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Re: [Lab 9] Clara (cap. n. 1 di 5)

@Poeta Zaza Eccomi, come promesso, per cercare di spiegare la questione della non verificabilità, della vittoria del Nobel di Primieri.
In realtà, non è affatto raro, nelle opere di fiction, mescolare circostanze reali e altre di fantasia.
Proprio ieri sera guardavo, su una nota piattaforma di streaming, una puntata del serial "The Diplomat". Per chi non lo sapesse, si tratta di una fiction che racconta le vicende di una diplomatica, l'ambasciatrice statunitense Kate Wyler (personaggio di fantasia) di stanza a Londra, alle prese con gli intrighi della diplomazia internazionale.
Ora, la serie è ambientata ai giorni nostri (si parla dell'invasione dell'Ucraina ad opera della Russia) ma il presidente degli Stati Uniti, che pure appare a più riprese, non è Joe Biden! In effetti, anche il presidente del serial è anziano ed è accusato dai suoi detrattori di essere poco lucido ed energico, così come la sua controparte nel mondo reale, ma il suo nome è William Rayburn. E come il Presidente, anche il segretario di Stato e tutte le più alte cariche dell'amministrazione statunitense non rispecchiano la realtà dei rispettivi incarichi.
Questo è solo un esempio, ma potrei fartene un'infinità; qui quello che qui mi preme sottolineare è che la circostanza che a te è sembrata strana o incongrua è invece largamente utilizzata, e per le più svariate ragioni: esigenze di trama, ad esempio, mentre, addirittura, s'impone, per evitare noie legali.
Ora, io dubito che il prof. Yoshinori Ohsumi, premio Nobel per la medicina nel 2016 proprio con lo studio sull'autofagia cellulare, bazzichi per le pagine di Costruttori di Mondi ma, per contro, sono abbastanza sicuro che non sarebbe troppo contento di essere rappresentato come uno scienziato dalla morale abbastanza discutibile e addirittura come un omicida, non credi? 
Ciao, cara. Alla prossima.

[Lab 9] Clara (cap. n. 1 di 5)

1. (14.03.2023)
Il tepore di Villa Elsa è una benedizione dopo la pioggia della fredda campagna modenese.
«Prego, vuole darmi il suo soprabito?»
Consegno il cappotto alla domestica, una donna sulla sessantina dai capelli grigi e dall’aspetto severo quanto il suo tailleur, e faccio vagare lo sguardo per l’ingresso.
Un grande arco separa quest’ambiente da quello che deve essere il salone della villa. Vi è incassata una porta di mogano, impreziosita da vetrate decorate. Ad una parete, una credenzina antica perfettamente restaurata e poi parquet al pavimento, dove fa bella mostra di sé un tappeto persiano con un intricato disegno di tralci e fiori colorati. Un kerman, direi, anche se la mia  preparazione in materia si limita alle nozioni rubate agli imbonitori delle televendite.
Niente da dire, il padrone di casa ha buon gusto e mezzi economici “commisurati”: l’avere vinto un Nobel deve avere contribuito non poco alla stabilità del suo conto in banca.
«Vuole seguirmi?»
Percepisco una certa irritazione nella voce della donna. Ci metto un attimo a rendermi conto che le mie scarpe bagnate stazionano senza ritegno sul tappeto da mille e una notte. Faccio per scendervi, ma proprio in quel momento il padrone di casa si materializza da una porta laterale.
«Dottor Rossi!»
Il professore Adamo Primieri mi viene incontro con la destra tesa. Come la donna di servizio, pure lui ha i capelli grigi, ma il suo sguardo è intenso e pieno di energia. Deve avere fatto un patto col diavolo, quest'uomo, perché non dimostra affatto i sessant’anni che denuncia all’anagrafe.
«Benvenuto! È un piacere averla qui» dice mentre mi stringe la mano. «Ha avuto difficoltà a trovare la villa?»
«Affatto, sembra che tutti in zona conoscano villa Elsa».
«Venga» dice poggiandomi una mano sulla spalla «ritiriamoci nel mio studiolo in attesa che la cena sia pronta».
Lo seguo attraverso una porta che si apre nella stessa parete del portone ad arco.
«Qualcosa da bere?» chiede Primieri avvicinandosi al lussuoso mobile bar in mogano «Un prosecco, o magari del rum?»
«Vada per il prosecco» rispondo. «Professore…» esordisco imbarazzato «Volevo che sapesse che le sono estremamente grato per i riguardi che sta dimostrandomi: ospitarmi in casa sua, è un onore che non merito».
Il mio ospite fa un gesto con la mano, come a volere minimizzare.
«Dico sul serio: per me è già motivo di vanto far parte del suo team!» 
Qui c’è poco da fare ironia: Primieri è un genio. Il suo ultimo lavoro, quello sui geni dell’autofagia cellulare è stato premiato a Stoccolma con il Nobel per la medicina, appena l’anno scorso. Ma si è trattato solo del suggello ad una carriera accademica straordinariamente ricca di successi. Aveva più o meno la mia età quando fece parlare di sé per lo studio sul ruolo dell’ormone GnRH durante lo scatto puberale; una ricerca di fondamentale importanza per la comprensione dei meccanismi di maturazione sessuale nella specie umana. E se ne potrebbero citare altre. Molte altre.
Primieri sorride. Il suo sguardo è magnetico.
«Non mi ringrazi, la mia è una gentilezza interessata: il laboratorio ha solo da guadagnarci dal reclutamento di uno dei più brillanti ricercatori della scena italiana, anzi, diciamolo pure,  continentale! E se per tutto questo il costo da pagare è l’avere per casa qualcuno con cui intavolare stimolanti chiacchierate, direi che l’affare non presenta altro che vantaggi».
«Professore, lei mi lusinga».
«Nient'affatto!»
Lo vedo alzarsi e dirigersi verso la biblioteca. Prende un volumetto e lo porta da me.
«La riconosce?»
«Ha letto la mia pubblicazione?» chiedo inorgoglito.
«L’idea di contrastare lo sviluppo del Parkinson usando le staminali per ripopolare la substantia nigra è, come ho già detto, brillante!»
«Purtroppo, i test clinici dimostrano che il miglioramento è solo temporaneo» rispondo senza nascondere lo sconforto. «Dopo circa un anno l’alfa-sinucleina torna a presentarsi in maniera massiccia e il paziente regredisce. Si guadagna solo del tempo, non si risolve il problema!»
Il sorriso che Primieri mi riserva suona un po' beffardo. Lo vedo fare spallucce.
«Perché si cruccia? Dopotutto, guadagnare tempo è lo scopo ultimo della ricerca medica!» poi spiega. «Nessuno vive per sempre, ma tutti cerchiamo di vivere il più a lungo possibile e nelle migliori condizioni».
Qualcuno bussa alla porta. Quando mi volto, vedo una giovane donna venire verso di noi.
«Adamo, la cena è pronta. La signorina Sarti ci invita a prendere posto a tavola prima che si freddi».
Con la pelle del viso chiara e priva di imperfezioni, due grandi occhi nocciola e un caschetto di capelli castani che sfiorano appena la maglia color senape, la donna non dimostra più di una trentina d’anni.
«Non facciamo adombrare la signorina Sarti, per carità!» dice Primieri, alzandosi dalla sua poltroncina.
«Frau Bluchen rules!» sussurro io, alzandomi a mia volta.
Il professore inarca per un attimo le sopracciglia, poi scoppia a ridere.
«Frau Bluchen, sì. Bella questa!»
Seguo con lo sguardo la nuova arrivata fin quando non sparisce nel corridoio. Il gesto non deve essere sfuggito al mio ospite che sembra divertito.
«Sua moglie è una donna di straordinaria eleganza, professore» provo a riprendermi.
«Livia non è mia moglie» risponde ridendo «è l’istitutrice di mia figlia Clara. Andiamo di là così gliele presenterò entrambe».
Ancora una volta mi mette una mano sulla spalla.
«Purtroppo, mia moglie non c’è più: è scomparsa in un incidente stradale circa venti anni fa».
Annuisco e con aria contrita biascico un canonico “mi spiace” mentre lasciamo lo studio.

