La ricerca ha trovato 5 risultati

Torna a “[MI179] La Bottega dei Nondesideri”

Re: [MI179] La Bottega dei Nondesideri

Caro @Mid devo prima di tutto dirti che ho capito si e no il 50% di quello che mi hai scritto(specialmente i riferimenti a [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif] Miyazaki[/font], ma penso siano critiche benevoli).  Solo raramente affronto questo tipo di racconti: sono uno scrittore umoristico (e già il fatto che mi definisca uno scrittore fa molto ridere). Dicevo: sono bla, bla, bla, e solo di rado scrivo cose serie. Il problema è che le scrivo dicendomele. E mentre me le dico faccio pause e, purtroppo, nell'italiano scritto non esiste la pausa (una bella croma, con riferimento al tuo commento a @bwv582 ) ecco perché abuso dei 3 puntini, che se non scrivo su di un Word recente mi diventano pure 4.
Mid ha scritto: È un'ottima prova, e sono contento di non essere stato il solo ad apprezzarla.
Per fortuna che siete stati pochi. Rifare il giudice mi avrebbe distrutto. Ho passato una settimana da panico.
Ti ho lasciato un piccolo commento al tuo commento su racconto di @bwv582.

A rileggerti... A presto. (l'ho scritto bene?)

[MI179] La Bottega dei Nondesideri

Traccia 1: La vita è meravigliosa


Era difficile da trovare, nascosta com'era in un cortile interno di una vecchia casa dell’inizio secolo scorso. Doveva essere appartenuta ad un gentiluomo decaduto, visti i segni oltraggiosi del tempo e le toppe improvvisate. 
Il negozio era un corpo estraneo rispetto al resto: perfetto fuori e perfetto dentro. Metà del portone era stato trasformato in vetrina, una vetrina vuota, luminosa ma vuota. Il fondo della vetrina lasciava trasparire l'interno, con cartellino scritto a mano: "Offerte".  
Girai lentamente la maniglia e aprii ancora più lentamente la porta, ma la mia presenza fu segnalata dal campanellino. 
L'uomo dietro al bancone distolse lo sguardo dalla signora che stava servendo e mi riservò una lunga occhiata. Feci un cenno con il capo. Nessun suono usci dalla mia bocca. Lui tornò ad ascoltare la signora e mi lasciò libero. 
La bottega era una sequenza di armadi, composti da una infinità di cassettini. Ogni armadio aveva un cartello in legno che ne indicava il contenuto. Perdono, diceva il primo. Rimorso. Castigo.  E ogni cassettino aveva un porta etichette in ottone ed un'etichetta con il nome del particolare. 
La signora cercava di spiegarsi, ma l'uomo dietro al bancone non capiva. O, forse, capiva troppo. 
"Signore!" rivolgendosi a me "Coraggio!" e indicò una libreria oltre il bancone. 
La signora si voltò a guardarmi e riconobbi un viso già visto. Appariva seccata, ma non sorpresa. Come se avesse avuto la certezza che la mia presenza sarebbe stata di disturbo: ma non come presenza di un qualsiasi estraneo, ma proprio la mia presenza. 
Riprese l'attenzione dell'uomo su di se, ma come voltò lo sguardo su di una libreria, l'uomo mi fece un altro cenno indirizzandomi. 
Mi mossi in quella direzione non riuscendo a distogliere lo sguardo dalla donna. 
Astio...pensai. Sta cercando astio. In che sogno ti ho vista? mi chiesi. 
"Autopunizione?" la interruppe lui, ricevendo una risposta sprezzante. Ma la risposta la diede guardandomi fisso negli occhi. 
"Che hai contro di me? Che ti ho fatto? Ti ho solo sognata" pensai abbassando lo sguardo. 
"I sogni sono potenti...vogliono diventare realtà". Mi girai verso l'uomo che aveva parlato...."Coraggio!" e mi indicò nuovamente la direzione.  
"Io non voglio essere la protagonista di un sogno. Non voglio essere più niente". "Mi dispiace signora, non ho niente che possa proteggere da un sogno...i sogni son desideri...e questa è la Bottega dei Nondesideri". 
"Allora smetti di sognarmi. Lo faccia smettere!". Ero impietrito. Non riuscivo ne a muovermi ne a parlare. Guardavo. Guardavo i due che cercavano una terapia per curare i miei sogni. 
"Allora, se non trova niente per lui, mi dia della Disillusione o della Autocommiserazione ad oltranza". 
"Ma i suoi sogni sono troppo potenti...servirebbe a poco". 
Cominciavo ad avere problemi anche a respirare. 
"E non restare li, come un fesso in adorazione....cazzo...muoviti". 
"Coraggio!" e l'uomo indicò di nuovo. Qualcosa, che identificai come Rabbia, mi scosse dal torpore. Serrai i denti, gli occhi e i pensieri e mi mossi oltre il bancone. Sentivo il loro sguardo su di me mentre mi avvicinavo all'armadio "Coraggio". 
Analizzai le varie etichette e aprii un cassettino. Presi una fiala viola e mi avvicinai al banco. 
"Quant'è?" chiesi. "Guardi signore che oggi è in offerta il 'Coraggio di vivere'". "Va bene questo." risposi. 
Mentre uscivo la signora dei miei sogni mi urlò dietro: 
"Guarda, che non è necessario. Si può trovare un'altra soluzione". Risposi con una sola parola "Scrivimi".

