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Re: Femminile e professioni

dyskolos ha scritto: Per me ci sono poche donne in politica perché le donne stesse non sono tanto interessare all'articolo :)
Be' no, non è una cretinata (non da linciaggio, comunque :P ) , è un dato di fatto che ci siano meno donne in politica. La domanda è: per quale motivo? Non certo per le incombenze materne (fare turni in fabbrica o in ospedale è molto più difficoltoso per chi ha dei figli).
La questione comunque è tutt'altro che banale, perché i motivi possono essere diversi. Per prima cosa è doppiamente difficile per una donna avere accesso al mondo politico. Qualsiasi cosa faccia, ci sarà un troglodita che pensa "ma perché questa qui non se ne sta a casa a badare alla famiglia?" (sembra da medioevo, ma purtroppo non lo è); in seconda istanza, la consapevolezza della difficoltà può scoraggiare molte ragazze dall'iscriversi a Scienze politiche, preferendo magari altre strade per realizzare gli stessi obiettivi, in campi dove possono avere più opportunità di fare una differenza (quello medico, scientifico o sociale). Il fatto che il voto alle donne sia stato concesso molto tardi (specie in Italia), ha fatto sì che intere generazioni crescessero con la convinzione inconscia di non essere autorizzate ad avere idee politiche, e di conseguenza se ne siano tenute alla larga (trasmettendo questa sensazione ai loro figli). Ma è un'altra delle cose che stanno cambiando in fretta, visto che alcune delle figure politiche più influenti d'Europa sono donne. Prevedo che in un futuro prossimo si arriverà a un sostanziale pareggio, senza bisogno di forzature.

Alcuni video del milanese imbruttito li avevo visti. Questo mi pare ricalcare un po' Mrs. Doubtfire, ma senza la simpatia di Robin Williams. Carino, comunque  :lol: 

Re: Femminile e professioni

dyskolos ha scritto: De facto hanno costruito un terzo genere: il disabile. Devo provare per scoprire la differenza :-)
Solo perché a nessuno è ancora venuto in mente di fare bagni e insegne diverse per disabili maschi e femmine. Ma di questo passo ci arriveremo :asd:
Ci sono posti dove per trovare il bagno giusto ci ho messo un po', come decifrare geroglifici: maschi, femmine, disabili, femmine accompagnate da bambini, fasciatoio, riservato al personale, ecc.
ivalibri ha scritto: C'è sempre qualcuno che la scosta per vedere se è occupato. 
Vero, anche se basterebbe guardare se spuntano dei piedi. Io infatti mi provo le cose sempre in fretta :lol: A parte gli sbircioni di professione come @dyskolos , ci sono anche quelli (ma più spesso sono donne, molti uomini pensano "ma sì è la taglia giusta, andrà bene", spesso lo faccio anch'io) che vedono la tenda chiusa ma non sono convinti che non ci sia nessuno, magari è solo per tenerla in ordine che è stata chiusa.
ivalibri ha scritto: Le donne sono assenti nel canone letterario, assenti tra i nomi di grandi scienziati o di altre discipline perché non ci sono o perché così viene narrato? Prendi un manuale di storia, di filosofia o di letteratura e si vede un'assenza imbarazzante. Ma le donne scrittrici esistono e non solo nel '900, così come le filosofe, ecc. eppure compaiono come sparute eccezioni.
Le donne non sono assenti, ma nei secoli scorsi molte non hanno avuto la possibilità concreta di studiare o di intraprendere carriere artistiche, quelle che ci sono riuscite sono in netta minoranza rispetto agli uomini. È un dato oggettivo ed è normale che fossero molte di meno, se perfino quelle benestanti non potevano studiare, viaggiare o altro, a meno di non avere un padre/marito che glielo permettesse (o di avere il denaro e il coraggio per essere indipendenti). Penso ad Artemisia Gentileschi, il cui padre era a sua volta pittore, o Ipazia, che aveva un padre matematico e filosofo.
Nonostante ciò, ci sono state filosofe, teologhe, pittrici, poetesse, scienziate, regine, ecc. molto influenti nel loro ambiente e nel loro tempo. Il problema è che spesso le loro figure sono state messe in secondo piano, perché a tramandare la storia sono stati uomini (mannaggia, era il settore storico, quello a cui dovevamo puntare da subito :si:  ). Da un po' di tempo si è cominciato a recuperare queste figure attraverso saggi, romanzi e film. Quelle di cui non ci è stato tramandato niente purtroppo non potremo mai conoscerle, ma le cose sono cambiate, adesso i modelli femminili (e tutt'altro che stereotipati) ci sono e aumenteranno in futuro.
ivalibri ha scritto: Questa impostazione di pensiero andrebbe scardinata. E non solo chiamando la ministra con il suo nome, cosa che non ho mai affermato nei miei commenti. 
Certo, non era riferito a te. È solo che a volte finisco il post e mi accorgo di aver divagato troppo, quindi cercavo di riagganciarmi al discorso iniziale :lol:

Re: Femminile e professioni

swetty ha scritto: La decostruzione dei modelli maschile/femminile è il primo passo verso l'uguaglianza e, che uno lo veda o no, è la direzione che prende la società (compreso il fatto che sempre più bagni sono misti). E non si tratta affatto di "cancellazione del femminile" o, sarebbe meglio dire, di "cancellazione delle differenze biologiche".
Stessa cosa che penso io. La questione non dovrebbe essere "personalizzare tutto, anche la lingua, per non scontentare nessuno" (si diventerebbe pazzi), ma creare un ambiente dove le diversità biologiche e mentali esistono ma non sono rilevanti nella vita sociale e lavorativa.
La cosa più complicata da cambiare è la mentalità: se una donna mette pantaloni, scarpe da ginnastica, e non si trucca, non è femminile e quindi è sciatta. Ma chi ha deciso che le donne devono mettere gonne, tacchi e trucco e gli uomini no? È una convenzione, non è un'istinto innato nelle donne quello di truccarsi. Deriva da una mentalità dove per la donna contava solo l'aspetto, la dote e la capacità di fare figli, cose che possiamo, credo, lasciarci alle spalle senza rimpianti.
La questione dei bagni mi pare assurda. Io uso quelli delle donne solo perché ho timore di mettere in imbarazzo qualcuno, ma se in quello delle donne c'è la fila e mi posso imbucare in quello degli uomini lo faccio. Il bagno poi si chiude, quindi cosa dovrebbero sbirciare? Francamente, se mi devo pettinare o sciacquare la faccia, mi da fastidio se c'è qualcuno vicino, che sia donna o uomo, sono comunque sconosciuti.
È la stessa cosa se si va dal medico per una visita: il fatto che sia uomo o donna fa poca differenza, so che sono lì per curarmi, non per guardare se ho la cellulite o cosa (e in tal caso mi darebbe fastidio uguale)
swetty ha scritto: In realtà non è così esigua, anzi, la maggior parte delle persone per una cosa o per l'altra non si riconoscono nel modello "femminile" o "maschile" al 100%, ma sono da qualche parte tra i due estremi.
Di nuovo d'accordo. Il fatto di sentirsi maschio o femmina (al di là del sesso biologico) dipende molto da quali sono i modelli di riferimento.

Io nel modello femminile per eccellenza mi riconosco poco, forse al 60%. Non ho dubbi sul mio genere, solo che non mi riconosco nello stereotipo. Quindi per me è quest'ultimo che va cambiato.
Molti dei miei modelli di vita e di scrittura sono maschili, e sarebbe normale se gli uomini prendessero a modello figure femminili riconosciute come notevoli (anche se, ma solo per ora, sono in minoranza)
Non è tanto la lingua che deve adattarsi, ma gli stereotipi e le divisioni che devono essere superati. Se chiamo una donna "ministra", ma poi quando devo criticare il suo operato non so trovare di meglio che insulti sul suo aspetto o a sfondo sessuale (e purtroppo succede spesso), allora è inutile.