***
«Clara?» chiama Primieri appena entrato nel salone della villa. Ma nella stanza c’è solo la bellissima Livia, anche lei in attesa.
«Ma dov’è?» lo sento chiedere all’istitutrice.
«Sta indossando il vestito nuovo: vuole farti una sorpresa!»
La rivelazione suscita una visibile ondata di orgoglio paterno nel professore.
Un “TA-TAAA” annuncia l’ingresso nella sala di Clara. La bambina, perché di una bambina si tratta, fa letteralmente irruzione in un turbinio di tulle bianco e seta.
«Allora? Come sto?» chiede al padre con un sorriso che va da orecchio ad orecchio. Accenna a fare la trottola, poi si accorge della mia presenza e si blocca imbarazzata.
«Sei bellissima, tesoro!» le dice Primieri dandole un bacio. Anche Livia si complimenta con lei e le accarezza i corti capelli biondi.
«Vieni, voglio presentarti il dottor Rossi: starà con noi per un po'» riprende il padre.
«Ciao Clara» dico.
«Ciao!» risponde lei allungando una mano per salutare come fanno i grandi. Non c’è più alcuna traccia d’imbarazzo nel suo sguardo. «La mia stanza è quella in fondo al corridoio, perciò non sbagliare, mi raccomando!»
Ridiamo tutti davanti alla sua ingenua precisazione.

***
La tv è accesa su una replica di “colpo grosso”.
Quanti ricordi! Da bambino mi appostavo nel corridoio, vicino alla porta della camera da letto dei miei, per riuscire a rubare qualche immagine.
Il faccione di Umberto Smaila ammicca in camera. Passa un istante e una delle ragazze che lo attorniano finisce con le tette al vento, i capezzoli impudichi coperti da una stellina argentata: tutto come da copione, insomma.
Sarà che quello che vedo sta risvegliando il mio interesse, ma mi torna in mente la bella Livia: confesso che non mi dispiacerebbe affatto dare una sbirciata sotto il suo maglioncino giallo. Purtroppo, dalla chiacchierata che abbiamo fatto stasera sono emerse due cose: che è bellissima, e intelligente e che tante qualità non sono passate inosservate, se è vero che ha un fidanzato, sempre lo stesso, da anni. Peccato!
La cena è andata bene, direi. Il professore sembra avere molte aspettative su di me. Bene, farò in modo di non deluderlo. E magari, uno del prossimi Nobel potrebbe essere il mio: il tempo è dalla mia parte.
È anche un padre amorevole il professore. Si vede proprio che adora la bambina. Clara, in effetti, è una delizia. Certo, sarei curioso di sapere chi è la madre. Primieri, oltre a essere un genio, ha fama di essere stato un donnaiolo.
  

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