Cos'abbiamo?
Michele, all'apparenza, una persona ordinaria, ha un segreto: è triste! Ha un lavoro che non lo soddisfa, relazioni personali insoddisfacenti, quando non inesistenti e, nell'abbrutimento generale in cui è sprofondato, è diventato scontroso e irascibile. In altre parole, ce l'ha col mondo.
Ne fanno le spese, in particolar modo, i "diversi", persone con disabilità motorie, ritardi cognitivi o diversi gusti sessuali, che incontra sul suo cammino, salvo scoprire che i "diversi" riescono ad essere più sereni e meno angustiati di lui.
La storia.
Il "terrore corre sul filo della normalità" parla anche di disabilità, non a caso in ordine vi appaiono Luciano, Enzo e Billy, con palesi deficit cognitivi, l'anonima ragazza cieca dal fare gentile ed Antony Maresca, privato di entrambe le mani da sfortunati eventi traumatici, ma è, principalmente, la storia della redenzione, meglio del "risveglio", di Michele.
Michele che non riesce a godersi neppure il weekend (del resto, cosa se ne fa del tempo libero uno come lui?), che è incazzato col mondo intero e, se possibile, è anche più incazzato con i "diversi" rei, evidentemente, di non essere alla sua altezza, di essere difettosi.
Ma quando, disorientato e sgomento, dalla tanta, troppa, diversità che lo circonda, fugge dal centro commerciale per rintanarsi in casa, troverà finalmente la forza di mettersi a nudo (anche letteralmente; è nudo davanti allo specchio quando la verità lo raggiunge) e di capire che se c'è un diverso quello è lui, disadattato e incapace di comunicare, e che la sua colpa più grande è stata quella di avere consentito alla misantropia di consumare gli anni migliori della sua vita.
Quello sarà il momento della pacificazione con sé e con gli altri.
Bella idea, persino ambiziosa nel modo in cui hai concepito di raccontarla. Bravo!
Narrazione.
La parte tecnica, però, mi pare perfettibile.
Al netto di alcune imperfezioni di forma (tipo nella costruzione di alcune frasi o nella scelta del lessico), peraltro facili da correggere, rileva, a tratti, una certa confusione nella narrazione degli eventi. Il risultato è quello di lasciare il lettore col dubbio su "chi fa cosa". Ad esempio, al capitolo due, quando Michele fa la conoscenza di Billy, si legge:
"Tutti accorsero, compresa la guardia.
Sempre lui. Questa volta oltre al delirio, aveva provocato dei danni".
Immagino che il secondo periodo riproduca il pensiero della guardia medesima, oppure l'esclamazione del narratore onnisciente; rimane il fatto che il commento sembra spuntare dal nulla, che sia campato in aria. In effetti, se arrivato a quel punto, io lettore, mi pongo la domanda riguardo chi ha detto o pensato quella cosa, probabilmente un problemino c'è.
Il massiccio ricorso al raccontato a scapito dei dialoghi o del mostrato, inoltre, appesantisce la lettura, che già è infarcita di "didascalie" volte a caratterizzare i personaggi (il fatto che Luciano ed Enzo sono campioni di tressette, il racconto delle loro "fissazioni", il retroscena sulle menomazioni di Antony Maresca e l'intuizione del regista che lo vuole nella sua fiction...).
Si noti che non sono scene o dialoghi vivendo le quali o leggendo i quali il lettore apprende tali informazioni; sono proprio "note a margine" o "a fondo pagina", autentiche parentesi aperte e poi richiuse, con cui l'autore si premura di farci sapere qualcosa, interrompendo, nel frattempo, il racconto dei fatti.
La cosa che però trovo più spiazzante è quel saltare da un personaggio all'altro che si ha per due terzi del racconto. Da Luciano/Enzo a Michele, senza sosta. Un po' come se il regista di una pellicola non riuscisse a tenere ferma la macchina da presa e inquadrasse ora un attore ora un altro a singhiozzo.
Intendiamoci, non che non si possa usare questa tecnica, ma i soggetti inquadrati dovrebbero avere lo stesso peso all'interno della narrazione, cosa che, a mio avviso, non è.
La superstar qui è Michele (come peraltro confermato dalla tua quarta di copertina); è il suo arco evolutivo che seguiamo nel racconto! Gli altri, ancorché caratterizzati a dovere, sono come i personaggi non giocanti dei videogiochi di ruolo: possono innescare riflessioni nel protagonista (cosa che accade anche in questo caso) ma, in soldoni, rappresentano lo sfondo o, se vogliamo, l'allestimento all'interno del quale agisce Michele.
Perciò, a mio avviso, sarebbe stato preferibile tenere ben ferma la camera sul protagonista ed escogitare attentamente le scene per fargli incrociare le comparse di lusso.
Caratterizzazione dei personaggi.
Qui c'è poco da dire: hai fatto un lavoro eccellente. Sono tutti sono personaggi in alta definizione, quelli che ci proponi (e sono almeno tre, quattro se contiamo anche Maresca!) Complimenti.
Concludendo
Bella l'idea, fantastica la caratterizzazione dei personaggi (si vede che ce li avevi ben vividi in mente); solo la struttura del testo meriterebbe a mio avviso (parliamo del parere non qualificato di un signor nessuno) qualche aggiustamento.