Re: Femminile e professioni

dyskolos ha scritto: questo punto, credo che possiamo sentire il parere di Yasmina Pani (una giovane linguista)
Sono d'accordo quando dice che il genere linguistico non ha necessariamente a che fare con il genere biologico. Al di là di quello, parla così veloce che ho capito poco... :lol:
dyskolos ha scritto: Infatti spesso mi chiedo come mai le donne accettino di andare con uomini violenti, ma non con quelli senza coraggio come me
Mah, credo che nessuna donna scelga di proposito uomini violenti, spesso questi problemi emergono dopo (quando magari hai appartamenti in comune o figli, e diventa difficile, proprio materialmente, staccarsene).

dyskolos ha scritto: Hai ragione. Specifico meglio (come ho scritto) che io sono cresciuto con l'idea che "le donne non si sfiorano nemmeno con i petali di una rosa". Me lo diceva spesso mia nonna quando ero bambino. Quella è la mia etica a proposito. Fanno bene ad arrabbiarsi, certo, ma non con me :)
Io sono dell'idea che nessuno, né uomo né donna si sfiora neanche con un petalo di rosa. Se l'altra persona non ha dato in modo esplicito il consenso, io non mi permetto di toccarla. Poi i fraintendimenti possono capitare. Sono sicura che nel tuo caso si sia trattato di questo. Purtroppo quando si subiscono molestie più o meno esplicite per tanto tempo, può succedere di prendersela con qualcuno che non c'entra niente, magari per un gesto innocente. Dà fastidio essere accusati ingiustamente, ma bisogna cercare di mettersi nei panni dell'altro: chi vede minacce dove non ci sono probabilmente ha una storia di paura alle spalle.

Nel mio caso, gli episodi di cui parlavo erano molto diversi. In uno ero al bar col mio ragazzo di allora, e ho chiacchierato piacevolmente per un po' con un altro tizio, finché questo non mi ha apertamente messo la mano addosso. Io gli ho tirato una forte sberla (non per principio, solo per riflesso), gli sono volati via gli occhiali da sole e si sono rotti. Il mio ragazzo ha criticato me, perché secondo lui parlando e scherzando per tanto tempo con quel tale l'avevo incoraggiato e, anzi, avevo messo in imbarazzo lui. Avevo sì e no 22 anni, ero molto ingenua e fiduciosa ma non stupida, quindi ho lasciato quel cretino poco dopo.
La seconda volta io e il mio compagno fisso stavamo festeggiando il capodanno nella piazza principale, quando due idioti hanno fatto degli apprezzamenti pesanti su di me. Lui era un uomo d'oro ma purtroppo perdeva la testa su queste cose (poi era capodanno, e quindi spumante a fiumi...), e ne è nata una rissa.  A quel punto sono saltata addosso a uno dei due, non per i commenti ricevuti, ma solo per difendere lui (il giorno dopo il quotidiano locale riportava la notizia di una rissa tra ignoti, poco sotto alla bella e romantica foto di un bacio che un giornalista ci aveva fatto allo scoccare della mezzanotte). A me davvero non sarebbe importato, avrei preferito riderci sopra e continuare a festeggiare in santa pace.
In un altro caso ero una ragazzina e facevo autostop (e qui molti potrebbero dire: se ti succede qualcosa te la sei cercata), quando il tizio che mi dava un passaggio ha preso una strada di campagna isolata e ci ha provato. Sono stata fortunata che sia bastato dirgli "Guarda che sono minorenne e ho preso il numero di targa, ti denuncio" per mettergli paura e indurlo a desistere. Altre non sono state così fortunate, ed è uno schifo che la vita di una donna si basi per lo più sul caso. Pensate veramente che mettere una a alla fine del titolo di una professione basti?

Sono molto fuori topic, lo so, ma la questione del rispetto delle donne per me passa anche da queste esperienze, più che da espedienti linguistici

Re: Femminile e professioni

dyskolos ha scritto: "Pensa come unə scienziatə". Gli scevà sono addirittura enfatizzati nella grafica di copertina.  :o
Questo è ancora niente, io ho letto un romanzo Triskell dove quel simbolo lì (non fatemelo scrivere :P ) veniva usato in tutto il libro. Ora, il romanzo parlava di un/una (cavolo... ) protagonista gender fluid, e una nota all'inizio spiegava perché si fosse scelto di fare così. Tuttavia, il romanzo era il quarto di una serie, e questo personaggio compariva anche nei primi tre, ora al maschile, ora al femminile. Io non avevo avuto alcun problema a seguire i cambi di genere, invece ritrovarmi questi simboli impronunciabili (per me) mi ha costretta a leggere quelle parole e articoli come fossero monchi. Hanno voluto enfatizzare questa cosa anche nel titolo usando una sorta di "3" rovesciato nella parola "perch3" (da quel che ho capito si userebbe per il plurale inclusivo e lì non c'entrava niente). Il libro l'ho letto lo stesso, ma era inutilmente complicato
Marcello ha scritto: Quanto allo scevà non è una lettera ma un simbolo in uso nella fonologia
Sì, infatti, io l'ho chiamato vocale, ma è un simbolo fonetico, che quindi non usano davvero neppure nell'ebraico, che non ha vocali scritte. A me già stava antipatico, ma l'altro giorno a una trasmissione su rai tre c'era una professoressa che tra i molti argomenti del suo libro parlava anche di questo, e faceva notare da dove derivasse (e quindi l'assurdità non solo linguistica ma anche ideologica nell'usarlo come simbolo inclusivo). Mi ha colpita questa cosa, perché spesso si accettano le novità in modo acritico, appena uno dice "è a favore dell'inclusività".

