Ciao
@swetty,
Intervento lungo ma molti interessante il tuo. Molte cose che dici sono assai condivisibili e ci si può ragionare insieme. Credo che infatti su questa faccenda non ci siano ancora certezze ma ipotesi su cui si può riflettere. Ed è bene farlo discutendo, pacatamente, su tutte le implicazioni che le varie teorie pongono. Io, ad esempio, ho le mie idee, in parte espresse più sopra, ma mi discosto dell'impostazione di Vera Gheno sul maschile sovraesteso, e rimango disponibile a cambiare idea se un nuovo punto di vista mi convince di più.
Intanto una precisazione: la questione non è di fondamentale importanza per la società ma a me interessa sopratutto dal punto di vista linguistico, la linguistica è infatti uno dei miei campi di studio, ma capisco bene che possa non appassionare tutti...
Ti lascio due considerazioni su quanto dici:
swetty ha scritto: la cameriera pulisce le stanze e/o si occupa di una signora. La cassiera sta alla cassa, il cassiere è un contabile. Il commesso fa commissioni (consegna lettere o pacchi per esempio), la commessa serve al bancone. E così via: sono professioni tra loro correlate, che magari si assomigliano, ma che non sono uguali. Un po' come banchiere e bancario.
Ottima osservazione. Infatti il femminile di tali professioni ha spesso una connotazione negativa dal punto di vista del prestigio sociale. Vedi la differenze tra maestra (maestra di scuola elementare) e maestro (maestro di vita) o direttrice (di collegio o scuola) e direttore (posizioni apicale). Le parole però cambiano nel corso del tempo anche di significato, con slittamenti semantici che si adeguano a descrivere meglio la realtà. Per un principio di economia linguistica forse è più semplice che il femminili cambi connotazione che usare il maschile tout court (cosa che crea problemi di concordanza tra il sostantivo e altre parti della frase). Tant'è vero che la proposta è stata in parte abbandonata. Ovviamente staremo a vedere che cosa succederà nei prossimi anni e quale direzioni prenderà la lingua.
2.
swetty ha scritto: a me sembra una pericolosa deriva quella di voler imporre un cambiamento linguistico di tale portata. Le lingue sono oggetti complicati, e manovrarle dall'alto è sempre un atto di hybris. Un conto è quello che ognuno di noi fa come singolo, ma cercare di imporre una riforma è creazione di una neolingua, per quanto a fin di bene, che non si può sapere dove porti, soprattutto se chi la propugna non è in grado di vedere che esistono condizioni di vita e ambientali molto diverse dalle sue.
Su questo non sono d'accordo semplicemente perché non sarebbe di certo la prima volta che accade qualcosa del genere. Le lingue non sono solo qualcosa di naturale che si evolve spontaneamente, ma sono il frutto di dinamiche molteplici e complesse. Semplificando ci sono due spinte sostanziali che portano cambiamenti, una dal basso data dai parlanti (con modificazioni sopratutto fonetiche e con prestiti da altre lingue) e una dall'alto data da coloro che si preoccupano di stabilire le norme. Non sempre queste ultime sono il risultato dei cambiamenti osservati nella lingua parlata. Potrei farti tantissimi esempi. Te ne faccio un paio. In Brasile fino alla fine del '700 non si parlava il portoghese ma una lingua franca (frutto dell'unione artificiale tra due lingue indigene di ceppi diversi e normata dai frati gesuiti), finché un certo marchese Do Pombal non impose l'uso del portoghese. Risultato: oggi in Brasile si parla portoghese e non più la lingua geral.
In spagnolo gli esempi si sprecano. La Academia Real de la lingua española (sorta di corrispettivo della nostra Crusca ma con molto più potere) ha imposto durante i secoli numerosi cambiamenti sia ortografici che morfologici, gli ultimi ancora nel 2010. I parlanti dello spagnolo sono infatti molto più abituati ai cambiamenti imposti dall'alto e non si crucciano tanto come noi. Hanno accolto senza tante storie anche i femminili delle professioni (a proposito,
@dyskolos in spagnolo c'è El médico e la médica!).
Sono però molto più restii di noi ad accogliere i prestiti dall'inglese. Quindi per loro il lockdown è El confinamiento. Questa è sempre una conseguenza dell'impostazione che ha la Real Academia nei confronti della questione. Per dire quanto siano importanti i cambiamenti imposti dall'alto e quanto naturale ed artificiale siano intrecciati in linguistica.
Insomma le lingue sono ingranaggi estremamente complessi.
Grazie per l'interessante scambio di opinioni!