[N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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Traccia: Scrivete un racconto lungo su un avvenimento storico descritto da un più o meno lontano discendente di uno dei partecipanti all'evento.

Racconto scritto a quattro mani da Eudes e Ilaris


Da quando i tedeschi gli avevano requisito il palazzetto di campagna il Barone si era trasferito nella sua casa di città. E lì restava, sotto agli stipiti, durante le incursioni aeree, pregando che le bombe cadessero più in là, perché con la sua gamba malata era troppo lento a correre. Non voleva morire dilaniato in mezzo alla strada o, peggio ancora, mettersi al riparo portato a spalla come un sacco di patate.
Quella sera la sirena era suonata quando gli aerei erano ancora lontani e a gli aveva dato il tempo di arrivare al rifugio, con grande sollievo del fedele Luigi, diavolo d’un servitore cocciuto, che per una volta si era risparmiato improperi e incitamenti a scappar da solo.
Nello scantinato, affollato come non mai, l’aria era irrespirabile per il tanfo e la paura. Il servitore si fece largo e riuscì a trovare un posto libero. Il vecchio sedette accanto a un bambino che si tirava via il moccio con la manica, attaccato alla gonna della mamma.

«Non fissare il signore!» disse la donna al figlio, incuriosita a sua volta dal cappotto di astrakan e dal bastone con i fregi dorati.
Gli occhi del bambino erano grandi, neri e spauriti. Il vecchio sorrise. Si frugò nelle tasche nella vana ricerca di qualche caramella al miele, un lusso alla cui mancanza non si era ancora abituato.
«La vuoi sentire una storia di cavalieri?»
Il bambino fece di sì con la testa, proprio mentre arrivò il primo boato di scoppi lontani.
Il vecchio appoggiò entrambe le mani sul pomolo del bastone, e cominciò il suo racconto.


La stella del mattino splendeva luminosa nell’alba tersa dopo la pioggia.
Gli zoccoli affondavano nelle pozzanghere e nel fango, mentre il messo spronava il suo cavallo, impaziente di portare le buone notizie al Re.
Intanto, nel castello, il Barone si era da poco destato e già imprecava contro la mala ventura.
La serva si affrettò a rintuzzare i ciocchi, e le fiamme guizzarono allegre nel camino.
“Va, corri a chiamare Romualdo!”
Il consigliere, già in attesa fuori alla porta, tosto entrò, altero e pieno di salute.
«Dunque il messo è già andato» gli disse il Barone, guardandolo torvo. «Non ci è più concesso, di revocar la promessa data! Ah! Me tapino! Accidentaccio al Re e alla sua fretta di partire per la Crociata! Come posso andare a combattere, con questi malanni?»
«Non potrebbe il cerusico venir con voi per alleviar i dolori?» azzardò Romualdo.
«L’unico modo in cui può aiutarmi è prendere il mio posto e spalmarseli su di sé, i suoi unguenti puzzolenti!» disse il Barone.
Romualdo, ch’era di ingegno fino oltre che di fisico possente, strabuzzò gli occhi, colto da idea improvvisa.
«Ma questa può esser la soluzione, poffarbacco!»

Il bambino e la sua mamma risero, e assieme a loro la gente attorno che stava con le orecchie tese per non perdersi una parola, tra il fragore degli scoppi che si erano fatti più vicini. Fuori di lì la città, immersa nel buio, era rischiarata dai lampi delle bombe e dal fuoco della contraerea.
«Ma cos'è un cerusico?» chiese il bambino.
«Oh, il cerusico era una persona a metà tra un medico e un buffone» rispose il vecchio. «Barbieri, macellai, ambulanti. Spesso a coloro che sapevano usare con una certa abilità un coltello, veniva chiesto di farlo anche sulla pelle delle persone. Compravano erbe dai frati e con quelle preparavano intrugli da utilizzare come medicine. C'era chi, col tempo, imparava il mestiere e chi avrebbe fatto bene a restare macellaio.»
«E poi che ha fatto il Barone? Continua a raccontare!»


