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Re: L'ideologia woke - Il pensiero unico

Aggiungo solo questo esempio "illuminante":
massimopud ha scritto: Anche qui non capisco: si dovrebbe ipotizzare che tutti gli insegnanti, dalle primarie all'università, siano espressione di questo misterioso pensiero unico? Prendiamo l'Italia: io ho avuto insegnanti di tutti gli orientamenti politici e ne conosco personalmente altri delle attuali scuole medie inferiori e superiori (non so se le scuole si chiamino ancora così, ma ci siamo capiti), ho anche qualche parente tra di loro; hanno le idee politiche più disparate, ma direi che la maggioranza simpatizza (e vota) per l'attuale destra che governa il paese, di cui si può dire di tutto, tranne che sia politicamente corretta. 
Giusto per fare un paio di esempi: un attuale ministro della Lega apostrofò qualche anno fa come "orango" una deputata e ministra del PD di origini africane; è stato condannato per questo reato e oggi è tranquillamente in carica, dopo avere giurato sulla Costituzione. Prendiamo qualche maître à penser della destra italiana? Un paio a caso: Feltri e Sgarbi; a setacciare la Via Lattea penso si faccia fatica a trovare due forme di vita più politicamente scorrette. 
E dunque dov'è questo pericolo di indottrinamento? Sul web? Ci si trova notoriamente di tutto, se mai a frequentarlo troppo il rischio è di uscirne frastornati, ma non indottrinati.
Perché parlare dell'Italia di OGGI, quando io ho citato un episodio nell' America di OGGI e le sue possibili, paurose, future conseguenze?
Il pericolo che - tempo al tempo - arrivino sino a noi?
Perché travisare quello che uno dice? Perché non "leggere" con sufficiente attenzione l'argomento di cui si tratta prima di rispondere?

Purtroppo non c'è rimedio a questa deriva di comunicazione...

Re: L'ideologia woke - Il pensiero unico

Cheguevara ha scritto: @Poeta Zaza Beh, io sono uno di quelli che ci ironizzano sopra, ma sono d'accordo sull'ultimo rigo. Come ho già avuto modo di notare in altre discussioni: piccoli fascisti crescono, e non solo in questo sgarrupato Paese.
Per qualcuno le dittature sono solo di un certo stampo... poi magari ti sorprendono dall'altra parte, oppure da una parte che non è né di un tipo né dell'altro, e tu resti così...  :aka:

Re: L'ideologia woke - Il pensiero unico

massimopud ha scritto: Ma quale sarebbe la paura? Che i perfidi orchestratori del Grande Complotto del politicamente corretto vengano un bel giorno casa per casa a sanzionare chi non parla come piace a loro?
Purtroppo no, fosse questo il pericolo ti sembra che mi preoccuperei?
E certo sono altre le cose terribili cui assistiamo in questo mondo.

Quello che si delinea parte dal destrutturare le menti e ristrutturarle. Tempo, questo vorrebbero farlo nel tempo. 
Pensa al sistema di merito con cui usciranno i laureati, con cui verranno selezionati i futuri professori di qualsiasi materia, i futuri medici, ecc. ecc.
Il mondo della libertà individuale, della scelta personale, della responsabilità personale, è minacciato.

La cosa più facile, per la maggioranza, è ignorare il pericolo. Per tanti, ironizzarci sopra.
Purtroppo, la storia insegna che tutte le dittature sono arrivate così. 

Re: L'ideologia woke - Il pensiero unico

Senti anche questa, tu che passi di qui:  :aka:  :nono:   :D


(ANSA) - NEW YORK, 06 MAR - La celebre foto del bacio di Times Square alla fine della Seconda Guerra mondiale e' finita brevemente all'indice al Ministero Usa per i veterani alla luce della natura "non consensuale" dell'abbraccio che avrebbe violato, secondo una alta funzionaria, "le regole interne di tolleranza zero verso le molestie sessuali". Alcuni dipendenti si erano lamentati, aveva spiegato l'autrice della proposta, l'assistente sottosegretario RimaAnn Nelson, proponendo di rimuovere la foto dalle pareti del Ministero. La censura era stata prontamente intercettata e rispedita al mittente dalla Casa Bianca e l'immagine e' rimasta al suo posto. Firmata da Alfred Eisenstaedt, la foto raffigura un marinaio americano bacia un'infermiera nel cuore di Times Square tra i festeggiamenti per la resa del Giappone nell'agosto 1945. (ANSA).



Re: L'ideologia woke - Il pensiero unico

Grazie per il tuo intervento, cara @Albascura , che rispecchia il mio pensiero.

Condivido tutto, tranne il finale:
Albascura ha scritto: Per il resto tuttok, facciano come credono, tanto, per fortuna, io non guardo solo Netflix, leggo pure parecchio
La mia paura è che un giorno quel "facciano come credono" non lo penseremo nemmeno, perché non 

sarà più "tutto ok" qui in Italia, perché ci faranno vedere la faccia della Luna che vorranno loro. 

