[N20-3] Il dottor T. Suaf

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Il dottor T. Suaf

A poco meno di trenta chilometri da Crouch End, uno dei quartieri più settentrionali di Londra, proseguendo verso Nord c’era un agglomerato di case basse inerpicato su un lieve colle, di nome Down Hill. Era una città di medie dimensioni, non troppo distante dal centro nevralgico del paese ma abbastanza da essere l’unico insediamento umano in una porzione di terra in cui il grigio paesaggio industriale della city scompariva, lasciando il posto a foreste di faggi e caprifogli e distese di terreni fangosi e paludosi.
Vi si giungeva da Sud attraverso una larga via principale, la quale ricalcava un’antica via consolare romana, che proveniva dai dintorni della capitale e tagliava in due la cittadina. A Nord, la stessa arteria principale si biforcava subito fuori dal centro così che due strade proseguissero nelle direzioni opposte, l’una verso ponente e l’altra verso levante, fino quasi a giungere entrambe sul mare. Ad osservarla dall’alto, la cittadina appariva molto simile alla tela di un ragno, con diverse dozzine di viuzze più o meno sottili che la percorrevano in senso circolare, dal centro verso l’esterno.
Su una di esse camminava con passo sommesso e lo sguardo basso il dottor T. Suaf, raccolto in un pesante montgomery e zuppo d’acqua. L’inverno sapeva essere parecchio rigido da quelle parti, ma quello corrente era stato fino ad allora uno dei peggiori mai registrati dall’inizio del secolo. Non era tanto per il freddo, ma l’acqua veniva giù a scrosciate violente e schiaffeggiava i rari intrepidi passanti. Qualche lampo bruciava l’aria cupa della notte, mentre il vento sibilava minaccioso e scuoteva le siepi e gli arbusti ai bordi dei marciapiedi in modo tale da imporgli una danza che al dottor T. Suaf, per il breve istante che aveva alzato il capo dal terreno, apparve alquanto… sinistra.
Si strinse più forte la sciarpa intorno al collo, colto da un brivido insolitamente lungo, e affrettò il passo. Giunse a un vicolo stretto e buio, di quelli che per apparire lugubri e in abbandono non necessitano di una tempesta, e bussò a una porta nella quale si infilò non appena questa si schiuse.
La luce calda di una lampada illuminava adesso una stanza piuttosto squallida e lercia, e due uomini raccolti intorno a un tavolo. Uno, il dottor Suaf, si era appena tolto il cappello e lo scuoteva dall’alto verso il basso nel vano tentativo di asciugarlo. Il viso era quello di un vecchio, infradiciato dalla pioggia. Due baffi sottili e bianchi sormontavano una bocca piccola, immobilizzata in una smorfia di tensione per la quale il dottore aveva assunto un aspetto grottesco. L’altro individuo era un uomo più giovane, ne poteva mostrare al massimo quaranta, dalla corporatura robusta quasi il doppio del dottore e dal volto severo e scattante.
Tra i due uomini non avvenne che una brevissima conversazione, durante la quale il dottore tirava fuori dal tascone della giacca un mazzetto di denaro e lo passava all’altro. La mano gli tremava mentre lo faceva. Con la stessa mano tremante, dopo che l’uomo robusto avesse rapidamente contato il denaro e acconsentito con un cenno del capo, raccoglieva dal tavolo una bottiglietta contenente un liquido nerastro e la infilava in tasca. Terminato l’acquisto, il dottor Suaf tornò alla porta e si reimmise nella tempesta.

