Re: Ma che cattivoni...

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lunasonne ha scritto: tutti molto amici tranne quelli del sud che non venivano invitati a feste, eventi, venivano presi in giro ed evitati. In Erasmus
Hai ragione da vendere.
L'unica volta che qualcuno mi ha puntato un arma da fuoco contro è stata… non nella mia Sicilia, ma a Morbegno (Sondrio, Lombardia, Italia, Europa) nel 1997. Giravo in centro con alcuni amici siciliani e ci eravamo imposti di non parlare per non rivelare l'accento meridionale, ma qualcuno per errore parlò. Allora ci si avvicinò un tizio vestito da cacciatore, con un fazzolettone verde nel taschino del panciotto, una bandana verde intorno alla testa, un bracciale verde con un disegno bianco sul polso. Ci puntò un fucile da caccia contro e gridò qualcosa nelle sua lingua. Capii solo la parola, ripetuta più volte, "terùn, terùn". Noi allora ci rifugiammo in un bar. Dentro, tutti stigmatizzarono l'accaduto, dicendo che quello era un pazzo squilibrato che si era dato alla Lega, e che da allora non sopportava i terroni.

Nel 2001 andai con alcuni amici siciliani a Venezia, città meravigliosa, ma quel giorno c'era giusto giusto la festa della Lega Nord. Noi non lo sapevamo. Vedendo la carta mala tagliata (come si dice in siciliano), di nuovo ci imponemmo di non parlare per non tradire l'accento siciliano. Dopo un giretto muto, entrammo in un ristorante. Mentre eravamo al tavolo, dentro, cominciammo a sentire un centinaio di ragazzi che urlavano "Libertà… Libertà… Libertà" nelle tipiche stradine veneziane, strette. C'era un rimbombo pazzesco e le urla facevano tremare i muri. Questi ragazzi entravano nei ristoranti e chiedevano al gestore se c'erano meridionali. Se c'erano, venivano presi di forza e sbattuti fuori con violenza. Tipo rastrellamenti nazifascisti, per capirci. Il gestore del nostro ristorante, che era pure siciliano (se non ricordo male), ci coprì: quando entrò il tipo con bandana verde e fazzoletto verde e camicia verde d'ordinanza, gridando "Libertà", e chiese: "Ci sono meridionali qui?", lui disse di no.

Poi mi dicono che non devo avercela con la Lega. Dopo che questo partito ha più volte inneggiato al genocidio dei meridionali.

Non ce l'ho con la gente del Nord, sia chiaro! Gente buona! Sono nato a Milano, ci ho passato parte dell'infanzia, vado spesso in Lombardia e lì ho amici, mia cognata (moglie di mio fratello) è di vicino a Monza, ho lavorato per anni in aziende milanesi (che poi bastava vedere i cognomi per capire che proprio milanesi non erano). Non racconto gli episodi di razzismo contro i meridionali a cui ho assistito.

Ma purtroppo la madre dei cretini è sempre incinta (e forse anche quella dei leghisti).





Il Sommo Misantropo

Re: Ma che cattivoni...

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Ma dai, @dyskolos , se continui così qualcuno ti accuserà di fomentare l'odio contro un partito che si è democraticamente conquistato il diritto di esistere e governare, anche se per farlo è stato costretto a insediare i propri rappresentanti nella vituperata Roma Ladrona e mutuarne le ladronesche consuetudini. Piantiamola, una buona volta, di dipingere questi patrioti (prima: prima i Padani, poi: prima gli Italiani. Ma che importa, l'importante è che si sia difensori di qualcuno che deve venire prima di qualcun altro) come beceri e ignoranti. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato: Volemose bbene! (E mi si perdoni l'impronta terronica dell'esortazione.)
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
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[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Ma che cattivoni...

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Cheguevara ha scritto: Ma dai, @dyskolos , se continui così qualcuno ti accuserà di fomentare l'odio contro un partito che si è democraticamente conquistato il diritto di esistere e governare, anche se per farlo è stato costretto a insediare i propri rappresentanti nella vituperata Roma Ladrona e mutuarne le ladronesche consuetudini. Piantiamola, una buona volta, di dipingere questi patrioti (prima: prima i Padani, poi: prima gli Italiani. Ma che importa, l'importante è che si sia difensori di qualcuno che deve venire prima di qualcun altro) come beceri e ignoranti. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato: Volemose bbene! (E mi si perdoni l'impronta terronica dell'esortazione.)
:lol: :lol: :D
Quelli non sono gente seria. Devono ringraziare Dio se la neuro non li ha ancora trovati :)

Te ne racconto una proprio divertente. Una volta ho conosciuto un tizio. Aveva una moglie giovanissima disabile, che aveva avuto un incidente e si era salvata per miracolo, ma le era rimasta una gamba paralizzata. E lui che faceva? Da grande uomo, stava tutto il tempo a prenderla per il culo invece di aiutarla, sghignazzando come un deficiente. Un idiota preciso! Credo di non aver mai incontrato una persona così idiota. Questo millantava di lavorare a Londra, dove possedeva una catena di agenzie turistiche, così diceva. Andava in aeroporto, si faceva una foto davanti al cartellone delle partenze proprio dove c'era scritto "volo Trapani - Londra" e se ne tornava a casa. Poi metteva su Facebook la foto e scriveva sotto "Amici, vado a Londra per tre giorni, c'è tanto lavoro. Ci vediamo giovedì". Un pomeriggio lo incontro in paese tutto imbacuccato, con occhiali scuri, cappello a tese larghe, sciarpa sul volto, cappotto tirato su per coprirsi, guanti di lana, ecc… Gli faccio: "Ma tu non dovresti essere a Londra?" Lui ha fatto finta di non capire, senza scoprirsi, di essere straniero ed è scappato via. Sono sicurissimo che era lui. Dopo cinque giorni lo incontro e mi fa: "Uffff, quanto lavoro a Londra, non ne posso più!".
Indovina di quale partito era e chi chiamava Capitano? :)
Il capitano lo definiva "il mio migliore amico" su FB. Un idiota!
Ma dico? Li cercano così apposta? :)  :)

Praticamente fingeva di partire per Londra, diceva alla moglie "cara, vado a Londra", tanto lei era disabile e autonomamente non poteva muoversi da casa, veniva nel mio paesello (a una trentina di chilometri da Trapani), prendeva una stanza in una pensione, si rinchiudeva dentro e poi, dopo alcuni giorni, tornava a Trapani dalla moglie e le raccontava che era stato a Londra. :)

Secondo me, agli adepti fanno un test di intelligenza. I più deficienti se li prendono, gli altri, mediamente intelligenti, li scartano.
Il Sommo Misantropo

Re: Ma che cattivoni...

