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Re: Etruschi a merenda

Grazie, @Tracker per essere passato di qua  :)
Tracker ha scritto: È vero che la gente nella realtà le usa, ma banalizzano la scrittura. Penserei a quale significato vuole veicolare quell'espressione e proverei poi a parafrasarla di conseguenza. 
invece, io trovo che non sia così, sono d'accordo che non sia bene abusarne, ma le apprezzo quando sono poche e ben posizionate. Le frasi fatte si portano dietro un bagaglio culturale ed etnografico pesantissimo e molto vasto e, inoltre, i bambini fino ai 10 anni, a cui sono rivolti questi testi, è difficile che le conoscano o comunque che sappiano usarle bene. In ogni caso, si tratta solo di opinioni diverse: c'è a chi piacciono e a chi no, a me divertono  :)
Grazie ancora, alla prossima 

Re: Etruschi a merenda

Buongiorno @bwv582 che bello ritrovarti  :)
bwv582 ha scritto: Un piccolo tarlo che mi porto per tutta la lettura, cioè... il titolo.
hai ragione, infatti è stata una scelta dell'ultimo minuto, non avevo nessuna idea, né bella né brutta, così ci ho infilato questo
bwv582 ha scritto: in questo, a parte una piccola licenza poetica (per così dire), ovvero il punto e virgola, ho separato il cambio di soggetto agente.
hai ragione anche qui, in effetti la frase ci guadagna in chiarezza 
Grazie, caro bivvù, per essere passato da qui. Sei prezioso come sempre  :flower:

Re: Etruschi a merenda

Grazie mille del passaggio, @Kasimiro  :)
Questo racconto nello specifico non può crescere, ha un limite da rispettare di 5000 caratteri e un altro suo limite è quello di rimanere fuori dal fantastico, quindi niente mostri o draghi. 
Mi piace molto la soluzione che proponi per il finale, con il gatto incastrato che sbatte e fa rumore, è di sicuro più credibile del mio gatto che scompare da un balcone al quinto piano!
Capisco anche il discorso sui ladri e sono d'accordo con te, però, almeno in questo caso, i ladri per me sono intercambiabili con il lupo o l'uomo nero, con una qualsiasi minaccia esterna al nucleo di affetto-casa-famiglia. Non credo che i bambini siano consapevoli della verà identità del ladro o forse mi sto facendo deviare dai miei ricordi di bambina anni '80 in cui i ladri c'erano, certo, ma non così tanto come al giorno d'oggi.

@AgnesePeretto grazie per le tue belle parole, sono contenta che ti sia piaciuto il mio racconto  :)
AgnesePeretto ha scritto: intraprendo per la prima volta questa cosa del commento al racconto per poi inserirne uno mio, quindi non saprei bene su quali punti basare il mio giudizio
In cima a questa sezione, così come in tutte le altre di Officina, c'è un post con il regolamento, dove trovi le indicazioni per postare e per scrivere il commento. Quello di questa sezione lo trovi a questo link. Sembra più difficile di quanto non sia in realtà, non perderti d'animo, è solo una questione di abitudine e allenamento.
AgnesePeretto ha scritto: quei venti minuti di silenzio, vengono spiegati poi dal fatto che si stessero facendo i fatti loro? O che gli etruschi erano davvero così interessanti da giustificare il silenzio?
Non è importante la ragione reale, potrebbe essere l'uno o l'altro motivo, a discrezione del lettore o forse dei personaggi.
AgnesePeretto ha scritto: usare troppe metafore "alte" porterebbe via la freschezza dei pensieri e l'immedesimazione nei due
hai sicuramente ragione, ma la realtà è che a questo racconto manca colore che le metafore, se ben congegnate, riescono a dare. Soprattutto nei racconti per l'infanzia le metafore sono importanti perché aiutano il lettore bambino a concretizzare le immagini che l'autore gli offre attraverso le parole. Io, questa volta, non sono stata molto attenta a questo aspetto, ma in revisione ho intenzione di rimediare, grazie ai vostri commenti.
Grazie ancora per avermi letto  :flower:

Re: Etruschi a merenda

Adel J. Pellitteri ha scritto: non vedo attinenza tra lo studiare alternativamente nella casa dell'uno o dell'altra e il "mal comune". Sarebbe per il disturbo portato in casa?
il male comune sarebbe lo studiare, insieme non è tanto male
Per le metafore avete tutti ragione, mi sono impegnata poco e si sente. Lo riguardo e lo coloro  ;)
Grazie mille per avermi letta  :flower:

Re: Etruschi a merenda

RicMan ha scritto: Non ho afferrato il significato...
perché manca un pezzo! Ero a caccia di ripetizioni inutili e devo aver cancellato qualcosa senza sostituire  O_-
RicMan ha scritto: Non so come l'editor di testo massacrerà questa mia risposta,
mi sembra che sia andato tutto bene, dai!