E allora il Barone disse: «Vorresti far prendere il mio posto al cerusico? Ma se è inetto persino a fare il suo mestiere, figuriamoci al comando di un’armata!»
«Il cerusico magari no ma, come ben saprete, nel villaggio c’è chi vi somiglia. Un uomo abile e in salute da potervi sostituire degnamente, e abbastanza ingenuo da accettare di farlo» disse il consigliere.
«Ancora questa storia! Vuoi forse finire in pasto ai coccodrilli?» si alterò il Barone.
Ma la collera fu presto sovrastata dai dolori.
Romualdo fissò indisponente il suo signore negli occhi. Divertito, piuttosto che spaventato.
Tanto lo sapeva che l’aveva detta giusta.
Nel villaggio adiacente al castello viveva un ferraio di animo gentile che si spaccava la schiena per non far mancare il pane ai suoi numerosi figlioli e alla sua brava moglie. Le sue disgrazie erano d’esser povero e d’assomigliare come una goccia d’acqua al Barone. Nessuno si interrogava su quella stramba somiglianza, perché il Barone e la nobildonna sua madre facevano rinchiudere nelle segrete del castello chiunque osasse far congetture.

«Era il fratello gemello!» esclamò uno.
«Sst! Non lo interrompete!» disse un altro.


Senza frappor tempo in mezzo, il ferraio fu portato, impaurito e tremante, al cospetto del suo signore.
«E questo sarebbe il mio sosia? Non mi somiglia per niente!» esclamò il Barone.
Al poveretto invece, che vedeva per la prima volta il Barone da vicino, sembrava di trovarsi di fronte a uno specchio magico che avesse messo addosso al suo riflesso una bella veste, qualche chilo per il buon cibo e una barbetta curata.
«Certo è molto più brutto di voi» disse lo scaltro consigliere «e dovrebbe parlare il meno possibile, ma con un buon bagno e mettendogli addosso i vostri abiti, ingannerebbe persino vostra ma… vostra Maestà, volevo dire.»
«Tu!» tuonò il Barone contro il ferraio «Sai d’esser la causa delle gravi ingiurie che vengono rivolte all’onore della mia casata?»
«Deve trattarsi di uno spiacevole equivoco, mio signore, dal momento che è la prima volta che vi vedo.»
«Spiacevole lo è senz’altro, ma l’equivoco siete voi stesso a generarlo, avendo l’ardire di somigliarmi.»
«Che posso farci? Uno non può certo scegliersi il viso a piacimento.»
«Le insinuazioni giunte al mio orecchio per via di codesta somiglianza mi arrecano grande dolore. Già solo per questo dovrei darti in pasto ai coccodrilli. Sto preparando una spedizione in Terra santa, e avrei bisogno di essere nel pieno delle forze.»
«E io vi auguro di restare sempre in buona salute, mio signore.»
«La mia salute è cagionevole e io non riesco a tener fede ai miei impegni. Voler partire con tali acciacchi è insostenibile. Tu ne sei la causa, tu sarai il rimedio. Il mio consigliere ti spiegherà… come! Non perderò altro tempo con te.»
Si voltò di scatto, e uscì dalla stanza zoppicando e gemendo per il dolore.
Il consigliere aveva un gran brutto ghigno su viso.

«Così brutto?» chiese il bambino, e aggrottò le sopracciglia.
«No, ancora più brutto!» rispose il vecchio. «Bruttissimo!»