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Alberto Tosciri ha scritto: Proprio in questi giorni un noto giornalista che era assente da tempo dalla televisione è tornato come ospite di un programma del martedì e ha osato parlare in totale dissenso a ciò che la televisione predica da un ventennio a senso unico. Apriti cielo: panico in studio perché una voce si ergeva contro.
Solo tu, Alberto, puoi mettere una cosa sugli antichi Romani e innescare una discussione esplosiva :lol: Vorrei avere la tua grinta.

Siccome la discussione è diventata chilometrica e la mia soglia di attenzione attuale è quella di una pulce, mi limito a rispondere a questo: non sopporto le idee dominanti. L'uomo cambia, la storia cambia, e così dovrebbero fare le idee, ma spesso non succede. Ci si fissa su ciò che è più o meno accettato e si ignorano (o si attaccano) tutti gli altri pareri. Si propugna a gran voce la libertà di pensiero (e non è certo moderno, già lo faceva Voltaire due secoli fa), ma ecco che quando quel pensiero non piace ai più diventa sbagliato.  E' chiaro che esistono anche idee nocive, ma zittirle rientra nella censura e quindi nell'oppressione.
Per quanto riguarda gli antichi romani, da cui tutto è partito, hanno fatto cose molto utili: la costruzione di strade, la facilitazione del commercio, ecc. Hanno anche oppresso altri popoli, e imposto la loro cultura come superiore. D'altro canto gli altri popoli magari facevano sacrifici umani, o avevano idee ancora più violente. E' uno degli esempi più lampanti della complessità della storia, reso innocuo solo dalla distanza temporale.
L'errore che facciamo spesso è di voler dividere la storia umana in buoni e cattivi, quando non esiste un popolo, o una religione, o un'idea che siano stati migliori in assoluto. La storia non è una facile linea retta verso il progresso, assomiglia più a una spirale, e torna sempre su se stessa
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
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Re: Ma che cattivoni...

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Scusate se riprendo la discussione.
Finora ho parlato di lingua italiana, forte, che si sta mangiando le lingue interne, più deboli. Ora, poiché la lingua è il primo elemento culturale di un individuo e di un popolo, invadere la lingua altrui e distruggerla significa invaderne la cultura, che così rischia di essere distrutta. Funziona come in natura, dove il pesce grande mangia il più piccolo. Oggi la medesima cosa avviene con l'inglese, forte, che si sta mangiando l'italiano, che però io non voglio considerarlo più debole dell'inglese. Non esiste! Risultato: la cultura angloamericana si sta fagocitando la gloriosa cultura italiana. Cultura che è di gran lunga più sviluppata e importante: non c'è paragone! Ma, si sa, nel mondo odierno contano più i soldi, ahimè!
E noi italiani, invece di difendere la nostra cultura, cioè noi stessi, che facciamo? Continuiamo a scrivere sui negozi espressioni come "car washing" (invece di "autolavaggio"), "hair stylist" (invece di "parrucchiere"), "make-up" (invece di "trucco"), "bread factory" (invece di "panetteria"), "bike sharing" (invece di "biciclette in condivisione"), "business solutions" (invece di "servizi per l'impresa"), lockdown, covid-free, hub vaccinale! Sono solo pochi esempi di invasione culturale. Sempre la solita vecchia storia, nulla di nuovo sotto il sole: chi ha più soldi comanda!
Io dico NO! Anzi STOP, che fa più figo, oh yeah, trendy!
So bene che prima o poi morirò e non potrò influire dall'aldilà e che le generazioni successive faranno come gli pare, e magari parleranno in itanglese, ma finché sono vivo (ancora per poco) lasciatemi fare il vecchio retrogrado e protestare in santa pace.
Lo so che le lingue si evolvono, certo, ma secondo voi la frase "sono stato dall'hair-stylist, poi ho zoomato colla camera del cell on the car-washing di mio uncle, poi mi sono stoppato before la real estate agency del mio parent" è italiano? Okay, ora vado a Palermo a dire "parking advisor" al primo parcheggiatore (abusivo) che vedo ;) E poi vado a fare un bruch al sushi-bar o al wine-bar dove c'è un internal dehor fighissimo con le girl trendy ;)



Il Sommo Misantropo

Re: Ma che cattivoni...

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Al di là di tutte le opinioni espresse in questa discussione, più o meno condivisibili - e dico con franchezza che in gran parte non le condivido - esiste un dato di fatto, un principio di realtà: da sempre una lingua si impone sulle altre con la forza. 
Questa forza può essere militare, economica o culturale ma la sostanza è uguale: l'inglese invade l'italiano perché è l'espressione dell'Impero americano dominante; l'italiano prevale sul siciliano o sul sardo, perché la Sicilia e la Sardegna sono solo dei sottoinsiemi del più ampio insieme Italia (si direbbe in freddo linguaggio matematico); il dialetto dei paesi si annacqua con quello delle grandi città limitrofe perché queste si espandono e vi travasano continuamente nuovi abitanti.
Del resto questa discussione è iniziata partendo dagli antichi romani, che non entravano in punta di piedi nei paesi che invadevano, ma come ogni esercito invasore procedevano a massacri preventivi per terrorizzare il nemico, ad ulteriori massacri per stabilizzare le frontiere dei territori conquistati, a saccheggi e stupri per ricompensare le truppe e infine anche alla colonizzazione linguistica, infatti tutti i paesi interessati dalla dominazione romana recano tracce della lingua latina a distanza di duemila anni.