Un fulmine crepitò a poca distanza, seguito subito dopo da un boato terrificante. Il fervore della pioggia, se possibile, sembrava essere aumentato. Di passanti adesso non ce n’era manco l’ombra.
Suaf camminò via per qualche minuto, ma con l’incrementare della bufera si rifugiò correndo sotto un porticato sul lato della piazza deserta.
Ansimava, non solo per lo sforzo dovuto alla breve corsa ma per quello che stava per fare. Poco prima aveva deciso di agire in casa, ma la tempesta sembrava costringerlo a farlo subito e lì, nel cuore della cittadina cupa e in balia delle intemperie come il suo animo.
Estrasse la bottiglietta dalla tasca e la agitò con delicatezza davanti al volto, come se con gli occhi potesse penetrare nel liquido nero e scrutare qualcosa nel suo lento ondeggiare, magari qualcosa che potesse rafforzare oppure negare la sua decisione.
Stappò la bottiglietta. La avvicinò al naso e un odore acre e pungente gli graffiò le narici. Tremava. Nell’attimo in cui la portava alle labbra un’ombra spuntò alle sue spalle. Suaf la vide con la coda degli occhi e trasalì, tentando con affanno di nascondere la bottiglietta.

“Ma no, non badi a me, faccia pure se desidera” gli sentì dire.
Il dottore si voltò, così l’ombra assunse una figura distinta, quella di un uomo giovane e magro, non troppo alto, ben vestito e all’apparenza di rango elevato. La pelle era di un colorito piuttosto pallido ma ciò nonostante trasmetteva una sensazione di un certo benessere. Due baffetti scuri incorniciavano un sorriso sottile, e il volto pareva incorniciato in una luce insolita.
“Chi è lei? Cosa vuole?” chiese il dottor Suaf, visibilmente agitato.
“Cosa vuole lei?”
“C-come scusi? È lei che è spuntato dal niente, insomma. Qui non c’era nessuno fino a un attimo fa”. E in effetti quell’uomo sembrava davvero essersi materializzato dal nulla, nel pieno di una tempesta terribile.
L’altro ridacchiò e non disse alcunché. Fissava il vecchio sempre con il sorrisetto stampato sulla faccia.
“Allora, cosa vuole?” ripeté Suaf, il quale cominciava a spazientirsi.
“È la seconda volta che lo chiede a me, eppure lei non ha risposto ancora alla stessa domanda, dottore”.
“Come? Ma scusi, ci conosciamo?”
“In un certo senso… almeno, lei non conosce me, ma io so tutto di tutto e tutti, quindi anche di lei, dottor Suaf, è naturale”. E ridacchiò di nuovo.
Suaz assunse un’espressione perplessa. Il pensiero di aver di fronte un matto cominciò a insinuarsi nella sua testa. Già il fatto che fosse per strada con quel tempaccio non deponeva a suo favore, e adesso di cosa blaterava?
L’altro riprese: “Va bene, non c’è bisogno che mi risponda. Innanzitutto, credo che neanche lei sappia dire con esattezza cosa vuole, e potrei provarlo. Con la sola eccezione di quello che vuole adesso, naturalmente: togliersi la vita con il veleno che nasconde sotto il cappotto.”
T. Suaf impallidì. Aprì la bocca come per parlare ma non uscì un suono. Era esterrefatto.
“Suvvia, non faccia quella espressione” proseguì il giovane, “è proprio per questo che sono qui”. Tese una mano coperta da un raffinato guanto di velluto scuro al dottore. “Mi presento, sono Lucifero, Mefistofele, Satana… insomma, il Diavolo in persona.”
Il dottore strabuzzò gli occhi. Un pazzo, di sicuro, una persona instabile e forse… pericolosa? Non che lui avesse di che preoccuparsi, visto il desiderio di farla finita. Cosa avrebbe potuto fargli, ucciderlo? Niente di terribile, dunque. Ma proprio adesso doveva comparire un folle a fargli perdere tempo, proprio ora che aveva finalmente trovato il coraggio di farla finita arrivava ad impicciarsi nei suoi affari…