Insomma, per farla breve, Romualdo convinse il ferraio a prendere il posto del Barone. Che poteva fare, quel poveretto? Lo avrebbero rinchiuso per sempre nelle segrete del castello, se non avesse accettato! E allora giurò di fare il suo dovere e di non tradire il Barone, e pregò che in sua assenza dessero almeno da mangiare alla moglie e ai figli.
E fu così che il Barone restò al castello e la sua compagnia d’armi, capeggiata dal ferraio, si unì al resto dell’esercito in marcia verso la Terra Santa, coi suoi cavalieri e i fanti, servitori e cuochi, maniscalchi e preti. Sollevavano per strada un gran polverone, e coi loro schiamazzi facevano alzare gli uccelli dagli alberi e fuggire i cinghiali e i conigli, e i cavalieri faticavano a rincorrerli per infilzarli con le loro frecce e arrostirli alla sera al fuoco dei falò.
Un cavallo pezzato d’indole quieta, ma robusto, trotterellava svogliato nelle retrovie, come il cavallerizzo che portava in groppa: il cerusico della corte del Barone, la cui presenza si avvertiva da molto lontano. Puzzava d’aglio e di vino come un caprone! Mangiava l’aglio perché diceva che curava tutti i malanni. Aveva messo i suoi sacchi di erbe medicinali e unguenti assieme agli otri di vino, e non aspettava altro che qualcuno venisse punto da una vespa o mangiasse bacche velenose per salire sul carro e farsi un sorsetto, con la scusa di curare il malcapitato con quegli intrugli.
Guido imprecava contro i maniscalchi che ferravano male i cavalli, o riparavano male le ruote dei carri; gli veniva voglia di farlo da sé, ma non poteva, per non tradirsi. Tra tutte le compagnie quella del Barone era la più scalcagnata. Nei tornei che venivano ingaggiati lungo il cammino, per esercitarsi all’arte della battaglia, i suoi cavalieri e i suoi fanti erano i più goffi, e perdevano sempre. E poi c’era lui, un semplice ferraio che, prima di allora, le armi si era limitato a forgiarle.
Si era sentito impacciato la prima volta che aveva utilizzato una spada. Però si era esercitato, e parecchio, perché c’era pur sempre in gioco la vita. Molto prima di arrivare a Gerusalemme cominciarono le imboscate degli infedeli, e fu tutto un cozzar di scudi e di spade, di frecce che volavano nel cielo, di cavalli lanciati all’attacco dei nemici e a difesa dei fanti.
Più vedeva i suoi compagni cadere, più Guido sentiva di essere in trappola. Se avesse disertato, non avrebbe più potuto tornare a casa. Come non ci sarebbe potuto tornare se fosse stato battuto. Era alla mercé di impostori che lo mandavano in guerra a raccogliere onori che avrebbero attribuito a sé stessi. Questo era la guerra, e il destino dei poveracci come lui.

Arrivarono a Gerusalemme, e per due mesi la assediarono. Entrambi gli schieramenti erano stremati.
A quei tempi gli uomini potevano forse essere infedeli a Dio ma non alla propria città. Erano disposti a cadere nel cozzo brutale di lance e scudi, anziché lasciarla cadere alla mercé di saccheggi e incendi. Per questo Gerusalemme sembrava impenetrabile, nonostante i cristiani fossero più numerosi e meglio organizzati.
Le corazze metalliche, per quanto dure da abbattere, diventavano vulnerabili se venivano colpite dalle frecce. E i musulmani a presidio delle mura ne scagliavano di continuo.
E per di più, quando una situazione si prolungava così tanto, fuori e dentro le mura, il vero atto di eroismo diventava la resistenza al più beffardo dei nemici: la fame.
«O abbattiamo presto quelle mura, o sarà la fame ad abbattere noi» disse Guido.
«Avete un piano, signore?» chiese il cerusico.
«Sembra siano arrivati dei rinforzi. Due navi cariche di soldati, ma scarseggianti di cibo.»
«Non ce ne facciamo nulla, quindi, né degli uomini né delle navi. O forse sì, le navi si potrebbero utilizzare. Per tornare indietro.»
Le navi utili lo furono davvero. Ma non a tornare indietro. I soldati decisero di utilizzarne il legno per costruire delle torri d’assalto.
«Credo che ci siano solo due modi per superare mura altrimenti impenetrabili: passarci sopra o passarci sotto. Se il nemico si aspetta l’uso delle torri per passarci sopra, noi faremo il contrario: costruiamo una galleria. La torre è ben visibile al nemico, la galleria possiamo farla segreta, se ci lavoriamo di notte e di nascosto.»
E così mentre i crociati perdevano uomini per via delle frecce che venivano scagliate verso le torri, il plotone capeggiato da Guido penetrò quasi integro all’interno delle mura.
Aprirono le porte della città affinché gli altri Crociati li raggiungessero.
Lottarono a lungo come leoni. Guido si batté valorosamente, ed ebbe la meglio su molti avversari. Finché non si ritrovò davanti degli occhio castani, lucidi e tristi nei quali, nonostante l’elmo a nasconderlo, riconobbe il volto di una donna. Non se la senti di colpire e l’esitazione gli fu fatale.
Cadde a terra, trafitto da una lancia, in preda a lancinanti dolori. Era convinto che la sua ora fosse giunta.
Il cerusico si buttò nella mischia e riuscì a trascinar via il suo signore. Per l’ubriacone, che in vita sua era stato un po’ medico e un po’ cialtrone, era arrivato il momento di dimostrare a quale delle due categorie appartenesse davvero. Curò Guido, e gli salvò la vita.
Molti cavalieri decisero di restare in Terrasanta. Guido tornò a casa dalla sua famiglia, e riprese il suo lavoro di ferraio. Ebbe in dono dal Barone un pezzo di terra e delle vacche, a cui accudivano la moglie e i figli. Ora avevano da mangiare in abbondanza, e lo dividevano con le famiglie del villaggio più bisognose.
Alla sera, quando si ritrovavano numerosi attorno alla tavola, Guido raccontava delle grandi gesta di cavalieri e di eroi, e dei profumi delle terre lontane in cui aveva combattuto, e vinto.

