[N20-3] Canzone d'inverno

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Traccia numero 15:
Il vecchio decise di fare una pausa e posò la chitarra. Si strofinò le mani per scaldarle e gettò un’occhiata alla custodia aperta e alla manciata di monete da 20 e 50 che conteneva, disperse come stelle in un cielo avaro.
Mentre fletteva le dita irrigidite dall’artrosi, osservò il via vai di gente sul marciapiede. Gli occhi quasi ciechi distinguevano solo un turbinio sfocato di sagome in movimento, con qualche sciarpa o berretto di una tinta vivace a interrompere la monotonia. La maggior parte delle persone tirava dritto, qualcuno lo scansava automaticamente senza alzare gli occhi, altri si spostavano apposta, voltando la testa verso la visione forse più interessante del negozio di borsette di fronte. Due scarpe rallentarono un istante, e il vecchio poté quasi immaginare l’espressione di vaga compassione — o forse di sollievo per non essere al suo posto — dipinta sul volto sfocato che lo sovrastava. Nessuna nuova stella però andò ad aggiungersi al cielo desolato della sua custodia.
Prese un sorso dal cartone di vino che teneva nascosto dietro la schiena, si asciugò un rivolo dalle labbra e lo rimise via. Lo beveva solo per scaldarsi un po’, o almeno era quel gli piaceva credere. La temperatura stava calando in fretta, e presto non gli sarebbe stato più possibile trascorrere ore intere a suonare sul marciapiede.
Cercò di scacciare le immagini del rifugio per senzatetto, con l’odore aspro di miseria e disperazione che ammorbava il dormitorio e avvelenava perfino i sogni. Più dell’odore o della compagnia lo spaventava però l’impossibilità di continuare a esercitarsi senza venire sommerso da prese in giro o richieste stizzite di fare silenzio. E se non poteva suonare, non gli restava nient’altro.
Una parte di lui sperava ancora di trovare una soluzione diversa, anche se negli ultimi tre anni non ci era riuscito. Un’altra parte, quella a cui ultimamente correvano più spesso le sue speranze, immaginava che dovesse esistere un Dio benevolo anche per i vecchi musicisti falliti, che l’avrebbe reclamato prima che lo facesse l’ospizio dei poveri.
Mentre si riaggiustava la chitarra sulle ginocchia, una donna impegnata a parlare al telefono quasi gli finì addosso, ma lui non mosse un muscolo: se l’avesse davvero investito forse si sarebbe sentita abbastanza in colpa da lasciare un paio di euro; un altro brick di vino dal discount dietro l’angolo, forse addirittura un panino al prosciutto…
Il suo stomaco brontolò a quel pensiero, ma lo ignorò e si grattò invece la barba grigia e ispida, che era insieme maschera e biglietto da visita: “se anche non vi interessa la mia musica, abbiate rispetto per questi peli bianchi arruffati, per questo angolino di marciapiede che è casa mia, perché lo uso per fare l’unica cosa che mi mantiene vivo”.
Fletté le dita ancora una volta e accarezzò le corde, attaccando un nuovo brano, uno dei suoi preferiti: Gute Nacht, dal Winterreise di Schubert. Lo sentiva in qualche modo affine: anche lui di tanto in tanto sognava di essere un viandante, di partire alle soglie dell’inverno e lasciare tutto dietro di sé, solo per il bisogno di andare. Ma la verità era che le sue gambe non l’avrebbero portato nemmeno fino alla fine della città, e non aveva alcuna ragazza a cui scrivere sulla porta buona notte prima di lasciarla. L’unica che aveva amato abbastanza da sposare, nei tempi felici in cui la sua carriera di concertista era all’apice, se l’era lasciata indietro molto tempo prima, senza nessun biglietto. Sua moglie di certo ne era stata sollevata: negli ultimi tempi non faceva che dirgli che non voleva un ubriacone puttaniere come padre per sua figlia.
In ogni caso, non c’era niente di romantico nel passare da un ponte a un ospizio, cantando agli angoli delle strade per racimolare quel tanto da sopravvivere. Forse per questo, nonostante la sua voce fosse ancora passabile, solo un po’ arrochita dal fumo e dalla mancanza di esercitazione, non se la sentiva di cantare. Le uniche frasi che pronunciava in un giorno erano di solito “Dio la benedica” o “Può metterci altri 50 centesimi di prosciutto?”
