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Re: Femminile e professioni

dyskolos ha scritto: Anche in "coscienza", tanto per fare un esempio, la I non si pronuncia. 
Ma scherzerai! C'è e si pronuncia in lingua italiana, poi nelle lingue che parli tu non so...
Allora hanno ragione quelli che scrivono onniscente?
Bo', torno a vedere il finale della sesta partita tra Carlsen-Nepomniachtchi!

Re: Femminile e professioni

dyskolos ha scritto: ci vorrebbe una riforma ortografica pure per l'italiano, almeno per evitare di incontrare a Praga cechi ciechi, cioè cittadini della Repubblica Ceca ipovedenti.
Questa non l'ho mica capita, però  :grat: 
Sono due parole diverse, che si scrivono in modo diverso e si pronunciano in modo diverso: cosa c'è da riformare?

Re: Femminile e professioni

Antares ha scritto: leggendo un libro con scritto avvocata o ingegnera (tra l'altro il secondo termine è segnalato come errore, il primo no
Perché "avvocata" non è un termine coniato di recente, ma presente già in una delle più celebri preghiere della tradizione cattolica (Salve, Regina,
madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A te ricorriamo, esuli figli di Eva; a te sospiriamo, gementi e piangenti in  questa valle di lacrime. Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi...). Lo stesso attributo della Vergine Maria ha dato il nome a un quartiere di Napoli, che si chiama proprio Avvocata.
Quanto ai libri, c'è poi il primo romanzo di Piero Meldini del 1994, che ebbe un buon successo (lui era all'epoca il Direttore della Biblioteca Gambalunga di Rimini e veniva ogni mese da me in libreria a fare gli acquisti per la biblioteca).
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Re: Femminile e professioni

Antares ha scritto: La Crusca incoraggia a usarli, ma leggo che molti qui li trovano come delle "storpiature" della lingua, come certi anglicismi che magari sono in voga ma non fanno parte del dizionario, o sbaglio?
Ho letto i vostri commenti interessanti, ma ancora non riesco ad afferrare bene questo punto
Esatto, proprio così.
Per capire bene la situazione è sufficiente saltare a piè pari gli interventi di dyskolos: lui aspetta di capire in quale direzione evolve la discussione e poi afferma esattamente l'opposto. Fra quattro o cinque anni, quando la maggior parte delle persone diranno: ministra, maniscalca, correspondentessa, dirigenta e simili, lui sosterrà che è un obbrobrio, che così si violenta la nostra nobile lingua, che i nomi delle professioni devono rimanere tali e quali come sono nati, che anche Omero nell'Iliade... e Virgilio nelle Bucoliche... e poi il siciliano antico... e bla bla bla (cit. Greta Thunberg).
:hihi: 

Re: Femminile e professioni

dyskolos ha scritto: Pensa che l'ultimo libro di Massimo Polidoro (interessantissimo) si intitola "Pensa come unə scienziatə"
Me lo ero perso :facepalm: . Con tutto il rispetto per Polidoro, non lo comprerei mai.
IBS poi, per catalogarlo, lo mette al maschile: https://www.ibs.it/pensa-come-scienziat ... 8856682755.
Ripeto: non si può vedere e Piemme non ci fa una gran figura, a mio avviso. Del resto non ho mai avuto una gran stima delle loro soluzioni grafiche, a iniziare da quando lanciarono la collana dei gialli pocket: tutte copertine bianche con schizzi di sangue, un po' più a destra o più a sinistra; dopo cinque o sei uscite non sapevi più come esporli in libreria, perché i clienti non capivano che erano titoli diversi...

Re: Femminile e professioni

Silverwillow ha scritto: È il tipo di ragionamento che faccio io. Specificare a tutti costi il genere femminile, anziché creare parità, per me ne sottolinea con forza la differenza, quindi il contrario di quel che (presumo) si voleva ottenere.
(y)
Silverwillow ha scritto: o addirittura simboli estranei alla lingua italiana (come gli asterischi e lo schwa, che non so fare)
Se i femminili forzati sono inopportuni e spesso controproducenti, l'uso degli asterischi e dello scevà è indice di totale idiozia.
Una lingua va parlata, non solo scritta, e dal momento che non posso pronunciare un asterisco il suo uso è di per sé un totale controsenso.
Quanto allo scevà non è una lettera ma un simbolo in uso nella fonologia e quindi, nonostante quarant'anni fa mi abbia fruttato la lode nell'esame di glottologia con il "venerabile" prof. Enrico Arcaini (venuto a mancare a gennaio di quest'anno a 93 anni), è anch'esso fuori contesto.

Re: Femminile e professioni

Silverwillow ha scritto: ma fatico a vedere a chi possa giovare questo cambiamento linguistico, e sono sicura di non essere la sola. Se io come donna non vedo minacce maschiliste ovunque, magari grazie alla mia esperienza personale e limitata (ma neanche tanto), il dubbio che si stia gettando fumo negli occhi perché si è incapaci di risolvere i problemi veri mi viene.
@Silverwillow d'accordo al 110%.

Una portiera, due terzine (dantesche), una stopper, una libera, una mediana (del triangolo di centrocampo), due ali (Causio e Bruno Conti, si sa, sono caduti in depressione per aver dovuto giocare con un termine femminile sulle spalle, se no sai che campioni sarebbero stati...), due mezzeali (Rivera e Mazzola dite la vostra) e una centravanti.
Poi c'è l'arbitra con due giudichesse di linea.

E però poi scusate se invece di assistere a una partita di calcio femminile preferisco guardare un bell'incontro di sumo, con due lottatori di centocinquanta chili con le pance che ballonzolano.

Re: Femminile e professioni

Brutus ha scritto: Da quanto ho capito sono le varianti corrette, solo l'ultima mi lascia incerto. Voi come vi comportate?
Io li lascio tutti al maschile: la protagonista dei miei romanzi è una donna, prima ispettore e poi commissario.
Mi dispiace, ma non riuscirò mai a scrivere avvocata, ministra, commissaria, magistrata, giudichessa o altre porcherie del genere... Non credo sia da questo che si giudica il rispetto per le donne: sono semplicemente nomi di professioni consegnati all'uso in quella forma perché originariamente svolti soltanto da uomini. Il fatto che oggigiorno li svolgano anche le donne con almeno altrettanta, e spesso maggiore, competenza e professionalità non richiede necessariamente di violentare la lingua.
Mia opinione, s'intende.

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