MissRibston ha scritto:In genere questo l'ho visto fare o con libri stranieri tradotti, oppure con libri (di solito fantasy) rivolti a un pubblico giovanile, in genere dai quattordici ai diciassette anni. Non è una pratica che mi sentirei di consigliare. In generale, il sottotitolo come mezzo comunicativo è da utilizzare con parsimonia e molta attenzione, perché il rischio dello "spiegone" in copertina è in agguato, assieme anche a una possibile deviazione del target di riferimento: magari il titolo intercetta un tipo di pubblico, il sottotitolo si rivolge a un pubblico completamente diverso, il che genera confusione e porta al rischio di non vendere né all'uno, né all'altro. E no, quando è così, non c'è pericolo di riuscire a vendere a entrambi. Il target deve essere preciso. Se non è preciso e lascia dubbi, il dubbio primeggia sempre.Sì, in generale sono d'accordo sul fatto che è una pratica insidiosa. Il sottotitolo dovrebbe solo specificare meglio qualcosa del titolo, non dare un messaggio difforme rispetto al titolo né fornire "spiegoni". Nel mio caso, trattandosi di una raccolta di racconti, il doppio titolo è comune anche in italiano (se non altro per scrivere "12 racconti", o simili), ed è per questo che ho pensato sia ammissibile, anche adottando il doppio registro linguistico.
L'autore comunque può solo proporre, ma trattandosi di un aspetto commerciale è l'editore a dover decidere la scelta più opportuna, che sia anche quella più adeguata al progetto grafico, con cui costituisce un tutt'uno. Ciò nonostante, trovare sin dall'inizio un buon titolo è sicuramente un miglior biglietto da visita dell'opera con lo stesso editore. Quindi - e qui mi rivolgo a @dyskolos - non trascurerei l'importanza di questo aspetto.