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Re: La morte di Amazon

Silverwillow ha scritto: Non sono convinta. Tendo a concordare con Wanderer: pubblicare libri con editori sconosciuti è peggio che non pubblicarli. È lo stesso discorso del self-publishing: dà subito l'idea negativa che quello che scrivi non valga poi granché (giusto o sbagliato che sia).
@Silverwillow  Se ci dovessimo fermare a questo, ti darei ragione, invece, quello che a mio avviso conta davvero è il seguito, ovvero cosa succede al libro dopo essere stato pubblicato.
Quante copie ha venduto? Quanti giornali, riviste, blog ne hanno parlato? Quanto impatto, insomma, ha avuto sui lettori?
Dovrebbero essere queste cose a stabilire se una pubblicazione dovrebbe essere considerata un fallimento o un traguardo.

Ad esempio, io pubblico da quasi dieci anni, ho iniziato col self (pubblicando anche sotto pseudonimo) per poi essere pubblicato da due piccole CE free.
Ora, per quanto riguarda il lato self, ho venduto oltre 2.500 copie, un professore che insegna italiano in Brasile ha usato un mio libro per una lezione e alcune mie frasi sono state usate da altri autori che le hanno inserite nei loro libri e su Facebook la mia Pagina è seguita da quasi 6.000 persone; questi risultati dimostrano che quello che scrivo suscita un minimo di interesse e che sono capace, nel mio piccolo, di promuovermi.
Quindi, quando mi presenterò agli editori per il prossimo libro, nell'email allegherò questi e altri risultati, sottolineando che, da solo e senza spendere nemmeno soldi, sono riuscito ad ottenere più risultati rispetto ad alcuni autori che possono dire di aver pubblicato con una CE importante ma che hanno venduto pochissimo; proprio perché da self vengo considerato un semplice autore amatoriale, qualsiasi risultato, anche piccolo, in realtà diventa più grande se saggiamente evidenziato, dato che a differenza di chi pubblica con CE importanti con alle spalle Ufficio Stampa e tutto il resto il sottoscritto si è dovuto arrangiare da solo.

Detto in breve, è vero che se autopubblichi vieni sottovalutato a causa del pregiudizio generale, ma se con il tempo e l'impegno ottieni risultati e li metti in evidenza quando ti proponi alle CE, penso che la situazione si potrebbe ribaltare e questi risultati verranno sopravvalutati proprio perché sono stati ottenuti senza nessun aiuto da parte delle CE.
Silverwillow ha scritto: Il colpo di fortuna momentaneo lascia il tempo che trova, perché di norma tutto segue una logica collaudata di profitto: quante copie puoi vendere? quanti follower hai? Se la risposta non supera qualche migliaio di unità, puoi anche essere un bravissimo scrittore, ma verrai adocchiato con diffidenza dalle CE più prestigiose.
Appunto: bisogna vedere cosa succede al libro dopo essere stato pubblicato, valutare i risultati (le vendite, i lettori che ti seguono, menzioni in siti o libri, ecc.), piuttosto che dare, forse, troppa importanza al marchio editoriale sulla copertina; se ottieni e sottolinei i risultati da self, potresti avere più possibilità di pubblicare con una CE importante rispetto a chi ha pubblicato con una CE media ma ha avuto scarsi risultati; solo aver pubblicato con una CE a pagamento può essere una macchia sulla "carriera", non il darsi da fare da soli col self che, al contrario, proprio perché si tratta della scelta in cui dipende tutto da te, un piccolo risultato può essere visto come un risultato medio e un risultato medio come grande.
Il problema, quindi, non è "come hai pubblicato", ma "cosa ne è stato del libro dopo essere stato pubblicato".

Re: La morte di Amazon

Wanderer ha scritto: @Francesco Avella

Il punto non è quante copie vendi, o quale notorietà raggiunge la tua opera, ma come - e soprattutto con chi - la pubblichi. 
@Wanderer In realtà il punto è che io non parlavo del "curriculum letterario", ma di quello "standard" dove si citano i nostri studi, lavori e interessi, non a caso nell'ultimo messaggio ho parlato di lavoro autonomo, prodotti commerciali, fisco...
Pubblicare un libro significa aver fatto un lavoro autonomo di stampo artistico che ha prodotto una vera e propria opera commerciale, quindi è qualcosa da citare nel curriculum al pari di qualsiasi altro lavoro autonomo che ha generato un risultato, poi è chiaro che se vogliamo vedere la cosa dal punto di vista della "carriera dello scrittore in quanto artista", allora quello che hai scritto è giusto, ma io non parlavo di questo tipo di curriculum, ragionavo vedendo lo scrittore come un lavoratore autonomo che, tramite il suo lavoro intellettuale, contribuisce a creare qualcosa.
Comunque mi fermo qui dato che siamo anche fuori argomento del topic.