Spero che questa paura sia infondata, ma quell'articolo, ti assicuro, mi ha dato i brividi...

(Magari fosse una fake news... )

Re: L'ideologia woke - Il pensiero unico

Per tornare in Topic:

"Ho 42 anni, arrivai dal Veneto a New York nel 2009 e me ne innamorai subito. Dovevo rimanere per uno stage di pochi mesi, sono ancora qui. Oggi però stento a riconoscerla. In Italia mi considero una progressista, perfino radicale. A New York ora devo scusarmi in continuazione per essere bianca, quindi privilegiata e incapace di capire le minoranze etniche. Sono catalogata dalla parte degli oppressori. Passo il mio tempo a camminare sulle uova, a dribblare le regole della cultura , qualsiasi cosa dica o faccia può essere condannata come una micro-offesa rivolta contro afroamericani o latinos".

Lo sfogo di L.T. è appena sussurrato, con molta prudenza. Di solito non lo faccio, ma capisco che nel suo caso dovrò usare solo le iniziali. Lavora in un’importante istituzione culturale italo-americana che non apprezzerebbe questa sua confessione. Lei vorrebbe cambiare mestiere per diventare un’assistente sociale, mettersi al servizio dei più bisognosi: senzatetto, tossicodipendenti, malati mentali sono un esercito in aumento in questa metropoli. Per questo si è iscritta a un Master della Columbia University, dove si formano appunto gli assistenti sociali. Nonostante abiti qui da 15 anni, non era abbastanza preparata a quel che l’aspettava dentro la prestigiosa università newyorchese.
"Per le prove di ammissione — racconta — ho dovuto scrivere un saggio in cui anticipavo quale sarà il mio impegno nel razzismo anti-black, perché è un dogma che il vero razzismo è solo quello di noi bianchi contro i neri. Sono stata esclusa dal corso a cui ero più interessata, sull’assistenza ai tossicodipendenti, perché i non-bianchi hanno la precedenza. Nella settimana iniziale del Master dedicata all’orientamento dei nuovi iscritti, a noi studenti bianchi è stato chiesto di scusarci con i compagni di corso neri per il razzismo di cui siamo portatori. E devo aggiungere questo dettaglio: perfino una studentessa afroamericana mi si è avvicinata per confessarmi il suo imbarazzo, lei stessa trovava quella situazione mortificante. Ogni due settimane una bianca come me deve partecipare a una riunione di White Accountability (“responsabilità bianca”): due ore con una persona che ci interroga per farci riconoscere le nostre micro-aggressioni verso i neri e chiederci un pentimento".

Cosa s’intende per micro-aggressioni, le chiedo? "C’è un lunghissimo elenco di frasi proibite, perché considerate offensive. Per esempio, non bisogna mai chiedere a un compagno di studi da dove viene: può suonare come un’implicita discriminazione etnica. Guai a chiedere verso quale campo di studi si orienta: se è nero quella parola può evocare una piantagione di cotone dove lavoravano i suoi antenati schiavi, se è di origini messicane un terreno agricolo dove suo nonno era bracciante. Se cadi in una di queste offese, devi dichiararla e chiedere scusa, poi fare un’analisi del privilegio bianco che ti ha indotto in errore".

In parallelo, mentre lei partecipa a queste sessioni di auto-denuncia e pentimento, i suoi compagni di studi afroamericani si riuniscono nel Black Women o Black Men Safe Space («spazio sicuro»): "È il momento a loro riservato per denunciare le micro-aggressioni di noi bianchi, e mettere sotto accusa la Columbia se non affronta in modo adeguato il privilegio bianco, il razzismo sistemico". La quarantenne italiana non ha rinunciato al suo sogno di aiutare i più deboli. Prima o poi ci riuscirà, a fare l’assistente sociale. È delusa però dalla qualità della formazione che le fornisce una delle università più prestigiose del mondo. "Tutti i corsi della Columbia devono essere insegnati nell’ottica del Prop: Potere Razzismo Oppressione Privilegio. Io riconosco che un’assistente sociale deve essere informata su tutte le ingiustizie, deve conoscere tutti i fattori di disagio sociale. Ma catalogarci nelle categorie binarie di oppressore/oppresso non aiuta a conoscere la realtà. Un’assistente sociale dovrebbe occuparsi dell’essere umano, non incasellarlo in definizioni ideologiche".

Tra gli incidenti che ricorda, c’è il corso in cui le fu chiesto di commentare un’intervista-podcast con un’adolescente nera durante la pandemia, una 14enne di Minneapolis. L.T. osò dirsi "colpita che un’adolescente fosse già tanto consapevole del trauma generazionale". Frase in codice: secondo la Critical Race Theory, che è il Vangelo delle università americane, il trauma generazionale è quello ereditato da chi discende da schiavi neri. "Sono stata messa sotto accusa da tre studenti: ecco, si vede il tuo privilegio, se tu fossi nera sapresti già da bambina cos’è il tuo trauma generazionale".

