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Re: Il geranio rosso

@Gianfranco P
Ciao, allora comincio col dire che commento poco le tue poesie non perché non le apprezzi, ma perché le apprezzo molto e sono un po' intimidito dalla tua bravura e dalla tua evidente erudizione in ambito poetico. Diciamo che temo di scrivere sciocchezze che non ti sono utili... perciò chiedo perdono in anticipo!
Intanto, ho letto la novella di Pirandello (mi sono reso conto, fra l'altro, che ho frequentato troppo poco le storie brevi di quest'autore...) e ho trovato che il tuo componimento fosse fedele allo spirito del testo del premio Nobel e altrettanto suggestivo. La poesia, infatti, riflette il senso di smarrimento di un uomo che vive in un tempo "fuor di sesto" come doveva essere l'inizio del Novecento e come è, in fondo, il tempo odierno. Da qui l'attualità di Pirandello, nostro contemporaneo, e di qui l'interesse della tua poesia. Sembra che, in un mondo in cui tutto quanto esperiamo, costruiamo e anche speriamo finisce nel nulla, solo la fuga verso il bello permessa dal mondo della natura (ma dove finisce la natura, e dove finiamo noi?) apra la porta ha qualcosa che non definirei nemmeno speranza, ma soltanto un lumicino d'essa... rimane solo il bello, ma anch'esso è caduco come un fiore. Di qui una serie di riflessioni sempre attuali e sempre presenti in letteratura sulla transitorietà del nostro esistere.
Un tocco di pathos, dato dalla lettura del racconto di Pirandello, è conferito dal fatto che il protagonista della poesia è prossimo alla morte. Si vorrebbe reincarnare in qualcosa di bello, come un geranio rosso. Questo mi ha fatto riflettere. Perché un uomo, in punto di morte, vorrebbe diventare qualcosa che non è, che non è mai stato: qualcosa di bello. Non c'è abbastanza spazio, nella nostra vita e nel nostro tempo, per essere belli come un geranio? Non dovremmo sperare di continuare a essere quello che siamo, in un'eventuale altra vita, anziché diventare qualcosa di diverso? O è questo solo un desiderio vagamente infantile di chi non ha accettato il naturale alternarsi nel ritmo della vita e della morte, di cui tutti partecipiamo?
Comunque il tuo componimento mi ha fatto riflettere e mi ha aiutato ad apprezzare il racconto del grande autore siciliano. Non ho particolari appunti da fare sul linguaggio e sulla metrica, che sembrano "piacevolmente" datati e impeccabilmente adatti al contenuto espresso.

Dimenticavo: di recente ho letto una poesia di Thomas Eliot, Rapsodia in una notte ventosa, dove troviamo l'immagine della mezzanotte che è scossa dalla memoria come un pazzo scuote un geranio seccato. Probabilmente la conosci, ma te la volevo segnalare.

Spero, in qualche modo, d'esserti stato utile!

A presto,
Domenico

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