La ricerca ha trovato 6 risultati

Torna a “La morte di Amazon”

Re: La morte di Amazon

Wanderer ha scritto: Il problema è che anche gli agenti hanno dei preconcetti verso chi fa invii spontanei, quindi è un circolo vizioso  :facepalm:
Siamo probabilmente OT, ma è vero. Su WD ci siano stati casi (uno che ricordo) di buoni agenti che hanno accettato autori sconosciuti. Un altro autore ha trovato un buon agente dopo aver pubblicato con una big dietro invio spontaneo. Un'autrice ci è riuscita arrivando in finale al Calvino. Sono casi rari, ci si può sperare ma non si può farci conto.
Chi ha buone disponibilità economiche può partecipare a corsi e seminari dove incontrare editor, agenti, ecc. Non c'è garanzia, ma più cose puoi fare e più gente conosci più le probabilità aumentano. È come poter comprare 100 biglietti della lotteria anziché uno: succede che vinca chi ne aveva solo uno, ma statisticamente è molto meno probabile.
Wanderer ha scritto: Leggo tra le righe molta rassegnazione... ma il Self non dovrebbe essere adottato con questo spirito, e dovrebbe fare la differenza! 
Non è rassegnazione, è realismo: se pubblicare male è inutile e dannoso, allora meglio il self.
Wanderer ha scritto: Ti riferisci all'ultimo editore con cui hai pubblicato? Pensavo ti fossi trovata bene... 
Eh, con quattro editori diversi faccio confusione anch'io :lol:  . L'ultimo editore è quello della serie fantasy, e mi sto trovando bene. Purtroppo pubblica appunto solo fantasy, romance e thriller, altrimenti avrei mandato lì anche il nuovo.
Quello che dicevo è il penultimo, che al di là dei problemi con editing, cover, contratto, ecc. sto promuovendo da sola, mandando a mie spese il libro ai blog, ai concorsi e cercando di organizzare presentazioni. Può darsi che il marchio faccia una prima impressione migliore che se mandassi un libro autopubblicato, ma alla fine ciò che valutano dovrebbe essere solo la qualità del libro...

Re: La morte di Amazon

Wanderer ha scritto: Inoltre, sei sicura che con il Self non avresti un'esperienza ancora più stressante rispetto al medio-piccolo editore? Comunque, dovresti considerare la possibilità di utilizzare uno pseudonimo. 
Più difficile di sicuro, più stressante non credo. La cosa più stressante è dover dipendere da altri che non fanno quel che dovrebbero, senza che si possa avere voce in capitolo. Preferisco prendermi tutta la responsabilità e sbagliare per conto mio, piuttosto che per colpa di qualcun altro.
Wanderer ha scritto: Se il tuo obiettivo è approdare (o tornare) a una big, il Self potrebbe farti allontanare dall'obiettivo
L'obiettivo big è talmente lontano e imperscrutabile che ormai dubito ci sia un sistema certo per arrivarci. A meno di non trovare una buona agenzia o avere conoscenze, si può solo sperare che un editor legga l'incipit del testo (o almeno la sinossi) e ne sia colpito. Aver già pubblicato qualcosa oppure no a quel punto diventa indifferente.
Un anno fa ero fiduciosa che con qualche buona pubblicazione alle spalle avrei avuto molte chance in più, ma alla prova dei fatti non è cambiato niente. Gli editori hanno dei preconcetti verso chi fa invii spontanei: danno per scontato che se valessi davvero qualcosa avresti trovato un agente, o avresti vinto un concorso prestigioso.
Io ho ottenuto il primo contratto vincendo un concorso per romance, ma quando ho scritto a un'agente specializzata in quel campo non ho nemmeno ricevuto risposta. Figurati quanto può interessare a chi pubblica tutt'altri generi...
I miei ultimi libri li hanno letti soprattutto amici e conoscenti, quindi immagino che molti di loro leggeranno anche il prossimo. Che esca con una CE o in self farà poca differenza
Wanderer ha scritto: Comunque, dovresti considerare la possibilità di utilizzare uno pseudonimo
Impossibile in questo caso. Il romanzo è uno spin-off di un altro già pubblicato... La cosa migliore sarebbe stato pubblicarlo con lo stesso editore, ma visti i rapporti con detto editore ho dovuto lasciar perdere   :bandiera:
Non devo pubblicarlo per forza, ma è strettamente legato al precedente, quindi dovrebbe uscire entro un anno o due, prima che tutti si dimentichino del romanzo da cui deriva... Dopo di ciò la mia prolificità avrà un termine, perché non sono più riuscita a scrivere niente  :( :P 

