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Re: false partenze, stile e pippe mentali

Credo che bisognerebbe distinguere tra il periodo di formazione/apprendistato e quello di approdo, diciamo così, insomma di quello in cui un autore a torto o a ragione pensa di aver trovato una sua forma espressiva.
Nel primo periodo è giusto, anzi è necessario, cercare di sperimentare, ma una volta che si ritiene di aver trovato un proprio stile (parola impegnativa, ma i sinonimi di timbro, voce, etc. non è che lo siano di meno) è meglio concentrarsi su quello che si vuol scrivere che non continuare a cercare sempre nuove formule espressive. 
D'altronde gli autori-camaleonte sono molto rari in letteratura, e una delle caratteristiche del grande autore di solito è proprio la riconoscibilità, il fatto di possedere una scrittura inconfondibile che si riuscirebbe a identificare anche se il libro fosse senza firma. 
Questo ovviamente non significa che non si debba sempre cercare di migliorarsi, di cercare varianti, di non essere troppo ripetitivi (sebbene una certa dose di ripetitività sia quasi sempre gradita agli appassionati di un dato autore), ma senza stravolgere la propria scrittura, che è poi un altro modo di dire: cercando di rimanere sempre se stessi.

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