Vorrei poi aggiungere solo una cosa sui Borboni, perché davvero credo che il Sud tutto possa rimpiangere tranne che i Borboni, i re vigliacchi e spergiuri per antonomasia. Ferdinando I e la sua corte scapparono per due volte come topi all'arrivo dei francesi, abbandonando Napoli e rifugiandosi in Sicilia fino allo scampato pericolo, e appena tornati tradirono i patti del cardinal Ruffo, che aveva promesso la salvezza agli insorti repubblicani, e  fecero impiccare e fucilare il meglio della cultura napoletana tra il dileggio e lo scherno della folla in un infame bagno di sangue.
Il degno discendente Ferdinando II tradì la costituzione del 1848 che aveva concesso con giuramento solenne "nel nome temuto dell’onnipotente santissimo Iddio, uno e trino", spergiuro che da cattolico convinto lo tormentò e terrorizzò fin sul letto di morte.
Il regno delle Due Sicilie era ricco? Tutti i viaggiatori stranieri (inglesi, tedeschi, francesi) del '700 e dell'800 che hanno scritto libri o diari di viaggio nel Sud parlano senza eccezione (non ne conosco una sola) di un paese con condizioni igienico-sanitarie disastrose, vie di comunicazioni impossibili, analfabetismo pressoché totale della popolazione, e non erano certo prevenuti, era gente innamorata del Sud, che vi arrivava col mito della Magna Grecia, del mondo classico, etc.
Un regno ricco, prospero, ben amministrato e la cui popolazione è soddisfatta del proprio stato si farebbe conquistare in poche settimane da mille giovanotti in camicia rossa, sia pure appoggiati subdolamente dagli inglesi o da chi volete voi?
Se Garibaldi fosse sbarcato a Dover o a Marsiglia sarebbe arrivato trionfalmente a Londra o a Parigi? Ma per favore, l'avrebbero ributtato in mare nel giro di 24 ore.
Un'ultima cosa sulle presunte eccellenze borboniche: la Napoli-Portici, prima ferrovia d'Europa o d'Italia, ora non ricordo, andava - come dice il suo nome - da Napoli a Portici, pochi chilometri di binari che costituivano una giostrina domenicale per i nobili napoletani; il resto del regno aveva un sistema viario disastroso e uno ferroviario inesistente. E lo stesso vale per tutto il resto: piccoli centri d'eccellenza (come li definiremmo oggi) in un mare di miseria.
Io direi di non rimpiangere mai niente, ma se proprio dobbiamo rimpiangere qualcuno rimpiangiamo i Greci, rimpiangiamo gli Svevi, rimpiangiamo perfino gli Arabi, ma i Borboni proprio no, vi prego.

Re: Ma che cattivoni...

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@massimopud non mi risulta che io, o altri "sudisti", abbiamo dato l'idea, in questa o altre discussioni, di rimpiangere i Borboni, dinastia regale dispotica e crudele al pari di tante altre. Abbiamo discusso, invece, l'opportunità di una guerra d'invasione e conquista sponsorizzata a livello internazionale dalla massoneria e perpetrata, con l'aiuto di un massone capitano di ventura quale fu Garibaldi, da parte di un piccolo regno, non certo più illuminato di quello dei Borboni, sommerso dai debiti, che risolse il problema spogliando i territori conquistati ed inviando al Nord il frutto di ruberie e saccheggi.
I contadini del Regno di Napoli, come quelli del Triveneto, erano poveri e analfabeti, ma il Sud era, come territorio, prospero grazie al clima benevolo, ai commerci marittimi e a industrie come quella siderurgica, che aveva in Reggio Calabria un polo d'eccellenza, che se la batteva alla pari con le acciaierie di Liverpool, prima di essere smantellato con trasferimento al Nord dei macchinari.  Gli abitanti di interi paesi furono sottomessi col terrore delle fucilazioni di massa, degli stupri, dei saccheggi da parte di gente che parlava un'altra lingua, un'altro dialetto, da parte di un'altro popolo invasore.
Nessuno rimpiange i Borboni, anche se il giovane Franceschiello fu il re che scelse di non prolungare una guerra non ancora persa per evitare altri lutti alle popolazioni, che invece di lutti dovettero subirne ancora tanti per mano dei vincitori Piemontesi. L'Italia è cominciata così, è non c'è da meravigliarsi che, con tali premesse, a distanza di soli centocinquant'anni (un battito di ciglia nella storia di un popolo) non sia ancora, di fatto un Paese unito da un vero sentimento di appartenenza.
Mario Izzi
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Re: Ma che cattivoni...

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dyskolos ha scritto: Finora ho parlato di lingua italiana, forte, che si sta mangiando le lingue interne, più deboli. Ora, poiché la lingua è il primo elemento culturale di un individuo e di un popolo, invadere la lingua altrui e distruggerla significa invaderne la cultura, che così rischia di essere distrutta. Funziona come in natura, dove il pesce grande mangia il più piccolo. Oggi la medesima cosa avviene con l'inglese, forte, che si sta mangiando l'italiano, che però io non voglio considerarlo più debole dell'inglese.
Il dibattito sulla lingua mi interessa sempre. Perché è forse l'elemento principale che ci schiera con un popolo o una cultura anziché un'altra. Infatti gli invasori violenti per prima cosa impongono la propria lingua e vietano quella locale.
È un fatto che chi parla la nostra stessa lingua ci sta subito più simpatico, anche se fosse uno straniero, o un nemico. L'incomprensione linguistica va a braccetto con l'incomprensione di tutto il resto.
Una lingua comune è indispensabile anche per fare di un popolo una nazione, ma per ottenerla si devono spesso calpestare le realtà locali.
A me ha scioccato, facendo ricerche storiche, scoprire che in Alto Adige (a due passi da casa mia) l'italiano è stato imposto con la forza, mentre nascevano scuole clandestine in tedesco (per fortuna, se venivano scoperte si rischiava "solo" l'esilio, non la morte). Tutto ciò in tempo di pace (ma mi ha richiamato con forza le scuole clandestine polacche durante la seconda guerra mondiale), e per merito del regime fascista. Ma è successo ovunque: nelle terre di confine, dove si mescolavano lingue e culture diverse, ce n'è sempre stata una che cercava di prevalere.
Per questo motivo sono solidale con gli altoatesini che oggi si impuntano sul nome dei loro luoghi in tedesco. È stata fatta un'ingiustizia mai riparata, e questo è il risultato, non ha senso lamentarsene.
L'inglese è una questione diversa, perché è arrivato come lingua d'invasione, ma ad oggi è diventato la lingua dell'informatica, e la più diffusa nel mondo (a livello di stranieri che la imparano).
C'è poco da fare sul piano pratico (anche per me l'inglese è la lingua che conosco meglio, e con essa mi sono fatta capire ovunque). Quel che si può fare è evitare di usarla a scopi non necessari. Su una brochure turistica ci può (e ci deve ) stare, su un qualunque esercizio commerciale italiano destinato a italiani no. Purtroppo è entrata talmente nel linguaggio comune che vedo gente mettere post su facebook in inglese (senza motivo), e che perfino io di tanto in tanto ho la tentazione di scrivere "buon week-end", ma mi sono imposta di sostituirlo sempre con "buon fine settimana". Non è granché, ma è qualcosa alla mia portata... :lol:
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: Ma che cattivoni...

