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Re: Cosa vale la pena di raccontare

Anche se sono uno che preferisce scrivere di ciò che sa (pigrizia mentale che si sposa ad una certa massa di esperienze maturate) mi rendo conto che immaginare scenari e situazioni mai visti o vissuti neanche di striscio, dopo essersi convenientemente documentati, sia un modo per crescere ed accrescersi. Mi viene da pensare ad Emilio Salgari, che mi ha fatto sognare negli anni dell'adolescenza, trasportandomi in India, Malesia, Far West, sette mari, tutto senza essersi mai mosso dal suo Paese, dal suo scrittoio.

Re: Cosa vale la pena di raccontare

AquilaGialla ha scritto: mar gen 26, 2021 3:41 pm Ah, scusate, volevo aggiungere che personalmente faccio molta fatica a immaginare storie che critichino e basta la nostra realtà, senza proporre una soluzione costruttiva, o mostrare un barlume di speranza, o una "bellezza collaterale" (per citare il titolo di un film). Insomma, la lamentela pessimista non fa per me, a meno che la bruttura di cui si racconta non contenga già al suo interno, implicitamente, il barlume di speranza. Non lo so, forse è perché altrimenti poi mi deprimerei troppo, ma per me la scrittura dev'essere un esercizio di ottimismo.
Capisco. Piacerebbe anche a me essere ottimista, sempre. In effetti lo sono, fondamentalmente, ottimista, ma non sempre, guardandomi intorno, riesco a cogliere in quello che accade messaggi che possano dare pretesto per una visione nel complesso positiva. Ovunque c'è gente che muore di malattia perché non ha i mezzi per curarsi, di guerra - e sono quasi sempre conflitti mossi da interessi economici - di fame, di inquinamento e per mille altre cause che potrebbero essere evitate se soltanto il senso di umanità avesse la meglio sull'avidità. E' anche vero che anche nelle situazioni peggiori c'è chi esprime, non solo a parole, ma con gli atti e correndo rischi personali, solidarietà e compassione, ma credo che chi ha la voglia e il coraggio della denuncia non possa e non debba essere ritenuto portatore di lamentele pessimiste.

Re: Cosa vale la pena di raccontare

Ciao @Poldo
sono abituato a scrivere di cose che conosco, anche in caso di fantascienza, e credo che in questo le vecchie cariatidi come me siano agevolate rispetto ai giovani che, anche se pieni di energia e ricchi di stimoli, hanno tante aspettative e, per forza di cose, poca esperienza. Possono supplire con l'innato talento - se c'è - e una fantasia vivace. Giorni fa ho rispolverato una raccolta di mie poesie, tra cui una dedicata a un vecchio, quale immaginavo sarei diventato e, sorprendentemente, mi sono riconosciuto. Quando l'ho scritta avevo diciotto anni.

Re: Cosa vale la pena di raccontare

Ho avuto una vita abbastanza lunga e differenziata nel tipo di esperienze, tutte caratterizzate da una condizione di partenza: sono sempre stato un outsider. Come tale, ho dovuto battermi, non alla pari, con chi, per esempio nel mondo del lavoro, era pervenuto al mio stesso livello non per capacità o merito, ma perché predestinato a una carriera programmata e protetta (sono tanti, troppi). Ogni volta che vincevo la mia battaglia, qualcuno cercava il modo di farmela pagare, talvolta riuscendoci. Come tutti, di battaglie ne ho vinte e perse e di soddisfazioni, quando per me erano importanti, ne ho avute tante. Tutto questo ha lasciato traccia nei miei scritti: una trilogia di genere legal-thriller in cui racconto l'uso pilotato di un certo tipo di giustizia, e un romanzo di fantascienza distopica in cui immagino le estreme conseguenze cui potrebbe condurre l'uso sconsiderato della cosiddetta finanza globale. Secondo me, a parte la validità dei miei scritti, che può essere valutata soltanto dai (pochi) lettori, ne è valsa la pena. E siccome le esperienze sono state tante e non simili tra loro, posso scriverne ancora e - covid ed altre cause di dipartita permettendo - a lungo.

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