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Re: Siccità

Nightafter ha scritto: dom feb 28, 2021 12:42 am non ho memoria se questo sia il primo racconto tuo, che leggo e commento.
Se così è perdonami per essere giunto tardivamente a scoprirt
Non preoccuparti, noi giovani esordienti sappiamo attendere con pazienza... :rofl:

Ok, torno serio.
Ho letto parecchio di Steinbeck in gioventù, ma non il romanzo che citi, in effetti.
Il particolare del quadro che potrebbe stonare in una chiesa mi era stato già fatto notare sul WD: hai ragione, tra l'altro non c'è alcuna necessità che sia ritratta nuda. Se e quando ne farò una revisione per un'eventuale pubblicazione, correggerò il dettaglio.
Prometto di non perdermi in futuro nessuno dei tuoi scritti, per ora ti auguro buon lavoro e ti saluto in attesa di un prossimo incontro.
Grazie, sei molto gentile! Purtroppo (forse sarebbe meglio dire "per fortuna") in questo periodo sono sommerso di lavoro come editor e non riesco a trovare il tempo per scrivere... Sono riuscito a malapena a concludere il romanzo che stavo scrivendo, che uscirà tra un paio di mesi, e avevo un'idea per quello nuovo, ma ho fatto in tempo a buttar giù solo il primo capitolo e poi mi sono dovuto interrompere: da qualche mese non riesco più a scrivere un rigo. Questo racconto ho voluto a tutti i costi portarlo a termine per partecipare al contest di Natale e, soprattutto, per non chiudere il 2020 senza aver pubblicato nulla sul WD. Qui trovi altri due o tre racconti più vecchi che ho trasportato su CdM, ma per qualcosa di nuovo temo che sarà una lunga attesa... :crying-yellow:.
Grazie di cuore per le tue parole :rosa:.

Re: Siccità

Alberto, grazie infinite per le tue parole: sono davvero felice che il racconto ti sia piaciuto!
Alberto Tosciri ha scritto: Bellissima questa descrizione di Portogallo rurale, dove veramente in certi posti la vita si è fermata com’era una volta.
Verissimo, girando per certi paesini dell'interno mi sono imbattuto più volte in qualche festa paesana (quasi sempre legata al santo patrono) e sembra davvero di fare un salto indietro nel tempo.
Mi ha colpito questa Maria che ventenne guida una Harley Davidson, ma ci sta, la cosa è possibile, umanamente parlando.
Questa era la traccia del contest che mi era capitata in sorte, ideata dal buon @Joyopi: al centro del racconto doveva esserci una Harley e si doveva sentire il rumore delle sue marmitte...
So che forse non approverai, ma scene letterarie caste mancano al giorno d’oggi,
ma certo che approvo
Poi quella leggenda dell’assedio di Lisbona. Andrò a vedere la storia, penso ti sei rifatto a qualche leggenda del posto,
https://it.wikipedia.org/wiki/Assedio_di_Lisbona
Ne aveva scritto in precedenza qualcuno infinitamente più bravo di me :bandiera: : https://www.ibs.it/storia-dell-assedio- ... 8807888885

Il prete, padre Alfonso, mi sembra troppo disinteressato alla storia di Simão, evidentemente è allineato con i tempi e non si rende conto o non gli importa se un suo parrocchiano ha avuto una visione o preso un colpo di sole. Si fiderà di più del computer, indubbiamente.
Be', immagino di sì: qualche personaggio più strettamente legato al mondo d'oggi era necessario...
Ancora mille grazie per le belle parole, che so sincere :rosa:

Re: Siccità

Adel J. Pellitteri ha scritto: sab feb 20, 2021 10:26 pm @Marcello ricordo di avere già commentato questi racconto, ma l'ho riletto con piacere. Ripiaciuto.
Siccome non c'è due senza tre, vado subito a cercare un altro forum dove pubblicarlo :asd:
Grazie carissima, ri-rosa per te :rosa:.