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@massimopud ha scritto:

"ma i Borboni proprio no, vi prego."



Infatti io non ho mai rimpianto i Borboni e nemmeno l'effimero (durò solo 44 anni) Regno delle Due Sicilie. Non capisco come un siciliano possa rimpiangerli, visto quello che hanno fatto qua (in Sicilia). Da fautore del bilinguismo completo e totalmente orizzontale, devo rimpiangere alcuni periodi del regno di Sicilia. Ancora oggi nel centro di Palermo sono rimasti i cartelli di epoca normanno-sveva in cui le vie sono indicate in tre lingue: italiano, ebraico e arabo. Non traslitterate: ci sono proprio le scritte con gli incomprensibili (per me) alfabeti arabo ed ebraico. Lo apprezzo tantissimo. Una volta si poteva fare, oggi la Repubblica Italiana non vuole…





@Silverwillow ha scritto:

"C'è poco da fare sul piano pratico"



Sono d'accordo con tutto quello che hai scritto :) meno che su questo punto.

C'è molto che si può fare. Per esempio, il bilinguismo orizzontale. Gli italiani la smettano di dire "shopping" o "car-sharing" o "business" e tornino all'italiano. Oggi è più rivoluzionario scrivere "barberia" su un'insegna che metterci "hair stylist", ma dovrebbe essere il contrario. I francesi mettono per legge molte limitazioni agli anglismi. Noi no! E va be', facciamoci invadere da culture potenti e danarose, che ve devo da dì? ;)

Io invece dico NO. Mai i soldi sopra la cultura. Mai i soldi sopra la poesia. Mai.

@Silverwillow ha scritto:
"Una lingua comune è indispensabile anche per fare di un popolo una nazione"

Giustissimo :)
Infatti io sostengo che Sicilia e Sardegna siano nazioni. Non indipendenti, ma nazioni. La Padania, che pure ha una nazionale di calcio, no: non ha nessuna lingua in comune. Ce lo ha fatto vedere lo stesso senatùr Umberto Bossi il 15 settembre 1996, quando lesse la dichiarazione d'indipendenza a Venezia. La fece, anzi, la dovette fare in italiano, giusto per non scontentare nessuno. E poi parlava di "popoli" al plurale: i popoli padani. Non diceva mica "il popolo padano".
Io sono nettamente contrario all'indipendentismo (oltre che al ponte sullo Stretto :) ) però ritengo che una teorica dichiarazione d'indipendenza della Sicilia possa farsi tranquillamente in siciliano (o in sardo, per la Sardegna) e non si lamenterebbe nessuno, almeno non per la lingua.


Ultima modifica di dyskolos il sab mag 29, 2021 6:16 pm, modificato 2 volte in totale.
Il Sommo Misantropo

Re: Ma che cattivoni...

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@Cheguevara @dyskolos D'accordo, mi era sembrato di leggere qualche giudizio un po' troppo lusinghiero sul regno borbonico, ma dunque la pensiamo allo stesso modo, al contrario di quanto sostengono libri, festival e revival neoborbonici che vanno molto di moda in certi ambienti pseudointellettuali del Sud.
Quanto ai Savoia, io non alcuna simpatia sabauda (figuriamoci, mi stanno sulle scatole perfino quelli viventi!). Non c'è dubbio che Cavour e soci approfittarono con scaltrezza e cinismo della situazione, ma poterono farlo proprio perché il regno borbonico era marcio fino all'osso.
La spedizione di Garibaldi è una di quelle rare occasioni storiche in cui i fatti parlano da soli: uno stato con un apparato burocratico e amministrativo ben strutturato, con un esercito organizzato e leale e soprattutto con un largo consenso popolare dovuto a un diffuso benessere economico, avrebbe liquidato in pochi giorni un piccolo corpo d'armata invasore. 
Se crollò come un castello di carte è perché, al di là di isolate eccellenze come quelle ricordate di Reggio, etc, non aveva più neanche un vero e proprio scheletro statale e sarebbe comunque crollato alla prima occasione per opera di un'altra potenza straniera, oppure sarebbe imploso in una congerie di microstati regionali, magari dopo una sanguinosa guerra civile come quella della ex Jugoslavia. 

Re: Ma che cattivoni...