La chitarra poi non era lo strumento migliore per la musica classica, ma trascinarsi in giro un pianoforte era fuori discussione, sempre che avesse potuto permettersene uno.
Aveva rimediato la chitarra da un’associazione di beneficenza, insieme al cappotto sporco che portava da tre anni. Alla sorte non si guarda in bocca, quindi aveva imparato a suonarla, adattando il proprio repertorio e aggiungendo qualche canzone moderna. Per fortuna a quell’epoca la sua vista gli permetteva ancora di leggere gli spartiti. Ormai doveva accontentarsi di quel che sapeva già a memoria.
Molti però non riconoscevano nemmeno la musica, lo capì dalla mancanza di gente ad ascoltare o di monete che cadevano.
Mentre attaccava la seconda strofa del lied però dei passi fermarono, e poco dopo una donna iniziò a cantare. Anche se non la vedeva bene in faccia, la voce da soprano era quella di una donna matura, un po’ roca e incerta, ma si capiva che doveva aver studiato canto.
Fu tanto sorpreso che la sua mano si fermò, facendo stonare le corde. Subito anche la donna tacque, ma non se ne andò. Il vecchio attaccò la strofa successiva e lei si unì di nuovo. Altre persone si fermarono, incuriosite: un cerchio di volti resi ancor più sfocati dal vapore del loro fiato nell’aria gelida della sera.
Udì qualche timido battimani e il tonfo di tre o quattro monete. Lui si concentrò sulla donna, che aveva allungato la mano per lasciar cadere nella custodia qualcosa che non emise alcun rumore. La voce di lei gli sembrava familiare, e aveva acceso un barlume di curiosità tra le nebbie dense della sua rassegnazione. «Aspetti, signora…» iniziò.
Lei però si stava già allontanando, senza una parola, e presto si confuse nella massa caotica di passanti e nell’alone dorato delle luci natalizie.
Era tardi, e il freddo gli rendeva sempre più difficile suonare, così radunò le monete raccolte per metterle al sicuro nel cappotto, cercando di capire al tatto se ci fosse qualche pezzo da 1 o 2 euro. Fu sorpreso nel trovare un rettangolo di carta. Dapprima trattenne il respiro, con la speranza che fosse una banconota, ma la carta era troppo liscia.
Sconcertato e un po’ deluso, lo ficcò comunque in tasca, mise la chitarra nella custodia e si alzò, barcollando sulle gambe irrigidite.
Giunto sotto il cavalcavia dove dormiva nella bella stagione, passò in mezzo ai giacigli improvvisati dei suoi “compagni di stanza” fino a raggiungere Mario, che aveva ancora una vista buona.
«Cazzarola» esclamò l’uomo, quando gli mostrò il pezzo di carta.
«Cosa? Che c’è scritto?»
«Mille euro c’è scritto. Porca miseria…»
«Mille che?»
«Non è un biglietto, è un assegno, scemo. Dove l’hai trovato?»
Il vecchio rimase senza parole, si limitò ad allungare la mano per riprenderlo. Alla sua mente si affacciò l’immagine di un uomo sporco e male in arnese che si presentava in banca per riscuoterlo. Per sua fortuna non avrebbe visto le facce diffidenti degli impiegati, ma forse si sarebbe trovato a dover convincere la polizia che gliel’avevano dato come elemosina. Sorrise, al pensiero, e a quel movimento inusuale le sue labbra si riempirono di crepe, come argilla secca.
«Se riesci a incassarlo, almeno offri da bere.»
Il vecchio mugugnò qualcosa in risposta, mentre ripensava alla donna che doveva aver lasciato l’assegno, senza riuscire a spiegarsi quel gesto.
Erano anni ormai che non frequentava donne, ed era sicuro di non averla mai conosciuta. Magari era una di quelle riccone un po’ svitate a cui piace fare regali casuali ai bisognosi. O magari aveva qualcosa sulla coscienza di cui cercava di liberarsi. C’era anche la possibilità che l’avesse lasciato cadere per sbaglio, al posto di una banconota.
Per il momento tenne via l’assegno, ma continuò a sperare che la sconosciuta tornasse. Nei giorni seguenti, mentre suonava, tenne sempre un orecchio teso a percepire passi che si fermavano. L’aria nel frattempo si era fatta più fredda e pungente, ma decise che avrebbe resistito almeno fino alla vigilia di Natale, perché era un peccato non sfruttare lo spirito natalizio, nonché l’ingrossarsi stagionale dei portafogli. Il via vai si era intensificato, così come l’esuberanza delle voci e lo splendore delle luci lungo la via, ma anche le stelle nella sua custodia erano aumentate, raggruppandosi in piccole galassie.
