La ricerca ha trovato 5 risultati

Torna a “Il favore più grande”

Re: Il favore più grande

Ciao, grazie mille. 
Si, sono ben conscio che la premessa potrebbe non tornare, e in effetti una volta assunta quella è stato abbastanza difficile dare un minimo di coerenza al tutto (l'ho iniziato, cancellato e ricominciato piu volte, questo racconto). Speriamo sia almeno godibile. Come sempre le connessioni "tecniche" della trama mi risultano difficili da gestire, meglio se chi legge si concentra sul senso delle cose, ecco XD

Re: Il favore più grande

@bwv582 vero, ma posto qui proprio per avere dei pareri personali che mi facciano vedere cose che da autore non vedo. E il tuo parere è stato molto utile (sto editando il testo proprio ora). 
Grazie mille e buon fine settimana anche a te. 

Re: Il favore più grande

Grazie mille della risposta. In realtà il girello, mi sembra che molte perplessità sorgano da lì, non è un sostegno alla deambulazione, ma una giostra (quella coi sedili che gira), ma capisco che possa creare incomprensioni, quindi la sostituirò con altro (altalena, o scivolo). 
Mi scoccia che non si capisca la richiesta della nonna, e cioè, ucciderla, aiutarla a morire, visto che è tenuta in vita dalle macchine. Cercherò di fare qualcosa perchè sia più chiaro, magari aggiungendo qualche frase esplicativa nel finale. 
Per la punteggiatura grazie, credo che adotterò diversi dei tuoi suggerimenti.
Quel "dove" sarebbe l'acceno di una domanda, "dove sei stata?", perchè la ragazza è scappata di casa, ma forse questo non si capisce, e anche qui potrei aggiungere qualche parola in più, magari nell'incipit, dove la nonna potrebbe spiegare meglio. 

Il favore più grande

viewtopic.php?p=19294#p19294

Avvertenza: il racconto è scritto in seconda persona e al futuro perché lo richiede una call a cui vorrei partecipare.



Troverai questa lettera al solito posto. Che poi non è neanche solito, ma io lo so che ci vai sempre, e allora  avrò chiesto a Maria, abituata da una vita a fare quello che le chiediamo senza far domande, di lasciarla lì, nella cabina telefonica accanto alle giostre.
Ti siederai proprio sul girello ─ cigolerà ─ e comincerai a leggere. Forse capirai solo quando sarai arrivata in fondo, ma se sarai rimasta sveglia com’eri, lo avrai fatto dopo neanche dieci righe.
In ogni caso non preoccuparti, un po’ di tempo per pensare a quello che ti chiedo lo avrai. Per pensare e per  maledirmi e per giudicare che alla fine anche io sono come tutti gli altri, una che vuole volo importi le cose.
Se vorrai, credi pure a questo pensiero e non preoccuparti quello che deve accadrà lo stesso, e io non ti amerò di meno.
Io credo, però, che capirai quanto quello che ti chiedo altro non è che un favore. Un favore molto grande, certo, ma niente che tu non possa fare.
Verrai martedì sera. Sarà di turno alla guardiola Carlo, un vecchio infermiere mezzo cieco e tutto sordo. Sarà ancora inverno e il buio ti proteggerà. Forse Carlo aguzzerà uno di quei sopraccigli da gufo, cercandoti nell'atrio, ma tu avrai badato a vestirti di nero ─ no, semplicemente ti vesti sempre così ─ e quello che vedrà sarà solo un’ombra. Prenderai la scala a destra, oltre la macchinetta del caffè. Non userai l'ascensore, se dovessi incontrare qualcuno sarebbe la fine. Lenta, ti fermerai ogni volta che sentirai la voce di un 'infermiera rimbombare in un corridoio, una porta sbattere, le ruote di un carrello che porta la cena cigolare.
D’improvviso, però, le tue scarpe squittiranno sul linoleum del pavimento, e il cigolare di quel carrello si fermerà di colpo. Dei passi si avvicineranno, un neon sfarfallerà, rivelandoti per un attimo, sotto due occhi aguzzi,  i baffi di Nadia, infermiera del turno di notte. Annuserà l’aria, cercandoti. Ti nasconderai dietro un cestino della spazzatura. È nero anch‘esso, e tu sei bassa, amore mio. Nadia farà un passo avanti, un altro. Se dovesse farne un terzo finirà per vederti.
Ma tu sarai brava come sempre a farti piccola e nasconderti, e alla fine lei emetterà un mugugno e tornerà al suo carrello. Il cigolio delle ruote si allontanerà.
Arriverai al terzo piano. Reparto oncologico. Nell'atrio troverai l’ostacolo più grande. Tuo padre, disteso sulle sedie di plastica, la faccia illuminata dal blu del cellulare e la cravatta allentata sulla camicia sgualcita. Tua madre gli avrà detto di mettersi almeno qualcosa di più comodo ma lui nulla, avrà voluto insistere con quell'aria da operatore di borsa a fine turno anche se è solo un assicuratore di provincia. Starà a te decidere cosa fare. Potresti affrontarlo, e allora entrerai nella stanza e ti siederai accanto a lui.
Dapprima non si accorgerà neanche di te, continuando scorrere il dito sullo schermo. Poi sobbalzerà, gli cadrà il telefono. Finito il rimbombo della caduta rimarrete per un attimo a guardarvi. Balbetterà qualcosa, e per toglierlo d'impaccio sarai tu a parlare.
«Sono qui per la nonna»
Lui si chinerà a raccogliere il telefono, lo guarderà un attimo, poi lo metterà nella tasca della giacca.  
«Dorme»
«Mi basta vederla»
«Dove»
«Dopo, babbo. Prima voglio vedere la nonna».
Se andrà così, non potrai fare quello che ti chiedo. Tuo padre, lo sai, sarebbe comunque troppo pavido per una cosa del genere. Io, però, avrò comunque ottenuto qualcosa. Rivederti. Aprirò un attimo gli occhi. Li vedrai pieni di lacrime e senza quasi più colore.
"Peccato, erano verdi sgargianti" penserai, e poi mi sfiorerai una mano, senza pensare a quanto detesti il contatto fisico, sentire sulla tua pelle la pelle di un altro. Ci guarderemo un attimo, poi io richiuderò gli occhi, chissà per quanto.
Oppure potrai scegliere di aspettare, nascosta nel bagno, che tuo padre si assopisca, per poi sgattaiolare nella mia camera. E la numero cinquantotto, quella in fondo al corridoio, e sta accanto a un’uscita di sicurezza che tengono sempre aperta perché gli infermieri vanno a fumare sulle scale antincendio.
La scena sarà simile. I miei occhi acquosi e scoloriti, la tue dita che mi sfiorano le rughe e poi un mio cenno del capo. La tua mano tremante, allora, si allungherà verso il macchinario accanto al letto, e sfilerà il tubicino di plastica che corre fino al mio naso. Non ti servirà un gesto estremo, forte chissà quanto. Dovrai, anzi, fare tutto nel silenzio più profondo. Se vorrai guardarmi un'ultima volta dovrai prenderti appena un attimo, poi uscirai dalla stanza e via, giù per le scale antincendio, senza guardarti indietro.
Scoprirai nei giorni seguenti che, sia per quel che sia, avrò trovato il modo di ricompensarti. Anche se quelle saranno solo cose materiali. La consapevolezza di aver fatto a una persona che ami il favore più grande dovrai trovarla da sola. E solo dopo farai un ultima cosa.
Ti toglierai l'accendino dalla tasca dei jeans e brucerai questa lettera.

Torna a “Il favore più grande”