A rileggerci!
Michele, all'apparenza, una persona ordinaria, ha un segreto: è triste! Ha un lavoro che non lo soddisfa, relazioni personali insoddisfacenti, quando non inesistenti e, nell'abbrutimento generale in cui è sprofondato, è diventato scontroso e irascibile. In altre parole, ce l'ha col mondo.
Ne fanno le spese, in particolar modo, i "diversi", persone con disabilità motorie, ritardi cognitivi o diversi gusti sessuali, che incontra sul suo cammino, salvo scoprire che i "diversi" riescono ad essere più sereni e meno angustiati di lui.
La storia.
Il "terrore corre sul filo della normalità" parla anche di disabilità, non a caso in ordine vi appaiono Luciano, Enzo e Billy, con palesi deficit cognitivi, l'anonima ragazza cieca dal fare gentile ed Antony Maresca, privato di entrambe le mani da sfortunati eventi traumatici, ma è, principalmente, la storia della redenzione, meglio del "risveglio", di Michele.
Michele che non riesce a godersi neppure il weekend (del resto, cosa se ne fa del tempo libero uno come lui?), che è incazzato col mondo intero e, se possibile, è anche più incazzato con i "diversi" rei, evidentemente, di non essere alla sua altezza, di essere difettosi.
Ma quando, disorientato e sgomento, dalla tanta, troppa, diversità che lo circonda, fugge dal centro commerciale per rintanarsi in casa, troverà finalmente la forza di mettersi a nudo (anche letteralmente; è nudo davanti allo specchio quando la verità lo raggiunge) e di capire che se c'è un diverso quello è lui, disadattato e incapace di comunicare, e che la sua colpa più grande è stata quella di avere consentito alla misantropia di consumare gli anni migliori della sua vita.
Quello sarà il momento della pacificazione con sé e con gli altri.
Bella idea, persino ambiziosa nel modo in cui hai concepito di raccontarla. Bravo!
Narrazione.
La parte tecnica, però, mi pare perfettibile.
Al netto di alcune imperfezioni di forma (tipo nella costruzione di alcune frasi o nella scelta del lessico), peraltro facili da correggere, rileva, a tratti, una certa confusione nella narrazione degli eventi. Il risultato è quello di lasciare il lettore col dubbio su "chi fa cosa". Ad esempio, al capitolo due, quando Michele fa la conoscenza di Billy, si legge:
"Tutti accorsero, compresa la guardia.
Sempre lui. Questa volta oltre al delirio, aveva provocato dei danni".
Immagino che il secondo periodo riproduca il pensiero della guardia medesima, oppure l'esclamazione del narratore onnisciente; rimane il fatto che il commento sembra spuntare dal nulla, che sia campato in aria. In effetti, se arrivato a quel punto, io lettore, mi pongo la domanda riguardo chi ha detto o pensato quella cosa, probabilmente un problemino c'è.
Il massiccio ricorso al raccontato a scapito dei dialoghi o del mostrato, inoltre, appesantisce la lettura, che già è infarcita di "didascalie" volte a caratterizzare i personaggi (il fatto che Luciano ed Enzo sono campioni di tressette, il racconto delle loro "fissazioni", il retroscena sulle menomazioni di Antony Maresca e l'intuizione del regista che lo vuole nella sua fiction...).
Si noti che non sono scene o dialoghi vivendo le quali o leggendo i quali il lettore apprende tali informazioni; sono proprio "note a margine" o "a fondo pagina", autentiche parentesi aperte e poi richiuse, con cui l'autore si premura di farci sapere qualcosa, interrompendo, nel frattempo, il racconto dei fatti.
La cosa che però trovo più spiazzante è quel saltare da un personaggio all'altro che si ha per due terzi del racconto. Da Luciano/Enzo a Michele, senza sosta. Un po' come se il regista di una pellicola non riuscisse a tenere ferma la macchina da presa e inquadrasse ora un attore ora un altro a singhiozzo.
Intendiamoci, non che non si possa usare questa tecnica, ma i soggetti inquadrati dovrebbero avere lo stesso peso all'interno della narrazione, cosa che, a mio avviso, non è.
La superstar qui è Michele (come peraltro confermato dalla tua quarta di copertina); è il suo arco evolutivo che seguiamo nel racconto! Gli altri, ancorché caratterizzati a dovere, sono come i personaggi non giocanti dei videogiochi di ruolo: possono innescare riflessioni nel protagonista (cosa che accade anche in questo caso) ma, in soldoni, rappresentano lo sfondo o, se vogliamo, l'allestimento all'interno del quale agisce Michele.
Perciò, a mio avviso, sarebbe stato preferibile tenere ben ferma la camera sul protagonista ed escogitare attentamente le scene per fargli incrociare le comparse di lusso.
Caratterizzazione dei personaggi.
Qui c'è poco da dire: hai fatto un lavoro eccellente. Sono tutti sono personaggi in alta definizione, quelli che ci proponi (e sono almeno tre, quattro se contiamo anche Maresca!) Complimenti.
Concludendo
Bella l'idea, fantastica la caratterizzazione dei personaggi (si vede che ce li avevi ben vividi in mente); solo la struttura del testo meriterebbe a mio avviso (parliamo del parere non qualificato di un signor nessuno) qualche aggiustamento.
A rileggerci!