[CPQ 25] Il verde e il rosso, tra realtà e sogno
Posted: Wed Apr 23, 2025 2:29 pm
Ispirato dalle parole di Erri de Luca, Pablo Neruda e James Green
Tutto verde intorno. Dolci colline, prati e chiome di alberi; riflessi di un lago tra la macchia; la parete invasa dall'edera. Il cielo e il gatto, anche loro verdi.
Si dice che verde sia la speranza, l'equilibrio; viene associato alla ricchezza ma anche all'assenza di questa. Per Luigi il verde era tutto.
Passava e si fermava. Gioiva e piangeva. Ma non c'era contrasto in chi non lo conosceva.
Verde era il pensiero, nelle centinaia di sfumature, dal vescica al veronese, menta e turchese.
Il rosso andava al verde rame. Il blu, al verde mare. Il giallo, al verde rane. L'alternativa era il nero.
Il semaforo era sempre verde anche quando lampeggiava. Lui non si fermava e il clacson suonava. Fortuna che l'udito era sopra la media. Era un fluire continuo senza sosta di pensieri.
I frutti potevano sembrare acerbi ma non lo erano e neanche lui: 27 anni passati al verde e purtroppo le cose sarebbero peggiorate.
Hulk era il suo eroe preferito, perché quando si arrabbiava spaccava tutto, mentre lui non riusciva a rompere neanche un ramoscello d'ulivo: nella sua casa in montagna, neanche l'ombra.
Allora scendeva al mare e lì ce n'erano di secolari, che poteva solo accarezzare.
La notte gli dava sollievo finché non sognava; e allora gli faceva visita il suo complementare: una Ferrari rossa che lo faceva sobbalzare dal letto. Sfrecciava davanti ai suoi occhi con la sua scia scarlatta. Ma non era la sola: tutte le macchine erano rosse. E poi le foglie degli alberi, i cani a passeggio, l'erba e il cielo.
Nei sogni, solo il rosso.
Al suo risveglio non sapeva quale potesse essere il colore migliore per vivere: il rosso o il verde? Nessuno dei due. Gli mancavano tutte le sfumature che da piccolo aveva provato: ricordi di tramonti e di albe, di fiumi e di mari; di quando c'era la neve, l'arcobaleno; degli orsacchiotti colorati nello zaino di scuola; di pesci rossi e cavallette, salame e sottilette, brufoli e cioccolata. Poi, lentamente, i ricordi si restrinsero al monocromatico. Un caso raro di alterata visione di colori che si espletava tra sogno e realtà.
In seguito, anche quella luce verde piano piano si offuscò, più nessun contorno, il nulla. Questa era la sua vita attuale anche se non ricordava da quanto. Il senso del tempo era svanito. Ma i sogni continuarono rossi.
Quando camminava aveva la sensazione di fluttuare nella nebbia ad alta quota.
I rumori della natura si acuivano, come gli odori. Riprovava quelle sensazioni come un tuffo nel liquido amniotico. Tra mare e cielo.
E il mare quel giorno lo sentiva vicino.
In quel frangente fece l'incontro della sua vita.
“Ciao.”
Un dolce saluto che sembrava arrivare dalla onde.
“Ciao, sei una sirena?” domandò l'uomo che una volta vedeva verde.
“Sono una nuvola.”
“Mi porti via con te?”
“Seguimi.”
“Mi dispiace ma non posso vederti.”
“Neanch'io, ma sento la tua dolce aura.”
“La sento anch'io.”
“Non devi fare nulla, lasciati andare.”
“Ci provo.”
“Prendi la mia mano. Senti l'aria che accarezza il viso?”
“Un po', ma a me sembra di appoggiare i piedi per terra.”
“Anche a me, ma a volte mi sento così leggera che mi sembra di volare e svanire, per questo mi chiamano nuvola.”
“Chi ti chiama così?”
“Tutte le persone a me vicine”
“E io che pensavo di sognare, vicino a una vera nuvola...”
“Non ti ho mai visto da queste parti” disse la fanciulla.
“Neanch'io. Però ti avrei potuto vedere da piccola” rispose sarcasticamente.
“Oh, anch'io.”
“Veramente! E poi? Hai iniziato a vedere solo verde anche tu? ”
“No, solo rosso.”
“Allora sei un sogno.”
“Sogno... mi piacerebbe tanto poterlo essere.”
“O forse lo sono io.”
“O tutti e due!”
Le due mani che si tenevano allentarono la presa e cominciarono a sfiorarsi provocando un leggero solletico e rilasciando un calore che si diramava in ogni parte del corpo. Poi i palmi scivolarono dolcemente accarezzandosi la pelle l'un l'altra, fino al volto.
“Hai un orecchio morbidissimo.”