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@massimopud ha scritto:
"da sempre una lingua si impone sulle altre con la forza.
Questa forza può essere militare, economica o culturale ma la sostanza è uguale: l'inglese invade l'italiano perché è l'espressione dell'Impero americano dominante; l'italiano prevale sul siciliano o sul sardo, perché la Sicilia e la Sardegna sono solo dei sottoinsiemi del più ampio insieme Italia (si direbbe in freddo linguaggio matematico)"



Tutto vero :)

Io vorrei che questa prevalenza non ci fosse. Secondo me è una questione politica che si potrebbe risolvere anche per via legislativa. Certo, le leggi non bastano, ma comunque sono un ottimo punto di partenza.
L'Italia contiene al suo interno diverse lingue (oltre all'italiano) che, a loro volta, contengono dialetti. Se contiamo anche le isole linguistiche, arriviamo a una trentina di lingue. Nella vulgata comune, queste lingue vengono chiamate "dialetti". Allora io comincerei a impedire che i mezzi di comunicazione, almeno quelli pubblici, usino impropriamente la parola "dialetto" per riferirsi alle lingue d'Italia. Questa parola poi corrisponde a non avere finanziamenti, che però vengono date alle parlate dette "lingue".


Agiamo sulle leggi, visto che di robe politiche si tratta. Facciamo come in Francia, dove difendono la propria lingua per legge.
I linguisti (io sono uno studioso di linguistica) dicono che l'inglese, finché si limita al livello lessicale, non è poi tanto pericoloso. Io però noto che negli ultimi tempi sta intaccando anche le strutture sintattiche. Per esempio, l'anticipazione. Diciamo "web serie" e sempre meno "serie web", su calco dall'inglese dove l'aggettivo precede il sostantivo.

Fino a prima della seconda guerra mondiale, i neologismi italiani venivano derivati dal latino e dal greco. Dopo la guerra invece il latino e il greco sono scomparsi e deriviamo dall'angloamericano. Oggi in modo particolare. Per dire, se domani scoprono una nuova tecnica di osservazione del cervello, mi scommetto un dito che non si chiamerà "Cerebroscopía" ma "Brain Watching" :)

Inoltre non c'è reciprocità. L'italiano prende dall'inglish, ma l'inglish non prende dall'italian, eppure la parole italiane sono più belle :)

Respingiamo l'attacco angloamericano. Noi siamo italiani e possiamo insegnare cultura a tutto il mondo. Certo, abbiamo meno soldi, ma non di sola economia vive l'uomo.
NO alla sudditanza culturale.
Il Sommo Misantropo

Re: Ma che cattivoni...

39
dyskolos ha scritto: Sono d'accordo con tutto quello che hai scritto :) meno che su questo punto.

C'è molto che si può fare. Per esempio, il bilinguismo orizzontale. Gli italiani la smettano di dire "shopping" o "car-sharing" o "business" e tornino all'italiano.
Sì, certo. Come dicevo, faccio quello che posso in questo senso.
Il problema dell'inglese però è più è complicato. Io cerco di non usarlo (e ci vuole uno sforzo consapevole) , ma non mi sento nella posizione di dire ai conoscenti "ma che cavolo fai? perché non scrivi in italiano?" Non è solo una questione economica.  Scrivere in un'altra lingua ci fa sentire più fighi (detta in parole povere). L'inglese oltretutto è una lingua molto facile da imparare: non ha declinazioni, ha  solo un articolo e una manciata di preposizioni, e il verbo resta sempre uguale. Ci sono molte persone oggi che imparano l'arabo o il cinese per fini commerciali, ma richiedono il triplo di fatica, e quindi una buona motivazione.
Per quanto riguarda i dialetti (o lingue locali, se non ti piace il termine) li considero un patrimonio culturale da conservare. Io stessa parlo dialetto coi miei genitori, ma mi sono accorta che i termini più moderni (e per moderno intendo gli ultimi 30 anni almeno) vengono resi in italiano, perché non c'è nessuno che possa creare un equivalente: è una lingua morta. È spiacevole da dire, ma è così. Tra qualche decennio non lo parlerà più nessuno.
Qui in Trentino fra l'altro abbiamo lingue a sé stanti, come il ladino o il romancio, che io ho difficoltà a tradurre (e il dialetto della Val di Fassa lo capisco poco, solo perché conosco un po' di tedesco). Sono lingue protette, ma se nessuno le parla andranno a morire, c'è poco da proteggere.
C'è da dire però che qui la differenza linguistica in passato ha creato più divisione che vantaggi. Il tizio che veniva dalla valle accanto è sempre stato "el forèst", lo straniero. L'unità linguistica può essere vista come un'imposizione, oppure come una risorsa. Oggi posso farmi capire dalle Alpi alla Sicilia, e non mi pare poco.
Abbiamo tutti il desiderio di distinguerci, ma anche quello opposto di far parte di qualcosa. In questo caso far parte di qualcosa implica rinunciare a qualcos'altro. Così vengono creati gli Stati. Se poi vuoi fare una rivoluzione per rendere la Sicilia uno stato indipendente, ti appoggio, ma mi scuserai se resto un po' scettica sull'esito... :P 
A me sinceramente importa poco la lingua che parlo, basta che riesco a farmi capire (e già è difficile con l'italiano :asd: )
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: Ma che cattivoni...

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@Silverwillow ha scritto:
"
Se poi vuoi fare una rivoluzione per rendere la Sicilia uno stato indipendente, ti appoggio
"

Ecco un equivoco frequente :)

Io non sono mica un indipendentista. La penso proprio al contrario, non mi chiamo Dysk-Bossi. Per carattere preferisco unire piuttosto che dividere :P

Per me la cultura siciliana è parte della cultura italiana. Vale anche per tutte le altre culture italiane (sarda, veneta, napoletana, lombarda, trentina, ticina, ecc…), le quali sono trasmesse con le lingue. Difendere la cultura siciliana, per me, significa difendere la cultura italiana :)



@Silverwillow ha scritto:
"
i termini più moderni (e per moderno intendo gli ultimi 30 anni almeno) vengono resi in italiano, perché non c'è nessuno che possa creare un equivalente: è una lingua morta. È spiacevole da dire, ma è così. Tra qualche decennio non lo parlerà più nessuno
"


Esatto! Siamo d'accordo su tutto! :)

Però per me la responsabilità della morte delle lingue locali (una trentina in Italia, considerando pure le isole linguistiche più grandi) è prima dei parlanti e poi delle politica.
I parlanti considerano le lingue locali un modo approssimativo per esprimersi (lo dicono pure su CdM :) ), mentre l'italiano è l'unica lingua colta della penisola. Per me invece sono un patrimonio culturale da difendere, e anche su questo siamo d'accordo :)