Proprio in quel momento suonò la sirena. L’attacco aereo era finito. Tutti si diressero all’uscita, impazienti di scoprire se quella notte avrebbero avuto ancora un tetto sotto cui dormire.
«Mi racconterai altre storie?» chiese il bambino.
«Certo. Ne ho tante, da raccontare.»
«Grazie. Che Iddio la conservi in salute” disse la mamma al vecchio, poi prese per mano il bambino e entrambi si allontanarono, e si voltarono per un ultimo saluto.
Il servitore sospirò. «Una bella storia, signor Marchese. Sembrava quasi vera, l’invenzione del sosia.»
Il vecchio sorrise. Aveva colorito la faccenda con la storia del ferraio che si era sostituito al Barone, affinché il suo piccolo pubblico si divertisse. Il suo illustre antenato era partito davvero per la prima crociata tornandone vincitore, dopo essersi reso protagonista nella più decisiva delle battaglie.
Uscirono per ultimi dal rifugio. Il palazzo del vecchio era ancora in piedi. Ma tutto attorno altre macerie, e gente disperata senza più niente.
Si chiese se non servissero proprio a questo, le storie.
A renderci pronti.
Abituandoci, a piccole dosi, al fracasso della Storia.
Già.

Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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@Ilaris @Eudes
una storia ben congegnata, la chiusa è molto bella e illumina tutto il racconto

“Si se non servissero proprio a questo, le storie.
A renderci pronti.
Abituandoci, a piccole dosi, al fracasso della Storia.”
Per il resto ho trovato parecchie analogie con storie già sentite. Mi sono venuti in mente Benigni e la sua Vita è bella e Il magnifico Sordi del Marchese del Grillo. Certo il tutto rivisitato e proposto con una scrittura elegante .
Una bella interpretazione della traccia.

Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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ciao @Ilaris e @Eudes . Sto cercando di capire come vi siete divisi i compiti.. :asd: provando a indovinare la storia del vecchio e sornione barone è di Eudes... Il racconto mi piace dal momento che tende a sdrammatizzare un momento tragico e di bombardamenti. Un vecchio che tiene incollati gli impauriti rifugiati con le sue storie al limiti della credibilità. Certo che l'avo del marchese doveva essere uno famoso per potersi fregiare di ben sei secoli di storia, tanti ne sono passati dall'ultima crociata. Bello il finale che racchiude la stessa morale anche se la trovo triste, ma purtroppo è la verità. Ciao a tutti.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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bestseller2020 ha scritto: dom gen 17, 2021 10:53 am ciao @Ilaris e @Eudes . Sto cercando di capire come vi siete divisi i compiti.. :asd: provando a indovinare la storia del vecchio e sornione barone è di Eudes...
Ritenta, sarai più fortunato.
bestseller2020 ha scritto: dom gen 17, 2021 10:53 am Certo che l'avo del marchese doveva essere uno famoso per potersi fregiare di ben sei secoli di storia, tanti ne sono passati dall'ultima crociata. Bello il finale che racchiude la stessa morale anche se la trovo triste, ma purtroppo è la verità. Ciao a tutti.
Molti di più, dal momento che Gerusalemme è stata conquistata una sola volta, e nella prima crociata.