“Come le tue labbra.”
“Sentiamo se anche le tue...” Dolcemente le mani di lei cinsero il capo per accompagnarlo verso l'incontro. Lui sfiorò prima la fronte, gli occhi, il naso...
“In questo caso non avere la vista è una magia” sussurrò lei.
“Ma io ti vedo e ho l'impressione di averti sempre vista.”
“Anche per me. Sono passati pochi minuti ma mi sembrano una vita.”
“Come ti chiami?”
“Carla.”
“Io Luigi. Dove abiti?”
“In nessun posto, sono di passaggio.”
“Che bello. Posso accompagnarti?”
“Certo.”
“Cosa succede, non sento più la terra sotto i piedi.”
“Non la sento neanch'io, ma percepisco l'aria fresca sulla pelle. Forse stiamo volando.”
“Stringimi forte.”
“Non ti lascio più. È fantastico. Non abbiamo più ostacoli da oltrepassare.”
“Non sento più i piedi e neanche le mani.”
“Neanch'io.”
“Allora cosa siamo?”
“Siamo una sola cosa. Siamo luce e siamo buio. E siamo parte dell'universo. Mi sembra di conoscerti da sempre.”
“Vorrei baciarti ma non trovo le labbra”
“Non ha importanza: noi siamo bacio, e siamo occhi, mani, piedi, pelle e capelli.”
“Avrei voglia di cioccolata con nocciole intere.”
“Che buona, è anche la mia preferita, al latte. Andiamo a cercarla.”
“Dove?”
“Sento una voce che mi dice di andare in quella direzione.”
“Quale voce?”
“Una voce dolce.”
“Guarda!”
“Cosa?”
“Quell'albero.”
“Ma allora...”
“Cosa?”
Luigi avrebbe voluto toccarsi gli occhi ma non aveva le mani, e neanche i piedi, e braccia, gambe, testa. Non aveva corpo.
“Allora ci vediamo!”
“Già! Mi sembra di essere tornata bambina”
Si avvicinarono e si presentò ai loro occhi un maestoso albero dai cui rami pendevano tavolette di fine cioccolata con nocciole intere.
“Come facciamo a prenderle se non abbiamo più le mani, e a mangiarle senza bocca?”
“Forse siamo parte di un incantesimo di una fiaba.”
“Allora dobbiamo prepararci al peggio. Nelle fiabe c'è sempre un cattivo che vuole distruggere i sogni.”
“Ho paura.”
“Non devi averla, alla fine l'amore vince sempre.”
“Oppure siamo in paradiso.”
“Ho sempre pensato che non esistesse, ma forse mi sbagliavo.”
“Guarda che cielo stellato.”
“È stupendo.”
“Mamma!”
“Amore! Che bello rivederti. Ti stavo aspettando.”
“Mi dispiace mamma, per tutte le brutte parole che ti ho detto.”
“Lo so, non ti preoccupare. Ora staremo sempre insieme. Ti ricordi del nonno? Forse no, avevi solo due anni.”
“Mamma, ti presento Luigi.”
“Lo conosco, lo conosco, un bravo ragazzo. Scusate, devo fare un salto in ufficio per stilare la lista dei nuovi ingressi. Ci vediamo più tardi per una cenetta tutti insieme? Che ne dite? Ci sarà qualcuno che non vedete più da tanto tempo...”
“Sarebbe bellissimo.” risposero all'unisono.
Ma questo paese è fantastico, non ci ero mai stato.”
“A dir la verità neanch'io” rispose Luigi. “Ehi, guarda laggiù, quel tipo con la chitarra a tracolla.”
“Sì, lo vedo, si sta avvicinando.”
“Non ti sembra...”
“Beh, in effetti, c'è una certa somiglianza...”
“Non ci credo! È proprio lui: Jimy Hendrix!”
“Ciao ragazzi, volete fare un tiro?”
“Wow! Mi fumerei anche tutta la tua Stratocaster” rispose lui.
“Non dirlo a me” proseguì lei.
“Ditemi cosa ne pensate di questo nuovo riff che ho appena scritto.”
“Ammazza che botta Ca! Ma da chi l'hai presa sta roba?”
“E che te devo di, Luì, mica l'ho visto in faccia.”
“Questa è bella! Per fortuna che c'è Poldo se no andò annavo.”
“Per questo è meglio Daisy, è molto più affidabile. E poi, da quando se la stava a ingroppà quello dell'unità cinofila, non hanno mai avuto il coraggio di chiederci nulla.”
“Ma che vuoi chiedere a due cecati! Senti, ma domani andò famo la grigliata de Pasquetta?”
“Al fiume.”
“Ah che bello, almeno saremo serviti e riveriti.”
“Già, dammi un bacio.”
