Riapro qui, perché anche se non l'aggiorno non averla mi rattristerebbe, questa discussione. Copio e incollo il prolisso predicozzo con cui l'inaugurai il 10/10/20 (e niente, una data così bisogna ribadirla):
«Ho esitato ad aprire questa discussione in "Lingua & Affini" ma non volevo essere accusata di attentare al buon nome e alla serietà della Lingua, così ho optato per la cara vecchia Agorà che accoglie tutto e tutti senza snobismi o discriminazioni.
La mia idea è di raccogliere qui un florilegio dei più strani o divertenti, o addirittura forieri d'inventiva, strafalcioni in cui ci siamo imbattuti, che siano essi scritti o, più frequentemente parlati. Che li abbiamo sentiti spesso o una sola volta, o addirittura che siano usciti dalla nostra bocca (resterà tra noi, possiamo sempre attribuirli al classico e salvifico "un mio amico"). Non mi riferisco, per intenderci, agli ahimè sempre più diffusi apposto, affianco, in cinta e compagnia bella, ma a errori molto più artistici, di quelli che, prendendoli alla lettera, danno vita a immagini e situazioni pittoresche, grottesche, esilaranti, immaginifiche.
La smetto con i preamboli e inizio col primo esempio, lontano nel tempo ma rimasto indelebile nella mia mente anche dopo ventiedehmehm anni.
"Questo mio amico è molto efferato in architettura": per contestualizzare, la frase fu pronunciata da una ragazza sul treno che riportava mandrie di noi studenti pendolari dalle facoltà universitarie bolognesi alle nostre cittadine di provincia, ma ciò che conta è la potenza dell'immagine: ancora oggi, ripetendola, mi immagino questo giovanotto, ormai quarantenne, con gli occhi carichi di odio e brama di sofferenza altrui, mentre malmena, anzi massacra, poveri malcapitati a colpi di capitelli ionici o corinzi, o li scaglia attraverso finestre ad ogiva o dall'alto di cupole brunellesche.
Un altro esempio, più recente nel tempo e letto su un qualche social, è meno romanzesco ma mi pare comunque degno di nota:
"è stato fatto a doc" (purtroppo non ricordo il contesto né il soggetto, forse una legge o un decreto) qui la formula è ambigua: trattasi di cosa, decisione, provvedimento, fatta secondo le regole della denominazione d'origine controllata? Trattasi dunque di un'azione di tipo regionale certificata, ben radicata nel territorio? O allora doc indica un dottore e quindi trattasi di cosa fatta secondo le raccomandazioni della medicina? O ancora tratasi di Doc quello di ritorno al futuro e qui addirittura potrebbe trattarsi di decisione anacronistica o precorritrice dei tempi? Solo l'audace innovatore della lingua autore della formula potrebbe illuminarci, ma non ne ho ahimè conservato i dati.
Di questo strafalcione ho letto anche la variante "fatto a d'oc" che fa chiaramente riferimento a qualcosa d'origine provenzale o occitana: maledetti francesi, non gli basta la Gioconda, vogliono arrubarsi anche la lingua italiana!
Invito chiunque ne abbia voglia ad arricchire questa discussione con altre perle neoliguistiche, e ringrazio chi ha letto fin qui (ma anche gli altri, mica è obbligatorio arrivare fin qui, ci mancherebbe.) »
La sorprendente semantica dello strafalcione
1I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)
(Groucho Marx)