Il siciliano (e non solo) è una lingua di cultura, per dire, al pari dell'italiano (e forse di più), ma spesso la gente comune (e, con dispiacere, devo ammettere che ciò avviene anche su CdM) confonde tre oggetti linguistici, che invece sono profondamente diversi e andrebbero tenuti nettamente separati: "siciliano", "italiano regionale siciliano" e "dialetti del siciliano" (ce ne sarebbe anche un quarto, a dirla tutta). Sì, perché ogni lingua di una certa estensione contiene "dialetti". La gente parla "dialetti del siciliano", molto raramente il siciliano standard. La stessa cosa in grande avviene in Italia, dove la gente molto raramente parla l'italiano standard. Attenzione! Dialetti del siciliano, giammai dialetti dell'italiano. Se si analizzano linguisticamente, infatti, somigliano molto al siciliano standard, e pochissimo o niente all'italiano. Vale anche per altre lingue d'Italia, ovviamente.

Difendere la cultura siciliana significa difendere la cultura italiana.

Non capisco quelli che dicono, per esempio, che la lingua trentina sta morendo, e loro stessi non la parlano lasciandola morire nel silenzio. Parlatela, no? Così si sviluppa. Quelli che dicono che sta morendo sono in realtà gli assassini :) Grazie! Prendo una persona a coltellate e, proprio mentre la accoltello, dico "Ma tanto sta morendo!" e continuo ad accoltellarla senza pietà. Eh, no! :)

La differenza tra "lingue e "dialetti" è solo politica e non scientifica: alle parlate considerate dalle leggi (cioè dalla politica) "lingue" arrivano fondi, ai cosiddetti "dialetti" no. E non ci rendiamo conto che quelli non sono dialetti dell'italiano, ma di altre lingue (del siciliano, del sardo, del veneto…). Anche l'italiano ha i suoi dialetti: gli italiani regionali. Ma anche qui si fa confusione: le regioni vanno intese in senso geografico, come aree geografiche, e non come suddivisioni amministrative. Quelle, ancora una volta, sono robe politiche :)



@Silverwillow ha scritto:
"
Oggi posso farmi capire dalle Alpi alla Sicilia, e non mi pare poco.
"

Neanche a me par poco :)

Io infatti sono un fautore del "bilinguismo orizzontale". Che non significa morte della gloriosa cultura italiana. L'italiano è una delle mie due lingue madri, e lo difendo. Io affiancherei, nella segnaletica stradale, il toponimo siciliano e quello italiano.
Messina ---> Missina;
Palermo ---> Palermu;
??? ---> Castruggiuvanni;
??? ---> Nissa;
??? ---> Giurgenti;
??? ---> Chiazza;
??? ---> Chiana;
??? ---> Cunigghiuni;
??? ---> Giancasciu;

solo per citarne alcuni. In altre aree d'Italia si fa. Se non conosci gli "???" te li vai a cercare :) Scherzo, ma prova a indovinare :)

Poi metterei i cartelli che indicano i nomi delle strade cittadine in versione bilingue italiano e siciliano. A Palermo, in centro, ci sono addirittura trilingui italiano - arabo - ebraico. Non traslitterati, ma proprio scritti con gli alfabeti arabo ed ebraico originali. I normanno-svevi lo permettevano all'epoca del regno di Sicilia; oggi li vogliono rimuovere perché la Repubblica Italiana non vuole… :O



@Silverwillow ha scritto:
"
Qui in Trentino fra l'altro abbiamo lingue a sé stanti, come il ladino o il romancio, che io ho difficoltà a tradurre (e il dialetto della Val di Fassa lo capisco poco, solo perché conosco un po' di tedesco). Sono lingue protette, ma se nessuno le parla andranno a morire, c'è poco da proteggere.
C'è da dire però che qui la differenza linguistica in passato ha creato più divisione che vantaggi
"

Certo, ma è solo una questione politica :)



@Silverwillow ha scritto:
"
basta che riesco a farmi capire (e già è difficile con l'italiano :asd: )
"

:asd: :asd: 
Il Sommo Misantropo

Re: Ma che cattivoni...

41
dyskolos ha scritto: Io infatti sono un fautore del "bilinguismo orizzontale". Che non significa morte della gloriosa cultura italiana. L'italiano è una delle mie due lingue madri, e lo difendo. Io affiancherei, nella segnaletica stradale, il toponimo siciliano e quello italiano.
Messina ---> Missina;
Palermo ---> Palermu;
??? ---> Castruggiuvanni;
??? ---> Nissa;
??? ---> Giurgenti;
??? ---> Chiazza;
??? ---> Chiana;
??? ---> Cunigghiuni;
??? ---> Giancasciu;
Ok, gli unici nomi che ho riconosciuto sono Castrogiovanni e Agrigento...   :lol:
Mi pare però che tu faccia della lingua una questione un po' troppo politica. Nessuno può impedire di parlare e mantenere vivo il siciliano, o altre lingue. Il punto è: a cosa o a chi serve il bilinguismo regionale? C'è qualcuno in Sicilia che a scuola non ha imparato l'italiano e potrebbe non capire i cartelli stradali? Non credo. E i cartelli in arabo o ebraico non so davvero quale scopo possano avere :facepalm:
L'uso della lingua dovrebbe, secondo me, avere un'utilità pratica. È vero che è legato anche alla cultura e alle tradizioni, ma non è stata la lingua a crearle, e possono sopravvivere anche senza. Anzi, è un bene che ognuno mantenga la propria identità all'interno di un insieme più vasto e variegato, purché una forte identità sia un valore aggiunto e non un muro contro l'invasione delle tradizioni altrui.
In Alto Adige il bilinguismo c'è già nei toponimi (se vai a nord di Ora, neanche 40 km da Trento, sembra di essere in Austria, perché il tedesco prevale), ma tempo fa chiedevano di mettere la dicitura "Sudtirol" anziché Alto Adige sui documenti ufficiali (proposta che è stata respinta). Per me è evidente che la lingua qui non è il vero problema, ma un pretesto. Sotto stanno questioni più ampie di scontento e volontà di indipendenza da uno Stato da cui non si sentono rappresentati, nonché questioni storiche mai risolte. Anche in Trentino comunque molti (specie i più anziani) rimpiangono di non essere rimasti con l'Austria (con buona pace del povero Cesare Battisti, che per questo ha combattuto ed è stato ucciso, e dei morti della Prima guerra mondiale). Mi pare che si tenda a caricare sulla lingua problemi che riguardano tutt'altro.
Il dialetto trentino comunque, molto simile a quello veneto, è derivato dall'italiano, non è una lingua a sé, quindi magari ho più difficoltà a capire questo tipo di questioni. Il punto è che non si può mantenere in vita a forza qualcosa che (almeno qui) ha esaurito il suo scopo. Le lingue cambiano e si evolvono a seconda dell'utilità, è un processo naturale, non è un dramma. Quando vedo nei documentari esponenti anziani di qualche gruppo linguistico minoritario, che si intristiscono per quello che va perso, mi dispiaccio sempre per loro, ma mi verrebbe da dirgli "guarda avanti, qualcosa si perde ma forse qualcos'altro si trova"
Il siciliano probabilmente è una questione diversa, e scopro solo grazie a te che è una lingua a sé stante. Mi pare giusto mantenerla e difenderla, ma non ne farei una questione politica. Uno stato deve avere una lingua comune, che parlano tutti. Se poi all'italiano si vogliono affiancare altre lingue o dialetti (che per me non è affatto una brutta parola) nessuno lo vieta. Ma, che vengano riconosciute come lingue o no, nella pratica non fa poi molta differenza. 
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Ma che cattivoni...

