dyskolos ha scritto: "Pensa come unə scienziatə". Gli scevà sono addirittura enfatizzati nella grafica di copertina.
Questo è ancora niente, io ho letto un romanzo Triskell dove quel simbolo lì (non fatemelo scrivere
) veniva usato in tutto il libro. Ora, il romanzo parlava di un/una (cavolo... ) protagonista gender fluid, e una nota all'inizio spiegava perché si fosse scelto di fare così. Tuttavia, il romanzo era il quarto di una serie, e questo personaggio compariva anche nei primi tre, ora al maschile, ora al femminile. Io non avevo avuto alcun problema a seguire i cambi di genere, invece ritrovarmi questi simboli impronunciabili (per me) mi ha costretta a leggere quelle parole e articoli come fossero monchi. Hanno voluto enfatizzare questa cosa anche nel titolo usando una sorta di "3" rovesciato nella parola "perch3" (da quel che ho capito si userebbe per il plurale inclusivo e lì non c'entrava niente). Il libro l'ho letto lo stesso, ma era inutilmente complicato
Marcello ha scritto: Quanto allo scevà non è una lettera ma un simbolo in uso nella fonologia
Sì, infatti, io l'ho chiamato vocale, ma è un simbolo fonetico, che quindi non usano davvero neppure nell'ebraico, che non ha vocali scritte. A me già stava antipatico, ma l'altro giorno a una trasmissione su rai tre c'era una professoressa che tra i molti argomenti del suo libro parlava anche di questo, e faceva notare da dove derivasse (e quindi l'assurdità non solo linguistica ma anche ideologica nell'usarlo come simbolo inclusivo). Mi ha colpita questa cosa, perché spesso si accettano le novità in modo acritico, appena uno dice "è a favore dell'inclusività".
Tanto per non fare differenze, non accetterei simboli grafici nemmeno che derivino dalla tradizione cattolica o dall'islam. Tutte le religioni monoteiste sono maschiliste alla base (non a caso immaginano tutte un dio a somiglianza dell'uomo, la donna nasce sempre poi, come un sottoprodotto... ).
Anni fa avevo una collega musulmana che sembrava una ragazza moderna e indipendente in tutto, ma appena il discorso è caduto sugli uomini, ho avuto uno choc: era fermamente convinta che le donne dovessero avere un aspetto casto quando andavano in giro, perché per l'uomo poverino sarebbe stato troppo difficile trattenersi vedendo una bella donna coi capelli sciolti o la minigonna. Dal momento che non volevo offenderla, non le ho detto che era una colossale scemenza, ho cercato invece di capire meglio, ma credo non lo sapesse neanche lei: era cresciuta con questa convinzione, e niente che potessi dire l'avrebbe cambiata. Ho avuto esperienze simili in Iran: le uniche volte che qualcuno ha guardato male me o le mie compagne di viaggio, si trattava di donne velate completamente di nero, che ritenevano loro dovere vigilare sulla morale comune. Gli uomini invece mi hanno spesso stretto la mano (anche se sarebbe proibito), o mi hanno rassicurata quando mi cadeva il velo. Per quanto paradossale, il sistema maschilista non si regge solo sugli uomini, ma anche sulle donne.
Questo però io lo noto, e mi stona, per diritti essenziali (come potersene andare in giro a testa e braccia scoperte, o lasciare un marito violento). Cambiare una o con una a mi sembra ancora una cosa trascurabile, specie se paragonata alla situazione delle donne da altre parti. In Italia abbiamo raggiunto la parità legale se non di fatto, e non è poco. Se scoprissi che un mio collega uomo guadagna più di me facendo lo stesso lavoro, posso fare causa all'azienda. Se qualcuno mi molesta lo posso denunciare (o picchiare, un paio di schiaffoni li ho tirati
).
La questione linguistica va bene, se cambia ci si adatterà, ma con delle regole certe e uguali per tutti, senza forzature o cose buttate lì come gli asterischi o altri orrori grafici