Da qualche parte in fondo alla strada veniva l’eco di una musica natalizia suonata al violino. Il musicista non era molto esperto, ma probabilmente era più giovane e vivace di lui, e di sicuro riscuoteva di più.
Resistette per un po’ alla tentazione di competere, ma quando un bambino disse ad alta voce che voleva sentire Bianco Natale, si rassegnò e attaccò la melodia. Fu allora che la voce si fece udire di nuovo. La piccola folla intorno a lui si girò per vedere chi cantasse, e la donna ne approfittò per venire avanti.
Il vecchio si impose di continuare a suonare, anche perché il bambino si era unito al canto, e subito dopo lo fecero un altro paio di persone. Alla fine ci furono applausi e risatine, prima che molti si disperdessero per continuare i loro acquisti.
Temendo che la sconosciuta potesse dileguarsi un’altra volta, guardò dritto verso di lei. «Signora, l’altro giorno mi ha lasciato un assegno cospicuo. Mi sentirei più a mio agio se sapessi chi me l’ha dato e perché.»
Dopo un lungo momento di silenzio, come se fosse indecisa se rispondere o meno, la donna parlò, con voce non più melodiosa ma bassa e riluttante. «Studio canto da quando ero bambina, ma senza molto successo. Forse perché non è mai stata una vera passione, era mio padre che ci teneva che imparassi. Mio figlio Lucio però è molto dotato, e sta facendo una brillante carriera come orchestrale, lo chiamano nei teatri di tutto il mondo: Vienna, New York, Londra. Ha deciso di accantonare parte dei guadagni per gli ex musicisti e cantanti in difficoltà.»
«Allora è per questo che mi ha dato l’assegno?»
Gli parve di vederla scuotere la testa. «Parlando con i vecchi musicisti in pensione, Lucio ha saputo che uno di loro aveva suonato con suo nonno e ha iniziato a fare ricerche, scoprendo che l’ultima volta era stato visto qui qualche anno fa. Ho dovuto confessargli che non era morto quand’ero piccola, come gli avevo detto, e mi ha chiesto come regalo di Natale di cercarlo.»
Il vecchio aprì la bocca per fare altre domande, ma il suo cervello rattrappito dal tempo e dal freddo tornò a funzionare e capì che non ce n’era bisogno.
«Sono venuta a cercarti solo per lui, ma dopo avere scoperto come vivevi ho pensato che forse Lucio avrebbe preferito non conoscerti. Potrò comunque dirgli in tutta sincerità che il suo assegno è andato a un vecchio musicista che ne aveva bisogno. Ne sarà contento.»
«Leonora…» mormorò, e quel nome pareva tirato fuori a forza da un cassetto del passato che credeva sigillato. Ma non trovò nient’altro per continuare, e del resto sua figlia non gli prestava più attenzione; si era alzata il bavero del cappotto e si era avviata lungo il marciapiede, confondendosi ben presto tra la folla. Stavolta lui sapeva che non sarebbe tornata.
Prese un sorso di vino e si strofinò le mani semicongelate, mentre ripensava a quelle stesse dita, con quarant’anni di meno, che pigiavano pazientemente i tasti per accompagnare i vocalizzi di una bambina di nove anni, o danzavano sul piano rincorrendo le note di Schubert. Allora era un uomo diverso, con una famiglia, una carriera e un sacco di progetti e ambizioni. Le stelle del suo cielo erano fatte di sogni, non di monete. Era un uomo che un cielo ce l’aveva ancora.
Tastò la tasca per assicurarsi che l’assegno fosse sempre lì. Con esso avrebbe potuto pagarsi un posto caldo dove passare l’inverno, cibo decente e medicine. Forse l’avrebbe fatto. Il Dio dei musicisti spiantati avrebbe dovuto attendere l’anno prossimo, prima di reclutarlo nella sua orchestra celeste.
Sgranchì le dita, tanto intorpidite dal freddo da non sentire più nemmeno il dolore, e decise di suonare un’ultima canzone prima di andare. Le corde della chitarra vibravano tremando un po’, all’unisono con la sua voce, mentre attaccava la prima di strofa di una canzone di Leonard Cohen: Anthem.
Start again/I heard them say/Don't dwell on what has passed away/Or what is yet to be.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: [N20-3] Canzone d'inverno