Re: La morte di Amazon

Francesco Avella ha scritto: proprio perché da self vengo considerato un semplice autore amatoriale, qualsiasi risultato, anche piccolo, in realtà diventa più grande se saggiamente evidenziato
Certo. Infatti ci sono autori self che vendono tantissimo, di solito perché hanno tante conoscenze e sono capaci di promuoversi, non necessariamente per la qualità del libro. Anche il libro che vende 5000 copie in self può essere una schifezza, e a me non interessa vendere schifezze solo grazie alle mie capacità social (inesistenti). Se un editore accettasse un mio libro solo per le copie vendute in precedenza, non ne sarei fiera ma delusa e mortificata. Vorrei che lo accettasse perché è un bel libro (e so di vivere in un'altra epoca, ma non posso farci niente).
Detto ciò, il mio primo libro qualche migliaio di copie le ha vendute, non sto qui a lamentarmi perché i miei libri fanno schifo e non so con chi prendermela. Anzi, quel libro (guarda caso di una big) continua a vendere anche senza aiuti da parte mia. Ma ne ho scritti altri che reputo molto migliori, e i risultati arrancano, quindi il marchio conta eccome. I lettori lo conoscono e si fidano a occhi chiusi.
Aggiungo anche che è molto difficile ottenere i dati di vendita, se non un anno dopo. Ma l'investimento di una CE nel tuo libro si può già capire da come e quanto lo promuove. Visto che le CE medio-piccole difficilmente vanno sugli scaffali delle librerie, l'unico modo in cui i lettori possono conoscere i loro libri è la pubblicità. I libri poco pubblicizzati non vanno da nessuna parte, con nessun editore.
Francesco Avella ha scritto: Il problema, quindi, non è "come hai pubblicato", ma "cosa ne è stato del libro dopo essere stato pubblicato".
questo, di nuovo, non dipende dalla qualità del libro ma solo dalla CE (e al limite dall'autore, se sta diverse ore al giorno ad autopromuoversi. Cosa che non tutti hanno al capacità o la voglia di fare)
Wanderer ha scritto: Sono d'accordo sul fatto di evitare le piccole CE, ma il Self non va adottato come un ripiego perché finora non hai trovato l'editore o l'agente giusto
È impossibile capire quale sia l'agente o l'editore giusto, perché visti dall'esterno spesso fanno un'impressione diversa. Solo quando ci lavori capisci davvero con chi hai a che fare, e a quel punto è troppo tardi. Io ho selezionato una ventina di agenti ed editori. Se nessuno di loro risponde forse il libro non è pubblicabile, o è troppo lungo, o il mio curriculum è troppo altalenante. Insomma, possono esserci mille motivi, ma resta il fatto che non intendo passare un'altra esperienza pessima e stressante, solo per avere un libro con un marchio buono ma che non conoscerà quasi nessuno...

Re: La morte di Amazon

Wanderer ha scritto: A me sembra un suicidio, nel tuo caso. Magari guadagni qualcosina in più, ma il rischio di bruciarsi è altissimo... 
Il guadagno è il mio ultimo pensiero, anche perché non ho idea di quanto sarò in grado di vendere da sola. Prima di buttarmi in quest'idea folle ho provato, ovviamente, con qualche agente gratuito e con le CE medio-grandi che potrebbero essere interessate. Man mano che passano i mesi (quasi tre) e nessuno risponde, sto iniziando a informarmi sui costi di pubblicazione e a cercare i professionisti adatti.
Se volessi mandare il romanzo a tappeto, sono sicura che un qualche editore lo trovo, ma avendo un po' di esperienza mi è chiaro che pubblicare con una CE semi-sconosciuta significa dover fare tutto il lavoro di promozione io, e senza la libertà assoluta del self-publishing (per fare un esempio: ti serve un pdf per un concorso o una recensione? ti tocca chiedere alla CE, e sperare che te lo dia; vorresti mettere il tuo romanzo in offerta? non puoi, è la CE a deciderlo).
Ho provato con le big proprio per mettermi il cuore in pace e procedere più convinta, sapendo che pubblicare con il primo che passa può essere più gratificante ma alla fine è inutile.
Un libro autopubblicato a 0.99 centesimi su amazon (che sia buono o meno) vende comunque più di un libro di una CE micro che non fa nessuna pubblicità, ma che costa quattro volte tanto. E a me interessa che il libro venda, non per il (risibile) ritorno economico, ma perché ci tengo a quello che scrivo