Re: La morte di Amazon

Silverwillow ha scritto:
Un libro non fa curriculum, a meno di essere stato pubblicato da una CE prestigiosa (piccola o grande che sia) e aver avuto una discreta attenzione mediatica. Altrimenti è come non averlo pubblicato.
@Silverwillow Un libro pubblicato è pur sempre un vero e proprio prodotto messo in commercio, c'è di mezzo un accordo con le aziende (editori o piattaforme self) e le copie vendute generano una - seppur minima - entrata economica, entrata che il fisco ci impone anche di dichiarare nei redditi, quindi vale a tutti gli effetti come lavoro autonomo/artistico, frutto di ore di impegno intellettuale, ore che, altre persone, preferiscono passare a giocare a calcetto e a fare altre cose rilassanti e spensierate che non creano niente.
Il fatto di non pubblicare con CE prestigiose o non aver attenzione mediatica lo rende solo un lavoro artistico/autonomo in cui non si è riusciti ad emergere e affermarsi, ma tra zero e cento ci sono altri numeri, non è che se non sfondi a livello mediatico "è come non averlo pubblicato"... se hai composto una canzone che è stata usata in un film che non ha visto quasi nessuno, hai pur sempre composto una canzone utilizzata a livello commerciale da chi ha prodotto il film, la poca notorietà del suddetto film non cancella il fatto che sei stato capace di comporre una canzone che qualcuno ha pure utilizzato, lo stesso vale per lo scrittore e il suo libro pubblicato dal modesto editore, per il pittore e il suo quadro venduto a cento euro su ebay, per il fotografo e le sue fotografie vendute nei siti di immagini online... queste esperienze entrano eccome nel curriculum, la poca notorietà le rende solo esperienze di modesta entità.
Qualche settimana fa ho frequentato un corso online con un'agenzia letteraria e ho ricevuto un attestato: non sarà importante quanto una laurea, certo, ma è a tutti gli effetti esperienza che merita di essere nel curriculum, perché ripeto che tra zero e cento ci sono altri numeri, almeno così la vedo io, poi uno è libero di pensare che nel curriculum debbano essere menzionati solo i grandi eventi, le grandi lauree e i libri pubblicati dai grandi editori.
Per il resto concordo.

Re: La morte di Amazon

@Cheguevara L'obiettivo principale dovrebbe essere quello di aver qualcosa da dire attraverso i propri scritti, che siano romanzi, saggi o poesie; se uno ha dei pensieri o delle critiche da fare sulla società, sulla filosofia o su qualunque altra cosa e si impegna nel produrre un testo bene o male accettabile, diciamo che ha già raggiunto il suo scopo, se poi riesce pure a guadagnarci - anche solo a livello di immagine, perché un libro fa comunque un minimo di curriculum e indica una certa cultura e dedizione al raggiungimento di un risultato - tanto meglio.

Re: La morte di Amazon

Riccardo Tempesta Ed ha scritto: E, come abbiamo finalmente capito da un po' di tempo a questa parte, la categoria degli esordienti (di narrativa) si deve lasciare perdere competamente. Lanciare un esordiente, per una piccola CE, è troppo difficile,
@Riccardo Tempesta Ed Se alle piccole CE non conviene è giusto che agiscano così, ma questo significa che, per correttezza, dovrebbero evitare di criticare l'esistenza del self-publishing dato che, come spiegato anche da @Cheguevara, difficilmente gli esordienti potrebbero essere presi in considerazione dalle grandi CE, e se nemmeno le piccole vogliono prendersi questa responsabilità è giusto che lascino almeno gli autori liberi di darsi al self senza criticarli per questa scelta, in gran parte derivante proprio dalla loro scelta di evitare gli esordienti.

Per fare un paragone, non pubblicare gli esordienti è un po' come essere la classica azienda che sceglie di non assumere dipendenti senza esperienza, e fino a qui va bene, ma se l'azienda arriva a criticare chi, non riuscendo a farsi assumere come dipendente, decide di lavorare in proprio come freelance nello stesso settore (per intenderci, agenzia letteraria con struttura fisica e dipendenti da una parte e agente letterario freelance che lavora da solo da casa, ad esempio), bèh, mi sembra una cosa esagerata e scorretta.
Senza contare che la critica sarebbe indirettamente impostata sul concetto che chi ha i soldi per fare azienda comanda e chi non ha i soldi subisce e basta, perché senza la possibilità di essere freelance/self la realtà delle cose sarebbe quella.

Re: La morte di Amazon

Mi associo allo scetticismo di @Riccardo Tempesta Ed, non mi risulta che ci sia stata chissà quale difficoltà con la vendita di libri su Amazon, né mi risulta che ci sia stata una ecatombe di CE.
Del resto, le chiusure che ci sono state avranno colpito maggiormente le CE medio-grandi rispetto alle piccole CE, questo per il fatto che le piccole CE investono molto poco a livello tradizionale (pochissime copie stampate e distribuite nelle librerie, poche presentazioni fisiche, pochi o inesistenti gadget fisici come segnalibri e altro materiale promozionale cartaceo) rispetto alle CE medio-grandi che investono molto di più sulla presenza fisica in libreria, nelle fiere e nelle presentazioni, e siccome queste CE bene o male i soldi li hanno, avranno assorbito il colpo e non sono scomparse, così come non sono scomparse molte piccole CE che campano soprattutto sulla vendita derivante dagli store online.
Ad aver avuto la peggio, semmai, saranno state le piccole librerie fisiche.

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