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Ciao @Silverwillow
Prima di tutto complimenti per la scrittura, sempre corretta, equilibrata, garbata (nel senso di precisa), con più di un accenno di metafora e di colore. (Magari dico una cosa scontata e che sapevi già :arrossire:).
La storia è bella, e anche natalizia ;).
Ho qualche perplessità solo su alcuni dettagli "materiali". Uno è che le banche, per quello che so, cambiano gli assegni (cioè danno i soldi) solo a chi ha un conto corrente nella stessa filiale; forse era meglio che gli desse dei soldi. Secondo, dovresti stare attenta quando parli di chitarra
La chitarra poi non era lo strumento migliore per la musica classica

perché magari ti leggono dei chitarristi classici, e si arrabbiano ;) (io la suono da dilettante). In effetti sembra di capire che non suonasse con tecnica classica, ma cantando e accompagnandosi ad accordi (e magari a plettro) con una chitarra con corde di metallo (dalla foto della traccia non si capisce bene, ma a me pare che abbia corde di metallo). Secondo me era meglio che tu fossi più esplicita su questo (per un musicista classico, fra la Gute Nacht di Schubert trascritta dall'originale per chitarra, e un suo arrangiamento "alla buona" ce ne passa; e fra l'altro darebbe una migliore idea della decadenza dell'ex famoso pianista).
Ultima: la prima volta che ho letto il racconto non avevo fatto caso che quella fosse la figlia. Secondo me non era neanche necessario dal punto di vista della storia. Bastava che fosse una signora qualunque che faceva un piacere al figlio. Se è la figlia vengono in mente tanti pensieri: incluso il fatto che il breve accenno che avevi fatto alla sua famiglia, a metà del racconto, non sembra giustificare tanto odio; e se fosse stato giustificato, il racconto non avrebbe potuto finire così. Se fosse stata un'azione gratuita, tutto sarebbe stato più semplice e "intonato". Sensazione mia s'intende (da prendere perciò con le pinze).
Forse c'è una svista in
però dei passi fermarono
Naturalmente ho fatto queste osservazioni solo per entrare nel merito della tecnica compositiva ecc. Dal punto di vista estetico il tuo racconto mi è piaciuto molto :).
Ciao