“Coraggio, dottore, si sbrighi a farlo così…potrò avere la sua anima!” Il tono era stato volutamente teatrale.
A Suaf scappò una risatina rassegnata: “E cosa se ne fa, se posso permettermi? Sono solo un povero vecchio come tanti, immagino che non gliene manchino di più interessanti…” Ma sì, sarebbe stato al gioco per qualche minuto, decise. Giusto per rendere meno tragico l’ultimo atto. La tragedia non gli si confaceva poi così tanto, preferiva la farsa e lì con quel tizio strambo ce n’erano tutti gli elementi.
“Lei si sottovaluta, mio caro”, rispose il giovane. Si avvicinò al dottore e lo scrutò per intero con occhi vispi, sempre sorridendo. “Lei è un uomo interessante, mi permetta. Molto complesso! Ah, mi creda, la complessità è una virtù che non lascia indifferente neanche il sottoscritto.”
“Complesso… ” ripeté a bassa voce T. Suaf. Rifletteva su quanto complessa fosse stata in effetti la sua vita per portarlo a quel triste punto.
“Sì, certo. Ci pensi, caro dottore, non è forse complessa la sua anima? Non è una eccezionale dimostrazione di complessità il fatto che dopo tutto quello che ha fatto nella sua vita, una vita piena di eventi e di successi, sì, così li chiamate voi, lei avverta nelle viscere un senso così profondo di insoddisfazione?”
Fece una pausa.
“Di vuoto”.
Un’altra pausa.
“Ciò che vuole fare, al contrario, è troppo semplice. Si vuole… abbandonare. Vuole davvero smettere di vivere? Bene, allora faccia pure e mi consegni il suo spirito. Anche se io potrei proporle…così, per diletto e perché mi suscita simpatia… un’alternativa”.
Il vecchio iniziò a provare un senso di disagio. Quello sconosciuto che pretendeva di scavargli dentro invece di lasciarlo in pace negli ultimi istanti della sua vita cominciava a dargli fastidio. Ciononostante, le sue parole avevano un tono sornione, strisciavano pian piano nel profondo. Senza nemmeno accorgersene, T. Suaf gli rispose: “Quale? ”
“Mi dia la possibilità di farle provare qualche gioia, dottore. Si conceda tutto ciò che ha sempre sognato per un po’ prima di svanire nella dannazione eterna”.
“Cosa?” La voce di Suaf tradiva confusione.
“Non capisce, dottore? Le sto dando la possibilità di realizzare i suoi vecchi desideri, di morire senza rimpianti. Le sto offrendo il mio enorme potere”.
A Suaf scappò una risatina. Rifletté per qualche istante.
“Benissimo, mi dimostri di cosa è capace allora. Faccia in modo che questa tempesta finisca all’istante!”
“Lo vuole?” chiese il giovane con voce lenta e profonda.
“Assolutamente sì, lo desidero!” rispose il dottore, scimmiottando con mesto divertimento lo stesso tono dell’altro.
Nemmeno il tempo di terminare la frase e il vento cessò di colpo, e le nuvole vorticarono e si dissolsero come polvere spazzata via. Una splendida notte stellata si schiude allora sulla testa di Suaf incredulo, il quale però poté pensare lì per lì a una rarissima ma pur possibile coincidenza. Così rilanciò: “No, anzi, desidero stare sotto un meraviglioso sole estivo!” e guardò l’altro con aria di sfida.
Il giovane scosse la testa. “Ma no, come il sole? Di notte? Questo non è possibile…”
“Ecco, lo sapevo. Lei non è altro che un impost…”
Il suono gli si spezzò sulle labbra. Un sole caldo esplose nel cielo tingendolo d’azzurro. Suaf ne percepì immediato il tepore sulla pelle del viso e delle mani. Socchiuse gli occhi per la veemenza della luce improvvisa della stella.
Il Diavolo – adesso Suaf aveva ben motivo di considerarlo tale – emise un ghigno divertito: “Scherzavo.”