Re: Siccità

@ioly78 grazie di cuore: le tue parole mi fanno felice.
Descrizioni e ambientazioni sono un elemento imprescindibile nelle mie esperienze di lettore e, da scribacchino, sono felicissimo quando riesco a trasportare sulla scena il lettore.
:rosa:

Siccità

Le pale del ventilatore smuovono a malapena l'aria, densa e appiccicosa.
Le dieci del mattino e già non si respira più. Simão si alza a fatica dalla sedia a sdraio, la tela sembra essere incollata ai pantaloni e una patina di sudore ricopre i braccioli. Dal portico getta un'occhiata attraverso la finestra: sua madre sta sfilettando le sardine sopra un'assicella di legno e muove appena le labbra senza produrre suoni. Le strofe di una canzone, forse i versi di una preghiera; più probabile che sia una preghiera. Il padre sarà nei campi, a contemplare l'ennesimo disastro della siccità, di cui renderà conto a tavola, lo sguardo fisso nel piatto e la voce intorbidita dal vino.
A passo indolente Simão raggiunge il sentiero sterrato che conduce all'oceano. Si sfila la t-shirt; il sole gli brucia le spalle e rivoli di sudore gli scorrono lungo i fianchi, ma non se ne cura. Osserva i campi riarsi che costeggiano lo stradello, spaccature larghe quanto una mano li striano ovunque.
Non piove da mesi, non piove più.
Nemmeno la processione di due sere prima è servita a qualcosa. Padre Alfonso ha guidato i parrocchiani lungo le strade del borgo: un corteo di uomini e donne che imploravano la pioggia, ceri e candele accese in ogni angolo. E oggi il sole splende come ieri, come l'altro ieri e come le settimane precedenti.
Ha quasi raggiunto l'ultima duna che nasconde la caletta dove è solito fare il bagno, quando sente un brontolio lontano alle spalle. Si volta e rimane abbagliato. I raggi del sole si riflettono su una grossa moto che avanza lentamente, sollevando una nuvola di polvere dietro di sé. A mano a mano che il mezzo si avvicina, Simão sente aumentare quel borbottare cadenzato; nascosto dal manubrio imponente, il guidatore s'intravede appena. Non s'intende granché di moto, ma quella l'ha vista tante volte in tv. Che ci fa una Harley Davidson da queste parti? si chiede.
Il mostro argentato procede ormai a passo d'uomo; quando lo affianca il riverbero sulle cromature luccicanti lo costringe a socchiudere gli occhi. Riesce a distinguere la sagoma del motociclista, fasciato in una tuta di pelle nera – come farà a sopravvivere con questo caldo? – e il casco integrale che nasconde il volto.
La Harley si arresta pochi metri più avanti, a ridosso della duna. Le marmitte continuano ancora per qualche istante a produrre il loro caratteristico borbottio, poi sul sentiero torna il silenzio, interrotto per un attimo dallo stridio di una coppia di gabbiani che si alza in volo. Il guidatore osserva il terreno e sembra chiedersi se il fondo reggerà il peso della moto, quindi sospinge il cavalletto laterale e mette i piedi a terra.
Simão si rende conto solo allora di essersi bloccato sul posto e riprende ad avanzare, senza riuscire a distogliere gli occhi da quella visione così inconsueta. L'uomo si sta togliendo il casco e lui s'immagina di vedere spuntare una barba incolta.
Il pagliaio di capelli rosso fuoco scossi all'aria lo lascia interdetto. È una ragazza, dall'incarnato roseo, la fronte alta e gli occhi di un verde brillante. Bellissima, come non ne ha mai viste. Avrà sì e no vent'anni e posa lo sguardo su di lui, mentre abbassa la cerniera della tuta. Gli sorride.
Sotto indossa soltanto una maglietta bianca e un paio di mutandine. Simão non sa dove guardare.
«Olá!» gli dice lei.
Lui ha le labbra secche, fatica a disserrarle. «Olá!» riesce infine a rispondere.
«Cos'è, non hai mai visto una ragazza?» chiede lei, mentre sfila gli stivali e muove qualche passo verso di lui, a piedi nudi.
Simão non riesce a distogliere gli occhi dai suoi seni, che gonfiano la maglietta. «Io... sì, certo» balbetta.
Lei ormai gli è accanto. «Sono Maria. Ti piace il mio destriero?»
E sorride, sorride sempre. Non ha mai smesso da quando si è tolta il casco.
«Io mi chiamo Simão. Il tuo...?»
«Destriero, la moto. È un po' come il cavallo per gli antichi guerrieri, no?»
Ride questa volta, rovesciando il capo all'indietro. Lui si perde in quella chioma rossa che sembra vivere di vita propria.
«È molto bella.»
Con quattro passi di corsa, Maria scala la duna. «Vieni, andiamo a fare il bagno!» lo chiama dall'alto. «La sabbia scotta, spicciati!»
Simão scalcia le infradito e la insegue. Corrono a perdifiato lungo la spiaggia infuocata e lui la riprende soltanto sulla battigia. Lei sfila la maglietta e gli slip e si tuffa nuda tra le onde. Allibito, lui ci pensa un attimo e poi la imita: t-shirt, jeans e boxer volano sulla sabbia. Con poche bracciate la raggiunge.