Re: [N20-3] Canzone d'inverno

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@Gianfranco P Intanto grazie per il passaggio :rosa:
Uno è che le banche, per quello che so, cambiano gli assegni (cioè danno i soldi) solo a chi ha un conto corrente nella stessa filiale; forse era meglio che gli desse dei soldi
Ti assicuro che fino a qualche anno fa incassavo assegni dalla banca che li ha emessi (perché depositandoli sul mio conto dovevo attendere diversi giorni).Non so se vale ancora, ma mettiamo che il racconto sia ambientato una decina d'anni fa :lol:
Secondo me era meglio che tu fossi più esplicita su questo (per un musicista classico, fra la Gute Nacht di Schubert trascritta dall'originale per chitarra, e un suo arrangiamento "alla buona" ce ne passa
Io di chitarra mi intendo poco, anche se tempo fa ne avevo una e strimpellavo, ma cercando in rete la musica classica per chitarra non è così diffusa (gli strumenti solisti usati in genere sono il piano o il violino). Del resto, per quanto ne so, la chitarra non è molto usata nelle orchestre. Ci vuole un adattamento apposito, per questo si dice che non è lo strumento più adatto (anche se pare che Schubert, tra i suoi molti talenti, sapesse anche suonare la chitarra)
Se è la figlia vengono in mente tanti pensieri: incluso il fatto che il breve accenno che avevi fatto alla sua famiglia, a metà del racconto, non sembra giustificare tanto odio
L'odio della figlia (nelle mie intenzioni) viene dal fatto che il padre l'ha abbandonata quand'era piccola, senza farsi più sentire. Quindi magari da donna adulta può avere un attimo di pietà, ma non perdonare il fatto di essere cresciuta senza un padre. Così l'ho vista io.
Ad ogni modo, dal momento che la traccia mi risultava abbastanza ostica, sono felice che ne sia venuto un racconto leggibile :P
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: [N20-3] Canzone d'inverno

4
Ciao @Silverwillow ,

L'ambiente degli homeless è un tema che mi affascina, nel senso che, del tutto istintivamente, mi capita spesso di infilare senzatetto o clochard nei racconti (e anche nelle poesie, ricordi quella di Bef e mia della seconda tappa :P?).
Alla luce di questo puoi indovinare che ho molto apprezzato il tuo brano. Ho gradito il ritmo "rilassante" della narrazione e la scrittura pulita e piacevole.
Silverwillow ha scritto: Ormai doveva accontentarsi di quel che sapeva già a memoria.
Solo questa frase mi lascia qualche dubbio, però ho forti sospetti che sia la mia ignoranza in campo musicale a rendermela incerta. Ma un musicista soprattutto un pianista, ha davvero bisogno di conoscere "a memoria" un pezzo per suonarlo con la chitarra? Ovvio se deve fare un concerto, essere preciso, ecc, ma per intrattenere un pubblico in strada, pubblico che sicuramente ha le mie stesse competenze musicali ( ;)), non gli basta sapere un po' la melodia per ricostruire il pezzo?
Ormai l'ho scritta questa domanda, ma mi sento che ho fatto una figuraccia e mi dirai che un musicista che si rispetti non va a orecchio.
Silverwillow ha scritto:Leonora
Nome adatto alla figlia di un musicista (y)

Per concludere: un racconto molto molto gradevole e ben confezionato.

Talia :happy-sunny:

Re: [N20-3] Canzone d'inverno

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@Talia @paolasenzalai Grazie mille del passaggio e dell'apprezzamento. :romance-heartsmiley:
i ringrazio perché la traccia era la mia e tu le hai dato una vita nuova.
Ah, ecco la colpevole :D
mi capita spesso di infilare senzatetto o clochard nei racconti (e anche nelle poesie, ricordi quella di Bef e mia della seconda tappa :P
Ora che me la ricordi, è possibile che l'ispirazione mi sia venuta proprio da lì :o . Mi capita che le cose che leggo saltino fuori tempo dopo
Ma un musicista soprattutto un pianista, ha davvero bisogno di conoscere "a memoria" un pezzo per suonarlo con la chitarra?
In realtà non lo so nemmeno io, non conosco musicisti di professione. Ho pensato che il vecchio è quasi cieco, e qualcuno avrebbe potuto chiedersi "come fa a vedere gli spartiti musicali?" (ma probabilmente nessuno se lo sarebbe mai chiesto e potevo anche evitare di specificare)

Grazie di nuovo a entrambe per i commenti!
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: [N20-3] Canzone d'inverno

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Ciao Silverwillow,
questo è il mio primo commento sul nuovo sito e non so taggare...
Dunque il racconto si legge bene, è scorrevole e la vicenda incuriosisce. Mi è piaciuta la caratterizzazione del personaggio principale e il suo punto di vista. Credo che tu sia stata brava a calarti nei suoi panni, cosa tutt'altro che scontata. Non mi ha convinta invece l'apparizione della figlia e la faccenda dell'assegno. E mi è sembrato anche un po' veloce da un punto di vista narrativo come hai trattato l'epilogo, a differenza invece della prima parte che è molto pacata e descrittiva (e più riuscita a mio parere). Ci sono diverse parti molto belle e poetiche e anche alcuni dettagli molto realistici ed efficaci (ad esempio quando tocca la carta sperando che sia una banconota).
A presto!

