Il racconto nel complesso mi è piaciuto, e l'empatia transgenerazionale che hai scelto come titolo mi ha sinceramente commossa. La protagonista sperimenta una connessione tanto forte da assumere i tratti del paranormale, anche se, come ci dice nel suo flusso di pensieri,
Mina ha scritto: non ci sarebbe nulla di fantastico in un morto che cammina, sarebbe solo una persona, e perderebbe quella caratteristica che lo distingue dal resto di entità simili, cioè quella di essere mortoInsomma, dunque, se la morte non è altro che un velo sottilissimo di separazione, una caratteristica variabile come tante altre, il fatto che una mummia si rialzi non è così strano.
Questa empatia, che libera dalle catene dei vincoli temporali e unisce persone vissute a millenni di distanza, conduce la protagonista lontana dalla solita quotidianità, da un gruppo di ricercatori che proprio della morte si occupano. Così, l'empatia si lega al tema della partenza: il legame con gli altri esseri umani influenza le nostre vite e le nostre scelte, ci spinge a muoverci verso luoghi (e, in questo caso, tempi?) dove altrimenti non potremmo o vorremmo andare.
A questo si legano tutte le altre tematiche che ricorrono nella tua scrittura, che ti stanno a cuore e che @Alberto Tosciri ha evidenziato nel suo commento. Questa volta, però, io credo che la loro presenza sia quasi un'intrusione. Il flusso di pensieri della protagonista è molto ingombrante e in alcuni punti toglie spazio, a mio parere, a quello che dovrebbe essere il tema centrale, l'empatia e le partenze. Non è che le tematiche centrali si perdano del tutto. Ma, in questo caso, mi sembra che la scelta della prima persona e di una focalizzazione interna molto accentuata, anziché esaltarle, faccia un po' da interferenza. Lo spazio che questo monologo interiore si prende è tanto forte che, a tratti, mi è risultato difficile capire in che senso procedesse la trama. Per esempio, qui:
Mina ha scritto: Che poi, che vuol dire significativo? E che vuol dire realtà? Nel momento in cui io mi sento in un certo modo, quella è già la mia realtà che muta forma, anche se da fuori non si nota. Troppo tardi per cambiare idea, l'istante in cui la decisione porta a conseguenza e chiude vie alle proprie spalle; vittima degli eventi, forse.Il passaggio dal flusso di pensieri all'ambientazione del museo non mi è stato chiarissimo; inizialmente, pensavo che la protagonista fosse già arrivata dai ricercatori e fosse al museo con loro, visto che in precedenza fai, sì, riferimento ai musei universitari, ma non nello specifico alle mummie. Gli interrogativi che la protagonista si pone si frappongono tra l'introduzione del museo come luogo di svolgimento della trama e il momento in cui la protagonista vi giunge, in modo molto sincopato, creando a mio parere un po' di confusione.
Non sapevo che un museo potesse esporre pubblicamente una tale collezione di mummie fino all'istante che me la sono trovata davanti.
La cosa accade anche qui:
Mina ha scritto: Mi si presentano, stringo mani, guardo occhi che guardano i miei e sorridono, sento nomi e ripeto il mio nome per presentarmi e ripeto i loro nomi per provare a non dimenticarli. Dove sono stata, mi chiedono. In che senso? Mi metto sulla difensiva; come sanno del legame? Pensano che io sia una pazza che stringe legami con gente morta da duemila anni? Ma per piacere; non sono partita per questo, ma loro mi chiedono dove sono andata in quel momento. Ed è solo naturale, no?I pensieri contingenti della protagonista si prendono tutto lo spazio, lasciando in disparte quello che dovrebbe essere un elemento centrale, il legame. Esso costituisce il fulcro sia dell'esperienza "paranormale" accaduta nel museo, sia delle ricerche future per prendere parte alle quali la protagonista è partita. Ma finisce per rimanere sullo sfondo, mentre il campo viene occupato da insicurezze varie della protagonista, che, però, deviano dal titolo e dai temi centrali un po' troppo per avere tutto questo spazio. Ribadisco che comunque, nonostante questo, le tematiche centrali sono chiare.
Insomma, il messaggio è meraviglioso e nel complesso veicolato bene, ma avrei preferito un primo piano sul tema centrale, anziché un "campo lungo". Forse una terza persona avrebbe permesso di alleggerire un po' l'apparato complesso delle riflessioni della protagonista. Così, invece, il lettore deve scavare con una certa fatica e leggere tra le righe per capire come le partenze si leghino all'empatia, anziché assimilare un messaggio che emerge con naturalezza.
Ci vediamo al prossimo racconto inquietante e onirico