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Re: false partenze, stile e pippe mentali

Quando ho iniziato a scrivere non mi sono nemmeno posta il problema. Anch'io all'inizio scrivevo solo nel modo che mi veniva più naturale (forse per una preferenza di lettura): terza persona soggettiva, al passato. Andava benissimo per il genere fantasy e giallo. Ma al momento di scrivere uno storico mi è venuto spontaneo usare il narratore onnisciente, al presente. Questo per vari motivi, uno dei quali (e questo risponde forse alla tua ultima domanda) è che avevo letto un bellissimo romanzo storico che usava quel modo, immediato e personale, di rivolgersi al lettore. L'autore in questione era senz'altro più esperto di me, e almeno due recensori hanno detto che avrebbero visto meglio una narrazione al passato. Questo mi ha fatto pentire della scelta? Assolutamente no, perché è così che ho concepito quella storia, che piaccia o meno. Ho voluto provare uno stile nuovo, ma non l'ho preso a caso: per me si adattava come nessun altro a ciò che volevo raccontare.
Provare nuovi modi di espressione fa parte del percorso di crescita. Diffiderei di un autore che usa sempre gli stessi identici mezzi narrativi.
Se però parliamo di stile, la questione è diversa. Si può avere uno stile riconoscibile anche usando tempi e persone diverse. Lo stile è fatto da tantissime cose: la lunghezza delle frasi, il modo si disporle, le parole particolari, metafore o temi ricorrenti, ecc.
Il fatto che gli autori più famosi usino spesso anche lo stesso tempo e persona deriva dal fatto che si sono specializzati in un dato genere (Stephen King con l'horror, Agatha Christie col giallo, Fabio Volo con qualunque cosa faccia... ecc.).
Ma non vedo niente di male a provare diversi generi e stili. Perché limitarsi a uno, quando il bello della scrittura sono proprio le possibilità infinite che offre per sperimentare?

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