bestseller2020 ha scritto: Posso cara Ippolita risponderti con franchezza e secondo il credo che condividiamo?
Certo, Raffaele carissimo. Devi.
bestseller2020 ha scritto: Concludo dicendo che non ho mai condiviso l'idea della sofferenza come il male.
Questo è un discorso complesso. Gesù stesso ha trascorso gran parte della vita pubblica a guarire i sofferenti, senza stancarsi mai. Nel Padrenostro, la preghiera che Gesù ci ha insegnato, chiediamo al Padre di liberarci dal male, e Gesù stesso chiede che gli sia allontanato il male che sta per sopraggiungere. Nella Prima ai Corinzi, Paolo definisce la morte l'ultimo nemico che sarà annientato. Quindi la sofferenza, il male, la morte sono nemici da combattere. Chi crede, fa come Cristo: Padre, allontana da me, se vuoi, questo calice, ma non sia fatta la mia, bensì la tua volontà.
Non tutta la sofferenza tempra e fa maturare: non so se ti è capitato di leggere le pagine di incomparabile profondità in cui Simone Weil ragiona sulla sventura, "il grande enigma della vita umana".
Che attraverso la sofferenza si comprendano il mondo e l'anima è concetto già caro ai Greci, egregiamente riassunto da Eschilo col suo famoso
pathei mathos.
Tornando al tema della poesia, ho citato Dostoevskij perché egli si sofferma sulla sofferenza dei bambini. Se può corrispondere a verità, scrive, che un adulto impari dalla sofferenza, ciò non vale per un bambino, e difatti anche la Chiesa qui si ferma e non sa dare risposte.
Come hai potuto notare, non ho neppure sfiorato la figura della madre: l'unica cosa che mi interessava era la sofferenza della bambina. Come scrive Dostoevskij facendo parlare Ivan Karamazov, quella sofferenza non può che rimanere irriscattata, non può e non deve essere perdonata, e quindi, se non può esserci perdono, quale armonia potrà mai esserci? Questo è l"intoppo", dice Ivan.
Grazie mille,
@bestseller2020, per le tue considerazioni sempre stimolanti. A presto!