albertine raccolse la carne, la poggiò sul tavolo e poi lo aiutò. Si fissarono nelle iridi. Infilandogli sotto il maglione di lana grezza, le mani di Dimitri scivolarono sul petto glabro.
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