Tanto per non fare differenze, non accetterei simboli grafici nemmeno che derivino dalla tradizione cattolica o dall'islam. Tutte le religioni monoteiste sono maschiliste alla base (non a caso immaginano tutte un dio a somiglianza dell'uomo, la donna nasce sempre poi, come un sottoprodotto... ).

Anni fa avevo una collega musulmana che sembrava una ragazza moderna e indipendente in tutto, ma appena il discorso è caduto sugli uomini, ho avuto uno choc: era fermamente convinta che le donne dovessero avere un aspetto casto quando andavano in giro, perché per l'uomo poverino sarebbe stato troppo difficile trattenersi vedendo una bella donna coi capelli sciolti o la minigonna. Dal momento che non volevo offenderla, non le ho detto che era una colossale scemenza, ho cercato invece di capire meglio, ma credo non lo sapesse neanche lei: era cresciuta con questa convinzione, e niente che potessi dire l'avrebbe cambiata. Ho avuto esperienze simili in Iran: le uniche volte che qualcuno ha guardato male me o le mie compagne di viaggio, si trattava di donne velate completamente di nero, che ritenevano loro dovere vigilare sulla morale comune. Gli uomini invece mi hanno spesso stretto la mano (anche se sarebbe proibito), o mi hanno rassicurata quando mi cadeva il velo. Per quanto paradossale, il sistema maschilista non si regge solo sugli uomini, ma anche sulle donne.
Questo però io lo noto, e mi stona, per diritti essenziali (come potersene andare in giro a testa e braccia scoperte, o lasciare un marito violento). Cambiare una o con una a mi sembra ancora una cosa trascurabile, specie se paragonata alla situazione delle donne da altre parti. In Italia abbiamo raggiunto la parità legale se non di fatto, e non è poco. Se scoprissi che un mio collega uomo guadagna più di me facendo lo stesso lavoro, posso fare causa all'azienda. Se qualcuno mi molesta lo posso denunciare (o picchiare, un paio di schiaffoni li ho tirati  :rolleyes:  ).
La questione linguistica va bene, se cambia ci si adatterà, ma con delle regole certe e uguali per tutti, senza forzature o cose buttate lì come gli asterischi o altri orrori grafici

Re: Femminile e professioni

@swetty Wow, ho letto i tuoi interventi con una sorta di reverente stupore  :love: In pratica è il sunto di quel che avrei detto io se solo avessi qualche competenza linguistica in più, e una maggiore chiarezza nelle idee che mi vanno a zonzo per la testa.
Molto interessanti le ricerche che hai linkato, sono un po' lunghe ma pian piano finisco di leggerle, perché forniscono utili spunti di riflessione.
swetty ha scritto: Sempre restando nel punto di vista linguistico, secondo me il problema di chi porta avanti questa "femminilizzazione" è che semplifica troppo la distinzione maschile-femminile, ritenendo che sia una questione legata più che altro alla biologia.
è la percezione che ne ho io, e probabilmente il motivo per cui non sento giusto adeguarmi e basta. Devo prima districare tutta la matassa di significati e scopi che ci stanno dietro.
swetty ha scritto: Ma vorrei aggiungere un ulteriore punto: una tecnica per capire se una cosa è discriminatoria o no, è cambiare la categoria di discriminato: di solito si suggerisce di sostituire le donne con i neri o gli ebrei. Non sarebbe fastidioso leggere "abbiamo intervistato l'ingegnere ebreo Giovanni" o "come riporta il sindaco nero Mario"?
È il tipo di ragionamento che faccio io. Specificare a tutti costi il genere femminile, anziché creare parità, per me ne sottolinea con forza la differenza, quindi il contrario di quel che (presumo) si voleva ottenere.