Il dottore era senza fiato. Per qualche attimo sentì le gambe vacillare. L’incredulità e lo spavento lo agitavano.
Passato però il momento di smarrimento, chiese al Diavolo, il quale pareva molto divertito dalla reazione dell’altro:
“Se è vero che hai questo potere da offrirmi e che sei il demonio, cosa chiedi in cambio? La mia anima puoi averla subito, credo, quindi non capisco cosa tu possa volere da me”.
Il diavolo divenne serio di colpo. Con voce grave disse: “Chiedo soltanto che tu, una volta esaurita la sete di voglie, prenda il mio posto”.
Suaf comprese immediatamente il guaio in cui si sarebbe cacciato. Se l’altro, nonostante gli enormi poteri che ne derivavano, non vedeva l’ora di cedere il proprio posto, voleva dire che la condizione che gli offriva fosse peggiore di tutte le sofferenze della vita e persino della morte. Eppure la tentazione era tanta, e non riusciva a negarvisi.
Rifletté per qualche minuto, dopodiché una luce si accese sul suo volto. Guardò il demone dritto negli occhi e sorridendo rispose: “Accetto!”
La stretta di mano sancì il patto. Quello che seguì fu un vortice di eventi incredibili: il dottor Suaf diventò un giovane nel pieno delle forze, ricco e meravigliosamente attraente. Amò donne bellissime, ebbe fama e gloria senza eguali nella storia, vide i segreti più imperscrutabili del mondo svelarsi ai suoi occhi. Il tempo smise di dominarlo e ne divenne schiavo.
Quando dopo molti secoli la fame di felicità si esaurì e ogni desiderio era stato realizzato, il demonio arrivò a riscuotere la sua parte del patto. Suaf diventò così il Diavolo, lasciando all’altro la possibilità di trovare finalmente la pace.
Come prima azione da satana, Suaf tornò a una notte tempestosa a Down Hill.

Un fulmine crepitò a poca distanza, seguito subito dopo da un boato terrificante. Il fervore della pioggia, se possibile, sembrava essere aumentato. Suaf camminò via per qualche minuto, ma con l’incrementare della bufera si rifugiò correndo sotto un porticato sul lato della piazza deserta.
Ansimava, non solo per lo sforzo dovuto alla breve corsa ma per quello che stava per fare. Poco prima aveva deciso di agire in casa, ma la tempesta sembrava costringerlo a farlo subito e lì, nel cuore della cittadina cupa e in balia delle intemperie come il suo animo.
Estrasse la bottiglietta dalla tasca e la agitò con delicatezza davanti al volto, come se con gli occhi potesse penetrare nel liquido nero e scrutare qualcosa nel suo lento ondeggiare, magari qualcosa che potesse rafforzare oppure negare la sua decisione.
Stappò la bottiglietta. La avvicinò al naso e un odore acre e pungente gli graffiò le narici. Tremava. Nell’attimo in cui la portava alle labbra un’ombra spuntò alle sue spalle. Suaf la vide con la coda dell’occhio.
L’ombra mise la mano su quella tremante del dottore, e gli sussurrò all’orecchio:
“Lo faccia, dottore, lo faccia e non soffrirà più”.
Delicatamente, condusse la bottiglietta alla bocca di Suaf, che lo lasciò fare, bevve e chiuse gli occhi. L’ombra lo accompagnò con delicatezza mentre si accasciava senza vita sul marciapiede bagnato d’inverno. Poi sorrise compiaciuto per aver ingannato il Diavolo e scomparve nel nulla.

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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Ciao @Joyopi e @Plata ,
ma voi lavorate per google maps? :asd:
Ah no, per il meteo.
... e invece... leggo leggo e quel che salta fuori è una bella storia. Il diavolo e... il diavolo. Non male, secondo me.
Se aveste avuto più di tempo, per risolvere qualche inciampo qui e là, sarebbe uscita una gran storia.
Avvincente è avvincente anche così e mi è piaciuto anche il finale che sicuramente non ho capito, ma io me lo immagino tipo: Quo Vadis? Al cinema! A vedere che? Quo Vadis! Al Cinema? A vedere che? ovviamente detto molto lentamente, secoli e secoli per dirlo. :D
Ho apprezzato moltissimo la vostra voglia di partecipare comunque al contest, nonostante gli impegni.
Ciao e alla prossima.
Nessun timore, nessun favore, nessun rancore.

