Ethan ha scritto: Una cosa è sicura, oggi come oggi pubblicare e poi lasciare il libro a sé, sperando che sia la CE a fare tutto, equivale a non pubblicare.
E non vale solo per le CE piccole, ma per tutte, se si è poco conosciuti.
Dipende sensibilmente dalla CE. Pubblicare con una micro CE che non fa nulla, o che vorrebbe fare ma non ha i mezzi per farlo: questo sì, equivale a non pubblicare, o a fare self-publishing surrogato, e allora è ovvio che l'autore deve sopperire alle carenze dell'editore, o alla sua assenza. In teoria, dato che è la CE ad avere acquisito i diritti di sfruttamento economico dell'opera, dovrebbe essere la CE a fare non dico tutto, ma tutto ciò che compete a una CE. Ogni qual volta l'autore - pur cedendo i diritti a un editore - diventa un promotore o un commerciante dei propri libri, non siamo di fronte al fisiologico rapporto tra autore, editore e lettore. L'autore deve partecipare alla promozione dell'opera, questo è ovvio, ma solo per ciò che gli compete e sempre in concerto con l'editore (ad esempio, l'editore procura un'intervista all'autore in un quotidiano o un canale televisivo). Nell'editoria grossa e media, la promozione non è nemmeno soltanto gestita dall'editore, ma è affidata ai maggiori promotori/distributori, che hanno tutto l'interesse a vendere i libri, dato che ne condividono i ricavi. Le pagine social dovrebbero essere gestite soprattutto dagli editori, o da terze figure (agenti, promotori), non dagli autori. A meno che, come detto, non si tratti di Self-publishing o di microeditoria, allora è indispensabile che l'autore faccia il grosso del lavoro, quello che in teoria - e secondo come è stata concepita la legge sul diritto d'autore - non gli dovrebbe competere. In sostanza, non sono d'accordo a mettere tutte le CE nello stesso calderone, e quello che dici è vero soprattutto per l'editoria piccola e micro, molto meno per la media e grossa.