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Re: false partenze, stile e pippe mentali

Intanto ringrazio tutti (@Cheguevara , @massimopud , @JD WOLF , @Brutus ) per il vostro prezioso contributo, che ha arricchito la discussione di spunti interessanti e affatto banali.
Sono sostanzialmente d'accordo quando si dice che lo stile cambia specialmente nel periodo in cui un autore si sta, per così dire, formando. Ma credo anche che il processo non abbia una collocazione temporale (insomma non penso che lo stile sia più soggetto a mutare in un adolescente, piuttosto che in un adulto). Inoltre, credo che il discorso valga di certo nel caso di narrazione in terza persona. Ma in una prima persona, lo stile deve anche adattarsi al tipo di narratore, non trovate? Se, ad esempio, la storia è raccontata dal punto di vista di un bambino, l'autore dovrà adottare un registro consono, non potrà certo parlare come un professore di virologia (tanto per restare nel quotidiano). 
Poi, chiaro, un autore ha il suo modo di vedere il mondo e dunque di rappresentarlo, ma forse questa peculiarità si declina anche nelle tematiche raccontate. 
Poi è anche vero che ci sono tanti autori che hanno uno stile, una voce, più (mi verrebbe "ordinaria", ma non è il termine corretto), mentre altri hanno una scrittura sopra le righe, che varia anche all'interno dello stesso romanzo (mi vengono in mente, ad esempio, i romanzi di Irvine Welsh, o Wallace, o perché no, anche George Saunders), però forse è vero: anche leggendo dei frammenti estrapolati dal contesto, magari si riuscirebbe ugualmente a intuirne l'autore.
Cavolo, credo che sia un tema su cui si potrebbe discutere davvero a lungo :)

Poi c'è anche la questione del "prendere in prestito" gli strumenti degli autori che ci piacciono. Credo sia comune (ne parla anche Vanni Santoni nel suo libro sulla scrittura) cercare di imitare lo stile degli scrittori che ci piacciono, salvo poi, a poco a poco, discostarsene, tenendo nel nostro cassetto degli attrezzi alcuni trucchi imparati con la sacra arte dell'imitazione. Su questo come la pensate? Credete che sia giusto "copiare", se non altro per un periodo, gli scrittori che leggiamo?

false partenze, stile e pippe mentali

Buon pomeriggio a tutti,

mi capita spesso, quando voglio scrivere una storia, di restare "al palo", indeciso sullo stile da usare, sul pov più adatto per la narrazione, il che si traduce in varie false partenze che, il più delle volte, portano a un nulla di fatto.

Questo mi succede perché mi piace (provare a) sperimentare, nel mio piccolo, stili e registri diversi, convinto del fatto che ogni storia ha un suo ritmo e una sua voce particolari.
In passato, invece, ero solito scrivere tutti i testi allo stesso modo, o quasi. Sempre in prima persona, spesso al presente, ancor più spesso adottando una scrittura che seguiva (o provava a seguire) i dettami del minimalismo.
Ciò che scrivo oggi, quando mi riesce di scrivere qualcosa, mi piace molto di più di ciò che scriveva il vecchio me, eppure, allo stesso tempo, il vecchio me non restava mai impallato e sapeva sempre come scrivere ciò che avrebbe scritto.

Ma ampliando il tema: ci sono autori, anche affermati, anche Grandi Autori, che utilizzano sempre lo stesso stile, che hanno una voce riconoscibile, mentre altri no, o meglio, chiaro che la voce è sempre la loro, ma lo stile cambia e si adegua alla storia narrata. La sensibilità è riconoscibile, ma registri e stile cambiano.

Perché succede questo, secondo voi?
è giusto dare importanza alla ricerca di una giusta voce per ogni storia?
O è una questione di pippe mentali, la mia?
A voi capita mai qualcosa del genere?

Grazie a chi vorrà dire la sua

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