Commento a "Il geranio rosso" di Gianfranco P
I nostri piedi ballavano sulla sabbia.
Al mare si sta sempre scomodi. Si passa
da un posto all’altro. Salivamo al bar,
con la scusa d’un ghiacciolo. Sorrideva
la ragazza con la t-shirt rossa, tesa.
Aveva i brillantini in volto. L’aria di una
che ama divertirsi. Poi, sotto la doccia fredda,
per lavare la salsedine e i pensieri molesti, riflettevi
sulle piccole battute che sgorgavano dalle
righe di Evelyn Waugh. Ottimati. Hanno
tutti lo stesso humour.
Cosa farà il tempo domani? Sarà
di nuvole o di sole? Andremo in
piscina, la bagnina non è male. Se
ce la facciamo amica, ci fa fumare
le bombe sul prato del retro del
ristorante.
Di sera la pizza e un ballo. A volte,
ma è un inganno, un gioco di luci,
s’intravedevano i bagliori rossi della
chioma di Francesca.
Ultimamente sono successi molti fatti.
Nel mondo e al paese. Da ridere e
pensarci su, fatti da sgranocchiare, per
diventare più adulti. Come pop-corn.
Alcuni chicchi, inesplosi, duri da masticare.
Dopotutto, nessuno di noi era niente
di speciale. Non è speciale neppure
l’amore. A volte esplodono piccole gioie, come
un gol dell’Inter, ma poi s’affievoliscono e
muoiono. Perdute per sempre, se non in ricordi
pastosi. Sono come i fuochi artificiali della festa
del patrono, che ti piacciono solo da bambino.
La vita scorre come il disegno di un
tappeto persiano. Intricata, comprensibile
solo a tratti.