“Il bacio non si chiede, si dà e basta.”
“E dammelo allora.”
“E tieni... buona Pasqua, amò.”
Tutto verde intorno. Dolci colline, prati e chiome di alberi; riflessi di un lago tra la macchia; la parete invasa dall'edera. Il cielo e il gatto, anche loro verdi.
Si dice che verde sia la speranza, l'equilibrio; viene associato alla ricchezza ma anche all'assenza di questa. Per Luigi il verde era tutto.
Passava e si fermava. Gioiva e piangeva. Ma non c'era contrasto in chi non lo conosceva.
Verde era il pensiero, nelle centinaia di sfumature, dal vescica al veronese, menta e turchese.
Il rosso andava al verde rame. Il blu, al verde mare. Il giallo, al verde rane. L'alternativa era il nero.
Il semaforo era sempre verde anche quando lampeggiava. Lui non si fermava e il clacson suonava. Fortuna che l'udito era sopra la media. Era un fluire continuo senza sosta di pensieri.
I frutti potevano sembrare acerbi ma non lo erano e neanche lui: 27 anni passati al verde e purtroppo le cose sarebbero peggiorate.
Hulk era il suo eroe preferito, perché quando si arrabbiava spaccava tutto, mentre lui non riusciva a rompere neanche un ramoscello d'ulivo: nella sua casa in montagna, neanche l'ombra.
Allora scendeva al mare e lì ce n'erano di secolari, che poteva solo accarezzare.
La notte gli dava sollievo finché non sognava; e allora gli faceva visita il suo complementare: una Ferrari rossa che lo faceva sobbalzare dal letto. Sfrecciava davanti ai suoi occhi con la sua scia scarlatta. Ma non era la sola: tutte le macchine erano rosse. E poi le foglie degli alberi, i cani a passeggio, l'erba e il cielo.
Nei sogni, solo il rosso.
Al suo risveglio non sapeva quale potesse essere il colore migliore per vivere: il rosso o il verde? Nessuno dei due. Gli mancavano tutte le sfumature che da piccolo aveva provato: ricordi di tramonti e di albe, di fiumi e di mari; di quando c'era la neve, l'arcobaleno; degli orsacchiotti colorati nello zaino di scuola; di pesci rossi e cavallette, salame e sottilette, brufoli e cioccolata. Poi, lentamente, i ricordi si restrinsero al monocromatico. Un caso raro di alterata visione di colori che si espletava tra sogno e realtà.
In seguito, anche quella luce verde piano piano si offuscò, più nessun contorno, il nulla. Questa era la sua vita attuale anche se non ricordava da quanto. Il senso del tempo era svanito. Ma i sogni continuarono rossi.
Quando camminava aveva la sensazione di fluttuare nella nebbia ad alta quota.
I rumori della natura si acuivano, come gli odori. Riprovava quelle sensazioni come un tuffo nel liquido amniotico. Tra mare e cielo.
E il mare quel giorno lo sentiva vicino.
In quel frangente fece l'incontro della sua vita.
“Ciao.”
Un dolce saluto che sembrava arrivare dalla onde.
“Ciao, sei una sirena?” domandò l'uomo che una volta vedeva verde.
“Sono una nuvola.”
“Mi porti via con te?”
“Seguimi.”
“Mi dispiace ma non posso vederti.”
“Neanch'io, ma sento la tua dolce aura.”
“La sento anch'io.”
“Non devi fare nulla, lasciati andare.”
“Ci provo.”
“Prendi la mia mano. Senti l'aria che accarezza il viso?”
“Un po', ma a me sembra di appoggiare i piedi per terra.”
“Anche a me, ma a volte mi sento così leggera che mi sembra di volare e svanire, per questo mi chiamano nuvola.”
“Chi ti chiama così?”
“Tutte le persone a me vicine”
“E io che pensavo di sognare, vicino a una vera nuvola...”
“Non ti ho mai visto da queste parti” disse la fanciulla.
“Neanch'io. Però ti avrei potuto vedere da piccola” rispose sarcasticamente.
“Oh, anch'io.”
“Veramente! E poi? Hai iniziato a vedere solo verde anche tu? ”
“No, solo rosso.”
“Allora sei un sogno.”
“Sogno... mi piacerebbe tanto poterlo essere.”
“O forse lo sono io.”
“O tutti e due!”
Le due mani che si tenevano allentarono la presa e cominciarono a sfiorarsi provocando un leggero solletico e rilasciando un calore che si diramava in ogni parte del corpo. Poi i palmi scivolarono dolcemente accarezzandosi la pelle l'un l'altra, fino al volto.
“Hai un orecchio morbidissimo.”
“Come le tue labbra.”
