L'ambientazione è molto ben riuscita ed hai saputo intrecciare un tropo classico, la necessità di fuga degli umani dalla Terra, con una storia individuale, con l'agnizione che ci fa scoprire Alyssa in realtà figlia del Presidente. Lo stile è scorrevole, e l'alternanza del focus tra la navicella Hope e le vicende personali del Presidente e Alyssa invoglia a proseguire la lettura, fino a che non si incontrano nel finale.
Pulsar ha scritto: L'ascensore rallentò. Luce e ombra si alternarono mentre la cabina attraversava un'intricata selva di tralicci metallici uniti insieme a creare una struttura massiccia su più livelli.Bellissimo questo passaggio.
Da quella prospettiva, Alyssa non riusciva a cogliere l'aspetto complessivo della stazione orbitale, ma non appena l'elevatore riemerse alla luce, ciò che vide la lasciò senza fiato. Rifulgente d'oro e d'argento, sotto i raggi del sole al tramonto, l'Arca, si manifestò in tutta la sua imponente presenza. Sulla carlinga, quattro lettere in azzurro formavano la parola Hope.
La prima Arca che l'Uomo avrebbe lanciato nello spazio profondo era stata battezzata "Speranza".
Era troppo per lei e si trovò a piangere le lacrime che fin qui aveva trattenuto.
Tuttavia, trovo che manchi una maggiore incisività a livello di contenuto. La partenza per la colonizzazione di altri pianeti dopo la devastazione della Terra è uno scenario con implicazioni significative, dal punto di vista sia tecnologico, sia etico e morale. Mentre hai delineato con successo il primo, a mio parere al tuo racconto manca il secondo.
Pulsar ha scritto: Anche dopo il vistoso calo demografico, il loro mondo ospitava ancora tre miliardi di disgraziati ma di questi solo una piccolissima parte avrebbe trovato posto sulle Arche. Tutti gli altri, semplicemente, sarebbero andati incontro all’inevitabile e, per quanto cinica potesse sembrare la constatazione, non c’era dubbio che lo avrebbero fatto più compostamente se non avessero saputo cosa li aspettava.Questa questione è centrale (penso ad esempio alla sua declinazione nel film Interstellar, che l'ambientazione mi ha ricordato), ma viene liquidata in queste poche righe. Nel racconto ci metti faccia a faccia con uno degli scienziati più importanti alla guida del progetto dell'Arca e con il Presidente; due figure di rilievo e con grande potere decisionale. Eppure, nessuno di loro sembra porsi il minimo dilemma etico, nemmeno il presidente (che forse dovrebbe, a maggior ragione visto l'"arco di redenzione" che attraversa, preoccupandosi di Alyssa e sacrificandosi per lei).
Pulsar ha scritto: L’uomo politico chiuse gli occhi e scosse il capo. «Quelli sono i posti riservati ai nati a bordo, non ai vecchi che pretendono di recuperare il rapporto con la propria figlia con un ritardo di venticinque anni».Il presidente è in grado di fare questa riflessione nel "piccolo" della sua vicenda personale con la figlia, ma nemmeno una parola per la maggioranza di persone che verrà lasciata a morire sulla Terra. Si tratta di una dissonanza cognitiva non indifferente che, certo, può benissimo esistere, ma meriterebbe di essere approfondita.
Anche il dottor Stram, scienziato che ha lavorato anni, se non decenni, per il futuro dell'umanità, come può non soffrire per tutti coloro che non può salvare? Sembra completamente sereno e tronfio per il successo del proprio lavoro, ma sarebbe realistico che viva questi sentimenti anche con una dose di rimpianto e di conflittualità interiore.
Avresti potuto anche caratterizzarli come freddi calcolatori, tanto impegnati nell'analisi costi e benefici da dimenticare che sono vite umane quelle in gioco, e sarebbe stato uno degli scenari possibili; ma sembri soprassedere abbastanza sulla questione nel suo complesso.
In sintesi, non ho nulla da dirti a livello stilistico e sulla costruzione del racconto, ma mi sembra che tu abbia lasciato sullo sfondo quello che, a livello contenutistico, poteva essere il suo cuore pulsante. Mi rendo conto anche che il limite ai caratteri rendeva difficile affrontare una questione così complessa, perciò ripeto, ti do atto della buonissima riuscita del tuo racconto.
A rileggerci!