Non è una questione facile, ma lo diventa ancora meno quando qualcuno pretende di semplificarla, mettendo solo una a al posto di una o, o addirittura simboli estranei alla lingua italiana (come gli asterischi e lo schwa, che non so fare). Tra l'altro, cercando di informarmi, ho scoperto che lo schwa è una vocale ebraica, cioè appartenente a una delle culture più chiuse e maschiliste in assoluto, il che mi fa sentire ancora più confusa e scettica sul fatto di usarla a favore dell'inclusività.
La sensazione è che ognuno proceda un po' per i fatti suoi, quindi prima di impegnarmi voglio stare a vedere dove questi nuovi linguisti arriveranno, e magari farmi una risata se li vedo inciampare (senza cattiveria) :D 
massimopud ha scritto: Sembrerebbe che il semplice automatismo di volgere il maschile in femminile con il passaggio da una "o" a una "a" sia percepito da molti quasi come uno scimmiottamento, un'imitazione un po' caricaturale della forma maschile, mentre quando la differenza è più marcata pare non esserci quasi mai nessun problema.
Sembra una sciocchezza, ma è vero. Io mi accorgo di avere a volte problemi con le forme femminili semplici, ma meno con quelle complesse. Architetta mi fa sorridere, ma Architettrice (che mi pare sia anche nel titolo di un romanzo) ha una certa autorità in più (forse perché richiama il verbo architettare). Se la differenza è più marcata sembra più genuina, "diversa", e quindi meno forzata, ma purtroppo non vale per tutte le professioni.
Però sì, commissaria a me suona un po' forzato (infatti non lo uso), mentre ispettrice stranamente no. Non saprei spiegare il perché, ma mi piacerebbe capirlo.

Re: Femminile e professioni

ivalibri ha scritto: A me sinceramente non pare che l'autrice voglia imporre il proprio pensiero.
Questa è solo la mia impressione, per il modo dismissivo in cui ha presentato le potenziali obiezioni. Io ho percepito un tono vagamente ironico di superiorità, ma è appunto una sensazione personale. L'articolo in sé è interessante, approfondito, e utile al dibattito, anche se non sono d'accordo con le sue conclusioni
.
ivalibri ha scritto: Ricorderai il caso della giovane direttrice d'orchestra che voleva essere chiamata direttore. Ma questo dovrebbe farci ragionare. Io stessa, lo confesso, ragionavo così.
Ricordo anch'io il caso, e sì, dovrebbe farci ragionare, ma sempre nel rispetto delle scelte delle singole persone. Questa donna avrà i suoi motivi, che noi non sappiamo e quindi non possiamo (né dovremmo) giudicare. Altrimenti si arriva all'estremo assurdo di criticare le donne perché non sostengono la causa femminista, come se fosse una guerra.
ivalibri ha scritto: come mai nessuno ha nulla da obiettare di fronte al femminile di professioni come serva, cameriera, cassiera e commessa e invece suona male avvocata e ministra?
è evidente che è il mancato uso che fa sì che avvocata o ministra o architetta (e dai, diciamolo, fa un po' sorridere :lol: ) ci suonino strani. Non ho dubbi che prima o poi entreranno nell'uso comune, perché il mondo cambia e la lingua si adegua. Ma i tempi non sono quelli social, potrebbe volerci una generazione prima che questi termini vengano integrati del tutto, e nel frattempo io uso quelli a cui sono abituata, se nessuno me lo impedisce.
Il cambiamento della lingua non è la mia priorità, tutto qui. Non ho nessuna intenzione di impedirlo, ma neanche di aggregarmi con entusiasmo a qualcosa che ancora non capisco del tutto
dyskolos ha scritto: Quindi la lingua, e con essa le parole che si usano, non è neutra.
Sono d'accordo solo in parte. Alcune parole hanno connotati positivi o negativi in sé, ma la lingua per me può essere neutra, e a definire il significato è spesso ciò che l'accompagna: il tono, l'espressione del viso. Gli amici magari si insultano, ma sanno che è uno scherzo. Se una cara amica mi dice che sono str*nza o pazza, non è la stessa cosa che se me lo dicesse un estraneo.
Se qualcuno mi chiamasse avvocata o avvocato per me non farebbe differenza, ma conta tanto il tono e il modo in cui la parola è pronunciata (motivo per cui non amo le chat, dove non si può capire). Mi è capitato di sentirmi chiamare "signora" e coglierci una sfumatura di disprezzo. Non sono le parole usate il problema, ma il tono e l'atteggiamento.

