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Re: il servo di una parola vera

Ciao @milarepa, ti lascio un commento.
milarepa ha scritto: Se tutto io potessi
nella calda sfera del Mondo
La poesia si presenta come una sorta d'invocazione ad un'entità superiore, eppure inizi dicendoci cosa faresti "se tutto potessi". Questa volontà di potenza, in realtà, si estrinsecherebbe solo all'interno della "calda sfera del Mondo": qui mi sono chiesto perché "calda"; da un lato, ho pensato che è curioso riferirlo al mondo terreno, quando nel seguito ti riferirai all'inferno e all'oltretomba così come alla dimensione celestiale, dall'altro mi sono detto che caldo è il mondo perché calde sono le cose che si muovono, che divampano e poi spengono, mentre qui l'anelito è a qualcosa che duri.
milarepa ha scritto: chiederei all'Eterno
il dono di una parola vera
Questi due versi sono quelli centrali, a mio modo di vedere. L'Eterno, da intendersi in senso strettamente metafisico, ovvero quale entità in grado di trascendere le limitatezze del tempo mortale, dio o chi per lui non importa, non è necessario calarlo in quel tipo di concetto (sebbene la mente subito ci potrebbe portare lì), può donare al sospirante io poetico "una parola vera". Qui si aprono una moltitudine di considerazioni che possono essere fatte:
-in primo luogo, la parola comune, in contrasto con quella vera, emerge necessariamente come menzognera, non in grado di cogliere l'essenza: brucia, divampa e si perde come il resto delle cose del mondo caldo di cui prima; gli umani, con le loro umane parole, non riescono a produrre che termini caduchi, come essi sono in natura. La parola comune non riesce a cogliere il concetto ulteriore dietro le apparenze fisiche, perché chi le pronuncia non le riesce a cogliere;
-in secundis, la parola vera è esattamente l'opposto, permettimi di dire che è una sorta di estrinsecazione poetica della Sostanza di kantiana memoria, per tale ragione prescinde e trascende da ciò che è terreno, e va oltre, verso l'essenza.
milarepa ha scritto: capace di bussare 
alle porte della Morte
per poter ricevere un bacio
dal Signore di Ade.
  Il resto della poesia si concentra su quest'ultimo concetto e mischia l'essenza delle cose con l'aspirazione del poeta di coglierla, superando con ciò il nostro massimo limite, e perdurare oltre di esso attraverso quel prolungamento di sé che è la parola. L'anelito verso qualcosa di superiore è assai evidente anche nel verso finale, dove non dici "il signore dell'Ade", ma "il Signore di Ade". Consapevolmente e coerentemente con quanto detto prima, l'oltretomba è, in effetti, frutto del nostro pensiero e della nostra immaginazione, ma a te questo non basta, ti serve qualcosa che si trovi più in là, qualcosa che giustamente non può essere concepito, qualcosa che non conosci. Rimane ben nascosta la tua parola vera, perché se fosse stata trovata avresti potuto dare un nome a quel Signore di Ade.

Le maiuscole sono molto importanti nella tua poesia perché distinguono le entità, le utilizzi come un modo per elevare le parole che usi. Nel contesto della poesia è una scelta assolutamente azzeccata. 
Nel complesso si lascia leggere con estremo piacere. L'unico verso con cui ho dei problemi è il penultimo, quando lo leggo ho tante r in bocca e mi disturba questa cosa. Ora, non so se è voluto e, in ogni caso, il mio giudizio potrebbe essere assolutamente influenzato dal fatto che ho la r moscia :asd: .

Complimenti.
Un saluto,
Johnny P. 

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