42
@Silverwillow ha scritto:
"
Ok, gli unici nomi che ho riconosciuto sono Castrogiovanni e Agrigento...  :lol:

"

Bravissima :)
Non mi aspettavo che riconoscessi Castrogiovanni, che è distantissimo dal corrispondente italiano odierno, che è Enna. Solo per dire che il siciliano non è comprensibile da parlanti l'italiano: [SCN]Castruggiuvanni ---> [ITA]Enna. Parole molto diverse :)



@Silverwillow ha scritto:
"
E i cartelli in arabo o ebraico non so davvero quale scopo possano avere :facepalm:
"

Hanno un valore storico per me. Una volta si poteva, oggi non si può più :)
Ma vorrei che si potesse.



@Silverwillow ha scritto:
"
È vero che è legato anche alla cultura e alle tradizioni, ma non è stata la lingua a crearle, e possono sopravvivere anche senza.
"

Qui la pensiamo diversamente. Io credo che la lingua sia essa stessa cultura, infatti il bambino italofono che apprende l'italiano poi può apprendere altre lingue, ma le parlerà sempre con l'accento italiano. La sua origine, cioè la sua cultura, rimane presente.
Essa non deve creare nulla. Anzi, è l'elemento maggiore della cultura. Invadere una lingua significa invadere la cultura di un popolo, cioè la radice del popolo stesso.




@Silverwillow ha scritto:
"
L'uso della lingua dovrebbe, secondo me, avere un'utilità pratica.
"

Esatto! È così in tutto il mondo :)
Nessuna lingua viene trasmessa se non serve. La trasmissione è l'unico modo per tenerla in vita. E allora come la trasmettiamo? Rendendola lingua ufficiale :)
Io fino a due settimane fa non volevo il siciliano come lingua co-ufficiale insieme all'italiano in Sicilia, ma un linguista italo-gallese (di origine milanese) mi ha fatto cambiare idea. Così ci togliamo di mezzo il genitore che non insegna il siciliano al figlio "perché non serve a niente". L'unico modo per farlo servire a qualcosa è renderlo ufficiale.
Io stesso, qualche giorno fa, compilavo un modulo per l'ASP (Azienda Sanitaria Provinciale). Siccome dovevo indicare a chi era diretta la prestazione, senza pensarci ho scritto: "Pi me mugghieri" (="per mia moglie"), ma all'ufficio mi hanno fatto notare la scritta e me l'hanno fatta cambiare, dicendo "Il siciliano purtroppo non è ancora lingua ufficiale e questo è un documento ufficiale". Così io ho dovuto ricompilare un altro modulo uguale (che dolore alle mani ;) ) e alla fine ho scritto "Per mia moglie". Mica mi pare una bella cosa.



@Silverwillow ha scritto:
"
Il dialetto trentino comunque, molto simile a quello veneto, è derivato dall'italiano, non è una lingua a sé
"

Esatto! :)
Se infatti consulti la carta linguistica dell'Italia, vedi che non esiste una lingua trentina, e che la grande lingua più vicina è il veneto. La lingua veneta non è derivata dall'italiano (come il siciliano, il sardo e altre, che sono lingue autonome); il dialetto veneto-trentino sì, deriva dalla lingua italiana. C'è lo zampino anche del lombardo, per essere precisi.



@Silverwillow ha scritto:
"
Uno stato deve avere una lingua comune, che parlano tutti. Se poi all'italiano si vogliono affiancare altre lingue o dialetti (che per me non è affatto una brutta parola) nessuno lo vieta. Ma, che vengano riconosciute come lingue o no, nella pratica non fa poi molta differenza.
"


Certo. La lingua comune è l'italiano e non c'è dubbio. Chiedo che, a livello regionale, sia affiancato dal siciliano. La differenza purtroppo c'è e sopra te ne ho dato un esempio. Fino a due settimane fa, la pensavo come te. Se vuoi ti faccio altri esempi pratici.
"Dialetto" non è una brutta parola nemmeno per me. È solo che in Italia si usa in senso dispregiativo. Tra il 2000 e il 2003, a scuola si insegnava anche il siciliano: iniziativa che ha avuto un successo enorme, sia tra gli studenti, sia tra i genitori, sia tra i docenti. Il problema è che i prof di siciliano non avevamo diritto a uno stipendio (perché insegnavano un "dialetto"), mentre i prof di italiano, che insegnavano una "lingua", giustamente prendevano lo stipendio completo.
In Italia si fanno queste disparità tra ciò che è considerato "lingua" e ciò che è considerato "dialetto".
In linguistica non c'è differenza alcuna (e anche per me è così), tuttavia, se proprio si vuole differenziare, io (e alcuni linguisti) seguo il criterio della scomponibilità: una lingua è scomponibile, un dialetto no. Nel momento in cui si accerta che un dialetto è scomponibile (ha dato vita a un altro dialetto) esso passa nella categoria "lingua". Niente di spregiativo, ma purtroppo la vulgata comune è questa.
Alcuni incompetenti dicono che il siciliano è un dialetto. Impossibile: un dialetto non può dare origine a circa cento dialetti: dialetti del siciliano, non dell'italiano.