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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Ciao @@Joyopi e @@Plata ,
"Era una notte buia e tempestosa": il più classico e il più accattivante degli incipit. Però onestamente non ho capito l'intreccio: nell'ultima scena, Suaf si sdoppia, così da poter essere contemporaneamente il diavolo e il vecchio Suaf? E il diavolo, perché vuole essere sostituito? Dove va a finire?
C'è qualche indecisione formale, ad esempio
Con la stessa mano tremante, dopo che l’uomo robusto avesse rapidamente contato il denaro e acconsentito con un cenno del capo, raccoglieva dal tavolo una bottiglietta contenente un liquido nerastro e la infilava in tasca.
Due baffetti scuri incorniciavano un sorriso sottile, e il volto pareva incorniciato in una luce insolita.
Una splendida notte stellata si schiude allora sulla testa di Suaf incredulo, il quale però poté pensare lì per lì a una rarissima ma pur possibile coincidenza.
In ogni caso la storia è estrosa e spiritosa, e poi io vado pazzo per le vicende in cui il protagonista vende l'anima al diavolo.
Ciao :)

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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Ciao @Joyopi e @Plata !
Il racconto presenta, a mio avviso, qualche imperfezione formale (tra l'altro, mi sembra che i tempi verbali non sempre siano coerenti), ma nonostante ciò , mi ha catturato. Più leggevo e più volevo vedere come sarebbe andata a finire. Così, sono arrivato in fondo colmo di aspettative, e lì... beh, lo confesso, non sono certo di avere capito in pieno come il protagonista avrebbe ingannato il Diavolo.
Vediamo. Suaf è diventato il Diavolo e in virtù degli enormi poteri di cui dispone, torna indietro nel tempo al giorno del suo tentativo di suicidio. In quella circostanza, rafforza la convinzione dell'altro sé stesso di farla finita, un altro sé che è inconsapevole del patto col precedente titolare dell'infernale dimora. Ne consegue che la nuova "linea temporale" cancella il contratto, che non è mai esistito, e di conseguenza Suaf si libera del compito di dover interpretare il Maligno per secula seculorum: ho capito bene?
Please, sciogliete i miei dubbi!

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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@paolasenzalai
Grazie mille, Paola.

@Gianfranco P
@Pulsar
Grazie anche a voi. Sì, comprendo che l'intreccio possa apparire un po' confuso. In sintesi è un paradosso temporale, un loop innescato nel momento in cui T. Suaf diventa il Diavolo: l'inganno sta nel essere tornato al punto di partenza e (impersonificando adesso il Diavolo) aver cambiato il corso degli eventi accompagnando il vecchio sé stesso alla morte e quindi alla realizzazione del desiderio ultimo. Grazie ancora per essere passati!

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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Ciao @Joyopi e @Plata
la forma del racconto avrebbe probabilmente giovato di un po' di tempo in più (no, non vi sto prendendo in giro xD) perché ci sono costruzioni un po' strane o faticose, alcuni tempi e modi verbali da rivedere, cose così. Detto questo, la storia è davvero piacevole: "come fregare il diavolo" è un grande classico delle fiabe di ogni cultura ma non perde mai il suo fascino e questo Dottor Suaf che approfitta di secoli da signore del male per poi, una volta stanco, piegare il tempo e imbrogliare Satana concedendosi il riposo mi è piaciuto molto(anche se, a ripensarci, se si suicida finisce all'inferno da dannato e il "buon" Satana avrà il modo e l'eternità per vendicarsi, ammesso che ricordi l'inghippo).
Insomma, la storia c'è, il racconto coinvolge e tiene avvinti fino alla conclusione, ho apprezzato.
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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@Joyopi e @Plata .
Che poi non è mica così facile essere soddisfatti pur avendo la possibilità di esaudire ogni desiderio... alla fine non resta che una soluzione estrema! In barba alle tentazioni.
Mi è piaciuto il fatto che non abbiate indugiato su descrizioni stereotipate e siate riusciti a mantenere un tono brillante per tutta la narrazione.
Divertente e ingegnoso l’inganno architettato ai danni di Belzebu.
Ben fatto!