Re: La morte di Amazon

Francesco Avella ha scritto: queste esperienze entrano eccome nel curriculum, la poca notorietà le rende solo esperienze di modesta entità.
Non sono convinta. Tendo a concordare con @Wanderer : pubblicare libri con editori sconosciuti è peggio che non pubblicarli. È lo stesso discorso del self-publishing: dà subito l'idea negativa che quello che scrivi non valga poi granché (giusto o sbagliato che sia).
Fare un corso è un'altra cosa: sono competenze acquisite (si spera) con la frequentazione. Un autore che pubblica con Pincopallino non dimostra di per sé nessuna competenza particolare. Sì, è vero: finire un romanzo è faticoso, pubblicarlo è faticoso, ma nessuno te lo riconosce, a meno che non hai la fortuna di essere notato da qualcuno che conta. Io ce l'ho avuta, ma nonostante ciò sono ancora qui a chiedermi se dovrei autopubblicare il mio ultimo libro. Credo che solo questo dovrebbe indurre altri a farsi domande difficili.
Il colpo di fortuna momentaneo lascia il tempo che trova, perché di norma tutto segue una logica collaudata di profitto: quante copie puoi vendere? quanti follower hai? Se la risposta non supera qualche migliaio di unità, puoi anche essere un bravissimo scrittore, ma verrai adocchiato con diffidenza dalle CE più prestigiose.
E non è fuori topic: amazon prospera anche su questo. Tutti i libri autopubblicati o concessi in esclusiva gli portano un guadagno. Guadagno che potrebbe essere delle CE, se avessero il coraggio di investire sugli autori, anche quelli sconosciuti o privi di appoggi

Re: La morte di Amazon

Francesco Avella ha scritto: L'obiettivo principale dovrebbe essere quello di aver qualcosa da dire attraverso i propri scritti, che siano romanzi, saggi o poesie; se uno ha dei pensieri o delle critiche da fare sulla società, sulla filosofia o su qualunque altra cosa e si impegna nel produrre un testo bene o male accettabile, diciamo che ha già raggiunto il suo scopo,
Bisogna però tenere conto che, se un autore non riesce a trovare un editore che lo aiuti ad arrivare al pubblico giusto, avere qualcosa da dire non serve a niente. Lo scopo principale di chi scrive è che qualcuno interessato lo legga. Rimango sempre stranita da quegli autori il cui primo scopo sembra essere pubblicare, con qualsiasi mezzo e a qualunque condizione.
Francesco Avella ha scritto: perché un libro fa comunque un minimo di curriculum e indica una certa cultura e dedizione al raggiungimento di un risultato
Un libro non fa curriculum, a meno di essere stato pubblicato da una CE prestigiosa (piccola o grande che sia) e aver avuto una discreta attenzione mediatica. Altrimenti è come non averlo pubblicato.

Il self-publishing comunque non riguarda solo autori esordienti che non riescono a trovare una CE. Quando le CE fanno poco o niente per curare e  promuovere i libri o gli autori, i vantaggi di pubblicare con loro si annullano. Tanto vale pubblicare in self, avendo piena libertà di scegliere tutto, dalla cover alle promozioni, e magari guadagnando anche qualcosa. La questione non è: gli autori, esordienti e non, ripiegano sul self perché le CE non danno loro una possibilità. Spesso lo fanno perché le possibilità offerte sono insufficienti.
Ci sono troppi scrittori e troppe CE per il mercato che abbiamo in Italia, e la conseguenza non può che essere la pubblicazione di cose illeggibili (a  pagamento e non) e il proliferare di autori self, che avendo magari tanti amici compiacenti si convincono di essere bravi scrittori. Non è necessariamente così: le competenze letterarie e quelle di autopromozione sono diverse. Il mercato attuale però privilegia queste ultime, perché non ha spazio, quindi emerge solo chi sta tutto il tempo a sgomitare. È un sistema paradossale, che fa sì che si sia prevenuti verso gli autori self, ma che allo stesso tempo incoraggia a diventarlo, solo per mancanza di alternative decenti.

Tornando in topic, a me amazon non piace per niente a livello morale, ma compro spesso i libri lì perché è più comodo ed economico, ed è la piattaforma più popolare in assoluto, sia tra i lettori che tra gli autori. Io non vedo proprio un calo del suo strapotere, perché tutti bene o male cercano la semplicità, e la semplicità porta a cercare un'unica soluzione, quella più diffusa e facile da usare. Si può mettere il proprio libro su dieci piattaforme, ma alla fine è amazon quella che vende di più, c'è poco da fare.

Torna a “La morte di Amazon”