Re: Femminile e professioni

ivalibri ha scritto: Se vi va, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. 
L'articolo è lunghetto ma molto interessante. C' è una buona analisi di tutti gli spunti e le questioni che saltano fuori quando si tocca l'argomento.
Però leggendolo io ho la netta sensazione che l'autrice voglia impormi il suo punto di vista come se fosse il più ragionevole possibile (e tutti gli altri siano sciocchi), mentre in realtà è solo la sua opinione personale, per quanto l'abbia approfondita e studiata per lavoro, basata sulle sue esperienze e credenze personali (anche se critica apertamente questo approccio come poco scientifico).
Non mi piace granché il tono superficiale e paternalistico (o maternalistico, per non fare differenze :P ) con cui tratta i dubbi legittimi degli altri.
Io che sono donna non mi sentirei esclusa né svilita nell'essere chiamata avvocato, e non credo proprio di dovermi giustificare con l'autrice dell'articolo per questo. Io mi ritengo di mentalità aperta, ma fatico a vedere a chi possa giovare questo cambiamento linguistico, e sono sicura di non essere la sola. Se io come donna non vedo minacce maschiliste ovunque, magari grazie alla mia esperienza personale e limitata (ma neanche tanto), il dubbio che si stia gettando fumo negli occhi perché si è incapaci di risolvere i problemi veri mi viene. Come dire: sì da donna magari sarai violentata o ammazzata, ma nell'articolo di cronaca nera ti chiameranno col titolo lavorativo al femminile, perciò rallegrati...

Re: Femminile e professioni

Poeta Zaza ha scritto: Secondo voi perché c'è babysitter e non c'è babybrother?
Il termine "sitter" significa solo custode, guardiano, quindi non è necessariamente femminile. Che poi uno senta babysitter e immagini una persona di sesso femminile è, come ho detto sopra, questione di mentalità. Ma secondo me non si cambia la mentalità con la lingua. È nel cervello delle persone che le cose devono cambiare.
Brutus ha scritto: Nel primo allegato si specificano anche le regole da seguire nella pubblica amministrazione. Io l'ho trovato interessante. Ad esempio giudice rimane tale, cambia solo l'articolo.
Le regole da seguire per ora sono molto incerte, quindi sono lasciate alla volontà dell'autore. Se vuoi seguire i cambiamenti, fallo, ma non è un obbligo, nessuno ti tirerà sassi se scrivi al maschile. L'ispettrice, la magistrata, la P.M. ecc. ci possono stare. La pubblico ministero a me suona  ridicolo (dovrebbe al limite diventare la pubblica ministera), quindi eviterei e se proprio metterei la P.M.

Re: Femminile e professioni

Brutus ha scritto: a quanto ho capito sono le varianti corrette, solo l'ultima mi lascia incerto. Voi come vi comportate?
Io non mi sono mai posta il problema. Male che vada qualche femminista fanatica ti chiederà perché non hai scritto commissaria o magistrata (e molto probabilmente senza aver nemmeno letto il libro, come è successo a me). Tu dille che purtroppo sono le norme editoriali e non puoi farci niente (come ho fatto io :P ). Non c'è ancora una legge, per fortuna, che ci costringa a scrivere al femminile anche termini che oggettivamente suonano forzati (che facciamo con "giudice"? La giudica? La giudichessa?). Io scrivo commissario e avvocato, anche se il personaggio è una donna. Per un motivo molto semplice: quando sento il termine immagino già che possa essere sia uomo che donna. Se c'è qualcuno che sentendo il termine lo immagina solo al maschile, il problema è nella sua mente, non nella mia scrittura, quindi non mi va di adeguarmi alle limitazioni mentali altrui.
Se puoi vuoi metterli, va bene, credo dovrebbe essere una scelta dell'autore. Ma "la pubblica ministero" lo eviterei, a me farebbe sorridere se lo trovassi

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