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Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

Mid ha scritto: lavorato come aiuto bibliotecario per anni. Le biblioteche esistono, ma nella mia esperienza chi ci va ha per l'80% già passione per la lettura, i cosiddetti "lettori forti". Dopo pochi mesi salutavo già per nome tutti quelli che la frequentavano. Il resto degli utenti sono studenti che hanno bisogno di un libro specifico per un compito, un esame, una verifica (o talvolta genitori in cerca dello stesso).

Sempre nella mia esperienza, gli incentivi alla lettura funzionano solo in famiglie dove i figli già finirebbero per leggere, spinti dal contesto.
Infatti si dovrebbero incentivare anche le aperture delle biblioteche alle associazioni del territorio, come del resto alcune già provano a fare.
La questione delle famiglie è fondamentale: le statistiche dimostrano che la scuola può fare poco per l'abitudine alla lettura, la differenza la fa il contesto socioeconomico di provenienza e la presenza di adulti di riferimento che leggono. Come ho scritto più sopra infatti ci sarebbe molto lavoro da fare sull'istruzione per gli adulti e sulla prima infanzia. 
Mid ha scritto: sarebbe di intervenire pesantemente sulla scuola. Classi più piccole (10-15 alunni al massimo), insegnanti preparati e motivati (ce ne sono molti, ma ne servono di più), scuole meglio organizzate e più presenti nel territorio, programmi fatti come si deve, sistemi didattici preparati da professionisti e verificati regolarmente per essere adeguati in caso di necessità.
Ma per questo serve un mucchio di denaro pubblico, che al momento in Italia manca (e dove c'è viene usato male).
Ma figurati! Alle superiori (sono docente) lavoriamo con un massimo di 32 studenti! Le prime sono numerosissime, gli anni successivi hanno meno alunni perché avviene una sorta di selezione naturale, altro che lotta alla dispersione scolastica...
Le novità proposte dal ministro Valditara vanno tutte nella riduzione dell'offerta formativa (un anno in meno ai tecnici e professionali e il cosiddetta liceo del made in Italy che prevede meno materie e meno ore). L'andazzo è questo.
Qualcuno però dovrebbe spiegarmi perché non possiamo usare i soldi del PNRR per qualcosa di utile. Sono un sacco di soldi buttati via che dovranno risarcire le generazioni future. Non se ne esce...  :(

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

Silverwillow ha scritto: ma il dibattito non lo puoi spostare con la pura volontà. Non importa quanto a fondo riusciamo ad andare io, te o altri qui, i problemi, sui grandi numeri, rimangono gli stessi: non solo si legge poco, ma si legge sempre più su consigli di "esperti" improvvisati.
È vero, occorrono azioni concrete. Io sono dell'idea, sicuramente idealistica, che le cose possono cambiare se c'è volontà di farlo, o meglio dapprima con la volontà e poi tramite azioni che smuovano le acque. Purtroppo viviamo in un'epoca in cui il cambiamento a livello collettivo ci sembra un miraggio. È un circolo vizioso: meno si crede che siamo noi esseri umani a potere cambiare le cose e più ci si sente schiacciati da un senso di impotenza e meno si prova ad agire. 
Silverwillow ha scritto: La politica e le leggi possono fare qualcosa almeno per evitare i truffatori, ma per me il problema è sociologico prima che politico: nessun provvedimento può costringere le persone a leggere, o ad avere un buon senso critico. Migliorare la scuola è l'unico atto politico che vedo utile (ma servirebbero fondi che al momento neanche abbiamo...).
Sicuramente il problema è sociologico ma la politica, intesa nel senso nobile del termine, dovrebbe avere il compito di intervenire nella società. Non solo attraverso le leggi ma anche tramite azioni concrete e iniziative. Si potrebbe migliorare la scuola certamente, attraverso finanziamenti seri e strutturali (e non con il solito sistema di tagli alle spese), i soldi ci sono ma, ahimè, sono spesi male. I fondi del PNRR, di cui una parte è destinata alle scuole, sono letteralmente buttati via (è un po' lungo da spiegare in un post ma ti assicuro che si perdono nei meandri di un sistema burocratico e poco propenso a investimenti seri e duraturi).
Poi non c'è solo la scuola (è un'abitudine ormai quella di imputarle tutti i mali della società o di vederla come una sorta di panacea per qualunque problema), ci sono le biblioteche e le politiche di incentivazione alla lettura a partire dalle famiglie e dalla prima infanzia. Insomma il problema è complesso, ma le strade per provare a migliorare le cose esistono. Manca appunto la volontà, gli investimenti oculati e pensati sul lungo termine. In questo senso intendo dire che è una questione politica. 
Silverwillow ha scritto: Comunque, per me è già un piccolo ma utile passo dire: così le cose non vanno, pensiamo a come sistemarle. 
Esatto! È proprio quello che penso anch'io!