Un dogma che lei ha appreso frequentando il Master alla Columbia riguarda una minoranza sotto tiro di questi tempi, oggetto di minacce e aggressioni. Gli ebrei non sono tutti uguali. "La regola è che gli ebrei ashkenaziti, di origine est-europea, sono bianchi quindi oppressori, gli ebrei sefarditi di origine mediorientale hanno il diritto a stare nella categoria degli oppressi". Una sua compagna di studi ebrea-americana in classe ha raccontato di nascondere la propria origine per non correre rischi, ma prima di farlo si è profusa in scuse verso i compagni neri per aver osato descriversi come una vittima. Un episodio ha colpito l’italiana dopo la strage di Hamas del 7 ottobre. "Una docente ha organizzato un dibattito invitando un palestinese e un ebreo rigorosamente filo-palestinese. Nelle valutazioni che gli studenti fanno dei professori, quell’evento le è stato contestato perché nel dibattito mancava un portavoce di Hamas".

Ora che s’immerge in un campus così dottrinario, le torna in mente un episodio precursore, che avrebbe dovuto prepararla a quel che sta vivendo. "Durante la pandemia — ricorda L.T. — partecipavo a uno dei gruppi di mutuo soccorso a Brooklyn, in 1.500 volontari aiutavamo soprattutto i più poveri, gli immigrati clandestini rimasti senza nessuna assistenza. Nel quartiere di Bushwick a guidare i volontari era una donna bianca. Quando si è saputo, è stata crocifissa sui social: l’incolparono di neocolonialismo. Dovette dimettersi. Alcuni black del suo quartiere osarono difenderla: a loro volta sono stati accusati di avere introiettato il razzismo, e di avere il complesso del salvatore bianco". L.T. conosce dei neri che si ribellano a questa dittatura ideologica. "Una mia compagna afroamericana è stufa di vedersi rappresentare come un’eterna vittima bisognosa di risarcimenti. Lei dice: così mi viene tolta ogni auto-determinazione, in questa ideologia è escluso che io possa riscattarmi da sola, con le mie capacità e per merito mio".

Fonte: Massimo Rampini, Corriere della Sera, 04/03/2024

Re: L'ideologia woke - Il pensiero unico

Cheguevara ha scritto:  Terrore mi sembra una parola grossa, più adatta al clima vigente in paesi dove vengono arrestati e assassinati
dissidenti politici o donne che non indossano correttamente il velo 
D'accordo con te, ma io non ho paura che arrivino in Italia i fondamentalisti islamici o le purghe sovietiche.

Ma della "dittatura woke" sì: tanta paura.

Anche che esista nell'alleata e amica America mi preoccupa non poco.

Re: L'ideologia woke - Il pensiero unico

@Cheguevara

La vicenda vera della nostra connazionale in una Università americana, dentro la "dittatura woke", è semplicemente terribile e da non sottovalutare.
C'è un clima di terrore a causa di un fanatismo che, purtroppo, non ha niente di ridicolo, e il cui scopo è minare i valori di una civiltà millenaria, i cui membri devono pubblicamente pentirsi di farne parte.
La mia grande paura (già ne parlai qui tempo fa) sta mettendo radici forti Oltreoceano, là dove sono sempre partite in anticipo tutte le mode che ci hanno raggiunto: le piccole e le grandi...

Un estratto della vicenda vissuta  dalla ragazza veneta:

“A New York ora devo scusarmi in continuazione per essere bianca, quindi privilegiata e incapace di capire le minoranze etniche. Sono catalogata dalla parte degli oppressori. Passo il mio tempo a camminare sulle uova, a dribblare le regole della cultura woke, qualsiasi cosa dica o faccia può essere condannata come una micro-offesa rivolta contro afroamericani o latinos”. Queste le parole di una cittadina italiana residente da quasi 15 anni nella Grande Mela e che ora si trova immersa in quella che è, a tutti gli effetti, una psicosi sociale. Lei stessa racconta di come abbia dovuto scrivere un saggio in cui “anticipavo quale sarà il mio impegno nel razzismo anti-black, perché è un dogma che il vero razzismo è solo quello di noi bianchi contro i neri”. Addirittura, spiega come sia stata esclusa dal corso sull’assistenza ai tossicodipendenti, perché i non-bianchi hanno la precedenza. Per non parlare di altre partiche che hanno dell’assurdo, come la richiesta di scuse con i compagni di corso neri per il razzismo di cui i bianchi sarebbero intrinsecamente portatori. “Ogni due settimane una bianca come me deve partecipare a una riunione di White Accountability (“responsabilità bianca”): due ore con una persona che ci interroga per farci riconoscere le nostre micro-aggressioni verso i neri e chiederci un pentimento”.

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