Grazie sia a te che a Monica per l'apprezzamento.

Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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Buongiorno @Ilaris e @Eudes ,
bella storia, scritta in maniera ineccepibile, bella l'idea del vecchio che racconta una favola, finale strepitoso.
Non so dirvi perché, ma questa frase:
Ilaris ha scritto: Il consigliere aveva un gran brutto ghigno su viso.
«Così brutto?» chiese il bambino, e aggrottò le sopracciglia.
«No, ancora più brutto!» rispose il vecchio. «Bruttissimo!»
l'ho trovata di una dolcezza estrema. Mi ha fatto proprio immaginare il vecchio che racconta la storia a un bambino. Sono sfumature a volte, piccoli dettagli, ma che fanno una grande differenza. Bravi.
e poi:
Ilaris ha scritto: Si chiese se non servissero proprio a questo, le storie.
A renderci pronti.
Abituandoci, a piccole dosi, al fracasso della Storia.
credo sia un finale sia meraviglioso. Meraviglioso.
... il fracasso della storia... meraviglioso!
:sss:
Nessun timore, nessun favore, nessun rancore.

Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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Ciao,
complessivamente la storia è molto carina proprio per l'interazione fra il nobile e il bambino; come una storia raccontata da un nonno al nipote. In questo trovo che sia la sua umanità. Non saremo mai all'altezza della Storia ma, abituandoci "a piccole dosi", possiamo imparare come non farcene schiacciare.
Mi è venuto in mente, di passaggio, quando iniziai a leggere (a 12 anni credo) Il visconte dimezzato, e la fantasia che c'era in quelle pagine la ricordo addirittura in forma grafica: di pagine grandissime, con bordi larghissimi, i caratteri tipografici esageratamente spaziati, che sembravano volare su quelle pagine. E che comincia in maniera ineffabile: "C'era una guerra coi turchi". E il particolare delle cicogne che svolazzavano qua e là, mangiando i morti, lo ricordo già nella prima pagina, mentre invece è di parecchie pagine più in là.
Un poco di quella atmosfera ce l'ho ritrovato qui e ne sono contento, anche perché la traccia (labile e generosa) era la mia :D.
Come è mio solito annoto puntigliosamente i passaggi deboli (e non ditemi che questo puntiglio sarebbe degno di migliore causa):
che per una volta si era risparmiato improperi e incitamenti a scappar da solo.
è un po' involuto (ci si ferma a pensare che diavolo possa mai voler dire)
La serva si affrettò a rintuzzare i ciocchi
se fosse giustificato, sarebbe affascinante; ma temo che rintuzzare significhi sempre e solo "respingere via, (colpire per) respingere"
fuori alla porta
dalla
quando gli aerei erano ancora lontani e a gli aveva dato il tempo di arrivare al rifugio
Finché non si ritrovò davanti degli occhio castani
Non se la senti di colpire
«Grazie. Che Iddio la conservi in salute”
La conclusione è perfetta:
Abituandoci, a piccole dosi, al fracasso della Storia.

Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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Ciao @Ilaris e @Eudes
mi è piaciuto il vostro racconto, sia per come avete inserito il racconto in una cornice (anch'essa storica) che per l'ambientazione medievale. Bello anche nella cura lessicale. Il cerusico è un omaggio all'utente dal medesimo nome? Comunque un bel riferimento alle usanze dell'epoca in cui le operazioni di chirurgi e dentisti venivano fatte da barbieri o altri artigiani che sapevano maneggiare i coltelli. E poi il racconto è divertente e piacevole ma ha anche un bel messaggio.
Bravi!

Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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Un racconto "caldo" e completo: ben articolato e scritto in modo accattivante; ricco di messaggi profondi (tra cui quello che sotto le bombe siamo tutti uguali); solido nella sua struttura circolare; guarnito di citazioni garbate (mi è venuto in mente, per la sezione in Terra Santa, Brancaleone alle Crociate; per la sostituzione del nobile, Il marchese del Grillo) e, oltretutto, divertente. Una piccola perplessità: il protagonista all'inizio è un "barone", alla fine il servitore lo chiama "marchese". Mi è sfuggito forse qualcosa?
Vi segnalo il piccolo refuso "va" in luogo del corretto va' con l'apostrofo, in quanto nella frase è seconda persona dell'imperativo: Va, corri a chiamare Romualdo!. Grazie per la bella lettura, @Ilaris ed @Eudes.
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Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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Bel racconto. La cornice è molto funzionale alla traccia che vi è capitata, ed è ben riuscita. Proprio un racconto racconto, per il resto, quasi una fiaba. Ben condotta e ben scritta.

"Il vecchio sorrise. Aveva colorito la faccenda con la storia del ferraio che si era sostituito al Barone, affinché il suo piccolo pubblico si divertisse. Il suo illustre antenato era partito davvero per la prima crociata tornandone vincitore, dopo essersi reso protagonista nella più decisiva delle battaglie".
io questo lo avrei omesso, e avrei chiuso sulla frase del servitore, lasciando all'implicito.
Piaciuto @Ilaris ed @Eudes :)
Scrittore maledetto due volte

Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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@Ilaris e@Eudes bravi,bravi,bravi.
Crudo e poetico senza compiacimenti, palpabile lo scarto fatato tra fiaba e realtà.
Vola oltre la storia perché è un atto amore verso il raccontare in sé e, quasi senza curarsi dell'effetto sul lettore , proprio per questo lo seduce. Come certe belle donne che non sanno di esserlo.
Concordo con @Edu riguardo al finale: non c'era bisogno della 'spiega'. Ma non è cosa grave.
Bravi!
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
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Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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Buongiorno, @Eudes e @Ilaris! Sono due giorni che scrivo il commento e poi capita qualcosa — tipo arriva un nuovo commento e la notifica, come un cartellino rosso, mi si piazza davanti, ci clicco su e la bozza sparisce (secondo me è il barone a cancellarlo :asd: ) — e non riesco a inviarlo. Oggi mi limiterò a dirvi che ho apprezzato il vostro racconto in ogni sua particolarità: narrazione, atmosfera, tono fiabesco, per citarne solo alcune. La storia si dipana senza fronzoli, con semplicità, ammaliando il lettore come fosse una sirena. Tra i racconti in gara, questo è uno dei miei preferiti. Complimenti dal cuore!
Piccoli Grandi Sognatori

 Without faith, without hope, there can be no peace of mind. [cit.]

Re: [N20-3] Di armi, onori e cavalieri

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Gianfranco P ha scritto: lun gen 18, 2021 1:26 pm Un poco di quella atmosfera ce l'ho ritrovato qui e ne sono contento, anche perché la traccia (labile e generosa) era la mia :D.
Io l'ho trovata tosta, considerando che trattare con la Storia non è mai facile, il rischio di scivolare in anacronismi ed incongruenze è sempre dietro l'angolo, oltre a quello di scrivere qualcosa di troppo pesante. Abbiamo provato ad evitarlo e se ci siamo riusciti mi fa piacere.
ivalibri ha scritto: mar gen 19, 2021 11:58 am Il cerusico è un omaggio all'utente dal medesimo nome? Comunque un bel riferimento alle usanze dell'epoca in cui le operazioni di chirurgi e dentisti venivano fatte da barbieri o altri artigiani che sapevano maneggiare i coltelli. E poi il racconto è divertente e piacevole ma ha anche un bel messaggio.
Bravi!
Grazie. In realtà il riferimento al cerusico lo aveva inserito Ilaris un po' per caso, sono stato io a chiedere di farlo diventare un personaggio più rilevante, anche in omaggio a Luca, sì. In principio volevo proprio collegarlo ai tormentoni che lo riguardano (tipo quelli sullo schifo) ma poi il personaggio ha preso vita per conto suo.

Grazie a tutti coloro che hanno letto, quelli che hanno apprezzato e, ovviamente, a chi ha votato il nostro racconto.
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