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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Ciao @Joyopi e @Plata .

Ottima reinterpretazione del dottor Faust al contrario (dottor T. Suaf) ;)

Piaciuto molto sotto tutti i punti di vista, solo una piccola e cavillosa osservazione. Prima che cominci la storia usate almeno tre paragrafi per descrivere al lettore la topografia dei luoghi, che poi di fatto non serve all'economia della storia che si svolge tutta in cento metri tra la casa e la strada, io non mi sarei dilungata così tanto (seppur è ben scritta, eh, ma mi aspettavo avesse un ruolo più centrale la geografia di Down Hill).

Bravi.

Talia :happy-sunny:

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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@Joyopi e @Plata , ciao.
Ammetto di aver passato cinque minuti a rivoltare il nome del vostro protagonista pronunciandolo in modo strano e mescolando le vocali per cercare di capire a cosa si riferisse. Arrivata a metà racconto l'illuminazione, era così semplice!
Questo dovrebbe darvi il metro di quanto sono rincretinita ultimamente e farvi prendere con le pinze il mio commento.
A me il racconto è piaciuto, s'intende, mi è piaciuta l'atmosfera tetra dei sobborghi inglesi, mi è piaciuta l'apparizione del diavolo, mi è piaciuto moltissimo il rivolgimento finale con cui Suaf frega il diavolo.
Però non ho capito per quale motivo il dottore desideri morire all'inizio del racconto, e per quale motivo accetti così repentinamente di cambiare idea. Cioè: voi in qualche modo me lo dite, lo richiedeva la stessa traccia che lui fosse insoddisfatto, ma rimane una faccenda sfiorata per sbaglio.
La mancanza di motivazioni nel protagonista, mi sembra, si riflette nel modo sbrigativo in cui è trattata questa parte:
Quello che seguì fu un vortice di eventi incredibili: il dottor Suaf diventò un giovane nel pieno delle forze, ricco e meravigliosamente attraente. Amò donne bellissime, ebbe fama e gloria senza eguali nella storia, vide i segreti più imperscrutabili del mondo svelarsi ai suoi occhi. Il tempo smise di dominarlo e ne divenne schiavo.
Quando dopo molti secoli la fame di felicità si esaurì e ogni desiderio era stato realizzato, il demonio arrivò a riscuotere la sua parte del patto.
Tutta la bellezza, la ricchezza, l'amore e il successo del mondo in tre righe. Ammetto che ci sono rimasta un po' male, ammetto che (secondo me) il personaggio del dottore, la sua insoddisfazione e la sua soddisfazione meritavano molta più parte del racconto. Per ottenere un personaggio più tridimensionale e cui affezionarsi, ma anche per rendere più solido il racconto. Ora, non so quanto caratteri aveste ancora a disposizione, ma (nel caso non fossero stati sufficienti a approfondire un po' Suaf) avrei magari tagliato un po' di introduzione e un po' di dialoghi con Satana... che pure sono molto godibili.

I miei due centesimi, s'intende. Spero di non avervi offesi in qualche modo.
Ci rileggiamo.
Qui ci dedichiamo alla ricerca della verità, non dei fatti. Se vi interessano i fatti, il dipartimento di storia è al terzo piano.
(semicit.)