@Silverwillow ha scritto:
"
Il siciliano probabilmente è una questione diversa, e scopro solo grazie a te che è una lingua a sé stante. Mi pare giusto mantenerla e difenderla, ma non ne farei una questione politica
"


Ti ringrazio tantissimo per il tuo atteggiamento non giudicante e aperto, piuttosto raro: di solito, non succede così. Il 99% di coloro che parlano del siciliano non ne sanno niente e hanno il tipico atteggiamento dell'ignorante-arrogante. Tu gli spieghi le cose e loro ti mandano a quel paese, perché sei tu che non capisci una cippa-lippa, mica loro, che per di più hanno la verità in tasca: ma in realtà non hanno la più pallida idea della questione.
Sulla questione politica, la penso come te. Forse non mi sono spiegato bene. Io non vorrei che fosse una cosa politica, ma la vogliono fare diventare così: io ne prendo atto, ma non mi piace.
Il Sommo Misantropo

Re: Ma che cattivoni...

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dyskolos ha scritto: Hanno un valore storico per me. Una volta si poteva, oggi non si può più :)
Ma vorrei che si potesse.
Non ci pensavo, ma per il valore storico sì, si potrebbero anche tenere. Anzi, probabilmente i turisti la vedrebbero come una nota di colore
dyskolos ha scritto: senza pensarci ho scritto: "Pi me mugghieri" (="per mia moglie")
Secondo me invece l'hai fatto apposta, per provocazione. Li farai ammattire questi poveri impiegati...  :asd:  Ma non è neanche colpa loro: se accettano un modulo che legalmente non è valido sorgono problemi
dyskolos ha scritto: Tra il 2000 e il 2003, a scuola si insegnava anche il siciliano: iniziativa che ha avuto un successo enorme, sia tra gli studenti, sia tra i genitori, sia tra i docenti. Il problema è che i prof di siciliano non avevamo diritto a uno stipendio (perché insegnavano un "dialetto"), mentre i prof di italiano, che insegnavano una "lingua", giustamente prendevano lo stipendio completo.
In Italia si fanno queste disparità tra ciò che è considerato "lingua" e ciò che è considerato "dialetto".
Questa mi sembra un'assurdità... Qualunque lingua uno insegni ci mette lo stesso tempo e impegno, quindi dovrebbe guadagnare uguale
dyskolos ha scritto: Ti ringrazio tantissimo per il tuo atteggiamento non giudicante e aperto
In realtà, come dicevo, a me la questione tocca poco, anche se capisco che ad altri può interessare di più. E rispetto sempre le convinzioni altrui.
Io però non mi sento legata a una lingua. E' vero che lingua e cultura sono spesso intrecciate, ma anche molti elementi della cultura quando hanno fatto il loro tempo per me si possono lasciar andare. Quella trentina era una cultura montanara e contadina che non esiste più (e di cui non tutto è da rimpiangere, specie la chiusura mentale).
Anni fa il mio compagno (nato in un piccolo paese negli anni '60, dove si parlava solo dialetto) ha scritto una poesia in dialetto. Tempo dopo l'ho voluta far stampare, ma ho pensato fosse meglio metterla in italiano: è rimasta quasi identica, metrica, rime e tutto. Non era già più capace di parlare o scrivere in vero dialetto.
Una delle cose che mi piace di più quando vado all'estero è sentir parlare lingue nuove, imparare qualche parola, magari far ridere i locali perché il mio accento è tremendo. Ho cercato di imparare un po' di greco (quello antico già lo conoscevo, quindi ero avvantaggiata; tra l'altro quando sono stata in Grecia vent'anni fa i cartelli stradali erano solo in greco, e li sì avrebbe fatto comodo almeno una traslitterazione), di farsi (persiano) e di polacco. Tempo fa leggevo manga inediti online, spesso oltre che in inglese anche in spagnolo o francese, e avevo in progetto di imparare il giapponese (poi ho lasciato stare, perché richiedeva soldi e tempo, e leggere i manga non mi pareva una gran motivazione  :lol: )
Mi piacciono i suoni nuovi, oltre alle culture. Purtroppo non mi fermo mai abbastanza da imparare veramente una lingua, ma se ne avessi avuta l'occasione avrei vissuto volentieri all'estero per un po'. Con l'inglese, che è la lingua che conosco meglio, mi capita di leggere cose e non realizzare nemmeno che sono in un'altra lingua. Se leggo lunghi brani, mi capita poi di pensare in inglese per qualche ora.
Non mi succede invece col dialetto, anche se in casa l'abbiamo sempre parlato, quindi forse non è neanche una questione di insegnarlo, ci vuole la volontà di impararlo (volontà che i miei nipoti, per dire, non hanno).

Comunque, oltre al parlarla a casa o a scuola, ci sono altre cose che si possono fare per mantenere in vita una lingua. Esistono quotidiani in ladino (e io ho provato a leggerne uno, senza capirci niente), immagino che ci saranno anche in siciliano. C'è la musica (prima a Che tempo che fa ho visto Giusy Ferreri, che mi piace molto e mi pare canti sia in italiano che in siciliano). C'è la letteratura. In molti concorsi letterari accettano anche scritti in dialetto o altre lingue, purché ci sia la traduzione. Se c'è la volontà, il modo si trova.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)
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