Re: [N20-3] Canzone d'inverno

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@Silverwillow . Bel racconto è bel personaggio. Le immagini e le similitudini aiutano e entrare nella storia.
C’è atmosfera e il giusto pathos e la lettura scorre che è un piacere. Avrei voluto sapere qualcosa in più sulle motivazioni che hanno causato il dissesto del vecchio e l’allontanamento dalla famiglia. Ottime le citazioni musicali e quella splendida canzone di Cohen. Bravissima, ma questo lo sai già!🤗🌺

Re: [N20-3] Canzone d'inverno

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Ciao, voi due.
Il racconto è scritto bene, una fiaba triste di Natale.
Ho un dubbio sull'assegno: sembra più una cattiveria che un gesto generoso dare un assegno a un clochard. Bisogna essere titolare di un conto corrente, che io sappia, per incassare un assegno, e raramente è il caso di uno che vive per strada e d'elemosina da dieci anni o più.
Questo invece è un punto che trovo ambiguo:
Lucio ha saputo che uno di loro aveva suonato con suo nonno e ha iniziato a fare ricerche, scoprendo che l’ultima volta era stato visto qui qualche anno fa.

leggendo sembra che l'oggetto di "era stato visto" sia "uno che aveva suonato con suo nonno". Tanto che sono tornata indietro per vedere se mi fossi perso un pezzo sul nonno del ragazzo. Continuando a leggere le righe successive si capisce, ma secondo me sarebbe meglio una cosa in cui si deduca più chiaramente che il figlio di lei, parlando con ex musicisti, ha scoperto che il nonno, che credeva morto, suona per strada.
Sono i soli due punti non chiari che ho visto.

Nel complesso il racconto è piacevole, se devo trovare un difetto trovo che sia poco appassionante perché suona molto fiaba e poco vita vera. Non so, forse avrei preferito qualche scena o sensazione più concreta, più materiale, invece è molto lirico e astratto, nel complesso.
Cito due passaggi a titolo d'esempio:
con l’odore aspro di miseria e disperazione che ammorbava il dormitorio
In ogni caso, non c’era niente di romantico nel passare da un ponte a un ospizio
Il via vai si era intensificato, così come l’esuberanza delle voci e lo splendore delle luci lungo la via
ecco, non dico di andare troppo nel crudo, ma un po' più nel concreto, non so gli odori del dormitorio, che sì sono carichi di miseria e disperazione ma sono odori ben reali e solidi.
Dei dettagli sensoriali di una vita che si trascina tra ponti e ospizi, invece di delinearla con una frase astratta così. Idem per l'esuberanza e lo splendore.
Ecco, forse avrei equilibrato un po' più tra sensazioni e immagini reali e metafore e locuzioni astratte, per ridurre un po' l'effetto fiaba. Ma probabilmente è questione di gusti personali.
Ciao.
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [N20-3] Canzone d'inverno

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Bentrovata, @Silverwillow :)

Molto ben scritta la prima parte, con sapienti riferimenti alla vita degli homeless.
Qui abbiamo un ex concertista di fama che è fallito e la cui moglie gli ha agevolato, per così dire, la strada per andarsene da casa.

La seconda parte mi sembra scritta più affrettatamente. E non mi sembra verosimile che la figlia non senta il bisogno di ascoltare la versione del padre,
a proposito del suo abbandono.
Il finale, triste e lacerante, lascia l'amaro in bocca.