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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Mi ha ricordato il "Maestro e Margherita" 😉.
Molto belle le descrizioni iniziali, sono un sipario sulla scenografia.
Il Diavolo che chiede l'anima è inflazionato, ma forse meno del genio della lampada 😅
Qui c'è molto "tell":
dottor Suaf diventò un giovane nel pieno delle forze, ricco e meravigliosamente attraente. Amò donne bellissime, ebbe fama e gloria senza eguali nella storia, vide i segreti più imperscrutabili del mondo svelarsi ai suoi occhi. Il tempo smise di dominarlo e ne divenne schiavo.
Un saluto 😊
Se sorridi, per me va bene; se sorridi per me, va benissimo.

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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Quando dopo molti secoli la fame di felicità si esaurì e ogni desiderio era stato realizzato
e ogni desiderio fu realizzato
@Joyopi, @Plata: bentrovati cari. A parte qualche litigata con i verbi, non ho il tempo per segnalare tutto, il racconto è ben scritto e ha quelli elementi cupi che da sempre contraddistinguono le storie di Joy. Le descrizioni piuttosto lunghe cullano il lettore, e di solito sono efficaci, rendendo chiara l'ambientazione, ma secondo me si prendono troppo spazio. Il dottore, seppur abbozzato nel suo aspetto, resta ai margini della storia. Sappiamo, certo, che ha il desiderio di ammazzarsi, ma quello che rimane una grossa incognita è perché. Anche la questione dei desideri avverati, grazie all'incontro provvidenziale con Lucifero, è liquidata in poche frasi, che non apportano — come avrebbero dovuto vista la traccia — nulla di significante alla storia. Quello che vi consiglierei di fare, doveste un giorno decidere di revisionare il racconto, è di accorciare l'introduzione descrittiva del posto e delle condizioni meteorologiche e ampliare la parte che riguarda il passato del dottore. Così, avendo ben chiare le sue intenzioni di suicidarsi, la parte con dei desideri che si avverano guadagnerebbe una maggiore valenza e soprattutto importanza ai fini della storia. Il twist finale mi piace, anche un po' ambiguo. Ci sta però che il Diavolo si prenda beffa dell'ignaro dottore. Una buona prova, certo, ma non altezza delle possibilità e della bravura degli autori. Capisco la mancanza del tempo, che non vi ha permesso di lavorare bene, quindi per quel che mi riguarda (y).
Piccoli Grandi Sognatori

 Without faith, without hope, there can be no peace of mind. [cit.]

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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@Joyopi ciao. Una bella traccia sprecata per una rivisitazione del Faust; certo con elemento a sorpresa e originale. Mi accodo a chi ha già commentato. In effetti la storia non regge in alcuni punti, che appaiono senza una logica ben chiara. Però ci vedo del buono nel racconto che è quella fase dove Suaf ripete la dolce esperienza di rivivere.. A questo punto la sua insoddisfazione appare chiara e di certo non è uno che vuole morire perché è depresso. Ci sarebbe tanto da rimettere in ordine nel paradigma per dargli una credibilità! comunque è una buona prova... ciao :D
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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Ciao @Joyopi e @Plata ,
allora, l'idea del loop mi è piaciuta molto, ancora di più quando ho capito che era un loop temporale. L'ho capito però da una vostra risposta ai commenti, perché, vi confesso che probabilmente non ci sarei mai arrivata da sola. È vero che non sono molto sveglia a capire le trame strettamente logiche, ma qui mi pare di essere in compagnia a non aver capito... Credo che qualche indizio in più avrebbe giovato, anche perché siete stati piuttosto prolissi con le descrizioni all'inizio, il luogo, il tempo, ecc. e invece il finale arriva repentino e il povero lettore non particolarmente astuto, come la sottoscritta, rimane perplesso.
Rivedrei anche la forma, oltre ad alcune imperfezioni che vi hanno segnalato, ho trovato alcuni termini desueti come "reimmise" che non mi hanno entusiasmato.

Il viso era quello di un vecchio, infradiciato dalla pioggia. Due baffi sottili e bianchi sormontavano una bocca piccola, immobilizzata in una smorfia di tensione per la quale il dottore aveva assunto un aspetto grottesco. L’altro individuo era un uomo più giovane, ne poteva mostrare al massimo quaranta, dalla corporatura robusta quasi il doppio del dottore e dal volto severo e scattante.