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

Fabioloneilboia ha scritto: sarei d’accordo, ma siamo in Italia e finirebbe tutto in un magna magna tra amici di amici.
Eh, lo so bene. Ma questa nostra povera Italia bisognerà cambiarla prima o poi..
:P
Fabioloneilboia ha scritto: Mi accontenterei di avere una tassazione agevolata per i diritti d’autore e la possibilità di scaricare le spese varie.
Questa è una buona idea!

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

Mid ha scritto: sarebbe bello, ma dubito che sia un'opzione realistica nell'Italia di oggi... in Italia la cultura non viene valorizzata, basta guardare come trattano le orchestre in quella che dovrebbe essere la patria dell'opera.

Dubito che si mettano a finanziare gli autori quando c'è solo un manipolo di lettori in grado di leggere più di 140 caratteri al giorno.
Hai perfettamente ragione. Anche se secondo me manca proprio un dibattito in questo senso. Lo stato si guarda bene dal finanziare la cultura e sposa una sorta di logica aziendalistica mirata al profitto (penso ad esempio all'approccio al nostro immenso patrimonio artistico) però si lascia che ci siano sprechi e speculazioni enormi su altri fronti. Insomma bisognerebbe anche cominciare a chiedere e forse a esigere le cose. Quanti scrittori e lettori lo chiedono? Eppure il dibattito sull'educazione alla lettura esiste, esistono le biblioteche, gli archivi, che dovrebbero far parte anch'essi di una filiera virtuosa della cultura. Insomma il mio intervento mirava a spostare l'attenzione dai classici discorsi sull'editoria, sulle big, sugli influencer, ecc, che forse lasciano il tempo che trovano.
Sicuramente ci sarebbe bisogno di rivedere le leggi, come dice @Cheguevara ma non solo. Abbiamo la legge Bacchelli ma bisogna essere in condizioni di povertà per poterne usufruire (diedero il vitalizio ad Anna Maria Ortese quando era ormai anziana e dopo una vita di stenti) e andrebbe rivista. Occorre però un approccio più ampio al problema che a mio modo di vedere non può che essere politico. Poi, certo, so bene che andrebbe a scontrarsi con una mentalità della classe politica che va in tutt'altra direzione, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. Iniziare a dirlo e a discuterne forse è un primo piccolissimo passo.

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

Ciao a tutti! Discussione molto interessante. Tutti gli interventi che ho letto dicono cose assolutamente condivisibili. 
Personalmente leggo molti libri di esordienti (pubblicati da ce che arrivano il libreria, sono sincera perché ho l'abitudine da anziana di volerli prima sfogliare...) per curiosità e per tastare il polso di quello che si pubblica, per rimanere aggiornata e altri motivi del genere. Ovviamente alterno le letture con autori stranieri affermati e classici. Se il suggerimento di Franco Forte va in questa direzione mi trova assolutamente d'accordo. Come a voi invece non mi convince l'aspetto economico della faccenda. E qui propongo uno spunto diverso che sposta l'attenzione sia dai lettori, che magari sono anche scrittori, e sia dalle ce, ossia dai principali attori del rapporto economico che sta dietro il libro, insomma da chi compra e da chi vende. Eh sì, perché il problema sta a monte non a valle, altrimenti non usciamo dalla logica di chi ha la colpa: gli autori o gli editori. Il problema è che si lascia tutto al mercato quando la cultura dovrebbe muoversi anche per logiche diverse. Non è un discorso utopistico il mio. In Francia lo stato finanzia autori ed editori e anche in Svezia. Jon Fosse viveva in una casa pagata dal re ancor prima di vincere il Nobel. In altri paesi come esistono borse di studio e residenze di scrittura creativa che sostengono gli autori e li valorizzano. Insomma si fa in modo che non sia solo il mercato a decidere per tutti. 
Ecco, secondo me bisognerebbe spostare il focus della discussione. Che ne pensate?

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