Grazie per la lettura, le annotazioni e il commento. Hai proprio ragione sulle metafore, cercherò di trovare qualcosa di più colorito e di sicuro rileggerò con più attenzione la prossima volta   :D

Etruschi a merenda

Commento

Leo e Marta sono in silenzio da quasi venti minuti; questo può significare che o il capitolo sugli Etruschi è più interessante del previsto o che stanno pensando ai fatti loro.
Succede spesso che i due amici studino insieme, in una casa o nell’altra, non importa quale; come dice sempre la mamma di Leo: mal comune, mezzo gaudio.
«A che punto sei?» chiede Marta sbirciando l’amico da sotto in su.
«Quasi finito,» mormora Leo seguendo il testo con un dito teso. «Forti sti Etruschi, eh?»
Marta alza le spalle e chiude il libro. «Lasciamo perdere Etruschi, Romani e compagnia e andiamo a fare merenda? Sto davvero morendo di...»
Un boato fragoroso gli spara il cuore nelle orecchie. Marta e Leo sbiancano, poi Leo sorride incerto.
«Sarà caduto qualcosa in cucina,» dice come se non fosse niente di speciale, ma gli trema la voce. «Andiamo a vedere, così facciamo merenda.»
Marta annuisce, ma il batticuore non le passa, ma non vuole che Leo pensi che è una fifona, così fa scivolare la sedia da sotto il tavolo e si alza.
Leo si mette in piedi, lo sguardo fisso sulla porta della cucina. Marta va al suo fianco. Non ci pensa nemmeno a rimanere per ultima e sicuro nemmeno per prima. Meglio stare uno di fianco all’altro.
La cucina è distante pochi metri, ma i passi dei due amici sono lenti e pesanti, li portano indietro, non avanti. Quasi camminano sul posto.
Si avvicinano alla cucina come formiche. Manca per sbirciare oltre la soglia. Si bloccano senza fiatare. Fissano la porta socchiusa senza riuscire a decidere se allungare una mano e spalancarla o se chiuderla e scappare nella direzione opposta.
Leo non resiste e afferra una mano di Marta che risponde alla stretta.
«Non facciamo i fifoni,» sussurra Leo.
Marta scuote la testa, poi annuisce. «È caduto qualcosa con il vento, magari è rimasta una finestra aperta.»
«Va bene, entriamo.» Leo allunga il palmo aperto verso la porta per aprirla con un colpo solo.
Un clangore di metallo esplode dalla cucina, un secondo più tardi la porta si chiude con un botto e le dita di Leo quasi ci rimangono in mezzo.
I due amici sono più bianchi del muro della scuola. Poi Marta urla e Leo anche e corrono a nascondersi dietro al divano. Si fanno piccoli piccoli, due palle tremolanti di vestiti sudaticci e cuori al galoppo.
«C’è qualcuno in casa, Marta!» sussurra Leo.
«Ma chi?»
«I ladri, chi altro?»
«Leo, siamo al quinto piano, come ci sono entrati qui?»
«Loro entrano dappertutto.»
«Siamo sempre stati al tavolo,» sbuffa Marta indicando il centro del salotto. «Non potevano passare senza che li vedessimo.»
Marta vede Leo cercare una risposta ragionevole, ma non la trova. I ladri sono entrati anche da sua nonna, però fuori dal palazzo c’erano le impalcature e i ladri l’avevano scalata per intrufolarsi in camera da letto: avevano rubato tutto quello che c’era. Non avevano preso altro perché la famiglia al completo stava pranzando in sala. Fuori dalla cucina di Leo non ci sono impalcature però, quindi o questi ladri volano o la spiegazione è un’altra.
«Leo.» Marta lo scuote perché sembra che sia rimasto ipnotizzato dal bracciolo del divano. «Non sono ladri. Nessuno può arrampicarsi fino quassù.»
«Loro entrano ovunque!» bisbiglia Leo e Marta pensa che i suoi occhi le fanno tremare le ginocchia. Allora lo abbraccia, così non li vede più.
«Ora vado a vedere io. Non rimarremo qui nascosti.»
«Aspettiamo che torni la mamma; quanto vuoi che ci metta a fare la spesa?»
Però Marta ha deciso: Leo l’aiuta sempre con compiti e interrogazioni. Non importa se ha paura, questa volta sarà lei ad aiutarlo. Scioglie l’abbraccio e si alza in piedi. «Tu stai qua, vedrai che non è niente.»
Prima che Leo possa dire altro, Marta va verso la cucina. Si ripete che nessuno è entrato, l’avrebbero visto. Davanti alla porta si ferma e ascolta. Sente solo il ronzio del frigo. Marta allunga la mano, poi esita e si gira. «Aaah!»
Leo l’ha raggiunta senza fare rumore ed è in piedi dietro di lei.
«Scusa. Vengo con te.»
I due amici si prendono per mano, poi Marta abbassa la maniglia e spalanca la porta.
La cucina è vuota e immobile, la portafinestra del balcone è socchiusa. A terra c’è la grossa terrina di metallo in cui la mamma di Leo fa l’insalata; più in là ci sono dei piatti rotti.
«Vedi?» esclama Marta trascinando l’amico verso la finestra. «È stato il vento.» Fuori il sole splende, più in basso qualcuno ride sul prato del condominio. «Tutto a posto, Le...»
Una scheggia seguita da un miagolio schizza tra di loro, salta sulla ringhiera del balcone e poi nel vuoto. Marta e Leo si buttano dietro al gatto e guardano giù: non c’è traccia di lui.
«Un gatto!» Marta scoppia a ridere in una di quelle risate che sembra continueranno per sempre. Poco dopo anche Leo esplode. Ridono così tanto che gli scendono le lacrime. Ridono così forte che che si tengono la pancia. Ridono così di gusto che si devono sedere per terra. «Un gatto!» ripete Leo quando riprendono fiato.
Marta sorride. «Andiamo a fare merenda.»
I due amici si alzano e rientrano in cucina.

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