Avevo messo in tasca il minuscolo shopper in cui mi aveva messo la scatolina. Lo tirai fuori per guardarlo meglio: era incredibilmente ricercato, un piccolo capolavoro. Dovevo essere un cliente privilegiato oppure...no...era un invito. Vedevo gli altri clienti aprire le scatoline appena dopo il suono del campanello e deglutire la pastiglia appena fuori nel cortile. E il cortile si sarebbe riempito di tante, minuscole, graziose, bustine decorate che avevano svolto il loro scopo per meno di un minuto. 
"Aspetta" mi diceva quel piccolo involto. "Aspettala".  
Aspettarla? Non sarebbe servito...avevo la soluzione tra le mani. Avevo fatto qualche passo verso....l'uscita? 
Quando ero arrivato la luce della vetrina mi aveva attirato, ma ora non c'era nessun chiarore ad indicarmi l'uscita. Ogni apertura era simile all'altra e il cortile mi sembrava immenso. Era così grande quando ero arrivato? Era così difficile tornare a casa? 

"Ci sediamo qui?" Il tavolinetto era sotto un lampioncino che prima non c'era e non c'erano ne il tavolinetto ne le poltroncine...e nemmeno lei. 
Andai verso il mio posto. Lei era già seduta e guardava verso l'interno del negozio, come stesse aspettando un cameriere...e l'uomo arrivò in un completo bianco. 
"Cosa vi porto signori?"
"Qualcosa di forte?" mi chiese lei togliendosi il cappello. Feci un cenno e l'uomo con un rapido dietrofront rientrò nel negozio. 
"Cosa vuoi?" al mio sguardo interrogativo (aveva appena ordinato), ripeté: "Cosa vuoi?". Bella domanda! 
Ma perché lì, in quel cortile che era un vasto buio diventato un angolo sociale, illuminato da un neon con la scritta caffè con l'accento spento, perché avendo davanti la persona dei miei sogni con i suoi lunghi capelli castani che non aveva più, perché non trovavo una risposta? 
L'uomo, o il cameriere...non lo so, usci con il vassoio nella sinistra, volteggiando tra i tavoli che erano solo nella sua e nella nostra fantasia. 
Due scatoline poste in due piattini quadrati. Un nome del passato mi tornò in mente: Ginori. Ginori? Avevo veramente vissuto una lista di nozze? O anche quella faceva parte di un sogno? 
"Ecco la specialità della casa. Specialità personalizzata". Pose i due piattini sul tavolo. Lei aprì subito la sua e assaporò la pastiglia prima che io riuscissi a leggere la scritta stampigliata sopra. Non so la sua, ma la mia era sicuramente qualcosa di forte. La scritta riportava 'Odio represso'.
Volevo richiamare il cameriere, dirgli che c'era un errore, che quella non era l'ordinazione adatta a me. Non adesso. Non adesso che c'è lei. 
Se c'è lei l'odio sparisce....ma il cameriere non c'era...e lei non c'era e la luce della bottega era spenta e la luce arrivava dalla porta accanto perché anche il lampione non c'era. 
Ma io non sono così. Non voglio esserlo...oppure si? 
Il segnale del cellulare, un tuo messaggio, una cosa sciocca che mi riporta nel cortile seduto al tavolo, e lei ora è seduta al tavolo accanto. 
"Voglio andare via". Perché? Ma lo chiedevo solo con gli occhi. 
"Puoi lasciarmi andare?". Ma dove? Lei esisteva lì, seduta a quel tavolo oppure al mio tavolo, nella bottega o nel mio letto, nella mia macchina mentre tornavo a casa da solo, a casa mia quando non c'ero.
La pastiglia, al gusto di mirtillo, scolorì la scena o fu la vetrina, di nuovo luminosa, a farla sparire. Questa è andata. Mi alzai e rientrai nella bottega. La scolorina è una droga.
Ma adesso la bottega era la casa in cui vivo, non casa mia, io non ho una casa. Non ricordavo di essere tornato. Non ricordavo di avere nuovamente aperto quella porta bianca, di avere come sempre visto i miei gatti arrampicati sui vetri delle finestre del balcone, il tavolo e il lavello ingombri.  
Come aveva detto? 
"Non voglio essere la protagonista di un sogno". Giusto. 
Ma io potrei essere il protagonista della mia vita.

Torna a “[MI179] La Bottega dei Nondesideri”