Mano nella mano, distesi alla scarsa ombra di un pino marittimo rachitico, osservano il cielo senza nubi che incombe su di loro. Simão non osa chiederle nulla, per timore di guastare la felicità di quel momento. È Maria a rompere il silenzio.
«Da quanto non piove?»
«Da metà marzo, papà è disperato. Abbiamo già perso metà del raccolto e se dura così...»
Lei socchiude gli occhi, lui ammira il suo corpo splendido. Una ciocca rossa gli accarezza la spalla e Simão se ne sta immobile, per paura di perdere quel contatto.
«Devo andare» dice lei all'improvviso, rizzandosi in piedi.
«Dove?»
La domanda gli si strozza in gola, mentre la osserva rivestirsi. Maria si volta e sorride, tendendogli una mano. Simão si rialza e lei lo bacia. Un bacio casto, con le labbra che si sfiorano appena.
Poi si avvia di buon passo e lui la segue, tentando goffamente di rivestirsi. In cima alla duna lei si ferma ad attenderlo. Gli appoggia le mani sulle spalle e lo fissa. A lui pare di nuotare in un mare verde.
«Ti rivedrò?» le chiede.
«Nei tuoi pensieri, sempre.»
Simão sente che non può fare nulla per trattenerla e rimane lì, con i piedi che affondano nella sabbia. Il borbottio della Harley gli sembra odioso, mentre la osserva diventare un puntino all'orizzonte.

«Una ragazza bellissima con i capelli rossi che guidava una Harley?» dice Martim sollevando il blocco motore di uno scooter. «Nessuno in paese possiede quella moto.»
«Sì, ma nei villaggi qui attorno? Sei il migliore, lo dicono tutti, vengono anche dalla città a portarti le moto da riparare.»
Il meccanico si pulisce le mani sulla tuta bisunta e accende una sigaretta.
«Di che colore era la Harley?»
«Grigia, lei lo chiamava il destriero. Credo sia un cavallo.»
Martim strabuzza gli occhi, forse per il fumo. «E aveva gli occhi verdi?»
Simão fa segno di sì.
«Di' un po': da quant'è che non vai in chiesa?»
«Da un pezzo, ma che c'entra?»
«Va' a trovare Padre Alfonso» risponde lui, già chino sullo scooter.

Il parroco ascolta la sua storia, poi lo fissa negli occhi, come aveva fatto il meccanico.
«Vieni con me» gli dice.
Il sacerdote si ferma davanti a un quadro appeso a metà della navata. Simão lo osserva e si sente mancare. La tela raffigura un'amazzone nuda dalla folta capigliatura rossa e gli occhi verdi, che in groppa a un cavallo grigio si lancia contro le mura di una città. Sul cartellino alla base del dipinto si legge: “La Vergine rossa sul suo destriero – anonimo del Settecento”.
«Rappresenta l'assedio di Lisbona del 1147, in cui i Crociati liberarono la città dai mori» dice Padre Alfonso. «La vergine guerriera ovviamente è un personaggio leggendario. Devi aver visto il quadro in passato, oggi sei rimasto troppo esposto al sole e ti è sembrato di rivivere la leggenda. Capita, sai. Un buon sonno e domani ci riderai su.»
«Si conosce il nome della Vergine, Padre?» chiede Simão con un groppo alla gola.
«Maria. Non avevano una gran fantasia questi scrittori medievali, eh?»

Simão si agita nel letto, con gli occhi sbarrati. Non posso averla sognata si ripete da almeno un'ora. Poi ode un colpo, la persiana che sbatte. Il vento, vuoi vedere che...
Si alza di scatto e corre alla finestra. In quell'istante il boato di un tuono scuote la casa e un diluvio si abbatte sui campi. Simão sente accorrere gente, qualcuno grida al miracolo. Lui rimane lì a fissare il cielo squarciato dai lampi che lo illuminano a giorno.
Nel balenio della tempesta una figura attraversa le nuvole gonfie di pioggia su un cavallo grigio.
O è una Harley?

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