Snellirei questa parte. Eliminerei "per la quale il dottore aveva assunto un aspetto grottesco" che mi pare inutile. La frase seguente mi suona male, manca il riferimento al ne, anche se si capisce che sono gli anni. La riformulerei in modo diverso.
Va beh, vi ho rotto le scatole perché secondo me il racconto è migliorabile ma anche perché, nonostante la storia sia classica, ha un suo fascino nell'atmosfera e nello svolgimento.
Ciao!

Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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A poco meno di trenta chilometri da Crouch End, uno dei quartieri più settentrionali di Londra, proseguendo verso Nord c’era un agglomerato di case basse inerpicato su un lieve colle, di nome Down Hill. Era una città di medie dimensioni, non troppo distante dal centro nevralgico del paese ma abbastanza da essere l’unico insediamento umano in una porzione di terra in cui il grigio paesaggio industriale della city scompariva, lasciando il posto a foreste di faggi e caprifogli e distese di terreni fangosi e paludosi.
Vi si giungeva da Sud attraverso una larga via principale, la quale ricalcava un’antica via consolare romana, che proveniva dai dintorni della capitale e tagliava in due la cittadina. A Nord, la stessa arteria principale si biforcava subito fuori dal centro così che due strade proseguissero nelle direzioni opposte, l’una verso ponente e l’altra verso levante, fino quasi a giungere entrambe sul mare. Ad osservarla dall’alto, la cittadina appariva molto simile alla tela di un ragno, con diverse dozzine di viuzze più o meno sottili che la percorrevano in senso circolare, dal centro verso l’esterno.


Considero particolarmente bello questo inizio. Mi affascina la toponomastica e apprezzo sempre molto quando si forniscono dettagli sulle strade percorse per raggiungere i luoghi descritti. Vari grandi romanzi dedicano una non piccola attenzione a questi particolari. Il racconto l'ho letto volentieri e mi è piaciuto, ma l'incipit mi è piaciuto moltissimo. Un saluto e grazie, @Joyopi e @Plata.
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Re: [N20-3] Il dottor T. Suaf

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La storia del patto col diavolo è molto antica ma, chissà perché, mantiene intatto il suo fascino (ah, nemmeno io avevo pensato a invertire il nome, anche se sapevo che doveva avere un qualche significato :facepalm:).
L'introduzione è scritta bene, ma anch'io mi sarei aspettata che fosse importante per la trama, che il fatto che lì divergono due strade avesse qualche significato. Insomma, non è pesante da leggere, ma arrivati in fondo ci si chiede un po' a cosa servisse. In realtà mi ha ricordato molto l'incipit dei Promessi sposi:
Su una di esse camminava con passo sommesso e lo sguardo basso il dottor T. Suaf
Mi aspettavo quasi "Per una di queste stradicciole tornava bel bello Don Abbondio" :lol:
Crea un po' l'atmosfera da storia d'altri tempi, ma forse avrei inserito piuttosto più dettagli sul paese e sulla via dove la storia effettivamente si svolge.
Ad ogni modo, pur conoscendo molte storie di patti demoniaci (qui in Trentino abbiamo un bel po' di palazzi e ponti costruiti dal diavolo), ho trovato la vostra originale, e la svolta finale, con la trovata di tornare indietro nel tempo, è ingegnosa. Ora però siamo rimasti senza diavoli, quindi niente più patti... :angry-devil:
Per il resto il racconto è scritto bene, unico appunto che vi faccio è che mi sarebbe piaciuto sapere di più sui motivi che hanno spinto l'uomo, già vecchio, a suicidarsi, probabilmente avrebbero potuto anche approfondire la storia.
Ma tutto sommato funziona anche così: una bella favola gotica da leggere in una notte di tempesta. Bravi!
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)
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