Belli i flash poetici che hai inserito nel racconto, come questo:
Le stelle del suo cielo erano fatte di sogni, non di monete. Era un uomo che un cielo ce l’aveva ancora.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [N20-3] Canzone d'inverno

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@Silverwillow, ciao e bentrovata! Il tuo racconto, scritto con la solita grazia che ormai ti contraddistingue, mi ha ricordato sia nella trama che nei personaggi un bel romanzo di Tony Laudadio: Preludio a un bacio. Se ti capita di leggerlo, fallo, è davvero emozionante. Tornando alla tua storia, hai creato una bell'atmosfera, reale, con tanto di tocchi poetici di una bellezza disarmante. La figlia è quella che mi è piaciuta di meno, forse perché la sua freddezza sconfina nella malvagità, almeno così mi appare il gesto della donazione. Avrei visto meglio se fosse stato suo figlio ad andare a trovare il nonno musicista che vive per strada, spinto magari dalla curiosità e dal desiderio di far rappacificare i due. In ogni caso, un bel racconto che fa vibrare le corde giuste. Brava!
Piccoli Grandi Sognatori

 Without faith, without hope, there can be no peace of mind. [cit.]

Re: [N20-3] Canzone d'inverno

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Bello. Mi ha fatto tornare in mente il " Vecchio chitarrista cieco" di Picasso. Desolato e sconfitto.
Una sola cosa: il rapporto tra forma e contenuto. Dove la prima, così levigata e composta, si sovrappone al secondo quasi contraddicendone la durezza.
E così i personaggi, pur indagati con cura, sembrano ingranaggi di un meccanismo che funziona, e bene, ma non emoziona come avrebbe potuto.
Ciò non toglie che sia stato un vero piacere leggere quello che è, e resta, un gran bel racconto.
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
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https://emanuelasommi.wixsite.com/manu

Re: [N20-3] Canzone d'inverno

14
Ho visto la foto della traccia dopo aver letto il racconto. Bella! ho detto, come ho detto: Bello, al racconto. L'uomo è caratterizzato benissimo, l'ambiente in cui vive, pure. Scrivi molto molto bene, complimenti.
Un unico appunto, un'inezia: si era alzata il bavero del cappotto e si era avviata lungo il marciapiede, confondendosi ben presto tra la folla.
Credo, ma forse mi sbaglio, il punto di vista del narratore è l'uomo: il protagonista non vede molto bene, forse non è in grado di mettere a fuoco il dettaglio del bavero alzato.
Chissà che a una possibilità, per l'uomo, non ne segua un'altra...
Un saluto @Silverwillow
Se sorridi, per me va bene; se sorridi per me, va benissimo.

Re: [N20-3] Canzone d'inverno

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@ivalibri @@Monica (non mi ti fa taggare, mannaggia alla tua doppia chiocciola :P) @Bef @Almissima @Poeta Zaza @Emy @aladicorvo @Indaco McInd Grazie a tutte per il passaggio!
Vedo che molti non hanno apprezzato la parte dell'assegno e della figlia, e prendo nota. L'intento era creare un finale della storia che fosse coerente col resto, quindi non poteva esserci un lieto fine. L'apparizione della figlia dovrebbe far capire che alcuni errori semplicemente non si riparano, ma nonostante ciò la vita va avanti. In realtà il fatto che la figlia decida di cantare, anche senza presentarsi, mi sembrava già un bel gesto. Nella canzone che il vecchio sceglie alla fine, così come nel suo tentativo di tornare a cantare, c'è un accenno di speranza.
Avrei voluto sapere qualcosa in più sulle motivazioni che hanno causato il dissesto del vecchio e l’allontanamento dalla famiglia
Ci avevo pensato anch'io, ma temevo di inserire troppa backstory inutile (come ho fatto in altri racconti), e alla fine ho lasciato stare :P
Una sola cosa: il rapporto tra forma e contenuto. Dove la prima, così levigata e composta, si sovrappone al secondo quasi contraddicendone la durezza
Non saprei, a me piace il contrasto tra forma e contenuto, anche al contrario: una forma terra terra e un contenuto aulico. Può darsi che qui non funzioni per altri motivi
mi ha ricordato sia nella trama che nei personaggi un bel romanzo di Tony Laudadio: Preludio a un bacio. Se ti capita di leggerlo, fallo, è davvero emozionante.
Lo aggiungerò alla mia lista infinita di letture :asd: Grazie
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)
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