“Sentiamo se anche le tue...” Dolcemente le mani di lei cinsero il capo per accompagnarlo verso l'incontro. Lui sfiorò prima la fronte, gli occhi, il naso...
“In questo caso non avere la vista è una magia” sussurrò lei.
“Ma io ti vedo e ho l'impressione di averti sempre vista.”
“Anche per me. Sono passati pochi minuti ma mi sembrano una vita.”
“Come ti chiami?”
“Carla.”
“Io Luigi. Dove abiti?”
“In nessun posto, sono di passaggio.”
“Che bello. Posso accompagnarti?”
“Certo.”
“Cosa succede, non sento più la terra sotto i piedi.”
“Non la sento neanch'io, ma percepisco l'aria fresca sulla pelle. Forse stiamo volando.”
“Stringimi forte.”
“Non ti lascio più. È fantastico. Non abbiamo più ostacoli da oltrepassare.”
“Non sento più i piedi e neanche le mani.”
“Neanch'io.”
“Allora cosa siamo?”
“Siamo una sola cosa. Siamo luce e siamo buio. E siamo parte dell'universo. Mi sembra di conoscerti da sempre.”
“Vorrei baciarti ma non trovo le labbra”
“Non ha importanza: noi siamo bacio, e siamo occhi, mani, piedi, pelle e capelli.”
“Avrei voglia di cioccolata con nocciole intere.”
“Che buona, è anche la mia preferita, al latte. Andiamo a cercarla.”
“Dove?”
“Sento una voce che mi dice di andare in quella direzione.”
“Quale voce?”
“Una voce dolce.”
“Guarda!”
“Cosa?”
“Quell'albero.”
“Ma allora...”
“Cosa?”
Luigi avrebbe voluto toccarsi gli occhi ma non aveva le mani, e neanche i piedi, e braccia, gambe, testa. Non aveva corpo.
“Allora ci vediamo!”
“Già! Mi sembra di essere tornata bambina”
Si avvicinarono e si presentò ai loro occhi un maestoso albero dai cui rami pendevano tavolette di fine cioccolata con nocciole intere.
“Come facciamo a prenderle se non abbiamo più le mani, e a mangiarle senza bocca?”
“Forse siamo parte di un incantesimo di una fiaba.”
“Allora dobbiamo prepararci al peggio. Nelle fiabe c'è sempre un cattivo che vuole distruggere i sogni.”
“Ho paura.”
“Non devi averla, alla fine l'amore vince sempre.”
“Oppure siamo in paradiso.”
“Ho sempre pensato che non esistesse, ma forse mi sbagliavo.”
“Guarda che cielo stellato.”
“È stupendo.”
“Mamma!”
“Amore! Che bello rivederti. Ti stavo aspettando.”
“Mi dispiace mamma, per tutte le brutte parole che ti ho detto.”
“Lo so, non ti preoccupare. Ora staremo sempre insieme. Ti ricordi del nonno? Forse no, avevi solo due anni.”
“Mamma, ti presento Luigi.”
“Lo conosco, lo conosco, un bravo ragazzo. Scusate, devo fare un salto in ufficio per stilare la lista dei nuovi ingressi. Ci vediamo più tardi per una cenetta tutti insieme? Che ne dite? Ci sarà qualcuno che non vedete più da tanto tempo...”
“Sarebbe bellissimo.” risposero all'unisono.
Ma questo paese è fantastico, non ci ero mai stato.”
“A dir la verità neanch'io” rispose Luigi. “Ehi, guarda laggiù, quel tipo con la chitarra a tracolla.”
“Sì, lo vedo, si sta avvicinando.”
“Non ti sembra...”
“Beh, in effetti, c'è una certa somiglianza...”
“Non ci credo! È proprio lui: Jimy Hendrix!”
“Ciao ragazzi, volete fare un tiro?”
“Wow! Mi fumerei anche tutta la tua Stratocaster” rispose lui.
“Non dirlo a me” proseguì lei.
“Ditemi cosa ne pensate di questo nuovo riff che ho appena scritto.”
“Ammazza che botta Ca! Ma da chi l'hai presa sta roba?”
“E che te devo di, Luì, mica l'ho visto in faccia.”
“Questa è bella! Per fortuna che c'è Poldo se no andò annavo.”
“Per questo è meglio Daisy, è molto più affidabile. E poi, da quando se la stava a ingroppà quello dell'unità cinofila, non hanno mai avuto il coraggio di chiederci nulla.”
“Ma che vuoi chiedere a due cecati! Senti, ma domani andò famo la grigliata de Pasquetta?”
“Al fiume.”
“Ah che bello, almeno saremo serviti e riveriti.”
“Già, dammi un bacio.”
“Il bacio non si chiede, si dà e basta.”
“E dammelo allora.”
“E tieni... buona Pasqua, amò.”